Cir_Int_9_3_99_24 DIREZIONE GENERALE PER L’AMMINISTRAZIONE GENERALE E PER GLI AFFARI DEL PERSONALE Ufficio Studi per l’Amministrazione Generale e per gli Affari Legislativi CIRCOLARE N. 24 Prot. M/2107/A Roma, 9 marzo 1999 OGGETTO: diritto di accesso alla documentazione amministrativa e tutela della riservatezza dei dati personali. L’applicazione delle disposizioni relative al diritto di accesso formano a tutt’oggi oggetto di numerosi quesiti, attesa la delicata attività di verifica dei presupposti legittimanti tale diritto rimessa alle amministrazioni pubbliche. In aggiunta a tali generali problematiche applicative sono state manifestate di recente ulteriori perplessità alla luce dell’entrata in vigore della legge 675/1996, recante la disciplina di tutela dei dati personali. In considerazione, pertanto, del generale interesse manifestato sul tema ed attesa la diretta incidenza che una chiarificazione dell’attuale quadro di riferimento sull’accesso ha, in via diretta, per lo svolgimento delle attività di codesti Uffici, e, più in generale, per la prosecuzione di un efficace rapporto con il cittadino, si è ritenuto opportuno predisporre le allegate note riepilogative sull’istituto. Allo scopo di offrire un agevole e completo strumento di consultazione, è stato redatto l’allegato documento che compendia l’illustrazione complessiva dell’istituto – finalità, natura giuridica, modalità di esercizio – con l’orientamento giurisprudenziale venutosi nel tempo a manifestare sul tema, nonché con le risoluzioni amministrative e delle Autorità istituzionali preposte in materia (Garante per la protezione dei dati personali e Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi). Per completezza di trattazione, considerato che la problematica cennata si evidenzia non solo con riguardo all’esercizio del diritto di accesso di cui alla legge 241/1990, bensì anche in riferimento alle ulteriori fattispecie di accesso previste in specie dalla legge 142/1990 (art. 7 ed art. 31), il quadro riepilogativo sull’istituto è stato integrato con l’illustrazione anche di tali disposizioni e del relativo quadro giurisprudenziale, nonché con i pareri espressi a tale specifico riguardo sia dal Garante che dalla Commissione per l’accesso. Nel rimanere a disposizione delle SS.LL. per ogni ulteriore chiarimento in ordine alle questioni applicative ulteriormente insorgenti in materia, si evidenzia l’opportunità che sulle indicazioni interpretative ed applicative fornite nelle allegate note venga richiamata l’attenzione dei funzionari preposti ai diversi uffici. Potrà risultare altresì utile curare, nelle forme ritenute più opportune, la diffusione delle stesse anche presso gli enti locali. Si gradirà un cenno d’intesa. IL DIRETTORE GENERALE (Catalani) LL DIREZIONE GENERALE PER L’AMMINISTRAZIONE GENERALE E PER GLI AFFARI DEL PERSONALE Ufficio Studi per l’Amministrazione Generale e per gli Affari Legislativi DIRITTO DI ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI INDICE 1. fonti p. 4 2. finalità p. 5 legge 241: “partecipazione” e “trasparenza”; rilievo centrale dell’accesso; “pubblicità” e “segreto”; limiti all’accesso. 3. natura giuridica p. 6 diritto soggettivo autonomo; accesso e visione. 4. ambito soggettivo p. 7 4.1 soggetti passivi; 4.2 soggetti attivi: a): art. 10: l’accesso funzionale al procedimento; b): art. 22: l’accesso per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti. 5. ambito oggettivo p. 12 5.1 atti soggetti ad accesso; 5.2 limiti oggettivi. 6. il procedimento di accesso p. 15 6.1 identificazione dei soggetti che esercitano l’accesso; 6.2 presentazione dell’istanza; 6.3 modalità di esercizio (accesso informale e formale); 6.4 termine di conclusione del procedimento; 6.5 il responsabile del procedimento; 6.6 differimento dell’accesso; 6.7 tutela; 6.8 costi; 6.9 accesso ad atti soggetti a pubblicazione. 7. diritto di accesso e tutela della riservatezza p. 20 8. disciplina dell’accesso nella legge 142/90 p. 22 8.1 differenze tra la legge 241 e la legge 142; 8.2 coordinamento tra le due leggi; 8.3 l’accesso dei consiglieri comunali e provinciali. 9. fonti normative di riferimento p. 35 1. FONTI Legge 7 agosto 1990, n. 241 artt. 22 e ss.: riconoscimento generale del diritto di accesso. Alla disciplina dell’istituto è dedicato l’intero Capo V (artt. 22- 28) (*). art. 10, comma 1, lett.a) - Capo III “Partecipazione al procedimento amministrativo”(*). D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352 “Regolamento per la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell’art. 24, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” (*). D.M. INTERNO 10 maggio 1994, n. 415 “Regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso , in attuazione dell’art. 24, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimenti amministrativi e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”(*). D.M. INTERNO 17 novembre 1997, n. 508 “ Regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso, in attuazione dell’art. 24, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” (*). Legge 8 Giugno 1990, n. 142 art. 7: l’accesso dei “cittadini”(*); art. 31: l’accesso dei consiglieri (*). Avvertenza: le fonti contrassegnate da (*) sono riportate alla sezione 9. 2. FINALITA’ La legge 7 agosto 1990, n. 241, in attuazione dei principi costituzionali che disciplinano l’esercizio della funzione amministrativa (art. 97, Cost.), ha delineato un ordinamento ispirato da un lato alla necessità di garantire un’azione amministrativa celere ed efficiente (art.1), e, dall’altro, ai principi di partecipazione dell’amministrato e di conoscibilità dell’estrinsecarsi della funzione pubblica. Per la concreta realizzazione di tali obiettivi la legge ha introdotto istituti (moduli di amministrazione per accordi, partecipazione procedimentale) e modalità dell’azione e dell’organizzazione amministrativa (motivazione, tempi procedimentali, individuazione del responsabile) preordinati alla configurazione di un nuovo modello sia organizzativo che relazionale della p.a.. In tale contesto rilievo centrale assume il riconoscimento del diritto di accesso accordato dalla legge, oltre che ai fini di una diretta partecipazione dell’interessato al procedimento (art. 10), altresì in termini generali “al fine di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale” (art. 22). Con l’affermazione espressa del