Circ Min Fin 30 11 98 n 277 E Data: 07/12/98 LEGISLAZIONE Ministero delle Finanze - Dipartimento delle entrate - Circolare 30 novembre 1998 n. 277/E. Sconti prima casa anche a chi ha acquistato dal 1' gennaio 1992 al 24 marzo 1993 Le Finanze estendono l'accesso ai rimborsi anche a quei contribuenti che abbiano acquistato una prima casa nel periodo compreso tra il 1' gennaio 1992 e il 24 marzo 1993. Questi soggetti devono inoltre aver corrisposto, in relazione all'acquisto, le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura ordinaria ed essere in possesso dei requisiti richiesti dalla legge 75/1993 É quanto precisa la circolare del 30 novembre scorso n. 277/E, con la quale il Fisco sceglie una linea interpretativa "morbida" e riconosce, per i casi in cui ricorrano congiuntamente le condizioni appena descritte, il diritto alla restituzione della differenza tra l'importo corrisposto per le imposte ordinarie di registro, ipotecarie e catastali e quello ridotto risultante dall'applicazione delle aliquote agevolate previste per gli acquisti della prima casa. Non solo. Tenuto conto dell'ambigua formulazione dell'articolo 1, comma 3, della legge 75/1993, il ministero, pur affermando che l'istanza deve essere presentata entro un anno dalla data dell'acquisto, invita comunque gli uffici a tenere atteggiamenti elastici e a considerare ammissibili le richieste presentate nel termine di decadenza ordinario di tre anni. OGGETTO: Imposta di registro - Applicabilità dell'agevolazione "prima casa" successivamente al 1' gennaio 1992 ai contribuenti che non avevano potuto richiedere i benefici dell'articolo 3, comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 415 (Articolo 1, comma 3, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni dalla legge 24 marzo 1993, n. 75). Da parte di numerosi Uffici sono state segnalate perplessità in merito al diritto al rimborso chiesto dai contribuenti per le maggiori imposte di registro, ipotecarie e catastali assolte nella misura ordinaria, anziché agevolata, su atti di compravendita immobiliare, aventi ad oggetto case di abitazione, posti in essere successivamente al 1' gennaio 1992 e fino al 24 marzo 1993. Nelle istanze di rimborso viene invocato l'articolo 1, comma 3, della legge 24 marzo 1993, n. 75 (di conversione del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16) il quale stabilisce testualmente: "Le disposizioni del comma 2 si applicano, sempre che sussistano tutte le condizioni ed i requisiti previsti, anche per gli atti pubblici formati, gli atti giudiziari pubblicati o emanati e le scritture private autenticate successivamente al 1' gennaio 1992, se il contribuente, che non aveva potuto richiedere i benefici che erano stabiliti dall'articolo 3, comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 415, presenta istanza, a pena di decadenza entro un anno dalla data dell'atto, all'ufficio del registro competente, per usufruire delle agevolazioni e contestualmente dichiara, ai sensi e con le modalità dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, la sussistenza delle condizioni e dei requisiti indicati dal comma 2; per gli atti pubblici formati, gli atti giudiziari pubblicati o emanati, le scritture private autenticate e le scritture private non autenticate già sottoposti alla registrazione nel predetto periodo con l'assolvimento delle imposte in misura normale, si fa luogo al rimborso delle medesime imposte se il contribuente, sempre che sussistano le condizioni ed i requisiti sopra richiamati, con istanza da presentarsi allo stesso ufficio presso il quale é stato registrato l'atto di acquisto, presenta la dichiarazione sostitutiva di cui al presente comma". Per inquadrare il problema in modo esatto occorre richiamare la complessa evoluzione normativa subita dalla materia. Per i trasferimenti dei fabbricati non di lusso destinati ad uso di abitazione, i benefici previsti