Cons_naz_not_3_8_09 Nota Consiglio Nazionale del Notariato 3 agosto 2009 Certificazione energetica Premessa L'8 ottobre 2005 è entrato in vigore il decreto legislativo 19 agosto 2005 n. 192 (successivamente modificato dal D.Lgs. 29 dicembre 2006 n. 311) per l'attuazione della direttiva comunitaria 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia. Scopo di tale normativa è di stabilire i criteri, le condizioni e le modalità per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici al fine del "contenimento dei consumi energetici". Ruolo di primaria importanza va riconosciuto, nell'ambito della disciplina dettata dal D.Lgs. 192/2005, alla cd. "certificazione energetica", non solo come strumento di controllo successivo (ex post) del rispetto, in fase di realizzazione degli edifici, delle prescrizioni volte a migliorarne le prestazioni energetiche (art. 8 comma secondo), ma soprattutto come strumento di "informazione" dell'acquirente (art. 6 comma terzo) o del conduttore – nel caso di locazione/affitto - (art. 6 comma quarto), ritenendo il legislatore che una preventiva esauriente conoscenza da parte degli acquirenti o dei conduttori dei dati relativi all'efficienza e alla prestazione energetica dell'edificio e, soprattutto, dei suggerimenti in merito agli interventi più significativi ed economicamente convenienti per il miglioramento della predetta prestazione, costituisca presupposto imprescindibile per ottenere un costante e graduale miglioramento delle prestazioni energetiche anche degli edifici già esistenti (sia come incentivo per gli attuali proprietari a migliorare tali prestazioni per rendere l'immobile più "appetibile" sul mercato sia come incentivo per gli acquirenti di orientare eventuali opere di manutenzione, in via prioritaria, verso quegli interventi che possano in qualche modo consentire il "contenimento dei consumi energetici"). Gli attestati La legge, al riguardo, prevedeva due diversi "attestati" al fine della "certificazione energetica": - l’attestato di qualificazione energetica chiamato a svolgere il ruolo di strumento di controllo successivo del rispetto, in fase di costruzione o ristrutturazione degli edifici, delle prescrizioni volte a migliorarne le prestazioni energetiche (art. 8 comma secondo); - l'attestato di certificazione energetica, chiamato a svolgere il ruolo di strumento di "informazione" dell'acquirente o del conduttore (art. 6 commi terzo e quarto) circa la prestazione energetica ed il grado di efficienza energetica degli edifici; in particolare, al fine di assicurare quella funzione di "strumento di informazione" propria dell'attestato di certificazione energetica, il legislatore ha prescritto che lo stesso, in caso di trasferimento a titolo oneroso di interi immobili o di singole unità immobiliari, debba essere allegato all'atto traslativo, e ciò a pena di nullità (relativa) dell'atto medesimo ovvero che lo stesso, in caso di locazione, venga consegnato o messo a disposizione del conduttore, sempre a pena di nullità (relativa) del contratto. I due attestati si distinguevano, oltre che per le diverse "funzioni", anche per quanto riguarda le caratteristiche del "certificatore": infatti mentre l'attestato di qualificazione energetica può essere predisposto ed asseverato da un professionista abilitato alla progettazione o alla realizzazione dell’edificio "non necessariamente estraneo alla proprietà e quindi non necessariamente “terzo”, l’attestato di certificazione energetica era rilasciato da "esperti" o "organismi" "terzi", dei quale dovevano essere garantiti "la qualificazione e l'indipendenza". La disciplina transitoria sino al 1° luglio 2008 l'obbligo di allegazione riguardava i seguenti edifici: A) I "NUOVI EDIFICI" Ossia gli edifici costruiti in forza di permesso di costruire o di denuncia di inizio attività rispettivamente richiesto o presentata DOPO l'8 ottobre 2005 (in caso di permesso di costruire è alla data della richiesta e non alla data del rilascio che bisogna fare riferimento). B) GLI EDIFICI RADICALMENTE RISTRUTTURATI Ossia gli edifici di superficie utile superiore a 1000 mq. che siano stati oggetto di interventi di ristrutturazione radicale in forza di permesso di costruire o di denuncia di inizio attività rispettivamente richiesto o presentata dopo l'8 ottobre 2005. Per "ristrutturazione radicale" ai fini della disciplina in tema di allegazione della certificazione energica si intendono: - la ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l'involucro di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati; - la demolizione e ricostruzione di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati). C) GLI EDIFICI "AGEVOLATI" Ossia gli immobili sui quali siano stati eseguiti, successivamente al 1° gennaio 2007, interventi finalizzati al miglioramento delle prestazioni energetiche per i quali si intenda accedere agli incentivi ed alle agevolazioni di qualsiasi natura, sia come sgravi fiscali o contributi a carico di fondi pubblici o della generalità degli utenti, in relazione ai quali sia già stato rilasciato l'attestato di certificazione energetica o, in via transitoria l'attestato di qualificazione energetica. D) GLI EDIFICI "PUBBLICI" Ossia edifici pubblici o detenuti da soggetto pubblici per i quali dopo il 1 °luglio 2007 siano stati rinnovati ovvero stipulati nuovi contratti relativi alla gestione degli impianti termici o di climatizzazione. E) GLI EDIFICI DI SUPERFICIE UTILE SUPERIORE A 1.000 MQ Ossia gli edifici o singole unità, a prescindere dall'epoca di costruzione e dalla data in cui è stata fatta la richiesta del titolo edilizio, di superficie utile superiore a 1000 mq, sempre che l'atto traslativo abbia per oggetto l'intero immobile. Dal 1° luglio 2008 l'obbligo di allegazione riguardava oltre gli edifici di cui sopra sub A), sub B), sub C) e sub D) anche tutti gli altri edifici, a prescindere dall'epoca di costruzione e dalla superficie utile, escluse, soltanto, le singole unità immobiliari di superficie inferiore a 1000 mq. Dal 1° luglio 2009 l'obbligo di allegazione riguarda tutti gli edifici a prescindere dall'epoca di costruzione e dalla superficie utile. L’abrogazione dell’obbligo di allegazione Il 5 agosto 2008 la Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge di conversione del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. L’art. 35 comma 2-bis del provvedimento dispone l’abrogazione dei commi 3 e 4 dell’art. 6 del d.lgs. 192/2005 (che prevedono l’obbligo di allegazione e consegna del certificato energetico) e dei commi 8 e 9 dell’art. 15 (che stabiliscono la sanzione della nullità “relativa”) . A seguito di tale abrogazione, mentre sembrava certa la soppressione dell’obbligo di allegazione del certificato energetico agli atti traslativi degli edifici esistenti nelle regioni che non hanno legiferato dopo il d.lgs. n. 192/2005 (come successivamente modificato dal d.lgs. 29 dicembre 2006 n. 311), meno sicura appariva l’abrogazione dello stesso obbligo in quelle regioni (come ad esempio Piemonte, Lombardia, Liguria, Val d’Aosta, Emilia Romagna) che, con norme o delibere di giunta, hanno previsto non solo l’allegazione agli atti negoziali ma – in alcuni casi – anche le relative sanzioni. Le Linee Guida Nazionali in tema di certificazione energetica É stato pubblicato sulla G.U. n. 158 del 10 luglio 2009, in attuazione di quanto previsto al co. 9 dell’art. 6 del d.lgs. 192/2005 e successive modifiche, il decreto del 26 giugno 2009 del Ministero dello Sviluppo Economico che definisce le Linee Guida Nazionali per la certificazione energetica degli edifici e gli strumenti di raccordo, concertazione, cooperazione tra lo Stato e le Regioni. Il decreto entrerà in vigore nel termine di 15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (e quindi, il 25 luglio p.v.), mancando diverse previsioni che eventualmente ne anticipino ovvero posticipino l’efficacia. In base all’art. 3 co. 3 delle Linee Guida, esse si applicano per le regioni e province autonome che non abbiano ancora provveduto ad adottare propri strumenti di certificazione energetica e comunque sino all’entrata in vigore dei predetti strumenti. Tale precisazione non fa che ribadire l’autonomia legislativa riconosciuta alle regioni che tuttavia devono tenere conto, anche con un graduale ravvicinamento dei propri strumenti qualora abbiano già legiferato, degli elementi essenziali del sistema di certificazione energetica di cui al successivo art. 4. Dall’AQE all’ACE L’emanazione delle Linee Guida Nazionali pone fine al periodo transitorio disciplinato fino ad ora dal Titolo II del d.lgs. 192/2005 e precisamente, in base all’art. 11 co. 1-bis del decreto 192, dal 25 luglio l’Attestato di Qualificazione Energetica (AQE) sarà definitivamente dismesso come documento di certificazione energetica in favore dell’Attestato di Certificazione Energetica (ACE). In considerazione del co. 1-ter dell’art. 11, gli Attestati di Qualificazione Energetica fino ad ora utilizzati perderanno la loro efficacia trascorsi dodici mesi dall'emanazione delle Linee guida nazionali, e pertanto dal 26 giugno 2010 la certificazione energetica degli edifici sarà affidata esclusivamente ai modelli di ACE per come predisposti all’Allegato 6 del decreto. Fino a questa data, in sostanza, gli immobili già dotati dell’AQE potranno continuare a circolare con tale Attestato, ma dal 26 giugno 2010 qualora si debba procedere al trasferimento a titolo oneroso dell’immobile che fu dotato di AQE, si dovrà procedere alla sostituzione del predetto Attestato ormai inefficace ai fini della dotazione, con un nuovo documento - ACE - redatto secondo le indicazioni contenute nel punto 8 dell’All. A ed in base al modello di cui all’All. 6, che si differenzia dall’AQE essenzialmente per due elementi: - L’indicazione della classe energetica dell’edificio, che manca nell’AQE; - Il Soggetto certificatore, che non potrà più essere un soggetto coinvolto nella proprietà, ovvero nella progettazione o realizzazione dell'edificio, ma al contrario dovrà essere un soggetto imparziale ed indipendente e di ciò ne dovrà dare conto nell’ACE stesso (si veda all’ALL. 6, il punto 14). Tale dichiarazione assume rilevanza anche penale ai sensi degli artt. 359 e 481 c.p. La redazione del documento ACE avviene sotto l’esclusiva responsabilità del soggetto certificatore competente. Gli attuali AQE devono essere utilizzati in ogni caso dal soggetto certificatore per la redazione dell’ACE, unitamente alle risultanze di un’eventuale diagnosi energetica che sia già stata compiuta sull’immobile (punto 8 ALL. A). Nulla cambia per il costruttore, il quale rimane in ogni caso soggetto alla sanzione di cui all’art. 15 co. 7 del decreto 192 nell’ipotesi in cui ometta di consegnare l’ACE contestualmente alla consegna dell’immobile. Soggetti certificatori: difficoltà interpretative. Le Linee Guida non stabiliscono alcunché in relazione alla definizione dei Soggetti certificatori. Ai sensi dell’art. 4 co. 1 lett. c d.lgs. 192/2005, un tale compito resta affidato a successivi decreti presidenziali che definiranno i requisiti professionali e i criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza degli esperti o degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici e l'ispezione degli impianti di climatizzazione,. In attesa di tali decreti, nelle regioni che non hanno legiferato in materia energetica ovvero che hanno legiferato ma la normativa è ancora in attesa di attuazione, si ritiene debba essere applicata la normativa nazionale ed in particolare quanto previsto dal comma 6 dell'art. 18 del d.lgs. 30 maggio 2008, n. 115. Esso ha disposto che ai fini di dare piena attuazione a quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, nelle more dell'emanazione dei decreti di cui all'articolo 4, comma 1, lettere a), b) e c), del medesimo decreto legislativo e fino alla data di entrata in vigore degli stessi decreti, si applica l'allegato III del decreto 115. Il punto 2 del predetto allegato III definisce i soggetti abilitati alla certificazione energetica degli edifici; così recita: "Si definisce tecnico abilitato un tecnico operante sia in veste di dipendente di enti ed organismi pubblici o di società di servizi pubbliche o private (comprese le società di ingegneria) che di professionista libero od associato, iscritto ai relativi ordini e collegi professionali, ed abilitato all'esercizio della professione relativa alla progettazione di edifici ed impianti, asserviti agli edifici stessi, nell'ambito delle competenze ad esso attribuite dalla legislazione vigente. Il tecnico abilitato opera quindi all'interno delle proprie competenze. Ove il tecnico non sia competente nei campi sopra citati (o nel caso che alcuni di essi esulino dal proprio ambito di competenza), egli deve operare in collaborazione con altro tecnico abilitato in modo che il gruppo costituito copra tutti gli ambiti professionali su cui è richiesta la competenza. Ai soli fini della certificazione energetica, sono tecnici abilitati anche i soggetti in possesso di titoli di studio tecnico scientifici, individuati in ambito territoriale da regioni e province autonome, e abilitati dalle predette amministrazioni a seguito di specifici corsi di formazione per la certificazione energetica degli edifici con superamento di esami finali. I predetti corsi ed esami sono svolti direttamente da regioni e province autonome o autorizzati dalle stesse amministrazioni” (comma 2). Al comma 3 del predetto punto 2 allegato III si dispone che: "Ai fini di assicurare indipendenza ed imparzialità di giudizio dei soggetti certificatori di cui al punto 1, i tecnici abilitati, all'atto di sottoscrizione dell'attestato di certificazione energetica, dichiarano: a) nel caso di certificazione di edifici di nuova costruzione, l'assenza di conflitto di interessi, tra l'altro espressa attraverso il non coinvolgimento diretto o indiretto nel processo di progettazione e realizzazione dell'edificio da certificare o con i produttori dei materiali e dei componenti in esso incorporati, nonché rispetto ai vantaggi che possano derivarne al richiedente; b) nel caso di certificazione di edifici esistenti, l'assenza di conflitto di interessi, ovvero di non coinvolgimento diretto o indiretto con i produttori dei materiali e dei componenti in esso incorporati, nonché rispetto ai vantaggi che possano derivarne al richiedente". Si precisa poi al comma 4 del predetto allegato III che: "Qualora il tecnico abilitato sia dipendente od operi per conto di enti pubblici ovvero di organismi di diritto pubblico operanti nel settore dell'energia e dell'edilizia, il requisito di indipendenza di cui al punto 3 è da intendersi superato dalle stesse finalità istituzionali di perseguimento di obiettivi di interesse pubblico proprie di tali enti ed organismi". Ambito applicativo: le tipologie edilizie rilevanti per la certificazione energetica. Uno tra gli aspetti rilevanti ed innovativi della Linee Guida è la definizione dell’ambito applicativo del decreto legislativo 192/2005 e successive modifiche, in ordine alle diverse tipologie immobiliari. Al punto 2 dell’All. A del decreto qui in esame, è previsto che il decreto legislativo sulla certificazione energetica si applica a tutti gli edifici delle categorie di cui all’articolo 3, del decreto Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n.412, indipendentemente dalla presenza o meno di uno o più impianti tecnici esplicitamente od evidentemente dedicati ad uno dei servizi energetici di cui è previsto il calcolo delle prestazioni. Si sottolinea che tra le categorie predette non rientrano box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano, depositi, strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi, ecc. se non limitatamente alle porzioni eventualmente adibite ad uffici e assimilabili, purché scorporabili agli effetti dell’isolamento termico. Pertanto, alla luce di tali specificazioni, gli edifici coinvolti nella certificazione energetica sono quelli appartenenti alle seguenti categorie: - edifici adibiti a residenza e assimilabili (tra cui case private, case vacanze, conventi, caserme, alberghi ecc. ecc.); - edifici adibiti a uffici; - edifici adibiti a ospedali, cliniche, case di cura; - edifici adibiti ad attività ricreative o di culto (cinema, teatri, sale mostre, musei, biblioteche, bar, ristoranti, sale da ballo); - edifici adibiti ad attività commerciali; - edifici adibiti ad attività sportive; - edifici adibiti ad attività scolastiche a tutti i livelli. Nel caso di edifici esistenti nei quali coesistono porzioni di immobile adibite ad usi diversi (residenziale ed altri usi) qualora non fosse tecnicamente possibile trattare separatamente le diverse zone termiche, l’edificio è valutato e classificato in base alla destinazione d’uso prevalente in termini di volume riscaldato. L’autodichiarazione Il punto 9 dell’All. A, per immobili di superficie utile inferiore o uguale a 1000 mq, stabilisce che il proprietario “consapevole della scadente qualità energetica dell’immobile”, anziché dotarlo dell’ACE, può ricorrere ad un’autodichiarazione in cui afferma che: - l’edificio è di classe energetica G; - i costi per la gestione energetica dell’edificio sono molto alti. La predetta autodichiarazione costituisce un’alternativa alla dotazione dell’ACE da rendere in sede di trasferimento dell’immobile: ciò si evince dalla formulazione della norma, che ricollega al (solo) proprietario l’emanazione della dichiarazione per “mantenere la garanzia di una corretta informazione all’acquirente”. La circostanza che il bene possa essere trasferito con l’autodichiarazione in parola, non sposta le conclusioni cui è pervenuto il Consiglio Nazionale del Notariato nello Studio n. 334-2009/C (vedi in Attualità) in ordine all’ammissibilità delle pattuizioni con cui le parti stabiliscono le modalità per assolvere all’obbligo di dotazione. Resta ferma infatti per le parti, la possibilità di affidarsi ad un soggetto certificatore che attesti nell’ACE lo stato energetico dell’immobile, quando ad esempio in sede di vendita l’alienante non sia in grado di rendere la predetta dichiarazione (perché non conosce se lo stato energetico dell’edificio sia “scadente” nel senso previsto dal D.M. ovvero, non conosca in generale quale sia lo stato energetico del bene). Vi sarà quindi la possibilità di pattuire con l’acquirente che sia quest’ultimo a dover provvedere alla dotazione della certificazione energetica dell’edificio. Si tratta, in ultima analisi, di due strumenti alternativi – ma diversi – da cui consegue il medesimo risultato (la conoscenza dello stato energetico del bene), in un caso conseguibile necessariamente con l’intervento del venditore, nell’altro con un documento redatto da un tecnico abilitato su incaricato del venditore o del compratore. Occorre evidenziare che resa la dichiarazione il proprietario è tenuto a trasmetterne copia alla Regione o Provincia autonoma competente per territorio, entro quindici giorni dalla data del rilascio. Non sono previste sanzioni per il proprietario in caso di autodichiarazione mendace e nemmeno un sistema di controlli sull’effettiva portata energetica degli edifici dichiarati essere di classe G. Quanto ai nuovi edifici, infine, pur se scadenti sul piano energetico – il che appare, invero, improbabile – il venditore non avrà la possibilità di rendere la suddetta autodichiarazione e ciò in realtà è coerente con l’osservazione che la disciplina energetica investe l’edificio nuovo fin dalla fase della progettazione. L’autodichiarazione di cui al punto 9 non sembra che possa annoverarsi tra le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà, rese ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000 con l’applicazione delle relative sanzioni di cui all’art. 76 del medesimo decreto, per le seguenti ragioni: in primo luogo, manca nel testo dell’allegato un riferimento normativo espresso al DPR 445/2000; in secondo luogo, la ratio che ha mosso il legislatore nelle ipotesi in cui ha imposto l’autodichiarazione ai sensi del DPR 445/2000 – a titolo esemplificativo la dichiarazione resa ai sensi del co. 2 dell’art. 40 della l. 47/1985 (c.d. dichiarazione ante ’67) – risiede nella circostanza che simili autodichiarazioni assumono valore vincolante nella fase di commercializzazione dell’immobile e ciò giustifica il particolare sistema sanzionatorio previsto all’art. 76 DPR 445/2000. La medesima ratio non appare rinvenibile anche nell’autodichiarazione di cui al punto 9 dell’All. A, posto che essa mantiene un valore puramente informativo e non condiziona, così come detto per la dotazione dell’ACE, la commercializzazione dell’immobile e l’efficacia dell’atto traslativo. Quanto alle modalità con cui il venditore può rilasciare tale dichiarazione in sede di trasferimento del bene, appare possibile che la stessa – in assenza di contrarie disposizioni – possa non essere contenuta nell’atto traslativo. La complessità della materia rende in ogni caso opportuno contattare il proprio notaio di fiducia. La certificazione energetica nelle regioni che hanno legiferato Le Regioni che hanno legiferato in materia energetica sono: Emilia Romagna Delib. Ass. Legisl. 