Cir_Fin_17_5_00_98 Selezione argomenti di interesse immobiliare Circolare 98 del 17.05.00 MATERIA FISCALE: Accertamento OGGETTO Irpef Iva Risposte a quesiti in materia di imposte dirette, Irap, Iva, sanzioni tributarie e varie. INDICE 1 REDDITO D'IMPRESA omissis 1.2 Contributi omissis 1.2.1 Disciplina fiscale dei contributi in conto impianti deliberati prima del 31 dicembre 1998, nell'ambito degli interventi per il mezzogiorno 1.2.2 Rimborso parziale di contributi in conto capitale incassati in anni precedenti: disciplina fiscale 1.3 Agevolazione Visco Omissis 1.3.5 Investimenti: calcolo in presenza di contributi in conto impianti 1.3.6 Investimenti: ammortamenti da dedurre 1.3.7 Investimenti: cessioni e dismissioni 1.3.8 Investimenti: entrata in funzione del bene 1.5 ALTRI QUESITI RELATIVI ALLE IMPRESE Omissis 1.5.4 Rottamazione del magazzino: imposta sostitutiva e crediti d'imposta 1.5.5 Spese di ristrutturazione dei negozi 2 IRAP 2.1 Quesiti vari sull'IRAP 2.1.1 IRAP: acconto 1999 2.1.2 IRAP/acquisto da terzi di beni servizi 2.1.3 IRAP/ transfer pricing Omissis 3 IVA 3.1 Adempimenti 3.1.1 Apertura di cantieri: obbligo di denuncia ex art. 35 del DPR n. 633 del 1972 3.1.2 Trasmissione delle fatture con sistemi informatici omissis 3.2 Detraibilità 3.2.1 Divieto di detrazione IVA per i materiali di recupero omissis 3.2.3 IVA/Servizi fognatura e depurazione Omissis 4 ONERI 4.1 Interventi di recupero del patrimonio edilizio 4.1.1 Comunicazione di inizio lavori 4.1.2 Determinazione del valore dei beni di cui al d.m. 29 dicembre 1999 4.1.3 Interventi di manutenzione 4.1.4 IVA/Manutenzioni omissis 9 SANZIONI TRIBUTARIE 9.1 Ravvedimento operoso 9.1.1 Ravvedimento operoso IVA 9.1.2 Ravvedimento operoso: infedele dichiarazione IVA periodica 9.1.3 Ravvedimento operoso: affrancamento di cui al d.lgs. n. 461 del 1997 9.1.4 Ravvedimento operoso: irregolarità nei modelli di versamento 9.1.5 Ravvedimento operoso: violazioni IVA prodromiche e indotte 9.1.6 Ravvedimento operoso: debito previdenziale compensato con credito tributario non capiente 9.1.7 Ravvedimento (Art. 13 d.lgs. n. 472 del 1997) 9.1.8 Ravvedimento con procedura "speciale" 9.2 Altri quesiti in materia di sanzioni 9.2.1 Mancato pagamento entro sessanta giorni delle somme accertate ai fini IVA 9.2.2 Irrogazione sanzioni: termini di decadenza 9.2.3 Tardiva o omessa trasmissione telematica delle dichiarazioni 9.2.4 Violazioni relative agli obblighi di documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni IVA: sanzione minima 9.2.5 Quadro W - Sanzioni 9.2.6 Deducibilità delle sanzioni UE 10 RISCOSSIONE 10.1 Quesiti vari in materia di riscossione 10.1.1 Compensazione di credito IVA superiore a 500 milioni di lire 10.1.2 Rateazione di somme iscritte a ruolo: discrezionalità dell'ufficio 11 ALTRI QUESITI 11.1 Quesiti vari 11.1.1 Classificazione ai fini ICIAP degli agenti di assicurazione 11.1.2 Documentazione del vincolo pertinenziale relativo all'abitazione principale 11.1.3 Disapplicazione di norme antielusive ai sensi dell'art. 37-bis del DPR n. 600 del 1973 11.1.4 Studi di settore: adeguamento in corso d'anno ------------------------------------------------- 1.2 Contributi 1.2.1 Disciplina fiscale dei contributi in conto impianti deliberati prima del 31 dicembre 1998, nell'ambito degli interventi per il Mezzogiorno. D. Una società ha incassato nel 1999 contributi in conto impianti deliberati in epoca precedente al 31 dicembre 1998. I contributi sono stati concessi ai sensi del testo unico delle leggi sugli interventi per il Mezzogiorno. È corretto ritenere: – - che la società abbia la possibilità di applicare ai contributi incassati la disciplina contenuta nel testo previgente dell'art. 55 del TUIR (imputazione del 50% a riserva in sospensione d'imposta e tassazione in 5 o 10 periodi d'imposta per la parte rimanente); – - che tale imputazione a riserva sia rilevante ai fini del calcolo della base della Dit (al contrario di quanto sostenuto dalle istruzioni ministeriali al modello unico dello scorso anno). R. La risposta al quesito è stata fornita con le istruzioni della dichiarazione Unico 99 Società di capitali (p.99) di cui si riporta per esteso il testo. Per espressa previsione della nuova lett. b) del comma 3 del citato art. 55 del TUIR, resta ferma l'applicazione delle agevolazioni connesse alla realizzazione di investimenti produttivi concesse nei territori montani di cui alla legge 31 gennaio 1994, n. 97, nonché quelle concesse ai sensi del testo unico delle leggi sugli interventi nel mezzogiorno di cui al D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, per la decorrenza prevista al momento della concessione. Pertanto, ai contributi concessi in base a tali provvedimenti continuerà ad applicarsi la disciplina vigente al momento della concessione anche se il loro incasso si verifica a partire dall'esercizio in corso al 1 gennaio 1998. Si ritiene, altresì, che la quota di contributo accantonato a riserva rilevi anche ai fini del calcolo della DIT. 1.2.2 Rimborso parziale di contributi in conto capitale incassati in anni precedenti: disciplina fiscale . D. Nel caso di rimborso parziale di contributi in conto capitale incassati in anni precedenti, causati dal verificarsi di alcune ipotesi previste dalla normativa di concessione (ad esempio dismissione