dall'articolo 2 del decreto-legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 1985, n. 118, come modificato dalla legge 23 dicembre 1986, n. 889, consistevano nell'applicazione dell'imposta di registro nella misura del 4 per cento (anziché dell'8 per cento) e delle imposte ipotecarie e catastali nella misura fissa nonché nella riduzione al 50 per cento dell'INVIM. Condizioni per fruire delle agevolazioni erano, tra l'altro, che l'immobile risultasse ubicato nel Comune di residenza dell'acquirente e che quest'ultimo dichiarasse in atto di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione nel comune ove era situato l'immobile acquistato, di volerlo adibire a propria abitazione e di non aver già usufruito delle agevolazioni previste dalla stessa norma. Tali benefici erano stati via via prorogati fino al 31 dicembre 1991. Successivamente interveniva la legge 31 dicembre 1991, n. 415 (articolo 3, comma 2) che, a decorrere dal 1' gennaio 1992, rendeva applicabili in via permanente le agevolazioni di cui al citato decreto-legge n. 12 del 1985, a condizione che nell'atto l'acquirente dichiarasse di non possedere, nel territorio dello Stato, altro fabbricato o porzione di fabbricato destinati ad abitazione e di non aver già usufruito dei benefici in forza dei precedenti provvedimenti normativi e della stessa legge n. 415 del 1991. Decorsi venti giorni dall'entrata in vigore della citata legge n. 415 del 1991, veniva emanato il decreto-legge 21 gennaio 1992, n. 14, che all'articolo 5, comma 2, con effetto dal 22 gennaio 1992, modificava nuovamente i requisiti di applicabilità delle agevolazioni, stabilendo che l'acquirente dovesse dichiarare, come previsto dal decreto-legge n. 12 del 1985, di non possedere altro fabbricato ad uso abitativo nel comune in cui si trovava l'immobile acquistato (cioé nel comune di residenza o di svolgimento dell'attività) e di volere adibire a propria abitazione l'immobile oggetto dell'acquisto; occorreva, inoltre, che il compratore dichiarasse di non aver già usufruito dei benefici ai sensi della legge n. 168 del 1982, del decreto-legge n. 12 del 1985, della legge n. 415 del 1991 e dello stesso decreto-legge n. 14 del 1992. Il decreto prevedeva anche l'applicazione retroattiva delle agevolazioni, con diritto al rimborso delle imposte eventualmente assolte nella misura ordinaria, agli atti posti in essere dal 1' gennaio 1992, qualora il contribuente che non aveva potuto chiedere i benefici ex lege n. 415 del 1991 comprovasse, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell'art. 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, la sussistenza dei requisiti prescritti dal nuovo provvedimento. Il citato decreto-legge n. 14 del 1992 e i successivi decreti-legge che reiteravano le disposizioni in esso contenute (n. 237 del 20 marzo 1992, n. 293 del 20 maggio 1992, n. 348 del 24 luglio 1992, n. 388 del 24 settembre 1992 e n. 455 del 24 novembre 1992), decadevano per mancata conversione. Va anche rilevato che i suddetti provvedimenti, prevedevano la possibilità di usufruire del trattamento agevolato alle stesse condizioni ed in presenza dei medesimi requisiti richiesti dalla normativa recata dalla legge n. 118 del 1985, con la sola differenza, introdotta dal decreto-legge n. 455 del 1992, relativa alla possibilità di confermare i benefici qualora la rivendita dell'immobile nel quinquennio fosse finalizzata all'acquisto, entro l'anno, di altro immobile da adibire ad abitazione principale. Sulla base dei citati provvedimenti legislativi che si sono succeduti nel tempo risulta che il periodo dal 20 al 25 luglio 1992 non é regolamentato da alcun provvedimento normativo, in quanto il decreto- legge n. 293 del 20 maggio 1992 era decaduto e il decreto-legge n. 348 del 24 luglio 1992 non era ancora emanato. In tale periodo, quindi, si ritiene che abbia ripreso efficacia la legge n. 415 del 1991. Si perveniva