4 marzo 2008, n. 156, Norme sulle procedure di certificazione energetica degli edifici, pubblicata nel B.U. Emilia-Romagna 25 marzo 2008, n. 47); Delib.G.R. 28 ottobre 2008, n. 1754 recante disposizioni per la formazione del Certificatore energetico in edilizia, in attuazione della delibera n. 156. Ai sensi degli artt. 5.1 e 5.2 è previsto l’obbligo di dotazione, nonché ai sensi dell’art. 5.5, l’obbligo di allegazione nell’ipotesi di trasferimento a titolo oneroso anche di singole unità immobiliari. Per la violazione di tali obblighi non sono previste sanzioni. Friuli-Venezia Giulia L.R. 23 febbraio 2007 n. 5, Riforma dell'urbanistica e disciplina dell'attività edilizia e del paesaggio, pubblicata nel B.U. Friuli-Venezia Giulia 28 febbraio 2007, n. 9, in parte modificata dalla L.R. 21 ottobre 2008, n. 12. All’art. 39 co. 4 è previsto che copia semplice del certificato energetico è depositata presso il Comune competente a cura del costruttore o del proprietario dell'immobile all'atto della richiesta di agibilità dell'immobile. Nessuna previsione con riferimento alla fase di commercializzazione dell’immobile. Liguria L.R. 29 maggio 2007, n. 22, Norme in materia di energia pubblicata nel B.U. Liguria 6 giugno 2007, n. 11, parte prima, modificata dalla L.R. 24 novembre 2008, n. 42. La regione Liguria aveva inizialmente previsto l’obbligo di allegazione ex art. 28 co. 3 e 4 l. 22/2207 e la sanzione della nullità relativa nel caso di omessa allegazione, ex art. 33 co. 12 e 13; successivamente in linea con la disciplina nazionale, ha anch’essa abrogato le disposizioni anche sanzionatorie relative all’obbligo di allegazione. Rimane l’obbligo di dotazione di cui all’art. 28 co. 1 e 2, in vigore ormai per tutti gli edifici. Piemonte L.R. 28 maggio 2007, n. 13, Disposizioni in materia di rendimento energetico nell'edilizia pubblicata nel B.U. Piemonte 31 maggio 2007, n. 22. L’art. 5 ai co. 1 e 2 prevede sia l’obbligo di dotazione che l’obbligo di allegazione nel caso di trasferimento a titolo oneroso di interi edifici o di singole unità immobiliari. È prevista una sanzione solo per il costruttore che violi l’obbligo di dotazione con una multa da 5000 a 30000 euro ex art. 22 co. 7. Tuttavia, tale normativa deve ritenersi inoperante, mancando le delibere attuative della Giunta regionale. Puglia L.R. 10 giugno 2008 n. 13, Norme per l'abitare sostenibile, pubblicata nel B.U. Puglia 13 giugno 2008, n. 93; nonché, Reg. 27 settembre 2007, n. 24, pubblicato nel B.U. Puglia 28 settembre 2007, n. 138, Regolamento per l'attuazione del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, modificato dal decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 311, in materia di esercizio, controllo e manutenzione, ispezione degli impianti termici e di climatizzazione del territorio regionale. Analogamente a quanto detto per il Piemonte, manca il regolamento attuativo della Giunta regionale e perciò la norma regionale rimane inattuata. Valle d’Aosta Legge regionale 18 aprile 2008, n. 21, Disposizioni in materia di rendimento energetico nell'edilizia, pubblicata in B.U. 8 luglio 2008, n. 28. Ai sensi dell’art. 7 co. 3 l’obbligo di allegazione rileva in ogni contratto di compravendita di un intero edificio o di singole unità immobiliari. Tuttavia, in base a quanto previsto dall’art. 21 della l. 21/2008 finchè non sono assunte dalla giunta regionale le delibere attuative, trova applicazione la normativa transitoria nazionale. Lombardia Delibera Giunta regionale del 22 dicembre 2008 n. 8745, Determinazioni in merito alle disposizioni per l’efficienza energetica nell’edilizia e per la certificazione energetica degli edifici; nonché L.R. 11 dicembre 2006, n. 24 come di recente dalla L.R. 29 giugno 2009, n. 10 (pubblicata in B.U. 30 giugno, in vigore dal 1 luglio 2009). In base al combinato disposto dell’art. 25 co. 4 bis della L.R. 24/2006 e dell’art. 9 della Delibera del 2008 l’obbligo di allegazione è stabilito in relazione agli atti traslativi di edifici per i quali viene parimenti previsto l’obbligo di dotazione. Si distingue tra edifici per i quali viene richiesto o presentata DIA a decorrere dal 1 settembre 2007, e gli altri edifici, già esistenti, indicati nel punto 9.2 dello stesso art. 9 della delibera. Sono esclusi dall’allegazione gli atti traslativi a titolo oneroso di quote immobiliari indivise, nuda proprietà, diritti reali parziali, fusione, scissione societaria e atti divisionali. Ai sensi del punto 9.4, l’obbligo di allegazione si applica anche ai provvedimenti giudiziali emessi nell’ambito di procedure esecutive individuali e concorsuali (purché iniziate dal 1° gennaio 2008). L’art. 27 co. 17-quinquies della L.R. 24/2006 stabilisce che l’alienante che non ottempera l’obbligo di allegazione incorre nella sanzione amministrativa da euro 5 mila a euro 20 mila. Il successivo co. 17-nonies stabilisce che il notaio che non abbia provveduto, anche giustificatamente, all’allegazione dell’ACE all’atto di trasferimento a titolo oneroso, deve inviare copia conforme dell’atto così ricevuto o autenticato, entro 15 giorni dalla registrazione, all’Organismo regionale di accreditamento, le cui funzioni per espressa previsione dell’art. 17 della Delibera del 2008, sono svolte dalla Cestec s.p.a. È ovvio, come tuttavia ribadisce la legge, che tale obbligo di trasmissione resta escluso per le ipotesi, sopra precisate, in cui non rilevi la disciplina energetica. Toscana L.R. 24 febbraio 2005, n. 39 (pubblicata in B.U. del 7 marzo 2005, n. 19). La Regione non ha ancora provveduto all’emanazione del regolamento attuativo e quindi si tratta di norma inattuabile. Data: 3/8/2009 STUDI PRECEDENTI Studio_notariato_16_6_09_334 A partire dal 1° luglio 2009 tutti gli immobili dovranno essere dotati dell'attestato di certificazione energetica. L'obbligo di dotazione per gli immobili di nuova costruzione o che abbiano subito interventi di ristrutturazione importanti spetta al costruttore, per tutti gli altri edifici, l'obbligo di dotazione spetta, invece, al venditore. Il Consiglio Nazionale del Notariato con lo studio 334/2009, pubblicato sul sito ufficiale, fa il punto sui comportamenti da tenere nella contrattazione avente ad oggetto il trasferimento di un immobile, tenendo conto dell'abrogazione (disposta dall'art. 35 del DL 112/2008) dei commi 3 e 4 dell'art. 6 e dei commi 8 e 9 dell'art. 15 del d.lgs. 192/2005 i quali prevedevano l'obbligo di allegare l'AQE agli atti di trasferimento a titolo oneroso (e la messa a disposizione nel caso di locazione) a pena di nullità. Tratto da www.notariato.it il sito ufficiale del Consiglio Nazionale del Notariato (Approvato dalla Commissione studi civilistici il 16 giugno 2009) Sommario: 1. Quadro normativo; 2. Statuto energetico degli immobili; 3. Obbligo di informazione e ruolo del notaio; Segue: dichiarazioni; 4. Conclusioni. A partire dal 1° luglio 2009 tutti gli immobili dovranno essere dotati dell'attestato di certificazione energetica così come previsto all'art. 6 comma 1-bis, lettera c) del Dlgs 192/2005, fatta salva comunque la possibilità di alienare un immobile ancorché non dotato dell'AQE. In attesa delle linee guida nazionali è l'attestato di qualificazione energetica (AQE) a determinare le prestazioni energetiche degli edifici nel nostro Paese, un documento transitorio introdotto dal D.Lgs. 311/2006, che sostituisce l'attestato di certificazione energetica (ACE) nelle regioni tuttora sprovviste del decreto attuativo della normativa nazionale, fino all'entrata in vigore delle linee guida nazionali. L'obbligo di dotazione riferito agli immobili di nuova costruzione o che abbiano subito interventi di ristrutturazione importanti (ossia realizzati in forza di permesso di costruire ovvero DIA, rispettivamente richiesto e presentata in data successiva all'8 ottobre 2005), grava in capo al costruttore, per tutti gli altri edifici, l'obbligo di dotazione è previsto in capo al venditore. Chiare indicazioni sul tema arrivano dal Consiglio Nazionale del Notariato con lo studio 334/2009 pubblicato ieri. Il documento fa il punto sui comportamenti da tenere nella contrattazione avente ad oggetto il trasferimento di un immobile, tenendo conto dell'abrogazione (disposta dall'art. 35 del DL 112/2008) dei commi 3 e 4 dell'art. 6 e dei commi 8 e 9 dell'art. 15 del d.lgs. 192/2005 i quali prevedevano l'obbligo di allegare l'AQE agli atti di trasferimento a titolo oneroso (e la messa a disposizione nel caso di locazione) a pena di nullità. Secondo i Notai, l'obbligo di dotare il fabbricato dell'attestato di qualificazione energetica pur essendo previsto dalla legge in capo al venditore ovvero al costruttore, può essere assunto dall'acquirente in forza di una specifica pattuizione, alla quale le parti, adeguatamente informate e valutati i propri interessi concreti, potranno addivenire nel rogito notarile. Ne consegue che l'immobile può essere dotato dell AQE anche dopo il rogito. Da queste indicazione emerge il dovere del Notaio di informare adeguatamente le parti sulla normativa relativa al risparmio energetico degli edifici e sull'obbligo di attribuire ad ogni fabbricato una classe energetica. Va ricordato, infine, che l'unica sanzione specifica attinente al mancato assolvimento dell'obbligo di dotazione è quella di cui all'art. 15 co. 7 del decreto, per la quale il costruttore che non consegni al proprietario contestualmente all'immobile (secondo le tipologie di cui all'art. 6 co. 1) l'originale della certificazione energetica è punito con la sanzione pecuniaria amministrativa non inferiore a 5000 euro e non superiore a 30000 euro. La certificazione energetica degli edifici dal 1° luglio 2009 Studio n. 334-2009/C (Approvato dalla Commissione studi civilistici il 16 giugno 2009) Sommario: 1. Quadro normativo; 2. Statuto energetico degli immobili; 3. Obbligo di informazione e ruolo del notaio; Segue: dichiarazioni; 4. Conclusioni. 1. Quadro normativo La disciplina energetica degli edifici è contenuta nel d.lgs. 19 agosto 2005, n. 192 (che ha attuato la direttiva 2002/91/CE). Tale normativa è stata successivamente modificata dal d.lgs. 29 dicembre 2006, n. 311 e da ultimo dal d.l. 112/2008 convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133. In particolare l’art. 35 comma 2 bis di questo decreto ha disposto l’abrogazione dei commi 3 e 4 dell’art. 6 e dei commi 8 e 9 dell’art. 15 del d.lgs. 192/2005 (di seguito solo “decreto”), i quali prevedevano l’obbligo di allegazione dell’AQE (1) agli atti di trasferimento a titolo oneroso (e la messa a disposizione nel caso di locazione) e le rispettive sanzioni di nullità (2). 2. Statuto energetico degli immobili Ferma restando la possibilità di alienare un immobile ancorché non dotato dell’AQE, a partire dal 1° luglio 2009 tutti gli immobili devono essere dotati dell’attestato di certificazione energetica, così come previsto all’art. 6 del decreto. Fino alla data di entrata in vigore delle Linee guida nazionali (art. 6 comma 9) (3), l’attestato in parola (ACE) è sostituito a tutti gli effetti dall’Attestato di Qualificazione Energetica (AQE), rilasciato secondo quanto previsto dall’ALL. A n. 2 (4). Mentre l’obbligo di dotazione riferito agli immobili di nuova costruzione o che abbiano subito interventi di ristrutturazione c.d. importante (5) (realizzati in forza di permesso di costruire ovvero DIA, rispettivamente richiesto e presentata in data successiva all’8 ottobre 2005), grava in capo al costruttore, per tutti gli altri edifici l’obbligo di dotazione è previsto in capo al venditore ovvero, alla luce di quanto infra specificato al paragrafo 3, in capo al soggetto obbligato a procurare la certificazione energetica. Restano confermate le eccezioni di cui all’art. 3 comma 3, per il quale si intendono esclusi dalla disciplina del decreto le seguenti tipologie immobiliari: - gli immobili ricadenti nell'àmbito della disciplina della parte seconda e dell'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio nei casi in cui il rispetto delle prescrizioni implicherebbe un’alterazione inaccettabile del loro carattere o aspetto con particolare riferimento ai caratteri storici o artistici; - i fabbricati industriali, artigianali e agricoli non residenziali quando gli ambienti sono riscaldati per esigenze del processo produttivo o utilizzando reflui energetici del processo produttivo non altrimenti utilizzabili; - i fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 metri quadrati. Sembra