valore della trasparenza, di cui il riconoscimento dell’accesso costituisce espressione diretta, la legge 241 ha capovolto l’impostazione degli ordinamenti amministrativi fondati tradizionalmente sulla regola del “segreto” ed ha introdotto il generale principio della “conoscibilità” dell’azione e dell’organizzazione amministrativa, rispetto al quale il “segreto” recede a mero strumento di protezione di interessi determinati, pubblici e privati. Diretti riflessi di tale inversione di tendenza si sono prodotti sul segreto amministrativo. L'art. 15, T.U. 10.1.1957, n. 3, in tema di dovere del dipendente pubblico di mantenere il segreto d'ufficio, ne è uscito completamente riformulato. La sua forza precettiva si esplica oggi infatti solo al di fuori delle ipotesi e delle modalità previste dalle norme sul diritto di accesso. L’accesso non viene peraltro a configurarsi come un generico ed illimitato diritto d’informazione, né come una sorta di azione popolare diretta a consentire un controllo diffuso e generalizzato sull’amministrazione pubblica (cfr. sul punto per tutti Cons. Stato, sez. V, 14.4.1997, n. 362). La stessa legge infatti ne circoscrive l’ambito di esercizio, sia sotto il profilo soggettivo (riconoscendone la titolarità in diretta funzione di tutela di posizioni giuridicamente rilevanti), che sotto quello oggettivo (escludendone l’operatività per talune tipologie di atti). legge 241/90 partecipazione e trasparenza rilievo centrale dell'accesso "pubblicità" e "segreto" art. 15, T.U. 3/1957 limiti all’accesso 3. NATURA GIURIDICA Il diritto di accesso si configura come una posizione giuridica autonoma di natura sostanziale alla cui tutela (in caso di diniego o di silenzio da parte della p.a.) è preordinato lo speciale procedimento giurisdizionale regolato dall’art. 25, comma 5, della legge (Cons. Stato, sez. VI, 16.6.1994, n. 1015; id., sez. IV, 10.9.96, n. 1024; TAR Toscana, sez. III, 10.11.1994, n. 369). La natura giuridica del diritto d’accesso è stata nel tempo ampiamente indagata. Dopo ampie oscillazioni che hanno visto qualificarlo dapprima come “diritto pubblico soggettivo a carattere sociale” e poi, più genericamente, come “situazione giuridica potestativa”, il diritto di accesso è ormai stabilmente riconosciuto quale diritto soggettivo autonomo (in tal senso per tutti: Cons. Stato, sez. IV, 24.2.96, n.177; Cons. Stato, sez. IV, 7.3.1994, n. 216). Tale qualificazione non collide, a parere della giurisprudenza più autorevole, con la devoluzione al giudice amministrativo della tutela accordata a tale diritto. Tale devoluzione al G.A. (art. 25, comma 5) concreta un’ipotesi di giurisdizione esclusiva, poiché la disposizione citata fa riferimento, senza distinzioni, alle impugnazioni contro le determinazioni della p.a. concernenti il diritto di accesso (Cass., ss.uu., 16.12.1996, n. 11214). Nonostante la possibilità di una teorica differenziazione classificatoria tra il diritto di accesso contemplato dall’art. 22 e il diritto di visione di cui all’art. 10, la tutela che la legge accorda ad entrambe le situazioni soggettive appare unica, sia che esse siano esercitate in sede partecipativa al procedimento, sia al di fuori di questo (Cons. Stato, sez. IV, 12.5.93, n. 530). Il diritto di prendere visione degli atti procedimentali, di cui all’art. 10, lett. a), si configura infatti come il medesimo diritto di accesso di cui all’art. 22 e può trovare tutela in sede giurisdizionale secondo lo speciale procedimento regolato dall’art. 25, quinto comma, della legge (Cons. Stato, sez. VI, 9.9.1992, n. 630). natura giuridica diritto soggettivo autonomo accesso e visione 4. AMBITO SOGGETTIVO 4.1 SOGGETTI PASSIVI Ai sensi dell’art. 24 l’accesso si esercita nei confronti delle: soggetti passivi amministrazioni dello Stato; aziende autonome; enti pubblici. Il diritto di accesso si esercita nei confronti di tutti gli enti pubblici senza alcuna distinzione. Conseguentemente gli enti-fondazione, allorquando perseguono finalità di natura pubblicistica, rientrano senz’altro tra i destinatari della disciplina sull’accesso ogni qualvolta pongano in essere attività amministrativa. (Comm.ne accesso, parere P94076Q); Stato aziende autonome enti pubblici enti locali. La legge 241 trova applicazione anche nei riguardi della documentazione amministrativa formata e/o detenuta da tali enti in tutti i casi in cui non trovano applicazione le disposizioni della legge 142/90. Per i problemi di coordinamento tra le due leggi v. infra par.fo 8; enti locali concessionari di pubblici servizi. La società concessionaria di pubblico servizio è soggetta alle norme sull’accesso limitatamente all’attività connessa alla concessione, con esclusione di quella di natura privata relativa a rapporti che alla concessione rimangono estranei (Comm.ne accesso, parere P94137R). concessionari pubblici servizi 4.2 SOGGETTI ATTIVI a) DIRITTO DI ACCESSO EX ART. 10 La titolarità è accordata al soggetto parte di un procedimento amministrativo (intervenienti necessari ed eventuali) senza necessità (e potere) per la P.A. di accertamento della sussistenza della situazione legittimante ossia dell’interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (Cons. Stato, sez. VI, 11.2.97, n. 260). In tali ipotesi l’accesso è riconosciuto nella sua più limitata facoltà di prendere visione degli atti del procedimento. legittimazione attiva accesso funzionale alla partecipazione al procedimento L’accesso è nella specie riconosciuto ai: soggetti che per legge debbano intervenire nel procedimento (art. 7, comma 1); soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale del procedimento è destinato a produrre effetti diretti (art. 7, comma 1); Inoltre, il diritto di accesso è riconosciuto a: soggetti, diversi dai diretti destinatari dell’atto, che possano subire pregiudizio dal provvedimento finale (art. 7, comma 1); qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento (art. 9). b) DIRITTO DI ACCESSO EX ART. 22 La titolarità è accordata “a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti” (art. 22, comma 1). La legittimazione è pertanto funzionalmente collegata con l’esistenza di esigenze di tutela di situazioni soggettive giuridicamente rilevanti. Ai fini della legittimazione all’accesso è in sostanza necessario che l’istante sia titolare di una posizione giuridicamente rilevante e che il suo interesse alla richiesta si