dell'investimento), considerato che, i contributi erano stati trattati come prevedeva l'art. 55 del TUIR fino al 31 dicembre 1998 (imputazione a riserva in sospensione del 50% del contributo incassato e tassazione in 5 esercizi della parte rimanente) e che il rimborso richiesto è forfettariamente pari al 25% del contributo erogato a suo tempo, si chiede qual è il corretto comportamento fiscale con riguardo all'esborso finanziario richiesto, all'annullamento della riserva in sospensione e al conseguente annullamento di quanto imputato in diminuzione del prezzo di acquisto dell'impianto agevolato riscontrato e non ancora imputato a conto economico. R. Il quesito si riferisce a contributi in conto capitale incassati entro il 31.12.97 ed in parte da restituire per effetto di provvedimento successivamente intervenuto. Il 50% di tali contributi risultava iscritto nella riserva in sospensione d'imposta e il restante 50% era stato suddiviso in cinque quote da far concorrere al reddito in cinque esercizi a decorrere da quello in cui i contributi erano stati incassati. La successiva restituzione del contributo sarà pertanto rilevata, per la metà, in contropartita della riserva in sospensione che, per pari ammontare, sarà annullata senza rilevanza fiscale. La restante metà di contributo restituito, invece, andrà suddivisa in cinque quote, in relazione ai cinque esercizi per i quali il contributo avrebbe concorso o ha effettivamente concorso al reddito. Di queste cinque quote, quelle riferibili agli esercizi non ancora chiusi verranno computate annualmente in diminuzione dell'importo di contributo ancora da assoggettare a tassazione; le altre, non potendo ovviamente essere scomputate dalla parte di contributo che, negli esercizi precedenti, è stata già assoggettata a tassazione, determineranno necessariamente una sopravvenienza passiva, per il loro complessivo ammontare, nell'esercizio in cui il contributo è stato restituito. In sostanza, dal punto di vista fiscale, la restituzione del contributo inciderà pro quota sulla riserva e sui cinque esercizi, con gli stessi criteri mediante cui il contributo era stato originariamente ripartito ai fini della tassazione; resta ovviamente fermo il limite degli esercizi già chiusi, con riferimento ai quali non può essere operata la correlativa riduzione della quota di contributo ormai tassata, potendosi solo avere una sopravvenienza passiva, per l'importo corrispondente, nell'esercizio in cui avviene la restituzione. Esempio: - Contributo incassato nell'anno 1997 pari a: 100 - Contributo da restituire nel 1999 pari a: 25 Il contributo di 100, incassato nel 1997, era stato così ripartito: 50 quale riserva in sospensione di imposta; 50 da assoggettare pro quota a tassazione in cinque esercizi, a partire dal 1997. Di conseguenza, nel 1997 e nel 1998 è stata assoggettata a tassazione una quota annua di contributo pari a 10. La restituzione di contributo, avvenuta nel 1999 in misura di 25, comporterà la riduzione della riserva in sospensione d'imposta per metà dell'importo restituito, cioè per 12,5. La restante metà, pari a 12,5, andrà invece suddivisa in cinque quote, pari a 2,5. Nel 1999, conseguentemente, verrà rilevata una sopravvenienza passiva di 5 (in ragione della quota annua di 2,5 riferibile ai due esercizi 1997 e 1998, già chiusi); l'importo annuo da assoggettare a tassazione in ciascuno dei tre esercizi 1999, 2000 e 2001 sarà invece ridotto dalla misura originaria di 10 a quella di 7,5, cioè 10 - 2,5. 1.3 Agevolazione Visco 1.3.5 Investimenti: calcolo in presenza di contributi in conto impianti. D. Nel computo degli investimenti lordi possono entrare anche beni per i quali l'impresa ha beneficiato di contributi in conto impianti. Deve essere considerato l'importo dell'acquisto al lordo del contributo (ammontare dell'investimento) oppure al netto del contributo ricevuto (costo fiscalmente riconosciuto)? R. La disposizione contenuta nell'art. 76, comma 1, lett. a), del TUIR è stata modificata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449 (legge finanziaria 1998), a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre n 1997, che ne ha espunto le parole finali "e gli eventuali contributi"; pertanto, l'investimento deve essere assunto al netto del contributo. 1.3.6 Investimenti: ammortamenti da dedurre . D. Gli investimenti netti vanno determinati sottraendo dall'ammontare investito gli ammortamenti dedotti nel periodo. Si chiede se devono essere sottratti anche gli ammortamenti relativi ai beni nuovi oggetto di investimento e, quindi dell'agevolazione. R. Gli ammortamenti relativi ai beni nuovi oggetto d'investimento, non devono essere sottratti, nel biennio agevolato, dagli investimenti realizzati per la determinazione dell'importo che rileva a fini agevolativi. Nel caso contrario, infatti, si introdurrebbe una evidente distorsione nel mercato, avvantaggiando notevolmente le imprese che utilizzano i beni in leasing rispetto a quelle che li acquistano in proprietà, in palese contrasto con il principio generale di neutralità più volte espresso dal legislatore. Si veda, ad esempio, la relazione accompagnatoria del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 414 del 1989 (recante modifiche all'art. 67 del TUIR), in cui si sottolinea la necessità "di assicurare nel tempo, in relazione alle