opportuno evidenziare che dal 1° luglio 2009 è del tutto irrilevante la distinzione sul momento dell’insorgenza dell’obbligo di dotazione della certificazione energetica, basato sul pregresso scaglionamento temporale di cui all’art. 6 commi 1 e seguenti del decreto. Da quella data infatti si è proceduto ad un “riallineamento” della disciplina per cui non è più possibile distinguere (salvo per taluni aspetti, ai quali si accennerà più avanti) tra “vecchi” e “nuovi” immobili essendosi reso indistinguibile per tutti gli edifici (salvo le eccezioni ora indicate) l’obbligo di dotazione. Resta alle parti la possibilità di disciplinare convenzionalmente, come appresso specificato, le modalità di assolvimento dell’obbligo di dotazione del documento AQE nonché della sua consegna. Va ricordato infine che l’unica sanzione specifica attinente al mancato assolvimento dell’obbligo di dotazione è quella di cui all’art. 15 co. 7 del decreto, per la quale il costruttore che non consegni al proprietario contestualmente all’immobile (secondo le tipologie di cui all’art. 6 co. 1) l’originale della certificazione energetica è punito con la sanzione pecuniaria amministrativa non inferiore a 5000 euro e non superiore a 30000 euro. 3. Obbligo di informazione e ruolo del notaio Dopo l’abrogazione dell’obbligo di allegazione dell’AQE, al notaio spetta in primo luogo un ruolo essenzialmente informativo a favore delle parti, sostanziandosi in una completa illustrazione della disciplina energetica, con particolare riferimento agli aspetti della dotazione e della consegna del documento. Nell’espletamento di detto fondamentale obbligo di informazione si renderanno edotti i contraenti, innanzitutto, che alla base dell’obbligo di dotazione vi è un interesse pubblico a conoscere il rendimento energetico degli edifici secondo le finalità indicate nell’art. 1 del decreto, “di limitazione delle emissioni di gas ad effetto serra posti dal protocollo di Kyoto”, nonché di “promozione dell’uso razionale dell’energia e delle fonti rinnovabili anche attraverso la sensibilizzazione e l’informazione degli utenti finali”. Inoltre, il notaio spiegherà che il momento nel quale diviene giuridicamente rilevante l’obbligo della dotazione coincide con quello del trasferimento della proprietà degli stessi (6), confidando l’ordinamento che in questa sede vi sia la possibilità di verificare quali e quanti immobili siano stati dotati della certificazione energetica. Inoltre, nell’ipotesi di edifici nuovi o ristrutturati, il notaio informerà le parti – come si vedrà - che in mancanza di AQE non possono essere conseguite né una regolare ed efficace dichiarazione di fine lavori né l’agibilità. In secondo luogo si rappresenterà ai contraenti la seguente circostanza: l’obbligo di dotazione, pur essendo previsto (con previsione di default) in capo al venditore ovvero al costruttore, può essere assunto a proprio carico dall’acquirente in forza di una specifica pattuizione, alla quale le parti, adeguatamente informate e valutati i propri interessi concreti, potranno addivenire nel rogito notarile. Sotto questo profilo il notaio chiarirà (come appresso specificato) che il decreto non prevede alcun divieto riguardo ad un’eventuale pattuizione in tal senso, né un’inammissibilità di essa può essere dedotta dalla ratio della normativa. Evidenziando inoltre ch el’interesse e la volontà del legislatore è che l’immobile sia dotato della certificazione energetica, sia per le finalità pubblicistiche sopra ricordate sia per informare i nuovi proprietari sul rendimento energetico dell’immobile e sugli interventi da eseguire per migliorare detto rendimento energetico: la dotazione della certificazione energetica dopo la stipula dell’atto e a cura e a spese dell’acquirente non va a pregiudicare tali finalità. Quanto al diverso obbligo di consegna, il notaio informerà le parti che nessuna prescrizione in tal senso, da adempiere in sede di trasferimento, è posto dal decreto in capo alle stesse. Né con riferimento ai “vecchi” edifici, potendo semmai l’alienante essere obbligato alla consegna dei documenti relativi all’“uso” della cosa; peraltro detto obbligo, risultante dalla comune disciplina codicistica di cui al co. 3 dell’art. 1477 cod. civ., è ritenuto pacificamente derogabile per volontà espressa delle parti (7). Né con riferimento ai “nuovi” edifici, per i quali l’obbligo di consegnare la certificazione, posto in capo al costruttore (la cui violazione dall’art. 15 comma 7 è sanzionata sul piano amministrativo/pecuniario), deve avvenire “contestualmente” alla consegna dell’immobile. E quindi ammettendo indirettamente che potendo la consegna dell’immobile precedere o seguire il rogito di compravendita, la consegna dell’AQE potrebbe non coincidere con il momento della stipulazione. Dopo avere compiuto un’esauriente e adeguata attività di informazione, il notaio inviterà le parti ad una regolamentazione del rapporto, la quale non necessariamente deve risultare dall’atto notarile. Sarà rimessa alla scelta del notaio – con valutazione caso per caso – procedere o meno alla documentazione dell’avvenuta informazione alle parti sulla dotazione energetica dell’edificio, fino a quel momento espressa verbalmente. Segue: dichiarazioni Fermo restando quanto sopra precisato sull’obbligo di informazione e sull’eventuale documentazione di esso in atto, in sede di contrattazione al notaio potrebbe pertanto essere dichiarato che: 1) l’immobile è dotato della certificazione energetica. In tale ipotesi la parte alienante potrebbe: a) consegnare l’AQE all’acquirente; b) non consegnare l’AQE all’acquirente perché già consegnato prima dell’atto, oppure perché la parte alienante si impegnerà ad eseguire la consegna. In caso di edificio di nuova costruzione il notaio informerà della sanzione amministrativa prevista dall’art. 15 co. 7 del decreto; 2) l’immobile non è dotato della certificazione energetica. In tale ipotesi (nella quale ricade anche quella in cui le parti dichiarano di non sapere se l’immobile sia dotato dell’AQE) le parti, compiutamente informate dal notaio, saranno da quest’ultimo sollecitate a regolamentare su chi gravi l’obbligo di dotare l’edificio dell’AQE. Tale pattuizione non è di ostacolo alla sanzione amministrativa di cui all’art. 15 co. 7 in capo al costruttore, destinata comunque a perseguire il comportamento di quest’ultimo se si è pattuito di accollare al compratore l’obbligo di dotazione. Più in generale non si ravvisano nel decreto divieti e sanzioni che impediscano alle parti di convenire che l’obbligo di dotazione sia accollato al compratore. L’ammissibilità di un patto del genere può essere confermata dalle conclusioni alle quali si è pervenuti in relazione ad istituti che (almeno per certi aspetti) presentano talune affinità con la figura in esame, ad esempio, in caso di vendita di immobile privo del certificato di agibilità (8). Non potrebbe infatti sostenersi, nell’ottica dell’inderogabilità dell’obbligo di dotazione (stabilito per legge a carico del venditore/costruttore, con previsione di default) che questa sia una norma imperativa da cui possa eventualmente discendere una sanzione di “nullità virtuale” per la clausola che quella deroga dovesse prevedere. Deve osservarsi, infatti, che anche nella disciplina della certificazione energetica, sulla scorta di altre discipline tecniche (D.M. 22 gennaio 2008, n. 37, recante il Regolamento concernente l'attuazione dell'articolo 11- quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, in tema di certificazione sugli impianti; art. 24 co. 3 D.P.R. 380/2001, in tema di rilascio di certificato di agibilità), il legislatore non ha previsto la sanzione civile della nullità ma solo una sanzione di tipo amministrativo. Sulla base dei principi generali in tema di nullità si è ricordato (9) come questa sia “una sanzione di tipo virtuale applicabile tutte le volte in cui il contratto sia contrario a norme imperative, senza che occorra un'espressa comminatoria di nullità da parte della legge (art. 1418, primo comma, c.c.). Ma è anche vero che la sanzione di nullità virtuale si applica "salvo che la legge disponga diversamente", deducendosene comunemente che, laddove la legge disponga espressamente una sanzione diversa dalla nullità, quest'ultima rimane esclusa (c.d. principio del minimo mezzo). La sanzione di nullità infatti è ispirata al massimo grado di tutela possibile della norma violata poiché, determinando l'inefficacia assoluta ab origine dell'atto, impedisce che esso possa sortire alcun effetto antigiuridico, onde la normale inutilità di ulteriori sanzioni. Ma laddove la legge ricorra a sanzioni diverse dalla nullità, quali appunto le sanzioni amministrative, si presuppone di regola che l'atto abbia prodotto effetto e che dunque esso sia valido”. Se tale conclusione va quindi affermata per l’ipotesi del costruttore che trasferendo il nuovo edificio convenga con l’acquirente di far carico a quest’ultimo di procurare la certificazione energetica, a fortiori le stesse conclusioni non possono che valere per l’ipotesi del trasferimento dei vecchi edifici, per i quali il legislatore ha mostrato fin dall’entrata in vigore della disciplina energetica una maggiore tolleranza nell’applicazione delle nuove prescrizioni. Rispetto all’ipotesi sub 2), può quindi distinguersi tra: a) Trasferimento di un “vecchio” edificio: in tale caso, pur non essendo sanzionata dal decreto la mancata dotazione della certificazione energetica, il notaio avvertirà le parti del mancato rispetto dell’art. 6 comma 1 bis, invitandole a disciplinare come regolare l’obbligo, che potrebbe restare in capo al venditore come per legge (art. 6 co. 1 bis) - prevedendosi eventualmente (con valutazione da compiere caso per caso, in base alla volontà espressa dalle parti) anche le sanzioni di tipo contrattuale a carico del venditore inadempiente - ovvero, spostarsi in capo al compratore. b) Trasferimento di edificio nuovo ovvero soggetto a ristrutturazione c.d. importante ex art. 3 co. 2 lett. a) del decreto: anche in questa ipotesi vale quanto detto sub a) compresa la possibilità di pattuire liberamente a carico di chi graverà l’obbligo della dotazione della certificazione. In tale ipotesi, inoltre, il notaio rammenterà al costruttore la sanzione a suo carico di cui all’art 15 co. 7 del decreto. Va segnalata l’importanza di una completa informazione del notaio a favore delle parti in sede di contrattazione di nuovi edifici o integralmente ristrutturati, evidenziandosi come in determinate ipotesi possa apparire rilevante dar conto in atto di quanto pattuito dai contraenti. Ciò per i riflessi che ha la certificazione energetica in relazione al rilascio di altri documenti inerenti l’immobile oggetto del trasferimento. Si rammenta, in particolare, che per gli edifici realizzati o ristrutturati in forza di permesso di costruire o DIA, rispettivamente richiesto e presentata in un periodo compreso tra l’8 ottobre 2005 ed il 31 dicembre 2008, la certificazione energetica condiziona l’efficacia della dichiarazione di fine lavori (art. 8 co. 2 del decreto); inoltre, in base all’art. 2 co. 282 l. 244/2007 (legge finanziaria per l’anno 2008) la certificazione energetica è elemento che subordina il rilascio del certificato di agibilità (10). 