Cir_Urban_Bolzano_20_6_09 Circolare Urbanistica Bolzano 20 giugno 2009, n. 61.01/369069 Direttive ai sensi dell'articolo 127 comma 2 della legge urbanistica provinciale, legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13 e successive modifiche (Riqualificazione energetica di edifici esistenti con ampliamento) Circolare esplicativa La Giunta provinciale con delibera nr. 1609 del 15.6.2009 ha approvato le direttive per la riqualificazione energetica di edifici esistenti con ampliamento ai sensi dell’art. 127, comma 2, della Legge urbanistica provinciale, Legge provinciale 11 agosto 1997, nr. 13, modificato con l’art. 51, comma 3, della Legge provinciale 9 aprile 2009, nr. 1. Il testo delle direttive è riportato in allegato. La presente circolare offre specifici chiarimenti allo scopo di assicurare un’esecuzione omogenea e conforme alle finalità, nonché di rispondere uniformemente ai quesiti applicativi. Lo scopo degli interventi risiede nel miglioramento dell’efficienza energetica dei fabbricati esistenti. In Alto Adige vige dal 12 gennaio 2005 la prescrizione che il fabbisogno energetico annuo dei nuovi edifici non può superare più di 70 kWh/m²a; detti edifici devono soddisfare almeno lo standard casaclima C (DPP nr. 34/2004). Da questa data mentre i nuovi edifici raggiungono in gran numero lo standard B, ossia meno di 50 kWh/m²a, o lo standard A minore di 30 kWh/m²a, gli edifici più vecchi abbisognano anche del doppio o del triplo dell’attuale fabbisogno minimo di energia per riscaldamento. È qui che si trova il maggior potenziale di risparmio al fine della riduzione energetica e della tutela del clima. Per sfruttare questo potenziale e nel contempo per offrire un impulso allo sviluppo economico, con la legge provinciale nr. 1/2009 la Giunta provinciale è stata autorizzata ed incaricata ad emettere direttive destinate a favorire interventi attraverso un insieme di premi e semplificazioni procedurali. Queste misure sono per legge applicabili solo negli anni 2009 e 2010; conseguentemente un’applicazione efficiente costituisce uno degli scopi essenziali. La direttiva stabilisce che edifici esistenti i quali alla data del 12 gennaio 2005 avevano una cubatura fuori terra legalmente esistente o concessionata di almeno 300 m3, possono essere ampliati di una cubatura di 200 m3. Accanto al superamento della densità edilizia a ciò eventualmente necessario può anche essere superato fino ad 1 m il limite fissato dagli strumenti urbanistici vigenti per l’altezza dell’edificio. Non si ripete qui il testo della direttiva per il quale si rimanda all’originale. Come guida nell’interpretazione per quesiti specifici si illustrano i seguenti aspetti: L’edificio esistente deve essere un edificio residenziale; si ritiene residenziale l’edificio che al momento della domanda risulta destinato a scopi residenziali per almeno il 50 per cento della cubatura . Per il conseguimento di questa percentuale di residenza non viene considerata come cubatura residenziale quella eventualmente già realizzata ai sensi dell’articolo 108 per l’agriturismo. L’ampliamento non è ammesso nelle zone di bosco e verde alpino. I singoli comuni hanno peró la possibilità entro 30 giorni di fissare ulteriori ambiti in cui l’ampliamento è escluso o di elevare la precitata percentuale di destinazione residenziale fino al 75 per cento. Qualora siano già state presentate prima della decisione del Consiglio comunale domande di ampliamento queste verranno decise sulla base della disciplina vigente a seguito di tale decisione. La decisione sulla domanda edilizia può pertanto essere assunta solo con il decorso dei 30 giorni assegnati al Consiglio comunale. Gli interventi mirano al risanamento del patrimonio edilizio esistente e pertanto non sono ammessi qualora l’edificio venga demolito e ricostruito. La demolizione parziale del 50 per cento della cubatura esistente con ricostruzione è invece ammessa. Con ciò il premio di 200 m3 non è cumulabile con il bonus del 5 o 10 per cento che può essere fruito per la maggior efficienza energetica nel caso di costruzioni nuove ivi compresa la demolizione con ricostruzione. La LUP evidenzia all’art. 127, comma 2 che tutti gli interventi devono essere valutati con particolare riguardo al rispetto del contesto urbanistico, storico, architettonico ed ambientale. Perciò tanto i committenti, i progettisti quanto i Comuni, sono chiamati ad uno scrupoloso esame di questi interventi straordinari e a tempo determinato. Per i parametri „cubatura“ equivalente a „cubutura urbanistica fuori terra“, e altezza degli edifici, valgono le stesse