mutevoli condizioni di mercato, la necessaria neutralità fiscale della scelta aziendale tra acquisizione dei beni in proprietà o in leasing". Deve tenersi presente, inoltre, la ratio del particolare sistema di calcolo disciplinato dal citato comma 9, lett. a), il quale, facendo rilevare solo la parte di investimenti che eccede cessioni, dismissioni e ammortamenti, impone un confronto tra due entità: quella che rappresenta gli incrementi della struttura produttiva (investimenti) e quella che, al contrario, indica il depauperamento dell'apparato produttivo stesso (ammortamenti, cessioni, dismissioni). Il meccanismo, come strutturato, induce le imprese ad effettuare investimenti "aggiuntivi", che costituiscono un reale ampliamento (piuttosto che un mero mantenimento) del suddetto apparato. Pertanto, anche in questa prospettiva, appare illogico computare, in diminuzione dell'investimento, la quota di ammortamento relativa al bene investito, il cui importo deve invece rilevare interamente ed unitariamente tra gli incrementi. Gli ammortamenti relativi ai beni oggetto dell'investimento non rilevano neppure nel successivo periodo d'imposta oggetto dell'agevolazione. 1.3.7 Investimenti: cessioni e dismissioni . D. I beni ceduti o dismessi influenzano negativamente il calcolo degli investimenti netti. L'importo da considerare ai fini del calcolo deve essere il corrispettivo della cessione oppure il valore residuo ammortizzabile? R. Ai sensi del comma 9 dell'articolo 2 della legge n. 133 del 1999 gli investimenti devono riguardare beni destinati a strutture situate nel territorio dello Stato e rilevano per la parte eccedente le cessioni, le dismissioni e gli ammortamenti dedotti. A fronte delle cessioni dei beni, l'ammontare che riduce quello degli investimenti, coincide con il corrispettivo pattuito tra le parti. 1.3.8 Investimenti: entrata in funzione del bene . D. La norma di agevolazione non richiede espressamente che i beni oggetto di investimento siano entrati in funzione nel periodo agevolato. Sembrerebbe quindi sufficiente, per determinare il periodo di competenza dell'investimento, l'avvenuta consegna (per i beni mobili). Si chiede se questa impostazione, in linea con le istruzioni a suo tempo contenute nella circolare 181/E del 27 ottobre 1994, è corretta. R. Con riguardo al periodo d'imposta in cui gli investimenti rilevano ai fini dell'agevolazione, si rileva che la norma di cui al comma 8 richiama "gli investimenti in beni strumentali nuovi di cui agli articoli 67 e 68 del citato testo unico …. effettuati negli stessi periodi …". Ciò induce a ritenere che la fruizione del beneficio fiscale è subordinata non solo all'acquisizione del bene nel periodo d'imposta, da assumere secondo i criteri stabiliti all'articolo 75 del TUIR, ma anche alla circostanza che nello stesso periodo d'imposta il bene sia entrato in funzione. In altri termini, l'investimento si computa nell'esercizio a partire dal quale il bene stesso, inserito nel processo produttivo, è ammortizzabile ai fini fiscali. Tale conclusione trae argomento dalla interpretazione sistematica oltre che dal tenore letterale della norma in esame. Il riferimento ai "beni strumentali … di cui agli articoli 67 e 68" attribuisce senza equivoci una precisa qualificazione giuridica ai beni oggetto di investimento. Questi devono essere strumentali ed ammortizzabili, possedere cioè caratteristiche che, ai sensi del richiamato art. 67, comma 1, del TUIR, sono ad essi riconosciute nell'"esercizio di entrata in funzione". La tesi trova conferma, sul piano semantico, nello stesso termine utilizzato dal legislatore per definire gli investimenti, che devono essere "effettuati", ossia mandati ad effetto, messi in opera, realizzati. Sotto altro profilo, si osserva che il requisito della strumentalità o entrata in funzione costituisce l'unico riferimento utile per riscontrare la destinazione del bene a strutture situate nel territorio dello Stato. In più, consente di annoverare tra gli investimenti agevolabili, come sarà detto in avanti, anche i beni acquistati da un soggetto che non sia nè il produttore nè il rivenditore. Gli stessi, infatti, in tanto potranno considerarsi "nuovi" in quanto non siano mai entrati in funzione, cioè non siano stati utilizzati dal cedente. Può presentarsi il caso che un determinato bene, acquisito in prossimità della fine del periodo d'imposta, presenti caratteristiche tecniche e strutturali che ne impediscano l'entrata in funzione nello stesso periodo. Dovendosi evitare applicazioni aberranti della norma che, in contrasto con le finalità perseguite dal legislatore, potrebbero vanificare lo sforzo degli operatori commerciali al rilancio degli investimenti, è da ritenere che nelle circoscritte ipotesi appena richiamate l'investimento possa ritenersi effettuato nel periodo d'imposta di acquisizione del bene, a condizione che il soggetto interessato possa dimostrare l'oggettivo impedimento ad utilizzarlo entro lo stesso periodo. 