fondi su tale posizione (cfr. per tutti Cons. Stato, sez. VI, 15.7.1994, n. 1243). accesso ex art. 22 situazione giuridicamente rilevante Presupposto dell’accesso è quindi la sussistenza di un interesse qualificato ed apprezzabile a conoscere. Tale interesse non deve peraltro essere necessariamente coincidente con una posizione d’interesse legittimo o di diritto soggettivo, in ragione della quale e per la cui tutela detto istituto venga azionato (Cons. Stato, sez. IV, 11.1.1994, n. 21). Non è altresì necessario che la posizione legittimante l’accesso abbia le medesime caratteristiche di quella necessaria per il ricorso giurisdizionale (per tutte, TAR Abruzzo, 23.3.94, n. 141). Per espresso disposto dell'art. 2, comma 1, d.P.R. 352/1992, tale interesse dev’essere concreto e personale, "cioè immediatamente riferibile al soggetto che pretende di conoscere i documenti e specificamente inerente alla situazione da tutelare" (in tal senso Cons. Stato, sez. VI, 3.12.1998, n. 1649; in precedenza, per tutti, Cons. Stato, sez. VI, 1. 10. 96, n. 1288; Comm.ne accesso, direttiva 18.4.1994, n. 27720/27). L'interesse sotteso all'istanza pretensiva non può avere pertanto uno scopo meramente emulativo e non può concretarsi in un interesse di mero fatto (Cons. Stato, sez. IV, 11.1.1994, n. 8; sez. VI, 30.3.1994, n. 458; utile richiamare, anche se dettata con specifico riferimento alle fattispecie di concessione della forza pubblica per l’esecuzione degli sfratti ex lege n. 61/89, Min.ro Interno, circ. re 5.4.95, n. 39, prot. M/4112/6). Circa il requisito dell'attualità dell'interesse, l'orientamento giurisprudenziale non appare univoco. In via prevalente è stato ritenuto che l’interesse sotteso all’accesso debba essere oltre che personale e concreto altresì diretto ed attuale (in tal senso Cons. Stato, sez. VI, 1.10.1996, n. 1288, id., 7.2.1995, n. 158; id., sez. IV, 11.1.1994, n. 8; Comm.ne accesso, UCA/382/II.4.5.2.4, 3.11.1997). Si registrano tuttavia anche pronunce che hanno riconosciuto la legittimazione pur in assenza dell’attualità dell’interesse, ossia a “chiunque dimostri che il provvedimento e/o gli atti endoprocedimentali abbiano dispiegato o siano idonei a dispiegare effetti diretti o indiretti anche nei suoi confronti, per cui il diritto di accesso può essere esercitato anche indipendentemente dall’esistenza di una lesione della posizione giuridica del richiedente e quindi, a fortiori, della sua attualità” (Cons. Stato, sez. VI, 19.7.1994, n. 1243; id., sez. IV, 23.10.95 n. 830). Funzionalmente diretto ad accertare l’esistenza di una situazione giuridicamente rilevante, legittimante l’esercizio del diritto, è l’obbligo di motivazione dell’istanza di accesso, sancito dall’art. 25, comma 2 (Cons. Stato, sez. VI, 19.7.1994, n. 6). sussistenza di un interesse qualificato interesse concreto e personale attualità dell’interesse obbligo di motivazione dell’istanza Specifiche fattispecie di legittimazione attiva: pubblico impiegato: in relazione non solo agli atti presenti nel proprio fascicolo personale, ma anche riguardo a quelli inclusi ed eliminati, poichè “per il solo fatto della loro presenza nel fascicolo essi hanno avuto potenziale capacità di incidere sulla carriera dell’interessato, senza che al riguardo possa essere opposto il “segreto d’ufficio” ex art. 15, TU 3/57 (Cons. Stato, sez. IV 8.9.95, n. 688). Va sottolineato che ancor prima dell’entrata in vigore della legge 241, è stato riconosciuto, a norma dell’art. 29, primo comma, d.P.R. 3.5.1957, n. 686, il diritto del dipendente pubblico a ottenere copia di tutti gli atti che legittimamente o meno, siano stati inclusi nel suo fascicolo personale, ancorchè successivamente eliminati. (Cons. Stato, sez. VI, 14.7.1988, n. 928); Specifiche ipotesi di legittimazione attiva pubblico impiegato partecipante a concorso pubblico: è stato ritenuto che questi vanti una posizione giuridicamente tutelata alla conoscenza sia dell'attività della commissione giudicatrice, a prescindere dal fatto che egli abbia la facoltà, in caso di esito negativo del concorso, di impugnare gli atti concernenti le operazioni concorsuali, che degli elaborati degli altri concorrenti (Cons. Stato, sez. IV, 11.1.1994, n. 21; id., sez. IV, 13.1.95, n. 5); portatori di interessi diffusi: è stato affermato che agli enti, costituiti in associazioni o comitati, la facoltà di accedere possa essere riconosciuta previa la verifica in concreto della loro rappresentatività (Cons. Stato, sez. IV, 26.11.1993, n. 1036). concorso pubblico interessi diffusi 5. AMBITO OGGETTIVO 5.1 ATTI SOGGETTI AD ACCESSO L’art. 22, comma 1, riconosce il diritto di accesso ai “documenti amministrativi” di cui, al successivo comma 2, viene data una definizione molto ampia, peraltro riferita al supporto materiale della rappresentazione dei suoi contenuti: “E’ considerato documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni, formati dalle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa.”. ambito oggettivo "documenti amministrativi" Pertanto l’accesso può validamente esercitarsi su: atti esistenti; l’esercizio del diritto di accesso è consentito per la conoscenza di atti “fisicamente” esistenti presso la p.a., e non può pertanto imporre a questa di porre in essere un’attività di elaborazione dei dati e dei documenti in suo possesso (in tal senso Cons. Stato, sez. V, 6.4.1998, n. 438 e id., 10.3 - 1.6. 1998, n. 718); il diritto di accesso non può pertanto essere rivolto a conoscere attività non tradotte in atti (in tal senso TAR Veneto, sez. I, 14.12.1995, n. 82/96). Tale pretesa non può altresì appuntarsi su atti la cui esistenza sia non soltanto non provata dal ricorrente ma anzi smentita dall'Amministrazione (Cons. Stato, sez. VI, 30.11.1995, n. 1339). L’accesso si esercita quindi solo su atti già formati e non anche nei riguardi di atti in formazione (Comm.ne accesso, parere P95334R); atti esistenti atti “formati” dalla p.a. o comunque “utilizzati” da questa ai fini dell’attività amministrativa (art. 22, comma 2): il documento in quanto forma dell’atto può essere di qualsiasi specie, ed anche l’atto può essere di qualsiasi tipo, sia formato dalla stessa p.a., anche relativamente ad attività di diritto privato, che da privati, purchè utilizzato ai fini dell’attività amministrativa (Cons. Stato, sez. VI, 3.6.97, n. 843). atti formati dalla p.a. o comunque da questa utilizzati