definizioni ed i metodi di calcolo definiti negli strumenti urbanistici del Comune. Affinché gli interventi rispettino al meglio il contesto, i vicini ed il paesaggio, si sottolinea in generale che tutti i parametri edilizi, di cubatura, altezza, distanza, sono equiordinati. Perciò non sussiste alcun diritto per esempio a superare l’altezza o a ridurre le distanze, motivando che diversamente non sarebbe possibile realizzare l’ampliamento consentito di x m³ sulla superficie edificabile disponibile. Le vigenti norme non possono essere eluse con interpretazioni di comodo o artifici costruttivi. Tutte le parti di fabbricato con facciate vengono computate ai fini dell’altezza dell’edificio e della cubatura. Rivestimenti di facciate anche se inclinati o ricoperti da tetti costituiscono pur sempre parte dei muri perimetrali e non possono portare all’elusione delle prescrizioni relative all’altezza degli edifici o della cubatura, a scapito del contesto urbanistico, dei vicini e della tipologia edilizia degli insediamenti. Le prescrizioni relative alle distanze tra costruzioni e dal confine rimangono invariate; l’isolazione applicata esternamente non viene calcolata come cubatura e non viola le distanze, purché venga rispettata la distanza minima fissata dal codice civile. In caso di sopraelevazioni è da rispettare l’art. 77 comma 4 della LUP. Si può perciò sviluppare l’ampliamento in altezza, in larghezza ed anche in profondità; può essere sopraelevato e trasformato il sottotetto; possono essere chiuse le verande; nel caso di edifici parzialmente interrati (c.d. seminterrati) i riempimenti possono essere rimossi; è ammissibile anche una combinazione di queste possibilità sempre nel limite dei 200 m³ di cubatura aggiuntiva e nel rispetto dell’aumento di 1 metro dell’altezza massima ammissibile e salva l’approvazione dal punto di vista esteticoarchitettonico. Il punto 8 delle direttive richiede un chiarimento: l’ampliamento ha luogo indipendentemente e senza incidere su altri diritti edificatori vigenti ed è cumulabile con altri diritti edificatori. Valga il seguente esempio: se un edificio esistente, che in base alle vigenti norme possa essere ampliato dagli attuali 600 m³ a 850 m³, ora venga riqualificato energeticamente utilizzando il premio di cubatura e venga così ampliato a 800 m3, lo stesso edificio, contemporaneamente o in un momento successivo, potrà avvantaggiarsi della riserva dei 250 m³ oggi in vigore. Solo i diritti edificatori connessi all’agriturismo ai sensi dell’art. 108 o connessi all’attività di affittacamere ai sensi dell’art. 128/ter eventualmente ancora fruibili non sono cumulabili con il premio previsto dalla direttiva in oggetto. Per il caso particolare di un edificio esistente nella fascia di rispetto cimiteriale la normativa igienica di cui alla LP nr. 55/1975 consente che possa essere ampliato per non più del 10 per cento. Questo limite presente all’interno della fascia di rispetto cimiteriale non può essere superato con il premio di cubatura in oggetto. Se ad esempio un sottotetto esistente che sino ad oggi non è stato calcolato come cubatura ora viene trasformato in abitazione l’intera porzione di fabbricato divenuta utilizzabile viene calcolata come cubatura. La direttiva non prevede alcuna norma specifica per il calcolo degli oneri di concessione, siano essi contributi di urbanizzazione che relativi al costo di costruzione. In caso di oneri dovuti, ma non ancora corrisposti, questi sono da conteggiare sulle parti di fabbricato realizzate o rese utilizzabili. Lo stesso vale in via analogica per la realizzazione di parcheggi. Le case a schiera possono usufruire della direttiva anche se a suo tempo realizzate con un’unica concessione e successivamente divise catastalmente. Edifici con più proprietari e condomini possono utilizzare dell’ampliamento collettivamente, ossia nel limite complessivo di 200 m³. Le norme sulla formazione delle decisioni dei comproprietari sono fatte salve. Alla domanda di concessione edilizia va allegato il calcolo sul fabbisogno energetico che comprova che gli interventi progettati assicurano il conseguimento dello standard Casa Clima “C”. A lavori ultimati deve essere richiesta la licenza d’uso e a tale domanda va allegato il certificato emesso dall’Agenzia Casa Clima che certifica l’effettivo conseguimento di tale standard minimo. L’efficienza energetica richiesta deve essere comprovata per l’intero edificio , ossia sia per la parte esistente che per quella ampliata. Nel caso in cui lo standard di qualità non venga dimostrato si applicano le sanzioni di cui all’art. 127, comma 7.