1.5 Altri quesiti relativi alle imprese 1.5.4 Rottamazione del magazzino: imposta sostitutiva e crediti d'imposta . D. L'imposta sostitutiva prevista dai commi 9 e seguenti dell'art. 7 della legge n. 488 del 1999 in tema di rottamazione del magazzino, è versata in luogo delle imposte dirette e dell'IRAP; si chiede se proprio in virtù di tale previsione la suddetta imposta debba ritenersi esclusa dall'ammontare delle imposte a fronte delle quali poter attribuire il credito di imposta pieno. Si chiede inoltre se la presenza di un meccanismo atto a distinguere la parte dell'imposta sostitutiva riferibile all'IRAP rispetto a quella versata a fronte delle imposte dirette non possa permettere di recuperare, in parte l'ammontare versato al fine di alimentare le somme destinate a coprire l'assegnazione di dividendi con crediti di imposta pieni. R. L'articolo 105 del TUIR stabilisce che concorrono a formare l'ammontare di cui alla lett. a) del comma 1, (c.d. Canestro "A"), tra l'altro, anche le imposte a> utiva. Al riguardo, non può che ritenersi che l'imposta sostitutiva che concorre alla determinazione del predetto ammontare sia solo quella "sostitutiva" dell'IRPEG. Pertanto, nel caso in cui l'imposta in esame riguardi non solo l'IRPEG ma anche altre imposte (ad esempio, sostitutiva anche dell'IRAP, IVA, ecc.) detto importo non potrà concorrere alla formazione dell'ammontare di cui all'art. 105, comma 1, lett. a) del TUIR (c.d. canestro "A"). Si fa tuttavia presente che analoga soluzione è stata già adottata, nella circolare n. 112/E del 21 maggio 1999, con riferimento all'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'IRAP prevista per l'assegnazione e cessione agevolata di taluni beni ai soci di cui all'art. 29 della legge 23 dicembre 1997, n. 449 e art. 13 della legge 18 febbraio 1999, n. 28. 1.5.5 Spese di ristrutturazione dei negozi . D. L'art. 14, comma 2 della legge n. 449 del 1997 dispone che "In deroga alle disposizioni di cui agli articoli 67, comma 7, e 74 del TUIR, sono deducibili in quote costanti nel periodo di imposta di sostenimento e nei due successivi le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e ristrutturazione relative agli immobili ammortizzabili posseduti o detenuti, ivi compresi gli impianti elettrici, idraulici e quelli generici di riscaldamento e condizionamento, con esclusione degli impianti igienici, nei quali viene esercitata l'attività dai seguenti soggetti..................". La disposizione è prorogata al periodo di imposta in corso al 1 gennaio 2000, dall'art. 7, comma 18 della legge 488/1999, modificando il tempo di deducibilità da tre a quattro periodi di imposta. È da ritenere quindi che si abbia una deducibilità in tre periodi per le spese sostenute nel 1998 e 1999 (per semplicità) ed in quattro periodi per quelle sostenute nel 2000. Si chiede di conoscere se tale deducibilità "abbreviata" rappresenti una facoltà o un comportamento vincolato. In concreto, se le spese in discorso sono contenute nei limiti ordinari (5%) previsti a regime dall'art. 67, comma 7, del TUIR, possono essere dedotte tutte in un solo esercizio? R. Con l'articolo 14, comma 2, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 è stata prevista un'agevolazione a favore dei soggetti ivi indicati e in relazione alle spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e ristrutturazione sugli immobili strumentali. Tale agevolazione consiste nell'ammettere, in deroga alle disposizioni di cui agli articoli 67, comma 7, e 74 del TUIR, la deducibilità di tali spese in quote costanti nel periodo di imposta di sostenimento e nei due successivi, ora estesa, per effetto dell'articolo 7, comma 18, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, anche alle spese sostenute nell'anno 2000, deducibili in quote costanti nel periodo d'imposta di sostenimento e nei tre periodi d'imposta successivi. Trattandosi di un'agevolazione, essa reca solo un beneficio aggiuntivo rispetto all'ordinario regime di deducibilità previsto dall'articolo 67 del TUIR. Pertanto, qualora dette spese rientrino nei limiti del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all'inizio dell'esercizio dal registro dei beni ammortizzabili, che ne consentirebbero la deducibilità in un solo esercizio, a norma dell'articolo 67, comma 7 citato, deve ritenersi che sia rimesso alla scelta dell'imprenditore avvalersi o meno di detta agevolazione e, quindi, adottare il regime di deducibilità a lui più favorevole. Per ulteriore chiarimento si precisa che, ai sensi del comma 4 dell'articolo 14 della citata legge n. 449 del 1997, qualora l'imprenditore si avvalga dell'agevolazione in esame, il costo dei beni materiali ammortizzabili su cui commisurare la percentuale del 5% rilevante ai sensi dell'articolo 67, comma 7, deve essere assunto al netto del costo relativo agli immobili di cui al comma 2 del medesimo articolo 14. 