4. Conclusioni Dopo l’abrogazione dell’obbligo di allegazione della certificazione energetica e ferma restando la possibilità di alienare un immobile ancorché non dotato dell’AQE, dopo il 1° luglio 2009 il ruolo del notaio in occasione del trasferimento degli immobili, è in primo luogo di tipo informativo circa gli obblighi di dotazione dell’AQE degli edifici trasferiti. (11) Svolta un’esauriente informazione sull’obbligo di dotazione e consegna della certificazione energetica, il notaio solleciterà le parti ad una regolamentazione del rapporto, senza che ciò tuttavia debba necessariamente ed obbligatoriamente avvenire nell’atto notarile. Sarà rimessa alla scelta del notaio, quindi, procedere o meno alla documentazione dell’avvenuta informazione alle parti sulla dotazione energetica dell’edificio, fino a quel momento espressa verbalmente. Le parti, compiutamente informate del notaio e su sollecitazione di quest’ultimo, disciplineranno le modalità di dotazione dell’AQE nonché la consegna dello stesso. Fino all’emanazione delle Linee Guida Nazionali (art. 6 comma 9) l’attestato di certificazione energetica (ACE) è sostituito a tutti gli effetti dall’Attestato di Qualificazione Energetica (AQE), rilasciato secondo quanto previsto dall’ALL. A n. 2. Mauro Leo e Serena Metallo ____________ 1) Nel presente studio, poiché si analizza la normativa nazionale e poiché si affrontano problematiche comuni all’intero territorio nazionale, si fa riferimento in modo costante, all’AQE, pur segnalandosi che in alcune regioni è già vigente e operativo l’ACE. 2) Su questo aspetto si rinvia a M. Leo e M. L. Mattia, Appunti sull’abrogazione dell’obbligo di allegazione della certificazione energetica, in Studi e materiali 1/2009, 299. 3) Non sono le Linee Guida Nazionali quelle contenute nel recente decreto presidenziale n. 59 recante Regolamento di attuazione dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia, in GU n. 132 del 10-6-2009, in vigore dal 25 giugno. 4) “Attestato di qualificazione energetica è il documento predisposto ed asseverato da un professionista abilitato, non necessariamente estraneo alla proprietà, alla progettazione o alla realizzazione dell'edificio, nel quale sono riportati i fabbisogni di energia primaria di calcolo, la classe di appartenenza dell'edificio, o dell'unità immobiliare, in relazione al sistema di certificazione energetica in vigore, ed i corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla normativa in vigore per il caso specifico o, ove non siano fissati tali limiti, per un identico edificio di nuova costruzione. Al di fuori di quanto previsto all'articolo 8 comma 2, l'attestato di qualificazione energetica è facoltativo ed è predisposto a cura dell'interessato al fine di semplificare il successivo rilascio della certificazione energetica. A tal fine, l'attestato comprende anche l'indicazione di possibili interventi migliorativi delle prestazioni energetiche e la classe di appartenenza dell'edificio, o dell'unità immobiliare, in relazione al sistema di certificazione energetica in vigore, nonché i possibili passaggi di classe a seguito dell’eventuale realizzazione degli interventi stessi. L'estensore provvede ad evidenziare opportunamente sul frontespizio del documento che il medesimo non costituisce attestato di certificazione energetica dell'edificio, ai sensi del presente decreto, nonché, nel sottoscriverlo, quale è od è stato il suo ruolo con riferimento all'edificio medesimo”. Si ritiene che l’attività di documentazione possa essere certamente riconosciuta in capo a quei professionisti che comunemente sono coinvolti nella progettazione e nella realizzazione degli immobili e quindi a titolo esemplificativo, gli architetti e gli ingegneri. Per i geometri, invece, si segnalano alcune pronunce del Consiglio di Stato che hanno escluso, salvo che l’edificio sia di dimensioni ridotte, la competenza dei geometri nell’attività di progettazione o realizzazione degli edifici in cemento armato (Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 giugno 2005, n. 3085; Consiglio di Stato, Sez. V, 16 settembre 2004, n. 6004 (peraltro identica alla successiva sentenza n. 6005/04), sostanzialmente riprendendo quanto già precisato dallo stesso Collegio con la decisione 1° dicembre 2003, n. 7821, ed in contrasto, invece, con quanto statuito, sempre dalla Sez. V, con la pronuncia 4 giugno 2003, n. 3068. Per maggiori approfondimenti si rinvia al contributo di D. Chinello, 5) Gli edifici che hanno subito una ristrutturazione c.d. importante sono quelli di superficie utile superiore a 1000 mq che abbiano subito gli interventi di cui dell’art. 3 co. 2 lett. a) del decreto. 6) Si ricorda comunque come l’AQE debba accompagnare la dichiarazione di fine lavori, pena l’inefficacia della stessa. Inoltre, in base all’art. 2 co. 282 l. 244/2007 (legge finanziaria per l’anno 2008), il rilascio del certificato di agibilità è subordinato alla presentazione della certificazione energetica dell’edificio. 7) Cass. 6 dicembre 1984, n. 6403 8) Di regola è in capo al venditore l’obbligo di procurarlo a sua cura e spese; talvolta il contratto contiene una clausola nella quale detto obbligo è ribadito e specificato, talvolta il contratto tace sul punto, ma in tal caso detto obbligo sussiste egualmente (e se non è adempiuto l’acquirente ha diritto alla risoluzione del contratto e al risarcimento dei danni); tuttavia non vi sono dubbi sulla legittimità di un’eventuale clausola con la quale le parti convengano che gravi sull’acquirente l’obbligo di ottenere l’agibilità, a sua cura e spese. Sul punto si rinvia a M. Leo, Il certificato di agibilità, Studio CNN n. 4512, in Studi e materiali, 1/2004, 527. 9) F. Magliulo, La disciplina della sicurezza degli impianti nel sistema codicistico della garanzia per vizi occulti, studio CNN n. 270-2008/C, in CNN Notizie del 14/11/2008, che richiama F. Galgano , Il negozio giuridico , in Tratt. dir. priv. e comm ., diretto da A. Cicu e F. Messineo, Milano 1988, 232 e la giurisprudenza di legittimità: Cass. 5 aprile 2003 n. 5372 , in Giust. Civ ., 2003 , 1, 1759, in Vita Not ., 2003 , 1, 875, in Giur. It., 2004 , 1624, secondo cui "Nel sancire la nullità del contratto per contrasto con norme imperative, l'art. 1418 cod. civ. fa salvo il caso in cui "la legge disponga diversamente". Ne consegue che tale nullità va esclusa sia quando risulta espressamente prevista una diversa forma di invalidità (es., annullabilità) sia quando la legge assicura l'effettività della norma imperativa con la previsione di rimedi diversi" (nello stesso senso Cass. 3 agosto 1987 n. 6691; Cass. 24 maggio 2003 n. 8236, in Dir. e Giur. Agr. e dell'ambiente , 2004, 2, 31 ). 10) Va anche ricordato che per gli edifici costruiti in base ad un provvedimento abilitativo richiesto dopo il 1 gennaio 2009, all’AQE è addirittura subordinato il rilascio del permesso di costruire. Infatti, l’art. 1 comma 288 L. 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per l’anno 2008), che rubricato Preclusione del rilascio del permesso di costruire al costruttore dal 1° gennaio 2009, stabilisce: “A decorrere dall’anno 2009, in attesa dell’emanazione dei provvedimenti attuativi di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla certificazione energetica dell’edificio, così come previsto dall’articolo 6 del citato decreto legislativo n. 192 del 2005, nonché delle caratteristiche strutturali dell’immobile finalizzate al risparmio idrico e al reimpiego delle acque meteoriche”. Per quanto quest’ultima previsione faccia riferimento al certificato energetico di cui all’art. 6 del decreto e quindi quello realizzato in base all’All. A n. 2 al termine della costruzione, è da ritenere che si tratti invece del certificato c.d. “prognostico”, redatto sulla base del semplice progetto presentato e che quindi, debba distinguersi dal certificato energetico richiesto quale condizione al rilascio del certificato di agibilità o per la dichiarazione di fine lavori. 11) Ad eccezione delle regioni che hanno legiferato in materia. Su questo aspetto si rinvia agli studi M. Leo e M. L. Mattia, Appunti, cit. e n. 710-2008/C, M. Ruotolo, I limiti dell'incidenza della normazione secondaria statale e della legislazione regionale sulla disciplina privatistica del rapporto contrattuale (A proposito della normativa regolamentare sulla garanzia di conformità degli impianti e della legislazione regionale sul certificato energetico), approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 21 gennaio 2009, in Studi e materiali, 2/2009, 37 ss. Le Regioni che hanno legiferato in materia energetica sono: Emilia Romagna: Delib. Ass. Legisl. 4 marzo 2008, n. 156, Approvazione atto di indirizzo e coordinamento sui requisiti di rendimento energetico e sulle procedure di certificazione energetica degli edifici (Proposta della Giunta regionale in data 16 novembre 2007, n. 1730). Pubblicata nel B.U. Emilia-Romagna 25 marzo 2008, n. 47. Inoltre, Con Delib.G.R. 28 ottobre 2008, n. 1754 sono state approvate disposizioni per la formazione del Certificatore energetico in edilizia, in attuazione della delibera n. 156. Friuli-Venezia Giulia: L.R. 23-2-2007 n. 5, Riforma dell'urbanistica e disciplina dell'attività edilizia e del paesaggio. Pubblicata nel B.U. Friuli-Venezia Giulia 28 febbraio 2007, n. 9, in parte modificata dalla L.R. 21 ottobre 2008, n. 12. Lazio: L.R. 27-5-2008 n. 6, Disposizioni regionali in materia di architettura sostenibile e di bioedilizia. Pubblicata nel B.U. Lazio 7 giugno 2008, n. 21, che prevede all’art. 9 una Certificazione di sostenibilità degli interventi di bioedilizia, che ricomprende anche i dati dell’AQE. Liguria: L.R. 29 maggio 2007, n. 22, Norme in materia di energia. Pubblicata nel B.U. Liguria 6 giugno 2007, n. 11, parte prima. In vigore dal 21 giugno 2007, parzialmente modificata da l. reg.6 giungo 2008, n. 14, cui si aggiunge anche il Reg. 8 novembre 2007, n. 6 (Pubblicato nel B.U. Liguria 28 novembre 2007, n. 19, parte prima), Regolamento di attuazione dell'articolo 29 della legge regionale 29 maggio 2007, n. 22: (Norme in materia di energia), in vigore dal 13 dicembre 2007. Sulla L.R. 22/2007 è intervenuta la L.R. 24 novembre 2008, n. 42. Il regolamento 6/2007 è stato sostituito dal Regolamento Regionale 22 gennaio 2009 n. 1 (pubblicato nel B.U. Liguria del 4 febbraio 2009 n. 2), di attuazione dell’articolo 29 della legge regionale 29 maggio 2007 n. 22. Piemonte: L.R. 28 maggio 2007, n. 13, Disposizioni in materia di rendimento energetico nell'edilizia. Pubblicata nel B.U. Piemonte 31 maggio 2007, n. 22. Puglia: L.R. 10-6-2008 n. 13, Norme per l'abitare sostenibile. Pubblicata nel B.U. Puglia 13 giugno 2008, n. 93, che all’art. 9 prevede una Certificazione di sostenibilità degli edifici. Inoltre, va tenuto in considerazione anche Reg. 27 settembre 2007, n. 24 (Pubblicato nel B.U. Puglia 28 settembre 2007, n. 138), Regolamento per l'attuazione del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, modificato dal decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 311, in materia di esercizio, controllo e manutenzione, ispezione degli impianti termici e di climatizzazione