così al decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, che, in origine era dello stesso tenore dei precedenti ma veniva convertito con sostanziali modifiche dalla legge 24 marzo 1993, n. 75. La definitiva formulazione dell'articolo 1, comma 2, subordinava l'applicazione delle agevolazioni alla condizione che il compratore dichiarasse in atto di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato idonei ad abitazione e di voler adibire a propria abitazione principale l'immobile acquistato; si consentiva, inoltre, l'applicazione dei benefici anche qualora l'acquirente ne avesse già usufruito ai sensi della legge n. 168 del 1982 e successive disposizioni riguardanti la cosiddetta "prima casa". Il successivo comma 3 del citato articolo 1 della legge n. 75 del 1993, già precedentemente riportato, estendeva poi retroattivamente le agevolazioni del sopra menzionato comma 2 agli atti posti in essere successivamente al 1' gennaio 1992 per i quali "il contribuente che non aveva potuto chiedere i benefici che erano stabiliti dall'articolo 3, comma 2 della legge n. 415 del 1991" comprovasse, con dichiarazione ex lege n. 15 del 1968, la sussistenza delle condizioni e dei requisiti indicati dal medesimo comma 2, del citato articolo 1. L'ultima parte del suddetto comma 3, inoltre, riconosceva il diritto al rimborso delle maggiori imposte eventualmente assolte nella misura ordinaria. Considerata la complessità della normativa richiamata lo Scrivente ha ritenuto opportuno interpellare in proposito il Consiglio di Stato che si é espresso con il parere n. 1086/97 del 26 agosto 1997. In particolare, al Supremo Organo Consultivo é stato chiesto di chiarire se in virtù della frase "... che non aveva potuto richiedere i benefici che erano stabiliti dall'articolo 3, comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 415...", contenuta nell'articolo 1, comma 3, della più volte richiamata legge n. 75 del 1993, la disposizione in commento debba ritenersi applicabile retroattivamente solo agli atti posti in essere nei periodi dal 1' al 21 gennaio 1992 e dal 20 al 25 luglio 1992 (quando cioè non avevano spiegato effetto le norme dei decreti-legge successivamente intervenuti), ovvero se con tale espressione il legislatore abbia inteso estendere "retroattivamente" le agevolazioni in parola anche agli atti posti in essere nel vigore dei menzionati decreti-legge. É stato chiesto, inoltre, di precisare come vada individuato il termine di decadenza entro il quale doveva essere prodotta dal contribuente l'istanza intesa ad ottenere il rimborso delle imposte pagate nella misura ordinaria, in quanto nell'ultima parte del comma 3 dell'articolo 1 più volte citato nulla é detto in proposito. Con riferimento al primo quesito, il Consiglio di Stato si é espresso ritenendo che "la norma dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 23 gennaio 1993 n. 16, nel testo di cui alla legge di conversione 24 marzo 1993, n. 75, che fa riferimento agli atti formati "successivamente al 1' gennaio 1992", vada senz'altro intesa nel senso che l'applicazione della norma stessa debba avvenire retroattivamente fin dalla predetta data, apparendo in effetti palesemente illogica e immotivata la limitazione del beneficio ai soli pochi giorni (dal 1' al 21 gennaio 1992 e dal 20 al 25 luglio 1992) che non risultavano coperti dalle previsioni dei diversi provvedimenti legislativi d'urgenza che si erano nel frattempo succeduti. Appare infatti evidente che l'estensione, anche ad un tempo anteriore, del nuovo regime di agevolazioni dettata dalla ripetuta legge n. 75/1993, risponde ad un disegno generale di politica finanziaria del Governo intesa a ridisegnare in via complessiva il sistema delle agevolazioni tributarie stesse; ed in tale prospettiva sarebbe certamente ingiustificata la limitazione del beneficio a solo talune ipotesi, quando invece, come segnalato dal