2 IRAP 2.1 Quesiti vari sull'IRAP 2.1.1 Rilevanza ai fini IRAP dei beni destinati a finalità estranee all'impresa . D. Il comma 2 del nuovo articolo 11-bis del d.lgs. n. 446 del 1997 attrae a tassazione ai fini IRAP anche le plusvalenze derivanti dall'autoconsumo o dalla destinazione a finalità estranee all'impresa di beni diversi da quelli che generano ricavi. Tuttavia il comma 3 dell'articolo 11 prevede che siano rilevanti ai fini IRAP le plusvalenze generate da cessione di azienda o rami aziendali. In tal modo, poiché le norma sull'autoconsumo e la destinazione estranea all'impresa non delimita la rilevanza ai beni strumentali fiscalmente ammortizzati, uno stesso bene rileva o meno ai fini del tributo regionale a seconda che venga ceduto a titolo oneroso o che sia soggetto ad autoconsumo. R. L'art. 11-bis, comma 2, del d.lgs. n. 446 del 1997, introdotto dal d.lgs. n. 506 del 1999, prevede che ai componenti positivi e negativi di cui al comma 1 dello stesso art. 11-bis vanno aggiunti i ricavi di cui all'art. 53, comma 2 e le plusvalenze di cui all'art. 54, comma 1, lett. d) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, riguardanti i beni relativi all'impresa, diversi da quelli indicati nel comma 1 dell'art. 53, destinati al consumo personale o familiare dell'imprenditore, assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa. Relativamente alle ipotesi previste dal citato art. 54, comma 1, lett. d), del TUIR, deve ritenersi che, sulla base di una interpretazione logico-sistematica della norma, conforme alla ratio della disciplina IRAP, dette plusvalenze assumano rilevanza ai fini della predetta imposta regionale solo con riferimento ai beni strumentali fiscalmente ammortizzabili. 2.1.2 IRAP: acconto 1999 . D. È corretta l'interpretazione secondo la quale la norma contenuta nel comma 18 dell'articolo 6, della legge n. 488/99, in ordine alla irrilevanza delle nuove aliquote IRAP ai fini dell'acconto per il periodo imposta in corso al 31 dicembre 1999, ha l'unico significato di rendere inapplicabili le sanzioni ai soggetti che per tale periodo hanno calcolato l'acconto adottando aliquote d'imposta inferiori a quelle attualmente in vigore? R. Nel comma 18 dell'articolo 6 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 è stato precisato che le "Le disposizioni del comma 17 non hanno effetto ai fini della determinazione dell'imposta da versare a titolo d'acconto per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1999". Ciò significa, quindi, che il contribuente poteva calcolare l'acconto IRAP da versare per l'anno 1999 applicando le aliquote vigenti nel 1999, rinviando la regolazione degli effetti finanziari derivanti dall'introduzione con effetto retroattivo delle nuove aliquote, al versamento del saldo dovuto per lo stesso anno. 2.1.3 IRAP/acquisto da terzi di beni e servizi . D. Le somme erogate a terzi per l'acquisto di beni e servizi destinati a categorie di dipendenti sono deducibili ai fini dell'imposta regionale, come ad esempio le tute che vengono di regola utilizzate dai soli operai? (articolo 11) R. L'articolo 11 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, come sostituito dall'articolo 1, lett. h) del d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 506, stabilisce, nel comma 2, il principio per cui rientrano tra i costi ammessi in deduzione le somme erogate a terzi per l'acquisizione di beni e servizi destinati alla generalità dei dipendenti e dei collaboratori, oltre quelle erogate a dipendenti e collaboratori medesimi a titolo di rimborso analitico di spese sostenute nel compimento delle loro mansioni lavorative. La relazione al decreto correttivo afferma che "tra i costi di lavoro indeducibili agli effetti dell'IRAP non vanno considerate le spese sostenute dal datore di lavoro, quale ne sia la classificazione nel conto economico, per l'acquisizione di beni e servizi destinati alla generalità dei dipendenti e collaboratori e quelle erogate ai dipendenti e collaboratori medesimi (quali, ad esempio, l'acquisto di tute da lavoro), nè quelle corrisposte a tali soggetti a titolo di rimborso documentato delle spese da essi sostenute nell'espletamento dell'attività lavorativa a fronte di prestazioni di servizi o cessioni di beni ricevuti da terzi, quali ad esempio le spese di viaggio, alloggio e vitto". La norma, pertanto, individua due diverse fattispecie: in primo luogo prevede le erogazioni a terzi per l'acquisto di beni e servizi destinati alla generalità dei dipendenti e dei collaboratori. Al riguardo, si ribadisce che l'espressione "beni e servizi destinati alla generalità di dipendenti e collaboratori" deve intendersi nel senso che essi devono poter essere astrattamente fruibili da tutti i dipendenti e collaboratori, indipendentemente dal fatto che alcuni di essi non se ne avvalgano. Inoltre, la norma prevede la deducibilità ai fini IRAP delle erogazioni ai dipendenti e collaboratori a titolo di rimborso analitico di spese sostenute nel compimento delle loro mansioni lavorative, tra cui si devono comprendere i costi eventualmente sostenuti dal dipendente per l'acquisto, ad esempio, di tute da utilizzare per l'espletamento della propria attività. Tali costi, infatti, se sostenuti direttamente dall'imprenditore, sono comunque deducibili in quanto non si configurano come "erogazioni", bensì come costi inerenti l'attività. 