del territorio regionale. Valle d’Aosta: Legge regionale 18 aprile 2008, n. 21, Disposizioni in materia di rendimento energetico nell'edilizia. (B.U. 8 luglio 2008, n. 28). Lombardia: Delibera Giunta regionale del 22 dicembre 2008 n. 8745 in tema di efficienza energetica nell’edilizia, approvata dalla Giunta Regionale Lombarda nell'ultima seduta prima della pausa natalizia: in tale delibera vengono aggiornate le “Disposizioni inerenti all'efficienza energetica in edilizia” approvate con la D.G.R. n. 5018/2007, modificata ed integrata dalla D.G.R. n. 5773/2007. Consiglio Nazionale del Notariato n. 299, gennaio 2009 Appunti sull’abrogazione dell’obbligo di allegazione della certificazione energetica L’art. 35, comma 2-bis, del D.L. 112/2008, come risultante dalla conversione in legge, dispone l’abrogazione dei commi 3 e 4 dell’art. 6 e dei commi 8 e 9 dell’art. 15 del d.lgs. 192/2005 (modificato dal d.lgs. 29 dicembre 2006 n. 311). I primi due commi obbligavano ad allegare l’attestato di qualificazione energetica agli atti traslativi a titolo oneroso ed a consegnare lo stesso attestato al conduttore in caso di locazione; gli altri stabilivano la sanzione della nullità relativa del contratto in caso di violazione di tali obblighi. L’entrata in vigore di tale disciplina impone - al solo fine di fornire delle prime indicazioni operative - di verificare laddove possibile, gli effetti di tale abrogazione, sia rispetto alla disciplina comunitaria di riferimento, sia con riferimento alle leggi e alle delibere regionali che sono state emesse da quelle regioni in forza dell’art. 117 della Costituzione. DIRITTO COMUNITARIO Premessa: il contesto normativo Appare, in primo luogo, opportuno inquadrare la questione riepilogando le disposizioni, comunitarie e nazionali, di riferimento. La norma di riferimento in ambito comunitario è costituita dall’art. 7 della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico dell’edilizia, che, sotto la rubrica Attestato di certificazione energetica, dispone: “1. Gli Stati membri provvedono a che, in fase di costruzione, compravendita o locazione di un edificio, l'attestato di certificazione energetica sia messo a disposizione del proprietario o che questi lo metta a disposizione del futuro acquirente o locatario, a seconda dei casi. La validità dell'attestato è di dieci anni al massimo. La certificazione per gli appartamenti di un condominio può fondarsi: - su una certificazione comune dell'intero edificio per i condomini dotati di un impianto termico comune ovvero - sulla valutazione di un altro appartamento rappresentativo dello stesso condominio. Gli Stati membri possono escludere le categorie di cui all'articolo 4, paragrafo 3, dall'applicazione del presente paragrafo. 2. L'attestato di certificazione energetica degli edifici comprende dati di riferimento, quali i valori vigenti a norma di legge e i valori riferimento, che consentano ai consumatori di valutare e raffrontare il rendimento energetico dell'edificio. L'attestato è corredato di raccomandazioni per il miglioramento del rendimento energetico in termini di costi-benefici. L'obiettivo degli attestati di certificazione è limitato alla fornitura di informazioni e qualsiasi effetto di tali attestati in termini di procedimenti giudiziari o di altra natura sono decisi conformemente alle norme nazionali. 3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che negli edifici la cui metratura utile totale supera i 1000 m2 occupati da autorità pubbliche e da enti che forniscono servizi pubblici a un ampio numero di persone e sono pertanto frequentati spesso da tali persone sia affisso in luogo chiaramente visibile per il pubblico un attestato di certificazione energetica risalente a non più di dieci anni prima. Per i suddetti edifici può essere chiaramente esposta la gamma delle temperature raccomandate e reali per gli ambienti interni ed eventualmente le altre grandezze meteorologiche pertinenti”. A tale norma è stata data attuazione, in ambito nazionale, con l’art. 6 del d. lgs. 19 agosto 2005, n. 192, di cui si riportano i primi sei commi. “Certificazione energetica degli edifici 1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli edifici di nuova costruzione e quelli di cui all'articolo 3, comma 2, lettera a), sono dotati, al termine della costruzione medesima ed a cura del costruttore, di un attestato di certificazione energetica, redatto secondo i criteri e le metodologie di cui all'articolo 4, comma 1. 2. La certificazione per gli appartamenti di un condominio può fondarsi, oltre sulla valutazione dell'appartamento interessato: a) su una certificazione comune dell'intero edificio, per i condomini dotati di un impianto termico comune; b) sulla valutazione di un altro appartamento rappresentativo dello stesso condominio e della stessa tipologia. 3. Nel caso di compravendita dell'intero immobile o della singola unità immobiliare, l'attestato di certificazione energetica e' allegato all'atto di compravendita, in originale o copia autenticata. 4. Nel caso di locazione, l'attestato di certificazione energetica e' messo a disposizione del conduttore o ad esso consegnato in copia dichiarata dal proprietario conforme all'originale in suo possesso. 5. L'attestato relativo alla certificazione energetica, rilasciato ai sensi del comma 1, ha una validità temporale massima di dieci anni a partire dal suo rilascio, ed e' aggiornato ad ogni intervento di ristrutturazione che modifica la prestazione energetica dell'edificio o dell'impianto. 6. L'attestato di certificazione energetica comprende i dati relativi all'efficienza energetica propri dell'edificio, i valori vigenti a norma di legge e valori di riferimento, che consentono ai cittadini di valutare e confrontare la prestazione energetica dell'edificio. L'attestato e' corredato da suggerimenti in merito agli interventi più significativi ed economicamente convenienti per il miglioramento della predetta prestazione”. L’art. 15 dello stesso provvedimento, poi, nel disporre le sanzioni per la mancata osservanza delle disposizioni del decreto, ha previsto ai commi 8 e 9 che: “8. In caso di violazione dell'obbligo previsto dall'articolo 6, comma 3, il contratto e' nullo. La nullità può essere fatta valere solo dal compratore. 9. In caso di violazione dell'obbligo previsto dall'articolo 6, comma 4, il contratto e' nullo. La nullità può essere fatta valere solo dal conduttore”. I commi 3 e 4 dell’articolo 6 e i commi 8 e 9 dell’articolo 15 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 sono ora abrogati dal comma 2 bis dell’art 35 del D.L. 112/2008, aggiunto dalla legge di conversione. A seguito di tale intervento, pertanto, è venuto meno per il notaio l’obbligo di allegazione agli atti di compravendita immobiliare dell’attestato di certificazione energetica. Effetti dell’abrogazione Mentre l’abrogazione dei commi 8 e 9 dell’art. 15 del d.lgs. 192/2005 non comporta - come si avrà modo di approfondire nel corso della trattazione - problemi di compatibilità con l’ordinamento comunitario, l’abrogazione dei commi 3 e 4 dell’art. 6 dello stesso atto, non accompagnata dalla previsione di alcun’altra disposizione volta a trasporre nell’ordinamento interno gli obblighi previsti dal primo paragrafo dell’art. 7 della direttiva 2002/91/CE, crea indubbiamente un “vuoto normativo” che contrasta con l’obbligo, imposto agli Stati membri dall’ordinamento comunitario, di prevedere che l’attestato di certificazione energetica sia messo dal proprietario a disposizione del futuro acquirente o locatario. Ferma restando la responsabilità dello Stato per inadempimento nei confronti della Comunità europea (e qualora, ne ricorrano i presupposti, nei confronti dei privati cui la normativa comunitaria attribuiva diritti soggettivi), ciò che più interessa, in questa sede, riguarda la posizione del notaio rispetto alla situazione normativa sopra delineata. Più precisamente, si vuole chiarire se, la circostanza della contrarietà con il diritto comunitario della normativa nazionale che il notaio è chiamato ad applicare possa in qualche modo portare ad argomentare che lo stesso resti comunque obbligato in virtù delle disposizioni della direttiva. La risposta deve ritenersi negativa per le ragioni seguenti. a) Il notaio non ha l’obbligo di “disapplicazione” Si deve in primo luogo rilevare che il notaio non rientra nel novero dei soggetti cui spetta il potere–dovere di “disapplicare” le norme interne contrastanti con le disposizioni, seppure direttamente efficaci (in quanto incondizionate dal punto di vista sostanziale e sufficientemente precise), di una direttiva comunitaria e conseguentemente di applicare le disposizioni di tale direttiva. Tale obbligo, infatti, è attribuito, sulla base della giurisprudenza, sia della Corte di giustizia, sia delle Corti nazionali, a tutti “i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione alle leggi (e agli atti aventi forza o valore di legge), tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri, come gli organi amministrativi (1)”. Non equiparandosi il notaio agli organi giurisdizionali ed amministrativi si giunge ad escludere, nella vigenza della disposizione abrogatrice, qualunque obbligo in capo al notaio di uniformare il proprio comportamento tanto alla disposizione della direttiva comunitaria (che, peraltro, non impone direttamente nessun obbligo nei suoi confronti) quanto, e a maggior ragione, a quella abrogata, che prevedeva in capo al notaio un obbligo non imposto dall’ordinamento comunitario. b) Le direttive comunitarie non sono idonee a produrre effetti diretti nei rapporti tra privati A quanto sopra detto, deve, poi, aggiungersi, che, pur volendo assimilare il notaio agli organi giurisdizionali e amministrativi per quanto attiene l’obbligo di disapplicazione delle disposizioni nazionali contrastanti con norme comunitarie direttamente efficaci, le disposizioni di una direttiva non recepita, o recepita in modo inadeguato sono idonee - sempre che siano incondizionate dal punto di vista sostanziale e sufficientemente precise - a creare obblighi solo in capo agli Stati che si sono resi inadempienti (cd. efficacia diretta verticale) e alle loro articolazioni (intese come gli organismi o gli enti soggetti all’autorità o al controllo dello Stato o che dispongono di poteri che eccedono i limiti di quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti tra singoli) (2). Tali norme, in quanto contenute in un atto indirizzato esclusivamente agli Stati membri (che sono tenuti a trasporlo nell’ordinamento interno), non sono, invece idonee a creare obblighi direttamente in capo ai privati (persone fisiche o giuridiche interne agli Stati), sono pertanto prive di efficacia diretta in senso orizzontale. Pertanto, in un caso, come quello in esame, in cui le disposizioni di una direttiva non integralmente trasposta regolino rapporti tra privati, non verificandosi la contemporanea vigenza di norme reciprocamente contrastanti (in quanto solo la norma nazionale crea obblighi in capo ai privati e non anche la norma comunitaria che non è direttamente efficace), che costituisce presupposto fondamentale affinché operi - in ossequio al principio della prevalenza dell’ordinamento