Ministero, tutte le fattispecie, venute in essere nel detto periodo antecedente, risultavano ugualmente eterogenee rispetto alla nuova normativa relativa alle agevolazioni, basata sul possesso di condizioni e requisiti nuovi e diversi rispetto a quelli in precedenza contemplati sia dalla legge 31 dicembre 1991, n. 415, che dai successivi decreti- legge. Sul piano formale, quindi, deve assumere prevalente rilievo il termine iniziale del 1' gennaio 1992, di decorrenza del beneficio, coincidente con la data di applicabilità della predetta legge n. 415/1991, mentre appare in definitiva irrilevante la mancata menzione anche di tutte le disposizioni in materia di agevolazioni, contenute nei diversi decreti-legge nel frattempo decaduti, che potrebbe eventualmente addebitarsi ad una imperfetta tecnica legislativa oltreché alla evidente complessità e farraginosità di un espresso rinvio alle diverse disposizioni dei provvedimenti legislativi in parola. Ma, va ribadito, che da una simile lacuna non sembrerebbe lecito far discendere conseguenze di rilievo sostanziale per l'applicabilità delle nuove disposizioni generali in materia di agevolazioni, tenuto conto delle palesi intenzioni del legislatore, secondo quanto già sopra si é osservato". Con riferimento al secondo quesito, il Consiglio di Stato osserva che lo stesso "si pone in relazione ai dubbi sorti sulla possibilità di applicazione di un diverso regime, ai fini della determinazione del termine di decadenza per i rimborsi, da un lato per gli atti per i quali sono ancora pendenti i termini per la richiesta di registrazione (per i quali é espressamente stabilito che la apposita istanza deve essere presentata "entro un anno dalla data dell'atto") e, dall'altro lato, per gli atti già sottoposti a tassazione nella misura normale (per i quali, non essendo espressamente stabilito un termine della norma speciale, si applicherebbe il termine di tre anni fissato dalle norme generali di cui all'articolo 77 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131)". In proposito il Supremo Organo Consultivo ritiene che "la norma in esame, nel prevedere l'attribuzione del beneficio particolare di cui si tratta, non faccia distinzioni sostanziali in ordine alle due ipotesi sopra ricordate, che vanno invece unitariamente considerate, atteso che la circostanza che taluni atti siano già stati sottoposti a registrazione "con l'assolvimento delle imposte in misura normale" non comporta di per sé un mutamento della natura del beneficio, tale da giustificarne la richiesta di applicazione in termini diversi e più lunghi, dovendosi osservare, al contrario, che l'avvenuto pagamento dovrebbe indurre l'interessato, semmai, ad accelerare i tempi procedurali per ottenere il rimborso. É da considerare, piuttosto, che il beneficio di cui si tratta risulta contenuto in una norma speciale, di carattere specificamente transitorio; é comprensibile, quindi, che nell'ottica sopra ricordata, di un intervento immediato per una riconsiderazione in via generale del regime delle agevolazioni fiscali in parola, sia stato fissato un termine di decadenza più limitato, rispetto a quello stabilito in linea di principio, ai fini della chiusura in tempi quanto più possibile ristretti del periodo di passaggio dal vecchio al nuovo sistema". Stante quanto sopra lo Scrivente ritiene che, sussistendo le condizioni e i requisiti richiesti, le istanze di rimborso presentate ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge n. 75 del 1993 debbano trovare accoglimento e che il termine di decadenza entro il quale dette istanze dovevano essere presentate é di un anno dalla data dell'atto, come stabilito dalla prima parte del suddetto comma 3. Tuttavia, considerata l'ambiguità della norma di cui si tratta, gli Uffici, nell'esame dei singoli casi, si uniformeranno al suggerimento del Consiglio di Stato circa il rispetto del termine decadenziale, e quindi