2.1.4 IRAP/ transfer pricing . D. La disposizione (articolo 11 bis), che dispone la rilevanza del valore normale in caso di "transfer pricing", ha valore innovativo o interpretativo? Inoltre viene confermato il principio già contenuto nella circolare ministeriale n. 141/98 secondo il quale qualora il valore normale risultasse inferiore al corrispettivo delle operazione, esso è comunque rilevante ai fini IRAP? R. L'articolo 11-bis, introdotto con il decreto legislativo 23 dicembre 1999, n. 506, detta le regole per la corretta determinazione delle poste del conto economico che rilevano ai fini IRAP. In particolare, mentre al comma 1 stabilisce in modo più puntuale le regole per operare le variazioni fiscali delle poste del conto economico che rilevano ai fini del valore della produzione in conformità ai criteri stabiliti per le imposte sui redditi, al comma 2, prevede la rilevanza ai fini della base imponibile dell'IRAP, anche di altre componenti del reddito quali i ricavi, le plusvalenze e gli altri componenti positivi di cui agli articoli 53, comma 2, 54, comma 1, lettera d) e, 76, comma 5, del TUIR. La norma in esame presenta dunque una natura sia interpretativa che innovativa. Nello specifico è innovativa per ciò che concerne la prima parte del comma 2, perché prevede l'assoggettamento a tassazione ai fini IRAP di componenti positive che prima ne erano escluse, ricavi e plusvalenze di cui agli articoli 53, comma 2, e, 54, comma 1, lett. d). Tale innovazione riguarda com'è noto i beni assegnati ai soci, destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa o al consumo personale o familiare dell'imprenditore, relativamente ai quali la circolare n. 141/E del 4 giugno 1998, precisava che i costi di tali beni non assumevano rilevanza ai fini IRAP e pertanto erano costi indeducibili dalla base imponibile. Poiché per effetto della disposizione di cui al comma 2, la situazione si è modificata, in quanto è stato previsto l'assoggettamento a tassazione di componenti positive prima escluse, ossia i ricavi e le plusvalenze determinati in base al valore normale dei beni assegnati o destinati a finalità estranee, si ritiene, conseguentemente, che ai fini della determinazione della base imponibile IRAP saranno invece deducibili i relativi costi. In proposito si precisa tuttavia che limitatamente all'articolo 54, comma 1, lett. d), ai fini IRAP rilevano unicamente le plusvalenze imputabili ai beni strumentali. Con riferimento alle operazioni di transfer pricing, si fa presente che l'articolo in commento ha valore interpretativo. Nel particolare caso si è in presenza di operazioni commerciali intercorse con consociate non residenti che, avendo una evidenza nel conto economico, dovevano - anche ai sensi del previgente articolo 11 - essere assunte ai fini IRAP secondo i criteri di determinazione previsti per le imposte dirette dall'articolo 76, comma 5, del TUIR. Ad ulteriore chiarimento di quanto previsto con la circolare n. 141/E del 4 giugno 1998, si precisa che dovrà essere apportata una variazione in aumento ogni volta in cui il corrispettivo dei beni ceduti e dei servizi forniti sia inferiore al valore normale, oppure quest'ultimo sia inferiore al costo di acquisizione di beni e servizi. L'opposta ipotesi, invece, non potrà legittimare variazioni in diminuzione ai fini IRAP. Ciò in quanto, in base al comma 5 del citato articolo 76, il minor valore (valore normale inferiore al corrispettivo o superiore al costo) rileva, come diritto al rimborso, solo dopo che siano state instaurate e quindi definite, in senso favorevole per il contribuente, le procedure amichevoli previste dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi. Il predetto comma 5 stabilisce, infatti, che i componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato sono valutati in base al valore normale "se deriva aumento del reddito". Nell'opposta ipotesi, il criterio di determinazione dell'imponibile rimane il corrispettivo, o il costo. Rettifiche in diminuzione sono ammesse soltanto "in esecuzione" di una formale "procedura amichevole", come previsto dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni e, nel caso specifico, comporteranno il riconoscimento di un diritto al rimborso posto che non rileva, ai fini IRAP, il riconoscimento di una maggiore perdita. È un rimedio contro le doppie imposizioni esperibile quando l'Amministrazione finanziaria di uno Stato abbia rettificato in aumento il reddito di un'impresa residente per inadeguatezza dei prezzi di trasferimento delle operazioni intercorse con altra società residente nell'altro Stato, al quale potrà essere richiesto il riconoscimento di una parallela rettifica in diminuzione del reddito dichiarato in quel periodo d'imposta dalla consociata. 3 IVA 3.1 Adempimenti 3.1.1 Apertura di cantieri: obbligo di denuncia ex art. 35 del DPR n. 633 del 1972 . D. Una società stipula contratti per la fornitura di grandi impianti industriali. La realizzazione degli stessi costringe l'appaltatore a compiere attività, che possono protrarsi per alcuni mesi (da tre a nove mesi circa), direttamente nel cantiere aperto presso il domicilio (italiano o comunitario o extracomunitario) del cliente. Sussistono obblighi di denuncia ai sensi dell'art. 35 del DPR n. 633del 1972? R. Si ritiene che, nella fattispecie prospettata, il contribuente sia obbligato a presentare la dichiarazione di variazione per comunicare all'Ufficio il luogo in cui viene ad essere svolta l'attività connessa all'appalto. Al riguardo si ricorda che la Commissione Tributaria Centrale, con la decisione 10 luglio - 1 ottobre 1986, 7353, si è già espressa in tal senso chiarendo che l'apertura di un cantiere edile, di rilevante durata e consistenza, non può ritenersi esclusa dall'obbligo di comunicazione della variazione previsto dall'art. 35 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, in quanto detto adempimento, "di notevole natura sostanziale, è finalizzato all'esercizio del controllo sull'attività dell'impresa da parte dell'Ufficio IVA". 