comunitario, ormai pacificamente accolto – il principio della disapplicazione della norma nazionale contrastante con i dettami comunitari, tale meccanismo non trova comunque applicazione. c) La direttiva non prevede l’obbligo di allegazione Fermo restando, quindi, che affinché le disposizioni di una direttiva possano produrre obblighi in capo ai privati è necessario che esse siano trasposte in un provvedimento normativo nazionale, è comunque utile puntualizzare che, come si evince già dal testo riportato in premessa, dalle disposizioni della direttiva non deriva alcun obbligo di allegazione all’atto dell’attestato di certificazione energetica. L’atto normativo comunitario, infatti, vincola gli Stati solo a prevedere che tale attestato sia messo dal proprietario a disposizione del futuro acquirente o locatario, lasciando gli stessi liberi circa le modalità di realizzazione di detto risultato. La contravvenzione del legislatore nazionale agli obblighi comunitari, infatti, non risiede nell’aver eliminato l’obbligo di allegazione, non necessariamente richiesto, ma nel non aver previsto alcuna modalità alternativa di “messa a disposizione” del futuro acquirente dell’attestato di certificazione energetica. Ugualmente non può configurarsi, come sopra accennato, alcuna contravvenzione al diritto comunitario nell’abrogazione dei commi 8 e 9 dell’art. 15 del d.lgs. 192/2005. La sanzione della nullità relativa dell’atto in caso di mancata “messa a disposizione” dell’attestato di certificazione energetica, ivi prevista, infatti, non è imposta dalla direttiva che si limita a indicare, quale obiettivo dell’attestato di certificazione, la fornitura di informazioni, lasciando nella discrezionalità degli Stati la previsione di “qualsiasi effetto di tali attestati in termini di procedimenti giudiziari o di altra natura”. Sul piano del diritto comunitario si deve dunque concludere che il notaio, attenendosi correttamente alla normativa nazionale vigente, non è tenuto ad allegare all’atto l’attestato di certificazione energetica né a documentare in altro modo la messa a disposizione della certificazione energetica dal proprietario nei confronti dell’acquirente o del conduttore, fermo restando, naturalmente, che un siffatto comportamento non solo è consentito ma è anche conforme al diritto comunitario. Per ciò che concerne il contrasto con l’ordinamento comunitario che tale abrogazione viene a determinare, invece, la questione riguarda esclusivamente lo Stato e la sua responsabilità nei confronti della Comunità (ed eventualmente dei privati). LEGISLAZIONE STATALE E REGIONALE Con riferimento alle regioni che non hanno legiferato in materia di prestazione energetica degli edifici, l’analisi compiuta sulla disciplina comunitaria porta a ritenere prevalenti le ragioni che escludono la sussistenza in capo al notaio non solo di un obbligo di allegazione dell’AQE, ma anche di documentazione della messa a disposizione della certificazione energetica dal proprietario nei confronti dell’acquirente o del conduttore. Più difficile invece individuare una soluzione netta con riferimento alle regioni che abbiano legiferato con norme primarie o secondarie (3). Occorre chiedersi infatti sul diverso piano del rapporto tra legge nazionale e disciplina regionale, se l’obbligo di allegazione agli atti traslativi del ripetuto certificato, e le eventuali sanzioni previste nella disciplina locale (nullità relativa, sanzioni amministrative..) possano ritenersi ancora sussistenti. A fronte dell’abrogazione in esame, infatti, per affermare un persistente obbligo di allegazione dell’AQE in quelle regioni, occorrerebbe stabilire che con l’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 112/2008, le leggi e i regolamenti locali siano viziati da illegittimità costituzionale, con la conseguenza di ritenere doverosa l’applicazione della disciplina locale fino a quando non venga emessa una pronuncia di incostituzionalità. Al contrario, per ritenere invece che dall’entrata in vigore della citata legge di conversione sia venuto meno l’obbligo di procedere alla stessa allegazione, occorrerebbe giungere a sostenere che siano state automaticamente abrogate le norme regionali in parola. Più riduttivamente, andrebbe sciolto il dilemma se nel rapporto tra fonti statali e fonti regionali debba prevalere il criterio dell’invalidazione (e cioè del mero vizio di incostituzionalità) ovvero quello dell’abrogazione. Chi aderisce alla prima interpretazione ritiene che la disciplina regionale sia viziata da incostituzionalità per la parte in cui viola il riparto di competenze tra Stato e Regioni previsto dall’art. 117 Cost. Pertanto in base all’art. 134 Cost. è necessario che tale vizio sia sollevato dinanzi alla Corte Costituzionale che dovrà con sentenza dichiarare l’incostituzionalità della norma (4): in base all’art. 136 Cost. questa cesserà di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. A voler seguire invece l’altra delle interpretazioni prospettate, potrebbe giungersi a sostenere l’abrogazione immediata delle norme regionali, facendo applicazione dell’art. 10 comma 1 della legge 10 febbraio 1953 n. 62 (c.d. legge Scelba), secondo cui le leggi della Repubblica che modificano i principi fondamentali di cui al primo comma dell'articolo 9, abrogano le norme regionali che siano in contrasto con esse (5). La piena vigenza dell’art. 10 della legge n. 62/1953, è stata recentemente ribadita dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, di legittimità e costituzionale, nonostante i tentativi volti a dimostrare l’implicita abrogazione o comunque l’illegittimità costituzionale della norma dopo la riforma del titolo V della Costituzione (6) (7). Nonostante le diverse opinioni che a vario titolo hanno tentato di dimostrare che il rapporto tra fonti statali e regionali, specialmente dopo la riforma del titolo V della Costituzione, dovrebbe sempre risolversi in un vizio di incostituzionalità (8), tale idea non è mai stata recepita dalla Corte Costituzionale che sia prima (9) ma soprattutto dopo la riforma dell’art. 117 Cost. (10), ha sempre ribadito l’effetto abrogativo delle leggi regionali secondo il meccanismo di cui all’art. 10 della legge Scelba. A questo proposito si è evidenziato (11) come le affermazioni della Consulta contenute nelle sentenze n. 222 e 223 del 2007, circa l’attuale vigenza dell’art. 10 della legge n. 62 del 1953, per quanto costituiscano oggettivamente una presa di posizione netta, non suonano come una novità sostanziale; nella giurisprudenza comune non si è infatti mai dubitato né della perdurante vigenza dell’art. 10 della legge Scelba, né della sua illegittimità costituzionale in riferimento al nuovo art. 117 Cost. (12) e che anche la dottrina si è orientata a ritenere che la disposizione sia oggi legittimamente in vigore (13). Presupposti di applicabilità della Legge Scelba Per stabilire se a seguito dell’entrata in vigore della legge di conversione del DL 112/2008 venga in considerazione la legge Scelba, e dunque per effetto di questa ritenere abrogate le norme regionali che qui interessano, occorre verificare se ricorrano i presupposti della legge n. 62/1953. Non è completamente da escludere infatti che, con l’abrogazione in esame, il legislatore non si sia limitato solo a legiferare su materia di competenza esclusiva statale, ma abbia anche provveduto a riformulare delle norme di principio all’interno della materia del risparmio energetico degli edifici. A tal fine potrebbe anche considerarsi che la previsione introdotta dal d.lgs. 29 dicembre 2006 n. 311 - secondo cui a partire dal 2 febbraio 2007 il trasferimento a titolo oneroso di determinati edifici avrebbe potuto eseguirsi sulla base di un atto negoziale, con allegata la certificazione in esame a pena di nullità - veniva ad incidere sul principio codicistico dettato in tema di forma degli atti negoziali, ed in particolare su quello generale in materia di libertà di forma. Ed è noto il carattere eccezionale delle norme che, derogando al principio della libertà di forma, impongono limitazioni all'autonomia negoziale (14). Inoltre non sembra fondato il dubbio che il legislatore nazionale con l’abrogazione dei commi 3 e 4 dell’art. 6 e dei commi 8 e 9 dell’art. 15 del d.lgs. 192/2005, non abbia rispettato la ripartizione di competenze previste dall’art. 117 Cost. Al contrario, la lett. l) del co. 2 prevede che allo Stato è riservata una competenza esclusiva sull’”ordinamento civile”, ed è innegabile che l’abrogazione dell’obbligo di allegazione dell’AQE e delle disposizioni che stabilivano la sanzione della nullità, incidendo sulle modalità di documentazione e formazione degli atti negoziali ha propriamente operato in quest’ambito. L’intervento del legislatore, in altri termini, si è conformato alla ratio che sorregge l’impedimento all’ingresso nel sistema del c.d. “diritto privato regionale”, tradizionalmente individuata nell’esigenza – sottesa al principio costituzionale d’uguaglianza ex art. 3 Cost. – di garantire nel territorio nazionale l’uniformità della disciplina dettata per i rapporti di diritto privato, settore dell’ordinamento che per la sua importanza mal si coniuga con i particolarismi locali (15). In quest’ambito dunque, qualunque intervento regionale che superi quel limite non potrebbe sottrarsi ad una eventuale censura di illegittimità costituzionale. Lo sconfinamento della potestà legislativà regionale all’interno delle materie riservate al legislatore nazionale, potrebbe anche non rivelarsi costituzionalmente rilevante, nell’ipotesi in cui la legislazione regionale coincida o sia meramente riproduttiva di quella statale. Poiché infatti il sistema normativo che disciplina le vicende privatistiche è pur sempre quello statale, non sussiste alcun interesse a far valere il vizio di illegittimità costituzionale della disciplina regionale. Ma quando invece la legge statale viene modificata, e da questa viene espunto il principio - come ad esempio, per quanto qui interessa, dell’”ordinamento civile” - che costitutiva il sostegno della legge o del regolamento locale, questa viene a confliggere con il riparto di competenza per materia fissato dalla costituzione, ed in particolare con l’art. 117 co 2 lett. l) che assegna allo Stato una riserva esclusiva sull’ordinamento civile. Vi è il dubbio che ciò possa essersi verificato con la disciplina regionale in materia di risparmio energetico degli edifici, alla quale è mancato successivamente il principio generale di riferimento per la parte in cui si disponeva in ordine all’allegazione dell’AQE agli atti traslativi, o come in alcuni casi, prevedendosi anche la sanzione civile della nullità. All’eventuale obiezione che dubitasse della riconducibilità ad un principio generale dello Stato “la liberta di forma degli atti negoziali”, potrebbe replicarsi osservando con quanto recentemente deciso dalla Corte Costituzionale secondo cui “l'ampiezza e l'area di operatività dei principi fondamentali – non avendo gli stessi carattere «di rigidità e di universalità» - non possono essere individuate in modo aprioristico e valido per ogni possibile tipologia di disciplina normativa. Esse, infatti, devono necessariamente essere calate nelle