dovranno operare con "... criteri improntati ad una necessaria elasticità, tenendo conto sia dell'evidente scusabilità dell'errore compiuto dal contribuente che abbia ritenuto applicabile il normale termine decadenziale di tre anni, sia della circostanza che solo con la legge di conversione del 24 marzo 1993 é stato realizzato il definitivo assetto della normativa in questione, per cui é evidente che il contribuente che avesse formato l'atto in data 1' gennaio 1992 non sarebbe stato messo in grado, comunque, di presentare la domanda in tempo utile". Si invitano gli Uffici interessati ad operare in conformità alle direttive sopra riportate al fine di evitare un inutile contenzioso eventualmente già instaurato. LEGISLAZIONE Ministero delle Finanze - Dipartimento delle entrate - Circolare 30 novembre 1998 n. 277/E. IL COMMENTO Scelta la linea più favorevole al contribuente La normativa sulle agevolazioni per l'acquisto della prima casa ha subito, nel corso degli anni, innumerevoli modifiche: la disciplina attualmente vigente é quella dettata dalla legge 549/1995. Analizziamo, con ordine, l'intricato iter normativo. Le prime agevolazioni - Le agevolazioni "prima casa" hanno fatto il loro debutto con l'articolo 1, comma 6, della legge 168/1982, il quale prevedeva un regime fiscale agevolato per i "trasferimenti di fabbricati o porzioni di fabbricato destinati ad abitazione non di lusso secondo i criteri di cui all'articolo 13 della Legge 408/1949, e successive modificazioni, effettuati da persone fisiche che non agiscono nell'esercizio di impresa, arte o professione nei confronti di persone fisiche a condizione che l'acquisto avvenga entro il 31 dicembre 1983 e che nell'atto di trasferimento il compratore dichiari, a pena di decadenza, di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione nel comune di residenza o in quello, se diverso, ove svolge la propria attività prevalente, di adibirla a propria abitazione e di non aver usufruito delle agevolazioni previste dal presente comma". Il termine iniziale del 31 dicembre 1983 venne prorogato più volte da vari provvedimenti normativi (Dl 29 dicembre 1983 n. 747, convertito dalla legge 18/1984; Dl 7 febbraio 1985 n. 12, convertito dalla legge 118/1985). L'articolo 2 di quest'ultimo decreto prevedeva, per i trasferimenti di fabbricati o porzioni di fabbricati destinati a uso di abitazione non di lusso, agevolazioni fiscali nella ricorrenza dei seguenti presupposti: l'immobile acquistato doveva essere ubicato nel comune di residenza dell'acquirente oppure, se diverso, in quello in cui svolgeva la propria attività, ovvero, se l'acquirente si era trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello nel quale aveva sede l'impresa da cui dipendeva; nell'atto di acquisto l'acquirente doveva dichiarare di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato nel comune ove era situato l'immobile acquistato, di volerlo adibire a propria abitazione e di non aver già usufruito delle stesse agevolazioni. Le descritte agevolazioni erano applicabili, nella previsione originaria, sino al 31 dicembre 1985. Con successivi provvedimenti normativi il termine temporale di applicazione é stato prorogato sino al 31 dicembre 1991. La previsione di agevolazioni "permanenti" - La natura temporanea dell'applicazione delle aliquote agevolate é cessata con la legge 31 dicembre 1991 n. 415 (legge finanziaria per il 1992) la quale, però, ne ha modificato le condizioni di applicabilità; in particolare, veniva richiesto che: l'acquirente non possedesse altro fabbricato o porzione di fabbricato destinato a uso abitativo, non solo nel comune in cui era situato l'immobile acquistato, ma in nessuna altra parte del territorio dello Stato; l'acquirente non avesse già usufruito né delle agevolazioni previste dal Dl 12/1985, né di quelle previste dalla previgente legge 22 aprile 1982 n. 168. La normativa era, tuttavia, destinata