3.1.2 Trasmissione delle fatture con sistemi informatici . D. Un operatore che commercializza beni e servizi in via elettronica può trasmettere il contenuto delle fatture o delle altre certificazioni fiscali tramite sistemi informatici che consentano la materializzazione di dati sostanzialmente identici presso l'emittente ed il destinatario in linea con la prassi amministrativa manifestata in precedenza? R. Alla luce della vigente normativa appare possibile trasmettere, in via elettronica, tramite sistemi informatici, soltanto la fattura relativa alle operazioni effettuate, purché questa contenga tutti gli elementi per essa tassativamente prescritti dall'articolo 21 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633. Non è possibile la trasmissione in via elettronica, tramite sistemi informatici di scontrini o di ricevute fiscali stante le particolari caratteristiche previste dalla specifica normativa che disciplina tali documenti fiscali. La ricevuta fiscale deve essere, infatti, predisposta con numerazione progressiva per documento, anche con l'adozione di prefissi alfabetici di serie, dalle tipografie autorizzate ai sensi del decreto ministeriale 29 novembre 1978. Lo scontrino fiscale è rilasciato mediante l'uso di speciali registratori di cassa soggetti a specifica autorizzazione e muniti di memorie fiscali immodificabili. 3.2 Detraibilità 3.2.1 Divieto di detrazione IVA per i materiali di recupero . D. È corretto ritenere che divieto di detrazione previsto nell'art. 74, undicesimo comma, del DPR n. 633 del 1972 per il commercio di materiali di recupero sia limitato, tanto per i rivenditori con sede fissa che per quelli itineranti, all'IVA relativa agli acquisti dei materiali in questione ed alle eventuali operazioni ad essi accessorie (es: autocarro, spese generali) osservando, naturalmente i conseguenti adempimenti? R. Si deve ritenere che il divieto di detrazione previsto dall'undicesimo comma dell'art. 74 sia riferibile a tutti gli acquisti effettuati dai raccoglitori e dai rivenditori per i quali esso è stabilito. Questi soggetti, pertanto, siano o meno dotati di sede fissa, non possono detrarre l'IVA pagata in relazione alle spese generali, a meno che queste non siano inerenti anche ad altre attività per le quali non è prevista tale limitazione, nel qual caso la detrazione è ammessa nei limiti e alle condizioni previsti dagli articoli 19 e seguenti del DPR n. 633 del 1972. 3.2.3 IVA/Servizi fognatura e depurazione . D. I soggetti che erogano servizi di fognatura e di depurazione, che dal 1 gennaio 1999 hanno applicato l'aliquota IVA del 10% sui canoni riscossi passando da un "regime" di "attività non rilevante" agli effetti IVA ad uno di imponibilità, possono procedere alla rettifica di cui al comma 3 dell'articolo 19 bis2, per i beni e servizi acquistati nel 1998 e non ancora ceduti o non ancora utilizzati al 1 gennaio 1999? R. Il comma 3 dell'articolo 19-bis2, al quale viene fatto riferimento nel quesito, concerne le rettifiche da apportare alle detrazioni d'imposta, in relazione ai beni ed ai servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati, qualora eventi di carattere generale, quali ad esempio il mutamento del regime fiscale applicabile alle operazioni poste in essere dall'assoggettato o l'adozione di un regime speciale, comportino mutamenti nella misura della detrazione spettante. La norma non attiene agli aspetti sostanziali del diritto alla detrazione, il quale resta disciplinato, sotto il profilo della genesi e della spettanza, dall'articolo 19, bensì, come detto, alla determinazione della misura entro cui tale diritto è esercitabile, al fine di adeguarlo al nuovo e mutato utilizzo dei beni e dei servizi. La rettifica della detrazione presuppone, pertanto, la titolarità del diritto. Tale principio viene chiaramente affermato dalla Corte di Giustizia nella sentenza n. C-97/90 nella quale si stabilisce che le norme sulla rettifica dell'imposta versata a monte, definite dall'articolo 20 della VI direttiva CEE (recepito dall'articolo 19-bis 2 del DPR n. 633) non fanno nascere un diritto alla detrazione, nè trasformano l'imposta pagata da un soggetto passivo, in relazione a sue operazioni non imponibili, in un'imposta deducibile. Ai sensi del citato articolo 19 del DPR n. 633 del 1972 il diritto alla detrazione è riconosciuto al soggetto passivo d'imposta in relazione ai beni ed ai servizi acquistati o importati nell'esercizio d'impresa, arte o professione. L'ente locale che ha esercitato il servizi di fognatura e depurazione in veste istituzionale, e quindi al di fuori del sistema IVA, non ha operato la detrazione dell'imposta che gli è stata addebitata in via di rivalsa, in quanto non risultava titolare di tale diritto per carenza del presupposto soggettivo d'imposta. Conseguentemente in relazione a tale attività, che da "esclusa dal campo di applicazione dell'IVA" è diventata "rilevante agli effetti dell'applicazione del tributo" non può essere effettuata la rettifica, in quanto l'istituto della rettifica presuppone che l'acquisto di beni e servizi sia stato effettuato, fin dall'origine, nell'ambito di un'attività rientrante nel sistema impositivo dell'IVA. 4 ONERI 4.1 Interventi di recupero del patrimonio edilizio 4.1.1 Comunicazione di inizio lavori . D. Con riferimento alle disposizioni procedurali in base alle quali è