ai fini dell’attività amministrativa. atti interni ( art. 22, comma 2, legge 241 e Comm.ne accesso, parere P95342R); sono da ricomprendersi tra questi gli atti endoprocedimentali, nonché la corrispondenza degli uffici (esclusa quella di carattere personale) (Comm.ne accesso, parere P95217Q); atti interni 5.2 LIMITI OGGETTIVI L’art. 24 provvede a limitare le categorie di atti per le quali si esclude la possibilità di accesso: documenti coperti dal segreto di Stato; documenti la cui segretezza sia prevista da norme specifiche dell’ordinamento (es., c.p.p. per il segreto istruttorio, peraltro appare ingiustificata l’esclusione dall’accesso degli atti depositati nei fascicoli giudiziari se non sono coperti dal segreto istruttorio (Comm.ne accesso, parere P95318R); i limiti oggettivi atti sottratti all'accesso atti preparatori nel corso della formazione dei provvedimenti (generali) indicati nell’art. 13,legge 241; categorie di atti individuate nei regolamenti delle singole amministrazioni (°) in relazione alla salvaguardia di esigenze di: sicurezza, difesa nazionale e relazioni internazionali; politica monetaria e valutaria; ordine pubblico, prevenzione e repressione della criminalità; riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese. (°) Il Ministero dell’interno ha provveduto ad individuare tale categorie di atti con il D.M. 10 maggio 1994, n. 415, successivamente modificato, a seguito della prima verifica biennale, dal D.M. 17 novembre 1997, n. 508. categorie di atti individuate dai regolamenti delle amministrazioni 6. IL PROCEDIMENTO DI ACCESSO 6.1. IDENTIFICAZIONE DEI SOGGETTI CHE ESERCITANO L’ACCESSO interessato: esibizione di documento valido di identificazione; chi può esercitare l'accesso interessato istanza presentata da rappresentanti: in caso di rappresentanza di enti e/o persone giuridiche, oltre al documento d’identificazione personale, il rappresentante dovrà produrre idoneo titolo che attesti la legittimazione alla rappresentanza; in caso di rappresentanza di persone fisiche (a parte le ipotesi di rappresentanza legale), dovrà essere presentato un atto di delega dell’interessato con sottoscrizione autenticata ai sensi dell’art. 20, legge 15/68. rappresentante 6.2. PRESENTAZIONE DELL’ISTANZA L’art. 25, comma 2, che individua la competenza dell’Amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente, va intesa quale norma di favore per il titolare del relativo diritto, nel senso di consentirgli la richiesta nei confronti di ogni soggetto pubblico che del documento stesso abbia disponibilità; di conseguenza, nel caso più Amministrazioni siano ciascuna nella condizione di stabile detentrice del documento, ognuna di esse deve ritenersi legittimata alla soddisfazione del diritto di accesso (Comm.ne accesso, parere P92006Q). presentazione istanza Se la domanda viene erroneamente inviata ad un’Amministrazione diversa da quella competente, l’istanza deve essere trasmessa alla P.A. competente. Di tale trasmissione dev’essere data comunicazione all’interessato (art. 4, comma 3, d.P.R. 352/1992). 6.3 MODALITA’ DI ESERCIZIO (Min.ro interno, circ.re 9.6.1993, n. 5006/M/8/(9)) a) ACCESSO INFORMALE (art. 3, d.P.R. 352/92): (modalità prevista in via principale – consente l’esercizio del diritto di accesso contestualmente all’istanza) richiesta anche verbale diretta alla Amministrazione competente ad emettere il provvedimento conclusivo del procedimento o a detenerlo stabilmente; nella richiesta devono essere indicati gli estremi del documento che interessa (o le altre notizie che permettano di individuarlo); la richiesta viene valutata immediatamente; se accolta si procede all’esibizione del documento o al rilascio delle copie richieste. b) ACCESSO FORMALE (art. 4, d.P.R.352/92): (modalità prevista in via eccezionale) Quando non sia possibile l’accoglimento immediato dell’istanza di accesso informale; per volontà del richiedente; quando sorgano dubbi su: legittimazione del richiedente; identità del richiedente; poteri rappresentativi del richiedente; sussistenza dell’interesse all’accesso. modalità di esercizio accesso informale accesso formale 6.4. TERMINE DI CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO Il procedimento di accesso deve essere concluso entro trenta giorni da: termine di 30 gg. presentazione della domanda di accesso all’ufficio competente; se consegnata personalmente dall’interessato, l’ufficio sarà tenuto a rilasciare ricevuta e ad apporre sulla richiesta il timbro con la data di presentazione da cui decorrerà il termine di trenta giorni per la conclusione del procedimento; presentazione ricevimento della domanda di accesso da parte dell’Amministrazione competente; se pervenuta a mezzo posta, la data di presentazione sarà quella in cui l’istanza perviene all’ufficio competente. Questo provvederà ad inoltrare all’interessato che l’abbia richiesto la ricevuta dell’istanza. ricevimento Se la domanda è irregolare o incompleta, la P.A. deve comunicarlo al richiedente (con racc. A.R. o altro messo idoneo ad accertarne la ricezione) entro dieci giorni della stessa. In tal caso il termine iniziale decorrerà dalla data di ricezione da parte dell’ufficio competente della richiesta regolarizzata o completata (art. 4, comma 6, d.P.R. 352/1992). domande incomplete 6.5. RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO Responsabile del procedimento d’acceso è il dirigente o, su designazione di questi, il dipendente addetto all’unità organizzativa competente a formare l’atto o a detenerlo stabilmente. In caso di atti endoprocedimentali, responsabile del procedimento è in ogni caso il dirigente, o il dipendente delegato, competente all’adozione dell’atto conclusivo o a detenerlo stabilmente (art. 4, comma 7, d.P.R. 352/1992). responsabile del procedimento Rientra nella discrezionalità della P.A. indicare l'ufficio presso il quale è possibile esercitare il diritto di accesso, quello cioè competente "a concludere il procedimento o a detenere stabilmente gli atti relativi" (Cons. Stato, 17.7.96, n. 865). 