Cir_Fin_22_12_99_240 OGGETTO: Ambito di operatività dell'articolo 15 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601. Applicabilità a particolari fattispecie. L'individuazione dell'ambito di operatività delle agevolazioni previste dall'art. 15 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 ha costituito, fin dalla sua entrata in vigore, motivo di vivaci dispute a livello dottrinario e di ripetuti interventi giurisprudenziali, soprattutto in relazione alla corretta qualificazione del presupposto oggettivo - "operazioni di finanziamento a medio e lungo termine" - cui la norma riconnette l'applicabilità del regime tributario sostitutivo. Le difficoltà interpretative correlate inizialmente all'ampiezza del riferimento normativo, si sono via via accresciute parallelamente alla proliferazione di nuovi e perfezionati strumenti negoziali, non prevedibili al momento della emanazione del D.P.R. 601/73, approntati per far fronte alle nuove esigenze rappresentate dalla prassi operativa degli organismi creditizi. Per tale motivo, prima di affrontare le problematiche segnalate da certe Direzioni Compartimentali in ordine all'applicabilità del regime tributario di cui trattasi a talune particolari fattispecie negoziali, la Scrivente ritiene opportuno procedere ad una breve ricognizione di quelli che possono essere attualmente considerati criteri o canoni interpretativi guida in relazione alla corretta individuazione del presupposto oggettivo di cui all'art. 15 del D.P.R. 601/73. La Corte di Cassazione, in merito alla qualificazione del presupposto "oggettivo" delle agevolazioni in parola, ha più volte precisato che con la locuzione "operazione di finanziamento a medio e lungo termine", la norma in esame si è voluta riferire esclusivamente al contenuto e alla finalità dell'operazione medesima, qualunque possa essere, cioè, la forma o la struttura giuridica adottata nei singoli casi, richiedendosi soltanto che le parti abbiano contrattualmente stabilito una durata della stessa superiore a diciotto mesi (Ex multis sentenza n. 4470 del 4/7/1983). Parallelamente all'indirizzo assunto dalla Suprema Corte, la Commissione Tributaria Centrale, con decisione n. 5136 del 21/5/1983, ha precisato che con la locuzione "operazioni di finanziamento", l'art. 15 del D.P.R. 601/73 ha inteso far riferimento alle concrete attività di finanziamento, indipendentemente dalla forma contrattuale utilizzata, tanto da ritenere irrilevanti ai fini del sorgere del presupposto di imposta, le modalità con cui il finanziamento è stato posto in essere. Sulla scorta di tale pronuncia, la soppressa Direzione Generale delle Tasse, con R.M. 260292 del 16/7/1990, nel riconoscere l'applicabilità delle agevolazioni in parola alla garanzia ipotecaria concessa in seguito a contratto di apertura di credito in conto corrente, ha osservato che, ai fini dell'applicazione del tributo sostitutivo, deve ritenersi ininfluente la tipologia della operazione di finanziamento, dovendosi la scelta concretizzare in un atto scritto conforme alle disposizioni legislative, statutarie o amministrative con una previsione della durata contrattuale del finanziamento superiore a diciotto mesi. Quanto poi, al requisito di durata minima della operazione di finanziamento, la Scrivente, anche recentemente (cfr. Risoluzione n. 68/T del 6/7/1998), ha avuto modo di sottolineare che la presenza di clausole in base alle quali gli Istituti di credito si riservano in via generale il diritto di esigere, in qualsiasi momento, l'immediata restituzione degli importi finanziati - con conseguente estinzione anticipata del rapporto anche prima del maturarsi del periodo minimo di durata normativamente richiesto - deve ritenersi ex se incompatibile con i requisiti oggettivi previsti dal predetto art. 15. Dette clausole, infatti attribuendo agli istituti mutuanti una facoltà di recesso ad nutum impediscono al vincolo negoziale di sorgere ab origine in modo stabile, per una durata, almeno potenzialmente, pari a quella minima stabilita dalla norma in questione. Ciò premesso in termini generali, si ritiene opportuno procedere ora, in modo distinto ed analitico, ad un esame delle singole fattispecie segnalate, esponendo per ciascuna di esse, l'orientamento della Scrivente. a) Atti costitutivi di ipoteca a garanzia di piano di rientro di debito pregresso, riconosciuto, derivante da apertura di credito in conto corrente La prima fattispecie concerne l'ipotesi di un atto con cui un Istituto di credito, a fronte di un'esposizione debitoria derivante da un'apertura di credito in conto corrente, effettua una ricognizione del debito ad una certa data, concorda con il debito un piano di rientro per la restituzione