a subire ulteriori modifiche. A distanza di soli venti giorni dall'entrata in vigore dalla citata legge 415/1991 veniva emanato il Dl 21 gennaio 1992 n. 14; l'articolo 5 di quest'ultimo provvedimento, mentre confermava il carattere permanente delle disposizioni e manteneva il requisito della mancata fruizione delle agevolazioni previste dalla normativa anteriore, richiedeva che l'acquirente dichiarasse: a) di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato destinato a uso abitativo nel comune in cui era situato l'immobile acquistato (cioé nel comune di residenza o di svolgimento dell'attività); b) di voler adibire l'immobile oggetto dell'acquisto a propria abitazione. Veniva, inoltre, disposta la revoca delle agevolazioni se l'acquirente avesse venduto l'immobile acquistato con le agevolazioni prima del decorso di cinque anni dalla data dell'acquisto stesso e veniva, altresì prevista l'applicazione retroattiva delle agevolazioni con diritto al rimborso delle imposte assolte in misura ordinaria agli atti posti in essere dal 1' gennaio 1992 qualora il contribuente (il quale non aveva potuto beneficiare delle agevolazioni ex legge 415/1991) comprovasse la sussistenza dei requisiti previsti dal Dl 14/1992 con dichiarazione sostitutiva di atto notorio. La continuata reiterazione dei decreti legge - Il Dl 14/1992 non veniva convertito in legge, ma le disposizioni in esso contenute venivano riprodotte con successivi e numerosi provvedimenti d'urgenza (si vedano il Dl 20 marzo 1992 n. 237, il Dl 20 maggio 1992 n. 293, il Dl 24 luglio 1992 n. 348, il Dl 24 settembre 1992 n. 388 e il Dl 24 novembre 1992 n. 455), tutti non convertiti. Il succedersi nel tempo degli indicati decreti legge, tuttavia, ha lasciato scoperti alcuni "buchi" cronologici; il periodo che va dal 20 al 25 luglio 1992, ad esempio, non risulta regolamentato da nessuna specifica disposizione: si ritiene, comunque, che in tale arco temporale abbia ripreso efficacia la legge 415/1991. La disciplina esaminata dalla circolare n. 277/E - In ogni caso, la disciplina contenuta nei decreti richiamati venne riconfermata con la legge 14 marzo 1993 n. 75 (di conversione del Dl 16/1993) la quale, però, apportava alla normativa previgente le seguenti rilevanti modifiche: applicabilità delle agevolazioni a condizione che il compratore dichiarasse, a pena di decadenza, di non possedere altro fabbricato o porzioni di fabbricato idoneo ad abitazione e di voler adibire a propria abitazione principale l'immobile oggetto dell'acquisto; applicabilità delle agevolazioni anche se l'acquirente ne avesse già usufruito. Ai fini della questione esaminata dalla circolare in esame, quest'ultimo "passaggio" é decisivo. Con la legge 75/1993 venne, infatti, disposta l'applicazione retroattiva delle disposizioni in essa contenute: come vedremo, la questione esaminata dal ministero concerne proprio i limiti cronologici di tale retroattività. In pratica, la citata legge consentiva l'applicazione dei benefici fiscali in essa previsti anche per gli acquisti stipulati a decorrere dal 1' gennaio 1992, qualora si fossero verificate le seguenti condizioni: l'acquisto risultava da atto pubblico formato, atto giudiziario pubblicato o emanato, o scrittura privata autenticata successivamente alla data del 1' gennaio 1992; l'acquirente possedeva i requisiti previsti dalla legge 75/1993; l'acquirente non aveva potuto richiedere i benefici fiscali concessi dalla precedente legge 415/1991; l'acquirente doveva presentare, entro un anno dalla data dell'acquisto, una istanza per la fruizione dei benefici di cui alla legge 75/1993 dichiarando la possidenza dei requisiti prescritti dalla stessa. Sempre la legge 75/1993 disponeva, inoltre, che "per gli atti formati, gli atti giudiziari pubblicati o emanati, le scritture private e le scritture private autenticate già sottoposti alla registrazione nel predetto periodo