Cir_Liguria_16_11_05_160220 Circolare Liguria 16 novembre 2005, n. 160220 Integrazione ed aggiornamento delle indicazioni fornite con la circolare esplicativa della legge regionale 6.8.2001 n. 24 sul recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti. L’applicazione della legge regionale n. 24/2001 sul recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti ha fatto emergere alcuni problemi interpretativi - segnalati in numerose richieste di parere da parte di Comuni e Province e sollevati, anche, in sede di contenzioso e di richieste di chiarimenti posti dall’Autorità Giudiziaria - che, considerata la loro rilevanza generale, richiedono una integrazione ed aggiornamento delle indicazioni a suo tempo fornite nella circolare regionale esplicativa della legge del 16/1/2002, nei termini di seguito esposti. 1.Requisiti in ordine alla preesistenza di locali sottotetto per l’applicabilità della disciplina di cui all’articolo 2 della l.r. 24/2001. Come noto il primo presupposto per l’applicazione della legge in questione è la preesistenza di un sottotetto come definito dal relativo articolo 1, comma 2. Detta legge non ha, peraltro, dettato limiti di altezza minima che i locali esistenti debbono possedere per poter essere qualificati come sottotetti, con conseguente applicabilità agli stessi dello speciale regime introdotto dalla legge medesima: a fronte di ciò si sono registrati casi di applicazione a spazi qualificati come sottotetti la cui oggettiva esigua consistenza ha fatto sorgere dubbi sulla configurabilità della preesistenza di locali di natura accessoria atti a fondare l’applicabilità della disciplina in argomento. Al riguardo, rispetto alle indicazioni di detta circolare regionale, si ritiene di fornire le seguenti ulteriori precisazioni. Non è configurabile la preesistenza di locali sottotetto suscettibili di recupero ai sensi della legge a riferimento nel caso di spazi aventi un’altezza talmente esigua da essere qualificabili soltanto come “intercapedini orizzontali (camere d’aria)”, aventi principalmente funzione di isolamento dei piani sottostanti. Conseguentemente occorre che ciascuna Autorità comunale verifichi e valuti, caso per caso, in primo luogo se siano configurabili o meno volumi sottotetto preesistenti nei termini in precedenza precisati, tenuto anche conto che tali interventi, alla luce di quanto più oltre verrà precisato sub paragrafo 3, per ritenersi riconducibili alle fattispecie di cui alla legge in parola e, quindi, ad interventi classificabili di ristrutturazione edilizia, dovrebbero comportare circoscritti incrementi della volumetria originaria, e cioè quelli esclusivamente necessari per il raggiungimento dell’altezza media interna prevista dall’art. 2, comma 6. Le considerazioni in precedenza espresse non valgono, ovviamente, nel caso in cui un Comune abbia già provveduto ad introdurre nella propria disciplina urbanistica specifiche previsioni per l’applicazione della l.r. 24/2001. 2. Inapplicabilità della disciplina delle distanze tra costruzioni di cui all’articolo 9, comma 1, punto 2), del D.M. n. 1444/1968. In via preliminare va evidenziato che la disciplina di cui all’articolo 9, comma 1, punto 2), del D.M. n. 1444/1968 (che prescrive la distanza minima assoluta di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti da osservare nella realizzazione di nuovi edifici in zone diverse dai centri storici), opera in Liguria soltanto con riferimento agli S.U.G. assoggettati alla legislazione previgente rispetto alla l.r. n. 36/1997 e s. m. (legge urbanistica regionale), mentre detta disposizione non è più operante nei Comuni dotati di P.U.C., come risulta dall’articolo 88, comma 1, lettera a), n. 4 della citata l.r. 36/1997 che espressamente ne prevede la sostituzione, essendo la regolamentazione delle distanze tra costruzioni demandata al PUC che, nelle relative norme, prescrive i relativi parametri a seconda dei diversi contesti urbanistici di riferimento. Rispetto agli interventi di recupero dei sottotetti assentibili a norma della citata l.r 24/2001 si ritiene che il suddetto articolo 9 non sia applicabile in quanto trattasi di interventi ascrivibili, sotto il profilo formale e sostanziale, nella categoria della “ristrutturazione edilizia”, come oggi definita dal combinato disposto dell’articolo 3, comma 1, lettera d) e dell’articolo 10, comma 1, lettera c) del T.U. Edilizia approvato con D.P.R. 380/2001 e s.m. (si noti che quest’ultima disposizione ha espressamente riconosciuto che nell’ambito della ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche interventi comportanti “aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici…..), e non riconducibili, invece, nella categoria degli interventi di “nuova costruzione” i quali, come tali, sono assentibili in caso di Comune dotato di Piano Regolatore Generale, nel rispetto del parametro delle distanze sancito nel ridetto art. 9. Invero, a dimostrazione che gli interventi in argomento concretano fattispecie di ristrutturazione edilizia, si ribadisce che gli stessi devono essere volti alla trasformazione della destinazione d’uso di locali sottotetto già esistenti aventi funzione accessoria e possono essere accompagnati da circoscritti incrementi delle altezze di colmo e di gronda nonché delle linee di pendenza delle falde, come già anticipato sub paragrafo 1), necessari per ottenere il rispetto dell’altezza media interna di 2,30 metri prescritta, come parametro minimo e massimo, dal ridetto art. 2, comma 6 della legge a riferimento. In altri termini, semprechè detti incrementi volumetrici siano circoscritti agli aumenti delle altezze di colmo e di gronda indispensabili a consentire il raggiungimento dell’altezza interna prescritta per consentire