delle somme dovute, di durata superiore a diociotto mesi, ottenendo dallo stesso la costituzione di una ipoteca a garanzia del ripianamento del debito riconosciuto. Volendo pervenire alla corretta individuazione della natura dell'atto di cui trattasi, va osservato che lo stesso si presenta strutturalmente articolato su diversi schemi negoziali tra essi collegati: a) una dichiarazione di tipo di ricognitorio con la quale le parti, oltre a riconoscere la situazione preesistente (esistenza del debito), definiscono un regolamento attuale degli interessi, aggiungendo, quindi, alla funzione di accertamento della situazione giuridica preesistente, una funzione probatoria, idonea a conferire certezza al rapporto giuridico; b) una convenzione con cui vengono regolati tempi e modalità per il rimborso dei crediti, variamente qualificata come piano di rientro o di ammortamento a seconda delle definizioni scelte; c) una costituzione di ipoteca volta a garantire la predetta operazione di rientro, di durata superiore a diciotto mesi. L'esame della particolare struttura negoziale in parola, ad avviso della Scrivente, porta ad escludere la sussistenza, nel caso di specie, di una operazione di finanziamento ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 15 del D.P.R. 601/73. Ed invero, il particolare meccanismo negoziale predisposto, essendo finalizzato esclusivamente alla previsione dei tempi, delle modalità, degli interessi e delle garanzie del ripianamento di debiti conseguenti a rapporti precedentemente sorti tra le parti, viene ad incidere, sostanzialmente, su situazioni (rectius: operazioni) pregresse, già realizzatesi e perfezionatesi. In estrema sintesi, la costituzione ipotecaria realizzata con gli atti in questione non assolve la funzione di garantire un'erogazione di risorse finanziarie disposta con l'atto medesimo - di talchè si possa ipotizzare, almeno in senso lato, l'esistenza di una operazione di finanziamento - ma ha il solo scopo di assicurare l'adempimento di un debito già sorto in precedenza, ad altro titolo, per il quale viene concessa e regolata la restituzione dilazionata. Detta costituzione di ipoteca, non potendosi ritenere collegata ad una operazione di finanziamento a medio e lungo termine, deve ritenersi sottratta alla disciplina di cui all'art. 15 del D.P.R. 601/73 e, quindi, assoggettabile all'imposta ipotecaria proporzionale ai sensi dell'art. 6 della tariffa allegata al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347. Tale orientamento è stato condiviso dall'Avvocatura Generale dello Stato che, interpellata al riguardo dalla Scrivente, ha ritenuto opportuno precisare che l'agevolazione in parola ha lo scopo "... di incentivare le operazioni creditizie a favore delle attività economiche, e non ha perciò ragione di operare allorquando non sia disposta nessuna forma di finanziamento, ma si concordi semplicemente, con l'adozione di apposite garanzie, un piano di rientro da una esposizione già maturata in passato.". b) Costituzione di ipoteca a garanzia di atti o contratti di mutuo o di finanziamento per consolidamento di debiti pregressi La seconda ipotesi segnalata riguarda particolari contratti di mutuo o finanziamento stipulati da alcuni istituti di credito allo scopo di consentire, in attuazione di specifiche disposizioni normative regionali, il ripianamento di passività pregresse del mutuatario nei confronti dello stesso istituto o di altri istituti di credito. Dette disposizioni, (vedasi, a titolo esemplificativo, l'art. 43 della legge della Regione Sicilia 1' settembre 1993, n. 25) prevedono, al fine di agevolare il ripianamento di situazioni debitorie contratte, generalmente, da imprese commerciali, l'erogazione di contributi sugli interessi dovuti agli istituti di credito operanti nella Regione, che concordino con le imprese stesse programmi di ripianamento a medio termine delle esposizioni di conto corrente di importo non superiore ad un certo limite. La Direzione Compartimentale del Territorio per la Sicilia ha escluso la riconducibilità degli atti in questione nell'alveo del particolare regime tributario regolato dall'art. 15 del D.P.R. 601/73, da un lato, in considerazione del fatto che la legge regionale citata non prevede, espressamente, la possibilità di effettuare il ripianamento attraverso la stipula di appositi contratti di finanziamento, dall'altro, poiché, in ogni caso, detti atti sarebbero qualificabili come mutui di scopo, privi del dato reale caratterizzante il finanziamento, cioè la dazione materiale della somma erogata. Al riguardo, occorre osservare che la citata normativa regionale, con riferimento alle modalità attuative dei programmi di ripianamento ivi regolati, non