6.6. DIFFERIMENTO DELL’ACCESSO Per particolari motivi (art. 24, comma 6, legge 241/90 e art. 7, d.P.R. 352/92), l’accesso ai documenti può essere differito da parte dell’Amministrazione interessata. Oltre alle ipotesi di differimento dell’accesso espressamente previste dalle singole amministrazioni in via regolamentare (cd. differimento vincolato – art. 8, commi 2 e 3, d.P.R. 352/1992) (°), residua alle stesse il potere discrezionale di differire nel concreto l’accesso ogni qualvolta questo possa creare nocumento al corretto andamento dell’azione amministrativa (Comm.ne accesso, direttiva UCA/4541/II/4.5.1.2. del 26.3.1997; Min.ro Interno, circ.re 5.4.1997, n.24, prot. M/2107/A). (°) Per il Ministero dell’interno le ipotesi di differimento previste in via regolamentare sono recate dal citato D.M. 415/94, come modificato dal successivo D.M. 508/97. differimento Il provvedimento di: rifiuto limitazione differimento (che deve indicare anche il termine di differimento) dell’accesso ai documenti deve essere motivato (art. 25, comma 2). obbligo di motivazione 6.7. TUTELA Avverso i provvedimenti adottati in tema di accesso è ammesso ricorso al T.A.R.; contro la decisione del T.A.R. è ammesso ricorso al Consiglio di Stato.La lesione del diritto di accesso è impugnabile solo con il mezzo ex art. 25, legge 241/90, e non può, invece, essere "oggetto di tardiva doglianza in successivo ricorso giurisdizionale" (TAR Lazio, sez. I, 25.5.95, n. 890). ricorso al TAR 6.8. COSTI E’ da ritenersi escluso l’obbligo di pagare l’imposta di bollo tanto sull’istanza di accesso che sulla copia informe, mentre rimane assoggettata a bollo la copia conforme, ai sensi dell’art. 6 della tariffa allegata alla legge sul bollo. costi Ciò peraltro non esclude che l’accesso, salvo l’ipotesi di mera visione dei documenti che è gratuita, sia subordinato al pagamento dei costi di riproduzione e ricerca: per le amministrazioni dello Stato il pagamento delle copie viene effettuato mediante apposizione di marche da bollo ordinarie da annullare a cura dell’ufficio che rilascia gli atti (L. 500 a foglio) (circ.re PCM n.UCA 27720/928/46 del 19.3.93); Amministrazioni dello Stato le altre amministrazioni devono fissare le modalità di versamento del corrispettivo per il rilascio di copia dei documenti, nonché l’importo dovuto ai sensi degli artt. 5 e 6, d.P.R. 352 (Comm.ne accesso, parere P94102Q). altre Amministrazioni 6.9. ACCESSO AD ATTI SOGGETTI A PUBBLICAZIONE Ai sensi degli artt. 26, comma 3, legge 241 e 2, comma 3, d.P.R. 352/92, la pubblicazione di un atto realizza l’accesso. Peraltro, considerato che non tutte le forme di pubblicità previste dall’ordinamento consentono il conseguimento di copia del documento (come nel caso dell’affissione all’albo comunale), è stato ritenuto che laddove le modalità della pubblicazione non siano idonee a consentire l’acquisizione del documento, sia atto dovuto della p.a. provvedere al rilascio di fotocopia o di altra riproduzione, dietro peraltro pagamento dei costi (Comm.ne accesso, 1 febbraio 1994, verb. n. 14). In caso di istanza di accesso ad un documento amministrativo che sia già stato oggetto di pubblicazione equivalga a quella del documento richiesto, l’amministrazione può limitarsi ad indicare gli estremi di questa (Comm.ne accesso, P94105Q). accesso e pubblicazione 7. DIRITTO D'ACCESSO E TUTELA DELLA RISERVATEZZA Tra i limiti posti all'esercizio del diritto di accesso, l'art. 24 della legge 241, include la tutela del diritto alla riservatezza dei terzi. La salvaguardia di tale interesse peraltro non deve considerarsi assoluta. La tutela della riservatezza dei terzi recede a fronte di un'istanza di accesso finalizzata alla cura di specifici interessi giuridici dell'istante. In tali ipotesi, infatti, è lo stesso dettato normativo (art. 8, comma 5, lett. d), d.P.R. 352/1992) a consentire comunque l'accesso, nella sua più limitata esplicazione della visione, ai documenti amministrativi recanti informazioni personali concernenti terzi. La prevalenza dell'accesso rispetto alla riservatezza, laddove il primo venga in rilievo per la cura e difesa di propri interessi giuridici, è stata ampiamente confermata in giurisprudenza (per tutti in tal senso Cons. Stato, ad plen., 25.11.96 - 4.2.97, n. 5; Cons. stato, sez. VI, 3.6.1997, n. 843; id., sez. IV, 9.10.1997, n. 1128), pur non mancando pronuncie che hanno manifestato un contrario avviso (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2.12.1997, n. 1346). L'entrata in vigore della legge 31.12.1996, n. 675, in materia di tutela dei dati personali, non ha inciso sulla preesistente disciplina sull'accesso. Decisivo al riguardo l'art. 43, comma 2, legge 675, che ha infatti espressamente fatte salve le "vigenti norme in materia di accesso ai documenti amministrativi". Tale norma ha inteso salvaguardare il principio di trasparenza sancito dalla legge 241, di cui il diritto di accesso costituisce il diretto corollario. Ciò in relazione alla "pari rilevanza attribuita ai principi della tutela della riservatezza, della trasparenza dell'azione amministrativa" (TAR ABBRUZZO, 5.12.1997, n. 681). In tal senso si è espressa anche la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi che ha sottolineato come l’applicabilità della nuova normativa di tutela dei dati personali non deve far ritenere oggi sussistente un regime di assoluta riservatezza dei dati. Occorre valutare, caso per caso, se vi siano altri diritti meritevoli di pari o superiore tutela (Comm.ne accesso, 3.11.1997, UCA/382, II.4.5.2.4). Deve pertanto ritenersi che allo stato permanga alla P.A., a fronte di un'istanza di accesso rivolta a conoscere documentazione amministrativa recante informazioni personali concernenti terzi, in primis l'onere di valutare la sussistenza di quegli elementi, già dianzi cennati (v. infra cap. 4.2 b)), costituenti in via generale i presupposti legittimanti l'esercizio di tale diritto (situazione giuridicamente rilevante – interesse concreto e personale).Inoltre, considerato che il diritto alla conoscibilità dell’atto prevale su quello alla riservatezza solo se esercitato per la cura e difesa di un interesse giuridico e nei limiti in cui esso è a ciò necessario, esso dovrà essere consentito preservando peraltro la riservatezza delle informazioni riguardanti terzi non direttamente strumentali alla tutela del cennato interesse.Pertanto, in presenza di tali ulteriori dati, dovranno essere adottate all’atto della visione del documento idonee cautele che li sottraggano alla conoscibilità dell’istante. diritto di accesso e diritto alla riservatezza la tutela della riservatezza come limite dell’accesso (art. 24. legge 241) prevalenza dell’accesso la legge 675/96: salvaguardia del diritto