il recupero a fini abitativi dei sottotetti non si verificano fattispecie di deroga rispetto al regime delle distanze più volte richiamato in quanto trattasi di assentire interventi di ristrutturazione edilizia che, in virtù di quanto in precedenza precisato, sono fuori dal campo di applicazione del suddetto art. 9 del D.M. L’orientamento interpretativo sopra espresso è suffragato da una serie di pronunce giurisprudenziali e, in particolare, del TAR Lombardia- Sez. Brescia che, pronunciandosi in rapporto alle disposizioni della legge regionale lombarda sul recupero a fini abitativi dei sottotetti, analoga a quella ligure, ha affermato che “il recupero a fini abitativi dei sottotetti non costituisce la creazione di un piano aggiuntivo“, bensì, per definizione normativa, mera ristrutturazione, ritenendo ammissibile la modifica dell’altezza al colmo e di gronda nei limiti del raggiungimento dell'altezza media prescritta da detta legge (cfr sentenza n. 851 del 14.5.2002 nonché n. 771 del 7.9.2001 e n. 1176 del 18.9.2002) Si segnala, per completezza informativa, che la questione in argomento è comunque oggetto di alcuni ricorsi dinanzi al Giudice amministrativo rispetto ai quali la Regione intende sostenere l’orientamento interpretativo in precedenza riportato. 3.Derogabilità del parametro della superficie minima degli alloggi stabilito negli strumenti urbanistici generali. Premesso che le previsioni contenute negli strumenti urbanistici comunali sulla superficie minima degli alloggi costituiscono parametri di natura urbanistica - che, come tali, sono derogabili dal Comune in sede di rilascio dei titoli edilizi in applicazione della l.r. n. 24/2001, stante la facoltà di deroga espressamente sancita nell’articolo 2, comma 1, e nell’articolo 4 della stessa legge-, rispetto alle indicazioni fornite al riguardo nella citata circolare esplicativa a pagina 5, settima alinea, terzo periodo, si rende necessario una rettifica ed integrazione onde evitare interpretazioni confliggenti con le finalità e la portata della legge in argomento. Più specificamente, è doveroso dare atto che, a seguito di approfondimento della questione sollevata recentemente da alcuni Comuni, è emerso che l’indicazione contenuta nella ridetta circolare circa la non derogabilità di tale parametro non risulta coerente con il dettato e con le finalità perseguite dalla l.r. n. 24/2001. Si deve, infatti, riconoscere che le prescrizioni stabilite negli strumenti urbanistici generali recanti soglie minime per la dimensione degli alloggi, possono considerarsi derogabili ai sensi della citata legge, ferma restando, comunque, l’osservanza dei requisiti dimensionali stabiliti nell’articolo 3 del D.M. 5.7.1975 (recante i requisiti igienico-sanitari principali dei locali d’abitazione), secondo cui “l’alloggio monostanza, per una persona, deve avere una superficie minima, comprensiva dei servizi, non inferiore a mq. 28, e non inferiore a 38 mq., se per due persone”, stante la natura inderogabile propria delle disposizioni di detto atto normativo, secondo quanto già esplicitato nella ridetta circolare. Ovviamente tale possibilità di deroga non trova applicazione laddove il Comune si sia già avvalso della potestà di limitare l’applicazione di tale legge ai sensi dell’art. 7 della ridetta legge in relazione alle specificità del proprio territorio, nei termini puntualizzati nel successivo paragrafo 4. 4. Facoltà dei Comuni di introdurre limitazioni e prescrizioni all’applicabilità della l.r. 24/2001 dopo il 5/3/2002. Come è noto l’art. 7 della legge regionale in parola ha attribuito ai Comuni la facoltà di limitare l’applicazione della stessa legge e la sua portata derogatoria mediante apposita deliberazione comunale da adottarsi nel termine perentorio di sei mesi dalla sua entrata in vigore. Nella circolare esplicativa si è precisato che le scelte comunali assunte in applicazione di tale norma possono essere successivamente affinate anche alla luce dell’esperienza applicativa nel frattempo maturata nell’esercizio del generale potere di pianificazione del proprio territorio spettante a ciascuna Civica Amministrazione. Al riguardo è necessario chiarire che il mancato esercizio da parte dei Comuni, nei termini di cui al ridetto art. 7, della possibilità di limitare la generale portata derogatoria della legge non preclude la facoltà per i Comuni medesimi di disciplinare, all’interno di atti pianificatori generali o attuativi adottati dopo l’entrata in vigore della legge medesima, gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente anche con riferimento al recupero dei sottotetti o degli altri locali disciplinati dalla legge regionale. E’ infatti da sottolineare che la portata derogatoria della legge nei confronti degli strumenti urbanistici, e quindi, la correlativa possibilità per i Comuni di limitare tale portata entro il termine di 6 mesi fissato dall’art. 7, opera con esclusivo riferimento agli strumenti urbanistici vigenti o adottati all’entrata in vigore della legge e non anche nei confronti della futura pianificazione urbanistica. Conseguentemente la pianificazione urbanistica adottata successivamente alla scadenza del 5.3.2002 e, quindi, nel contesto di una più puntuale disciplina paesistica e urbanistico-edilizia che tenga conto della novità introdotta dalla legge in argomento può definire le condizioni e gli eventuali limiti per l’applicazione della legge medesima, anche al fine di evitare che venga demandata all’esame del singolo intervento edilizio la valutazione circa il “rispetto delle caratteristiche tipologiche ed architettoniche dell’edificio, tenuto anche conto della zona in cui ricade e del regime di tutela indicato dal PTCP” così come tale legge impone all’art. 2, comma 8.