specifiche realtà normative cui afferiscono e devono tenere conto, in modo particolare, degli aspetti peculiari con cui tali realtà si presentano” (16). Al contrario, vengono meno i presupposti di applicabilità della Legge Scelba, nell’ipotesi in cui si consideri “di dettaglio” l’intervento del legislatore regionale quando ha previsto l’obbligo di allegazione dell’AQE (ma, invero, anche quando ha stabilito le conseguenti sanzioni di tipo privatistico come la nullità relativa) (17). In sostanza secondo quest’ultima ricostruzione, nelle materie in questione sussisterebbe una competenza regionale (concorrente e residuale), e quindi spetterebbe alle Regioni medesime dettare un’apposita disciplina nell’esercizio della propria potestà normativa ed amministrativa, trattandosi di normativa cedevole di dettaglio che, dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, sarebbe pienamente consentito (18). CONCLUSIONI Sulla base di quanto fin qui sostenuto è possibile ritenere che nelle regioni che non hanno legiferato in materia di prestazione energetica degli edifici, l’analisi di diritto comunitario compiuta porta a ritenere ammissibile che l’abrogazione dei commi 3 e 4 dell’art. 6 e dei commi 8 e 9 dell’art. 15 del d.lgs. 192/2005 (come modificato dal d.lgs. 29 dicembre 2006 n. 311), sia immediatamente operativa a partire dall’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 112/2008. Esclusa la sussistenza di un qualunque obbligo di documentazione, resteranno a carico del notaio gli obblighi di informazione e chiarimento nell’interesse delle parti sugli altri aspetti del d.lgs. n. 192 del 2005 non toccati dalla legge di conversione. In particolare quelli relativi agli obblighi in capo all’alienante di dotare l’edificio dell’AQE e di metterlo a disposizione dell’acquirente; quanto a tale obbligo di consegna, pur in assenza di una testuale previsione (19), esso sembra possa ricavarsi dall’art. 6 commi 1 e 1-bis del d.lgs. n. 192 del 2005, da cui si evince che l’obbligo di dotare l’edificio (dell’AQE) diventa “giuridicamente rilevante” nel momento in cui l’immobile viene trasferito all’acquirente. Pertanto alla luce della nuova formulazione del d.lgs. n. 192/2005, fermo restando nel citato art. 6 comma 1-bis il solo riferimento alla fattispecie traslativa e non al negozio traslativo, deve ritenersi che la consegna della certificazione energetica potrebbe non essere contestuale al rogito, ma eventualmente precederlo o seguirlo: in queste ipotesi diventa centrale l’intervento del notaio, non solo in funzione informativa – come detto - ma anche quale soggetto in grado di costruire un’adeguata regolamentazione contrattuale in ordine alla consegna del certificato. Con riferimento invece alla regioni nelle quali siano state emanate leggi o regolamenti in attuazione della disciplina statale, stante l’incertezza sulla soluzione da adottare con riferimento al rapporto tra legislazione statale e regionale, appare doveroso – almeno con riferimento alla fase di prima applicazione della nuova disciplina - un invito alla massima prudenza. Pertanto facendo salvi gli ulteriori approfondimenti in uno specifico studio, in linea con l’invito alla prudenza di cui innanzi, per l’ipotesi che dovesse risultare maggiormente fondata la soluzione che propende per considerare viziate da incostituzionalità le leggi o le delibere regionali, in quelle regioni che hanno emanato norme in materia si dovrà continuare ad applicare la disciplina che prevede l’obbligo di allegazione della certificazione energetica. Mauro Leo e Maria Laura Mattia (*) _____________ (*) M. Leo ha curato la parte sulla legislazione statale e regionale; M.L. Mattia la parte di diritto comunitario. (1) Corte Costituzionale, sentenza 11 luglio 1989, n. 389, Provincia di Bolzano, in Foro it., 1991, I, 1076. In argomento si vedano anche, in abito nazionale: Corte Costituzionale, sentenza 18 aprile 1991, n. 168, Giampaoli, in Foro it., 1992, I, 660; Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 864 del 29 ottobre 1991, in Il Consiglio di Stato, 1991, I, 1481 e Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 marzo 2001, n. 1872, in Rep. Foro it., voce Sanitario, n.340; in ambito comunitario: Corte di giustizia, sentenza 22 giugno 1989, causa 103/88, Costanzo; Corte di giustizia, sentenza 19 gennaio 1993, causa C-101/91, Commissione c. Italia; Corte di giustizia, sentenza 29 aprile 1999, causa C- 224/97, Ciola; Corte di giustizia, sentenza 4 ottobre 2001, causa C-438/99, Melgar. (2) Corte di giustizia, sentenza 12 luglio 1990, causa C-188/89, Foster/British gas. (3) Si conoscono la L.R. Piemonte 28 maggio 2007 n. 13 che all’art. 5 comma 2 ha stabilito l’obbligo di allegazione alle sole compravendite; delibera della Giunta Regionale della Lombardia n. 8/5773 (emanata in attuazione delle L.R n. 24/2006) che all’art. 6 comma 3 prevede l’obbligo di allegazione agli atti traslativi a titolo oneroso; L.R Valle d’Aosta 18 aprile 2008 n. 21 che all’art. 7 comma 3 prevede che ai soli “atti di compravendita” è allegato l’attestato di certificazione energetica; anche la L.R. Liguria 29 maggio 2007 n. 22, all’art. 28 comma 3 impone l’allegazione ai soli atti di compravendita della certificazione in esame, ma prevede anche, in conseguenza della violazione di quest’obbligo, la sanzione della nullità relativa (art. 33 comma 12); delib. Ass. Legisl. Emilia Romagna 4 marzo 2008, n. 156, che all’art. 5.5 dell’allegato “Atto di indirizzo e coordinamento sui requisiti di rendimento energetico e sulle procedure di certificazione energetica degli edifici”, pone l’obbligo dell’allegazione agli atti traslativi a titolo oneroso. (4) Corte Cost. 28 aprile 2004 n. 129; Corte Cost. 14 giugno 1990 n. 285 (5) I principi fondamentali considerati dall’art. 9 sono quelli che risultano da leggi che espressamente li stabiliscono per le singole materie o quali si desumono delle leggi vigenti. (6) Ancorché si tratti di tentativi che presuppongono questioni vertenti su materie a competenza concorrente, in cui le incursioni della legislazione statale, pur entro certi limiti, devono comunque ammettersi. Si vedano ad esempio i ricorsi (in G. U – I s.s. nn. 30 e 45 del 2005) per conflitto di attribuzione dinanzi alla Consulta sollevato dalla Regione Veneto verso lo Stato, in relazione alle sentt. Tar Veneto (nn. 1735 e 3200 del 2005 in Foro Amm.vo TAR, 2005, 3453 e ss con nota di C. Pagliarin) in cui si afferma che la revisione costituzionale del 2001 avrebbe accentuato gli elementi di separazione di competenza tra fonti statali e fonti regionali (non importa se anteriore o successiva) sicché nelle materie di competenza concorrente il rapporto tra legge statale e legge regionale dovrebbe essere sempre strutturato in termini di illegittimità costituzionale e mai di abrogazione. Pertanto , l’art. 10 primo comma, della legge Scelba dovrebbe ritenersi o implicitamente abrogato oppure affetto da illegittimità costituzionale sopravvenuta. (7) Probabilmente non sarebbe totalmente da trascurare l’idea – sulla quale il condizionale è d’obbligo - che con riferimento a materie nelle quali lo Stato esercita una competenza esclusiva (art. 117 co. 2), sia ipotizzabile una diretta applicazione dell’art. 15 preleggi, norma sulla quale appare modellato lo stesso art. 10 della legge Scelba. (8) Riportate in F. CORVAJA, Abrogazione di legge regionale a mezzo di regolamento statale e conflitto di attribuzioni, Le Regioni, 6/2007, p. 1055 ss. spec par. 5 (9) C. Cost 3 marzo 1972 n. 40 (10) Da ultimo C. Cost. nn. 222 e 223 del 2007. Dopo la riforma del titolo V° C. Cost. n. 376 del 2002. n. 302 del 2003 (11) F. CORVAJA, op. cit. (12) Riconosce la vigenza della Legge Scelba Cass. n. 3620 del 2004 e Cass. n. 13077 del 2000. Quanto alla giurisprudenza amministrativa T.A.R. Campania – Napoli, sez. IV, n. 15543 del 2003, in www.giustizia-amministrativa.it, che ravvisa l’abrogazione della legge regionale campana. 17 del 1982, in materia di limiti di edificabilità, a far data dall’entrata in vigore del nuovo Testo unico dell’edilizia, ritenendo “applicabile nella fattispecie il dettato dell’art. 10 della legge n. 62 del 10 febbraio 1953 secondo cui le leggi della Repubblica che modificano i principi fondamentali nelle materie in cui le Regioni hanno competenza legislativa abrogano le precedenti norme regionali che siano in contrasto con esse”. Nello stesso senso cfr. anche TAR Campania, sede di Napoli, sez. II, sent. 25 novembre 2004, n. 19574, in www.giustiziaamministrativa.it e da ultimo Consiglio di Stato, sez. V, dec. 22 ottobre 2007, n. 5510, in www.giustiziaamministrativa.it, ove si legge che “la competenza legislativa concorrente che spetta alle regioni ordinarie nella materia sanitaria, ai sensi dell’art. 117, comporta, infatti, che il sopravvenire di una legge statale, che modifica i principi fondamentali della materia abroga la legge regionale preesistente, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 62 del 1953”(relativa però ad una fattispecie anteriore alla riforma del titolo V). (13) F. CORVAJA, op. cit. nota 25, riferisce che la maggior parte degli Autori sostiene (o dà per scontato), infatti, che il rapporto tra leggi statali di principio e leggi regionali di dettaglio nelle materie del 117, terzo comma, Cost., sia tuttora regolato dall’art. 10 della legge Scelba. In questo senso cita P. CARETTI - G. TARLI BARBIERI, Diritto regionale, Bologna 2006, 69 s.; contra PAGLIARIN, La “ghigliottina” della vecchia legge Scelba cit., 3467 ss. (14) Per tutti GIORGIANNI, Forma degli atti (dir. priv.), in ED, XVII, Milano, 1968, 1003. Non può non segnalarsi, comunque, il diverso orientamento pure autorevolmente sostenuto (IRTI, Strutture forti e strutture deboli (del falso principio di libertà delle forme) in Idola libertatis. Tre esercizi sul formalismo giuridico, Milano, 1985) che nell’ottica di un neoformalismo negoziale, nega l’esistenza del principio di libertà delle forme. (15) S. GIOVA, «Ordinamento civile» e diritto privato regionale, Napoli, 2008, 19 ss. (16) C. Cost. n. 336 del 2005 che in concreto ha qualificato come principi fondamentali anche norme a carattere puntuale e specifico, insuscettibili di un qualunque svolgimento da parte della legge regionale.; si veda anche C. Cost. n. 50 del 2005 (17) E’ da ritenere che ad un risultato sostanzialmente analogo possa pervenirsi ipotizzando una sorta di (improbabile) “delegificazione” - ad opera del Dlgs 192/2005 - dei principi fondamentali ricordati nel testo. (18) In ogni caso non va sottovalutata la circostanza che alcune Regioni (come il Piemonte) hanno previsto sanzioni amministrative pecuniarie a carico dell’alienante per il fatto della mancata allegazione dell’attestato di certificazione energetica: ricollegando così effetti di natura pubblicistica, e non meramente privatistica, all’allegazione (nell’alveo della competenza spettante alle Regioni stesse sulla base delle richiamate norme costituzionali), che non possono probabilmente ritenersi coinvolti dall’abrogazione della normativa nazionale (19) Benché non possa trascurarsi l’art. 1477 co. 3 cod. civ. secondo cui: “Il venditore deve pure consegnare i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta”.