di accesso verifica e bilanciamento 8. DISCIPLINA DELL’ACCESSO SECONDO LA LEGGE 8 giugno 1990, n. 142. L’affermazione del principio di pubblicità operato dalla legge 241 non costituisce invero un’assoluta novità. Un primo significativo riconoscimento di tale principio è dovuto alla coeva legge 142/1990, che all’art. 7, comma 3, sancisce la pubblicità degli atti dell’amministrazione comunale e provinciale, salvo che di quelli riservati per espressa disposizione di legge o per determinazione (motivata) del sindaco o del presidente della provincia (sempre temporanea – differimento finchè c’è pregiudizio). Il successivo comma 4 rimette la alla regolamentazione degli enti la disciplina dell’esercizio dell’accesso. Va ricordato che l’accesso dei “cittadini” era invero già previsto dall’art. 25 della legge 27.12.1985, n. 816 , che sanciva “il diritto di prendere visione di tutti i provvedimenti adottati dai comuni, dalle province, dai consigli circoscrizionali, dalle aziende speciali di enti territoriali, dalle unità sanitarie locali, dalle comunità montane”. La possibilità di ottenere copia dei provvedimenti adottati dal comune e dalla provincia era altresì prevista dall’art. 62, T.U.L.C.P. 3 marzo 1934, n. 383, dall’art. 22 della legge 9 giugno 1947, n. 530 e dall’art. 743 c.p.c.. l'accesso nella legge 142 principio di pubblicità degli atti del comune e della provincia l'accesso nella legge 816/1985 8.1. DIFFERENZE TRA LA DISCIPLINA DELL’ACCESSO DI CUI ALLA LEGGE 241 E QUELLA RECATA DALLA LEGGE 142 (Comm.ne accesso, parere UCA 1703, 10/2/1996). Le differenze tra le due discipline riguardano: ambito oggettivo; ambito soggettivo; limiti; modalità di esercizio del diritto di accesso. differenze tra 241 e 142 a) ambito oggettivo la legge 241 (art. 22) fa espresso riferimento ai “documenti amministrativi”; la legge 142 (artt. 4, comma 2, e 7, comma 4), sancisce l’accessibilità al patrimonio informativo, anche non rappresentato in forma documentale, dell’ente (“atti amministrativi” ed “informazioni”). ambito oggettivo differenze: l. 241 = documentazione l. 142 = patrimonio informativo b) ambito soggettivo la legge 241/90 non circoscrive la titolarità del diritto di accesso ad una o più categorie di soggetti (“chiunque” può esercitarlo), tuttavia ne consente l’esercizio solo in funzione della tutela di situazione giuridicamente rilevanti; la legge 142/90 circoscrive la titolarità del diritto ai “cittadini” (e non a “chiunque”), ma non prevede limiti sul piano della legittimazione nel senso che i cittadini possono accedere agli atti degli enti locali per soddisfare qualunque tipo di interesse. Entrambe le leggi prevedono quindi dei limiti soggettivi ma ben differenti: la L. 241/90 in relazione all’interesse, la L. 142/90 in relazione ad uno status. c) i limiti ambito soggettivo differenze nella titolarità: legge 241 = interesse legge 142 = status limiti la legge 241/90 prevede che l’accesso sia: escluso per i documenti coperti da segreto o divieto di divulgazione altrimenti previsto dall’ordinamento; escluso o differito per i documenti individuati da ciascuna amministrazione in relazione all’esigenza di salvaguardare gli interessi indicati nelle lettere a), b), c) e d) dell’art. 24; escluso per gli atti preparatori nel corso della formazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione (art. 24, comma 6); differito per i documenti la cui conoscenza possa impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell’azione amministrativa (art. 24, comma 6). la legge 142/90 prevede invece che l’accesso sia: escluso per gli atti che sono “riservati per espresse indicazioni di legge”; differito con provvedimento motivato dal sindaco o dal presidente della provincia quando si tratta di atti la cui diffusione possa pregiudicare la riservatezza di persone, gruppi ed imprese, conformemente a quanto previsto dal regolamento dell’amministrazione locale. d) modalità di esercizio. la legge 241/90 detta alcune disposizioni generali al riguardo (l’istanza di accesso deve essere motivata, deve essere rivolta all’amministrazione che ha formato l’atto o che lo detiene stabilmente, l’esame dei documenti è gratuito, ecc.), demandando al d.P.R. 352/92 la regolazione nel dettaglio della disciplina; la legge 142/90 non dispone in ordine alle modalità di esercizio (se non per quanto attiene al rimborso dei costi), demandando integralmente la materia al regolamento dell’amministrazione locale. modalità di esercizio 8.2 COORDINAMENTO TRA LE DUE DISCIPLINE. La duplice previsione del diritto di accesso operata sia dalla legge 142 che dalla legge 241, ha posto rilevanti problemi di coordinamento. Tali problematiche sono state affrontate muovendo dalla preventiva verifica del reciproco ambito di applicazione. coordinamento tra le due leggi A) ambito di applicazione. l’accesso di cui alla legge 142 si esercita nei confronti dei comuni e delle provincie; l’accesso di cui alla legge 241/90 “si esercita nei confronti delle amministrazioni dello Stato, ivi compresi le aziende autonome, gli enti pubblici ed i concessionari di pubblici servizi”. L’espressione “ivi compresi” (in luogo di “ivi comprese”), ritenuta riferibile non solo alle aziende autonome ma anche agli enti pubblici, ha fatto, ad un primo esame, sostenere l’applicabilità della disciplina di cui alla legge 241 solo agli enti pubblici statali e non anche agli enti locali. In tal senso si era espresso il Comitato ristretto nominato dalla Commissione per l’accesso (1993). Tale interpretazione non è stata peraltro condivisa dalla Commissione. Questa ha al riguardo osservato che : l’avviso così espresso si basa su una lettera del testo normativo che appare discutibile, in quanto l’espressione “ivi compresi” può essere intesa nel senso di “nonché nei confronti”; ai sensi dell’art. 29, le disposizioni della legge 241/90 costituiscono principi generali dell’ordinamento giuridico ed “operano direttamente nei confronti delle regioni fino a quando esse non avranno legiferato in materia”; dai lavori preparatori emerge che anche in tema di accesso la legge 241/90 si applica a tutti gli enti pubblici; ai sensi dell’art. 2, comma 1, d.P.R. 352/92 il diritto di accesso di cui alla legge 241 “è esercitato nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni”. E’ stata pertanto conclusivamente affermata la potenziale coincidenza dell’ambito di applicazione