Cir_Finanze_5_8_98_198 Circolare Finanze 05/08/1998 n. 198 Ministero delle Finanze - Segretariato Generale - Ufficio sviluppo e coscienza civica - Servizio di coordinamento Esercizio del potere di autotutela - Applicazione delle disposizioni di cui al Regolamento approvato con D.M. 11.2.1997 n. 37. Sintesi: Con la presente, tenuto conto di numerosi casi in cui i contribuenti hanno lamentato la mancata applicazione dell'autotutela, vengono richiamate le disposizioni dettate al riguardo dal regolamento in oggetto segnalandone l'importanza ai fini del corretto svolgimento del rapporto fisco-contribuente, invitando le Direzioni Regionali delle Entrate e le Direzioni Compartimentali del Territorio a sensibilizzare gli uffici dipendenti alla puntuale applicazione delle disposizioni stesse. Testo: L'esperienza di questo primo anno di applicazione del Regolamento emanato dal Ministro Visco in materia di esercizio del potere di autotutela (Decreto n. 37/97 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5.3.1997) può essere considerata, almeno stando ai dati sommari in possesso di questo Segretariato, sostanzialmente positiva. E tuttavia, a fronte dei molti casi in cui gli uffici provvedono correttamente all'annullamento dei loro atti illegittimi, continuano a pervenire allo scrivente proteste di contribuenti, spesso riportate con rilievo anche dalla stampa, che segnalano casi di mancata applicazione dell'autotutela, giustificati con motivazioni - quali, ad esempio, l'avvenuto decorso dei termini per ricorrere - che non tengono conto della normativa vigente in materia e, in particolare, delle disposizioni contenute nel citato decreto ministeriale. A tale riguardo si ritiene opportuno ricordare che ai sensi del combinato disposto delle norme del decreto stesso nonché di quelle contenute nel D.P.R. 287/92 (art. 68) e nella legge 656/94 (art. 2-quater), l'amministrazione procede d'ufficio all'annullamento degli atti in tutte le ipotesi in cui ne riscontra l'illegittimità, e cioè, a titolo esemplificativo, nei casi di errore di persona, evidente errore logico o di calcolo, errore sul presupposto dell'imposta, doppia imposizione, mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti, mancanza di documentazione successivamente sanata entro i termini di decadenza, sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni, regimi agevolativi precedentemente negati, errore del contribuente facilmente riconoscibile dall'amministrazione. Quando verifica la ricorrenza di tali presupposti, l'Ufficio procede all'annullamento: - anche se l'atto è divenuto ormai definitivo per avvenuto decorso dei termini per ricorrere; - anche se il ricorso è stato presentato ma respinto con sentenza passata in giudicato per motivi di ordine formale (inammissibilità, irricevibilità, improcedibilità, ecc.); - anche se vi è pendenza di giudizio; - anche se non è stata prodotta in tal senso alcuna istanza da parte del contribuente. Ai fini dell'esercizio concreto dell'autotutela, in altri termini, la legge non considera rilevante il comportamento (omissivo o non) tenuto dal contribuente o il tempo trascorso dall'emanazione dell'atto e neppure (salvo il caso di giudicato sostanziale) le eventuali vicende processuali cui l'atto sia andato incontro, ma solo l'esito del riesame svolto dall'ufficio che lo ha emanato; al quale è attribuito il solo e unico compito di verificare, in modo del tutto autonomo e indipendente da tali eventi o comportamenti, se l'atto è legittimo o meno. Se, a seguito di tale verifica, la pretesa tributaria risulta infondata in tutto o in parte, essa va ritirata ovvero opportunamente ridotta in modo da ristabilire un corretto rapporto con il contribuente, il quale non può essere chiamato al pagamento di tributi che non siano strettamente previsti dalla legge. È appena il caso di soggiungere, a tale proposito, che l'annullamento dell'atto travolge necessariamente ed automaticamente tutti gli altri atti ad esso consequenziali (ad esempio, il ritiro di un avviso di accertamento determina automaticamente la nullità delle cartelle di pagamento emesse in base all'avviso stesso) e comporta l'obbligo di restituzione delle somme indebitamente riscosse. Sarebbe infatti del tutto contraddittorio che l'amministrazione annullasse un atto in quanto lo riconosce illegittimo e infondato, e poi lasciasse che le procedure di riscossione proseguano indisturbate ovvero trattenesse le somme riscosse in forza di esso. In conclusione. Fermo restando che l'obiettivo principale - al quale ci si è proposti di arrivare con i recenti provvedimenti di riforma - è quello di rendere il più efficace possibile l'attività degli Uffici, sia per quanto riguarda la liquidazione e l'accertamento dei tributi sia, più in generale, per quanto riguarda gli altri provvedimenti che incidono direttamente sulla sfera giuridica dei contribuenti, non vi è dubbio che una attenta e sistematica correzione degli errori eventualmente riscontrati nell'ambito di tali attività rappresenta non solo un modo per evitare pericolose deviazioni nell'applicazione delle leggi e il conseguente deterioramento del rapporto di fiducia fisco-contribuente ma anche per diminuire i costi del contenzioso e aumentare l'efficienza dell'amministrazione. E se è vero, a stretto rigore, che l'ufficio ha il potere ma non il dovere giuridico di ritirare l'atto viziato (mentre è certo che il contribuente, a sua volta, non ha un diritto soggettivo a che l'ufficio eserciti tale potere), è tuttavia indubbio che l'ufficio stesso non possiede un potere discrezionale di decidere a suo piacimento se correggere o meno i propri errori. Infatti da un lato il mancato esercizio dell'autotutela nei confronti di un atto patentemente illegittimo, nel caso sia ancora aperto o comunque esperibile il giudizio, può portare alla condanna alle spese dell'amministrazione con conseguente danno erariale (la cui responsabilità potrebbe essere fatta ricadere sul dirigente responsabile del mancato annullamento dell'atto); dall'altro, essendo previsto che in caso di "grave inerzia" dell'ufficio che ha emanato l'atto può intervenire, in via sostitutiva, l'organo sovraordinato, è evidente che l'esercizio corretto e tempestivo dell'autotutela viene considerato dall'amministrazione non certo come una specie di "optional" che si può attuare o non attuare a propria discrezione ma come una componente del corretto comportamento dei dirigenti degli uffici e, quindi, come un elemento di valutazione della loro attività dal punto di vista disciplinare e professionale. Nell'attesa che vengano impartite le disposizioni finalizzate all'attivazione delle procedure di monitoraggio concernenti l'autotutela, previste dal Regolamento in oggetto, si pregano pertanto le SS.LL. di voler cortesemente sensibilizzare gli Uffici dipendenti affinché alle prescrizioni in esso contenute venga data la massima applicazione su tutto il territorio. A tale proposito si ritiene opportuno, infine, richiamare l'attenzione sull'art. 4, comma 3 del Regolamento medesimo, ai sensi del quale "con relazioni annuali, da trasmettere al Segretario generale, ai relativi dipartimenti e al servizio per il controllo interno, le direzioni regionali e compartimentali evidenziano le cause dei vizi degli atti rilevati nonchè le misure adottate per migliorare l'efficienza dell'attività di accertamento di loro competenza".