ha posto limiti o divieti in relazione alla scelta degli strumenti in concreto utilizzabili dai destinatari delle provvidenze per realizzare, in concreto, le operazioni di ripianamento dei debiti, ma ha fissato, unicamente, dei limiti di carattere temporale, stabilendo che il ripianamento medesimo dovesse essere realizzato e concluso entro un periodo massimo di cinque anni. In altri termini, la circostanza che la predetta legge abbia previsto soltanto la possibilità di erogare contributi sugli interessi a fronte di programmi di ripianamento concordati con gli istituti di credito, non consentirebbe di sostenere, ad avviso della Scrivente, argomentando a contrariis, che la medesima disposizione abbia implicitamente escluso la possibilità di perfezionare, al fine di favorire la reintegrazione delle esposizioni debitorie, vere e proprie operazioni di finanziamento. Ora, il fatto che l'operazione finanziaria di cui trattasi sia preordinata e finalizzata unicamente a realizzare un piano di rientro di debiti pregressi, non sembra condurre ex se ad una qualificazione della stessa come "mera" operazione di ripianamento di debiti preesistenti, con conseguente esclusione dell'applicabilità dell'art. 15 del D.P.R. 601/73, per i motivi espressi sub A). In effetti, la fattispecie in esame, come in precedenza accennato, si sostanzia nella conclusione di un negozio con cui l'istituto di credito, seppure allo scopo di consentire l'assolvimento della esposizione debitoria già sorta ad altro titolo, concede al debitore la disponibilità di risorse finanziarie conferendo, in tal modo, al particolare assetto negoziale una natura e una funzione causale completamente diversa da quelle attribuibili al mero atto ricognitorio di cui al paragrafo precedente. Ora, se nel tentativo di pervenire ad una più precisa individuazione della natura dei negozi in parola si volesse anche ipotizzare la loro inquadrabilità nella tipologia dei mutui di scopo, detta qualificazione, a parere della Scrivente, non costituirebbe comunque un ostacolo al riconoscimento dell'applicabilità del trattamento tributario di cui all'art. 15 più volte citato. A tale riguardo, occorre infatti osservare - come sottolineato dalla più autorevole dottrina - che nel mutuo di scopo la presenza dell'obbligo di destinazione o reimpiego delle somme mutuate, non sembra alterare l'effetto traslativo del contratto, costituendo soltanto una particolare modalità di godimento del capitale che non ne altera la natura di contratto di credito; tanto è vero che taluni autori ritengono di dover correttamente inquadrare il mutuo di scopo nell'ambito dei contratti di credito a destinazione imposta che costituiscono, pur sempre, una species del genus contratti o negozi di finanziamento. Da quanto precede, può, dunque, osservarsi che i negozi in parola rappresentano, comunque, delle operazioni di finanziamento - seppure a destinazione vincolata - idonee a determinare l'insorgenza, in capo all'istituto mutuante, di un credito nei confronti dell'operatore finanziato; credito che entra a far parte dell'ammontare dei crediti esistenti per finanziamenti concessi in un dato periodo d'imposta e, quindi, ai sensi dell'art. 17 del D.P.R. 601/73, della base imponibile per la corresponsione dell'imposta sostitutiva. L'Avvocatura Generale dello Stato, coinvolta dalla Scrivente anche in relazione alla fattispecie in esame, ha ulteriormente sottolineato che la destinazione del finanziamento ad uno scopo predeterminato non impedisce di riconoscere l'agevolazione di cui all'art. 15 D.P.R. 601/73, ove ricorrano le specifiche condizioni di durata previste da tale disposizione. A tale proposito, peraltro, il citato Organo Legale ha osservato che qualche riserva potrebbe essere formulata "... non tanto in relazione alla destinazione del finanziamento, che è in effetti indifferente, quanto piuttosto in relazione a specifiche clausole - quale la facoltà di recesso dell'Istituto di credito in caso di mancata erogazione dei contributi pubblici... o quale la perdita del beneficio del termine in caso di mancato rimborso di una rata - che appaiono in contrasto con il requisito della durata del finanziamento non inferiore a diciotto mesi.". Tanto premesso, in considerazione della più volte sottolineata ampiezza della locuzione "operazioni di finanziamento" contenuta nell'art. 15 del D.P.R. 601/73 questo Dipartimento ritiene che i particolari negozi di finanziamento esaminati, non siano incompatibili con il regime tributario regolato dalla predetta disposizione, sempreché la durata contrattuale sia superiore a diciotto mesi e non siano stabilite specifiche clausole in contrasto con il requisito della durata del finanziamento.