delle due leggi. B) come si coordinano le due discipline ambito di applicazione parere Commissione per l’accesso: coincidenza ambito di applicazione della legge 241 e della legge 142 Nonostante la legge 241 sia successiva alla legge 142, deve ritenersi che tra le due discipline non vi sia un rapporto di modificazione o abrogazione, bensì di reciproca indipendenza ed integrazione. In tal senso depone sia l’art. 1, comma 3, legge 142, secondo il quale “ai sensi dell’art. 128 Cost. le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai principi della presente legge se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni”, sia il principio “lex posterior generalis non derogat priori speciali” (Comm.ne accesso, parere UCA 1703, 10/2/1996). A favore, per converso, di un’efficacia abrogativa dell’art. 24, legge 241, nei confronti dell’art. 7 della legge 142 taluna parte della giurisprudenza (TAR Lombardia, 6.11.92, n. 1198). La soluzione è quindi di applicare in modo integrato le due leggi coordinandole secondo un rapporto di genere e specie nel senso che la legge 241/90 si applica anche agli enti locali in tutti i casi in cui non trovano applicazione le diverse disposizioni della speciale legge 142/90. rapporto tra legge 241 e legge 142 soluzioni Nel concreto, pertanto, quanto a: ambito oggettivo: l’istanza presentata ai sensi dell’art. 7, legge 142, consente l’accesso non solo ai documenti degli enti bensì anche alle informazioni, ancorchè non trasfuse in atti, detenute da questi; nel concreto l’accesso ai sensi della legge 142 si esercita: su tutto il patrimonio informativo ambito soggettivo: ad esercitare l’accesso di cui all’art. 7 è legittimato solo il “cittadino”. Il termine è usato nel senso tecnico di cittadini residenti nella provincia o nel comune. La ratio di un diritto di accesso “più forte” sugli atti degli enti locali è data dalla appartenenza alla comunità locale e dalla conseguente esigenza di controllo sulla gestione amministrativa degli interessi che coinvolgono solo gli appartenenti a quella comunità i quali, quindi, non sono tenuti a motivare la richiesta di accesso con l’esigenza di tutelare una situazione giuridicamente rilevante (esigenza per converso presente a fronte di un’istanza di accesso presentata ai sensi dell’art. 22 della legge 241). In altri termini, è solo l’appartenenza alla comunità locale (che si ha con la residenza nel relativo territorio comunale o provinciale) a giustificare una disciplina speciale la quale altrimenti non avrebbe ragion d’essere in quanto la mera cittadinanza italiana di per sé non appare sufficiente per attribuire una posizione differenziata ai fini dell’accesso indistintamente presso tutti i comuni e le province d’Italia. Tale soluzione, è stato rilevato dalla Commissione sull'accesso, non si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. in quanto il cittadino residente in un comune che abbia interesse a conoscere un documento di un altro comune ben potrebbe far valere (come “chiunque”) il suo interesse giuridicamente rilevante ai sensi dell’art. 22 della legge 241/90. Vale la pena sottolineare che taluna giurisprudenza ha sostenuto, a conferma che la titolarità dell’accesso ex art. 7 spetti ai soli “cittadini”, che il riconoscimento del diritto alle informazioni di cui a tale disposizione deve intendersi finalizzato ad un controllo, in senso lato politico, da parte dei cittadini del comune, in quanto elettori del sindaco e del consiglio dell’ente (Cons. Stato, sez. V, 10.3 - 1.6.1998, n. 718). Deve ritenersi, quindi, che la legge 142/90 si applica esclusivamente alle istanze di accesso presentate da cittadini residenti nella provincia o nel comune che ha emanato o che detiene stabilmente il documento amministrativo oggetto di esame mentre in tutti gli altri casi l’accesso è disciplinato dalla legge 241/90. è legittimato ad esercitarlo solo il “cittadino” i limiti: L’art. 7, terzo comma, legge 142/90 contiene una formula (“tutti gli atti dell’amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge”) che consente di applicare tutte le ipotesi di esclusione e di differimento previste dalla legge 241/90 anche ai casi di accesso disciplinati dalla legge 142/90. all’accesso di cui alla legge 142 si applicano le ipotesi di esclusione e di differimento di cui alla legge 241 le modalità di esercizio: Le disposizioni dettate dalla legge 241/90 riguardo alle modalità di esercizio si applicano anche all’accesso disciplinato dalla legge 142/90, con la sola eccezione dell’onere di motivazione e della disciplina dei costi. Sull’ onere di motivazione va ricordato che per accedere ai documenti ed alle informazioni degli enti locali non è necessario addurre alcun interesse da parte dei cittadini residenti, diversamente da quanto previsto dall’art. 22, legge 241 che, riconoscendo il diritto di accesso “per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti”, comporta necessariamente un’adeguata motivazione. l’istanza di accesso non è soggetta all’onere di motivazione 8.3 L’ACCESSO DEI CONSIGLIERI COMUNALI L’articolo 31, comma 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142, riconosce ai consiglieri comunali e provinciali il “diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge”. Il diritto codificato da tale disposizione è direttamente funzionale non già ad un interesse personale del consigliere comunale o provinciale, bensì all’espletamento del munus pubblico che sottende la cura di un interesse pubblico di cui il consigliere ha la rappresentanza esponenziale rispetto alla collettività amministrata. Il diritto ha una ratio diversa, quindi, da quella che contraddistingue il diritto di accesso riconosciuto al “cittadino” (art. 7, legge n. 142/1990), come pure, in termini più generali, a chiunque sia portatore di un interesse personale e concreto e per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, in riferimento ai documenti amministrativi detenuti da amministrazioni diverse dai comuni e dalle province (art. 22, legge 241; art. 2, d.P.R. 352). La finalizzazione dell’accesso ex art. 31 all’espletamento del mandato consiliare, ossia alla cura d’interessi pubblici, costituisce al contempo il presupposto legittimante nonché il limite al diritto pretensivo del consigliere. La posizione sostanziale fatta valere dal consigliere nell’esercizio del diritto di che trattasi, non è configurabile come un