con l'assolvimento delle imposte in misura normale, si fa luogo al rimborso delle medesime imposte se il contribuente, sempre che sussistano e condizioni e i requisiti sopra richiamati, con istanza da presentarsi allo stesso ufficio presso il quale é registrato l'atto di acquisto, presenta la dichiarazione sostitutiva di cui al presente comma". L'evoluzione normativa, però, era ben lontana dal traguardo. Successivamente alla legge 75/1993, é infatti intervenuto il Dl 155/1993 il quale, in sede di conversione (legge 243/1993), apportò ulteriori modifiche alla normativa di favore. Gli effetti di quest'ultima modificazione vennero, poi, regolamentati dalla legge 29 ottobre 1993 n. 427. La normativa vigente - Infine, con la legge 549/1995 (Finanziaria per il 1996), attualmente in vigore, é stato dettato un ulteriore assetto normativo con la previsione di requisiti sostanzialmente diversi da quelli richiesti dalla disciplina immediatamente precedente. In particolare, viene oggi richiesto, ai fini della applicazione delle agevolazioni, che ricorrano le seguenti condizioni: a) l'immobile deve essere ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca, entro un anno dall'acquisto, la propria residenza o, se diverso, in quello in cui svolge la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano; b) nel caso in cui l'acquirente non abbia la residenza nel comune in cui é ubicato l'immobile acquistato, ma abbia intenzione di acquisirla entro un anno dalla data dell'acquisto, dovrà rendere, a pena di decadenza, nell'atto di acquisto, la dichiarazione di voler stabilire la propria residenza in detto comune; c) nell'atto di acquisto, l'acquirente dovrà dichiarare: di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui é situato l'immobile da acquistare; di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale, su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni prima casa previste dalla normativa in vigore e da quella precedente. I problemi interpretativi - La complicata vicenda normativa ha dato origine a due peculiari questioni: a) l'applicazione retroattiva dei benefici fiscali di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 415/1993 riguarda tutti gli acquisti effettuati dopo il 1' gennaio 1992 o soltanto quelli realizzati nei periodi dal 1' al 21 gennaio 1992 e dal 20 al 25 luglio 1992) non "coperti" dalla continua reiterazione dei decreti legge sulle agevolazioni prima casa? b) qual é il termine decadenziale entro il quale deve essere presentata l'istanza di rimborso delle imposte versate in misura ordinaria in relazione agli acquisti stipulati dopo il 1' gennaio 1992? L'applicazione retroattiva dei benefici previsti dalla legge 75/1993 - In ordine alla prima questione, il ministero ha affermato che l'applicazione retroattiva dei benefici di cui alla legge 75/1993 si estende a tutti gli atti di acquisto stipulati a decorrere dal 1' gennaio 1992. Come si é visto, la legge 75/1993 prevedeva l'applicazione retroattiva dei suoi benefici qualora l'acquirente non avesse potuto fruire delle agevolazioni di cui alla legge 415/1991. Ora, se si dovesse accogliere una interpretazione rigorosamente aderente al dato testuale, la retroattività opererebbe per i soli due periodi in cui ha trovato applicazione la legge 415/1991: quello che va dal 1' gennaio (data della sua entrata in vigore) al 21 gennaio 1992 (data di emanazione del successivo Dl 14/1992) e quello che va dal 20 al 25 luglio 1992 (periodo lasciato "scoperto" dal Dl 293/1992 e dal successivo Dl 348/1992). In realtà, secondo il ministero, l'applicazione retroattiva deve essere estesa anche agli atti (stipulati dopo il 1' gennaio 1992) posti in essere nel vigore dei decreti legge emanati successivamente alla legge 415/1991: la mancata menzione di questi ultimi decreti nella norma che prevede la retroattività dei benefici della legge 75/1993 deve addebitarsi a una "imperfetta" tecnica legislativa e alla evidente complessità e farraginosità di un eventuale rinvio a tutte le disposizioni contenute nei vari provvedimenti di urgenza. Una diversa interpretazione - sottolinea il ministero - risulterebbe, inoltre, illogica e incongruente: illogica, in quanto non si comprenderebbe il perché di una retroattività limitata a pochi giorni (dal 1' al 21 gennaio e dal 20 al 25 luglio 1992); incongruente, poiché circoscriverebbe, immotivatamente, l'applicazione dei benefici solo ad alcune fattispecie di acquisto. La retroattività circoscritta a limitate fattispecie, in particolare, contrasterebbe con l'intento legislativo di estendere i benefici della legge 75/1993 a ipotesi pressoché identiche sebbene regolate da diverse normative di favore. Il rimborso delle maggiori imposte versate - Quanto, poi, alla questione del termine per la presentazione dell'eventuale rimborso, essa nasce dalla circostanza che l'articolo 1, comma 3, più volte citato, opera una distinzione tra: a) gli acquisti risultanti da atti per i quali, alla data del 1' gennaio 1992, pendevano ancora i termini per la registrazione; b) gli acquisti risultanti da atti già sottoposti a registrazione alla data del 1' gennaio 1992 e in relazione ai quali erano state versate le imposte ipotecaria, catastale e di registro in misura normale. Solo per la prima categoria di acquisti, infatti, la norma dispone espressamente che "l'acquirente doveva presentare, entro un anno dalla data dell'acquisto, una istanza per la fruizione dei benefici di cui alla legge n. 75/93 dichiarando la possidenza dei requisiti prescritti dalla stessa"; per gli atti già registrati, quindi, parrebbe potersi applicare il termine decadenziale ordinario di tre anni previsto dal testo unico sull'imposta di registro (articolo 77 del Dpr 131/1986). A dispetto di una formulazione ambigua, il Consiglio di Stato (con parere 26 agosto 1997 n. 1086/97) e, sulla scia, il ministero delle Finanze (con la circolare in esame) hanno ritenuto che il termine di un anno trovi applicazione in entrambe le ipotesi. La soluzione viene fondata sulla considerazione che le due fattispecie devono essere unitariamente considerate e che l'eventuale pagamento delle imposte per gli atti già registrati non giustifica un diverso (e più lungo) termine per la presentazione dell'istanza di rimborso. Semmai - aggiunge il Consiglio di Stato - chi ha già versato delle imposte in eccedenza ha più interesse a richiederne "in fretta" il rimborso. Quest'ultima osservazione lascia perplessi: proprio quando si sono versati dei tributi in più rispetto a quelli dovuti, si ha interesse ad avere un margine di tempo più ampio per chiederne la restituzione: il contribuente che ha corrisposto delle somme necessita, probabilmente, di una maggiore tutela rispetto a chi non ha ancora effettuato alcun versamento e ha la possibilità di evitarlo. In ogni caso, devono condividersi le conclusioni ministeriali secondo le quali, pur risultando applicabile il termine decadenziale di un anno dalla data dell'atto, potranno essere ritenute valide le domande presentate nell'ordinario termine di tre anni previsto dal testo unico sull'imposta di registro (articolo 77 del Dpr 131/1986). In pratica, considerata l'ambiguità della disposizione legislativa, l'amministrazione finanziaria, nell'esame dei singoli casi, dovrà operare "con criteri improntati ad una necessaria elasticità, tenendo conto sia dell'evidente scusabilità dell'errore compiuto dal contribuente che abbia ritenuto applicabile il normale termine di tre anni, sia della circostanza che solo con la legge di conversione del 24 marzo 1993 (legge n. 75/1993) é stato stabilito il definitivo assetto della disciplina agevolativa, per cui é evidente che il contribuente che avesse formato l'atto in data 1' gennaio 1992 non sarebbe stato messo in grado, comunque, di presentare la domanda in tempo utile".