diritto generalizzato ed indiscriminato ad ottenere qualsiasi tipo di atto dell’Ente. Tale diritto è espressamente individuato, infatti, dalla stessa norma in diretto ed esclusivo riferimento alle notizie ed alle informazioni “utili all’espletamento del proprio mandato”. Per la determinazione del concetto di “utilità”, il rinvio è, oltre che allo stesso art. 31, altresì all’art. 24, legge 816/85, entrambi i quali collegano l’accesso, non tanto alle fonti utili per espletare meglio i compiti del consiglio, quanto a tutto ciò che può essere funzionale allo svolgimento dei compiti del singolo consigliere comunale e provinciale e alla sua partecipazione alla vita politico-amministrativa dell’ente. Ciò anche al fine di permettere al consigliere comunale e provinciale di valutare con piena cognizione di causa la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione, nonché di esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e di promuovere, anche nell’ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti (Cons. Stato, sez. V, 21.2.1994, n. 119). Questo orientamento è stato confermato anche dalla giurisdizione ordinaria, che ha avuto occasione di precisare che l’art. 31 permette di accedere non solo ai “documenti” formati dalla pubblica amministrazione di appartenenza ma, più in generale, a qualsiasi “notizia” od “informazione” utile ai fini dell’esercizio delle funzioni consiliari (Cass. civ., sez. III, 3.8.1995, n. 8480, fattispecie in materia di acquisizione della registrazione magnetofonica di una seduta consiliare). Atteso l’interesse pubblico sotteso all’accesso del consigliere, l’art. 31 ha garantito a questi il rilascio gratuito delle copie di documenti ritenuti utili. Ciò in considerazione del fatto che un eventuale rimborso del costo di riproduzione delle copie degli atti “potrebbe influire negativamente sull’intendimento dei consiglieri di approfondire, pur sempre nell’interesse delle collettività, l’esame delle singole questioni di competenza degli organi del comune e della provincia” (Cons. Stato, sez. I, Comm.ne speciale, parere n. 1265/92, 27/5/1992; Min. Interno, circ.re 1/7/1992, n. 12, prot. 15900/1bis/1.142/90; id., circ. 22/11/1995, n. 4). Per quanto attiene al trattamento fiscale - ed in particolare all’imposta di bollo – relativo alle copie degli atti deliberativi degli enti locali è stato ritenuto che esse possano essere rilasciate ai consiglieri per gli usi connessi ai loro compiti, senza il pagamento del tributo, trattandosi di copie di atti distribuiti ai membri dell’organo deliberante (Min.ro Interno, circ. 28.10.1993, n. 23, prot. 15900/1440/1bis/1.142/90). 8.3 L’ACCESSO DEL CONSIGLIERE E LA TUTELA DEL DIRITTO ALLA RISERVATEZZA Il Garante per la protezione dei dati personali, intervenuto specificamente sul tema (parere del 20.5.1998), ha affermato che la legge 675/1996 non ha apportato modifiche al citato art. 31, in quanto il principio di trasparenza affermato da tale disposizione è compatibile con le nuove norme in materia di protezione dei dati personali (art. 43, comma 2). E’ anzi da precisare, a parere del Garante, che l’art. 31 della legge 142/1990 (che configura un obbligo per l’ente locale di rendere accessibili ai consiglieri i dati detenuti) rappresenta una delle disposizioni che secondo l’art. 27 della legge 675/1996 permettono di trattare dati ed informazioni per il perseguimento di finalità istituzionali. Riconosciuto quindi, in termini generali, il diritto di accesso da parte del consigliere comunale e provinciale, il Garante ha inoltre osservato che: il consigliere comunale o provinciale, se invoca il citato art. 31, non deve dimostrare, in base alle norme comuni sull’accesso, l’esistenza di un interesse giuridicamente rilevante, essendo sufficiente che rappresenti l’effettiva utilità delle notizie e delle informazioni richieste rispetto al mandato; dal canto suo, il comune o la provincia devono rispettare il principio di pertinenza di cui all’art. 9, comma 1, lett. d), legge 675/96, permettendo l’accesso ai dati effettivamente utili per lo svolgimento del mandato; in presenza di siffatta dichiarazione del consigliere, risulterebbe arbitraria, da parte dell’amministrazione, una distinzione basata sulla natura dei dati richiesti in visione, i quali possono riguardare anche, in casi specifici, verbali con cui si constatano infrazioni; l’art. 31 deve essere tuttavia coordinato con altre norme vigenti che tutelano, ad esempio, il segreto delle indagini penali o la segretezza della corrispondenza e delle conversazioni (segretezza che si estende, anche in base alla giurisprudenza costituzionale, ai dati contenuti in tabulati che permettono di stabilire se è intercorsa una comunicazione e tra quali soggetti); il diritto di accesso deve essere inoltre coordinato con la speciale disciplina che attiene agli atti anagrafici, allo stato civile e alle liste elettorali, che resta soggetta a specifiche disposizioni. In proposito, vale la pena sottolineare che il Garante per la protezione dei dati personali, ha affermato in una precedente circostanza che il rilascio da parte dei Comuni di certificati anagrafici concernenti la residenza e lo stato di famiglia a chiunque ne faccia richiesta, già regolamentato da normativa specifica, è conforme alla legge sulla protezione dei dati personali. Pienamente legittima è stata altresì ritenuta dalla stessa Autorità la comunicazione da parte delle amministrazioni civiche dei dati riportati nelle liste elettorali, in virtù dell’art. 51, d.P.R. 223/67, che, oltre a prevedere che gli atti relativi alla revisione semestrale delle stesse liste possano essere mostrate a chiunque, stabilisce anche che chiunque può copiare, stampare o mettere in vendita le liste elettorali del Comune. Resta ovviamente ferma la necessità che i dati così acquisiti siano utilizzati effettivamente per le sole finalità pertinenti al mandato, rispettando il dovere di segreto “nei casi espressamente determinati dalla legge” nonché i divieti di divulgazione dei dati personali (si pensi ad esempio all’art. 23, comma 4, della legge 675/1996, che vieta, salvo casi specifici, la diffusione dei dati idonei a rilevare lo stato di salute). l’accesso dei consiglieri comunali accesso finalizzato all’espletamento del munus pubblico accesso del consigliere e tutela della riservatezza certificati anagrafici liste elettorali obbligo di segretezza