possibile usufruire della detrazione IRPEF di cui all'articolo 1 della legge n. 449 del 1997 come modificato dall'articolo 6 della legge n. 488 del 1999, è previsto a pena di decadenza, l'invio del modulo di comunicazione di inizio lavori prima dell'inizio dei lavori stessi. In relazione alla particolarità di alcuni interventi (soprattutto quelli aventi caratteristiche di urgenza) che possono essere effettuati sulle parti comuni condominiali è possibile che l'invio del predetto modulo possa avvenire, in questa specifica ipotesi, successivamente all'inizio dei lavori ma entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale si ha diritto alla detrazione? R. Come già chiarito con la Circolare n. 57/E del 24 febbraio 1998, il modulo di comunicazione deve essere inviato al Centro di servizio competente precedentemente all'inizio dei lavori. Infatti, l'articolo 1, comma 1, lettera a), del Regolamento di attuazione, approvato con Decreto del Ministro delle Finanze 18 febbraio 1998, n. 41, stabilisce che per poter usufruire della detrazione in questione i contribuenti devono trasmettere al Centro di servizio competente una comunicazione concernente la data in cui avranno inizio i lavori redatta su apposito modulo approvato con decreto dirigenziale. L'articolo 4 dello stesso Regolamento, inoltre, inserisce tra le cause di decadenza dai benefici, prevedendo quindi azioni di recupero da parte degli uffici preposti, anche l'ipotesi di omessa preventiva comunicazione della data di inizio dei lavori. Le ipotesi di invio della comunicazione in un periodo successivo a quello di inizio lavori concernono esclusivamente il caso dei lavori già iniziati al momento dell'emanazione del richiamato Regolamento ed il caso dell'acquisto di box o posti auto pertinenziali già realizzati. 4.1.2 Determinazione del valore dei beni di cui al d.m. 29 dicembre 1999. D. Si chiede di conoscere se, ai fini della quantificazione dell'imponibile assoggettabile all'aliquota IVA del 10% prevista per gli interventi edilizi dall'articolo 7, comma 1, lettera b), della legge n. 488 del 1999, il valore dei beni elencati nel decreto ministeriale 29 dicembre 1999 debba assumersi uguale al prezzo di acquisto pagato al fornitore dal prestatore del servizio, oppure secondo altri criteri (prezzo al pubblico, ecc.) R. Ai fini della quantificazione dell'imponibile assoggettabile all'aliquota IVA del 10% prevista per gli interventi edilizi dall'art. 7, comma 1, lettera b), della legge n. 488 del 1999, non esiste alcuna previsione normativa in merito alla valorizzazione dei beni di valore significativo. Si ritiene, pertanto, che come valore dei beni elencati nel decreto ministeriale 29 dicembre 1999, che costituiscono una parte significativa del valore delle cessioni effettuate nel quadro dell'intervento, debba assumersi quello, ovviamente non inferiore al costo d'acquisto, determinato dal prestatore nell'ambito della sua autonomia contrattuale. 4.1.3 Interventi di manutenzione . D. Ai fini dell'applicazione dell'IVA ridotta del 10% sulle prestazioni relative al recupero del patrimonio edilizio, prevista dall'articolo 7, comma 1, della legge n. 488/99, rientrano nella nozione di manutenzione anche le piccole riparazioni del fabbricato e dei relativi impianti (idraulico, elettrico, sanitario, ecc.)? R. L'aliquota IVA ridotta del 10% di cui all'art. 7, comma 1, lettera b), della legge n. 488 del 1999 si applica anche alle piccole riparazioni del fabbricato e dei relativi impianti, essendo le stesse riconducili al concetto di manutenzione ordinaria di cui alla lettera a) dell'articolo 31 della legge n. 457 del 1978. 4.1.4 IVA/Manutenzioni . D. Nell'esempio n. 3 dell'articolo apparso sul "Notiziario fiscale" n. 13 del 24 gennaio 2000, nell'illustrare il calcolo dell'IVA in caso di lavori di manutenzione con impiego di beni "significativi" superiori alla metà del corrispettivo stabilito, è detto che occorre scorporare il costo della manodopera dall'importo complessivo e "quindi sulla differenza tra il valore del bene "significativo" e quello della manodopera si applica l'aliquota ordinaria del 20%; tutto il resto gode dell'agevolazione". In caso di manutenzione con impiego di beni significativi (ad esempio una caldaia) e di beni non significativi (ad esempio un bruciatore) si chiede di conoscere se la parte del valore del bene significativo soggetta ad IVA del 20% va detratta solo dell'importo della prestazione ovvero dell'importo della prestazione maggiorato dei valore dei beni non significativi. Ed ancora, in caso di intervento di manutenzione che comprende oltre ai lavori sopra indicati anche altre opere di manutenzione ordinaria (ad esempio sostituzione dei pavimenti) l'importo di quest'ultimo servizio va computato in detrazione dal costo dei beni significativi (nel caso prospettato la caldaia)? R. La disposizione recata dall'articolo 7, comma 1, lett. b), della legge n. 488 del 1999 stabilisce che l'aliquota del 10 per cento si applica anche ai beni che costituiscono una parte significativa del valore delle forniture effettuate nell'ambito delle prestazioni aventi ad oggetto interventi di recupero, fino a concorrenza del valore complessivo della prestazione relativa all'intervento stesso, al netto dei valori dei predetti beni. Tale limite di valore deve essere individuato sottraendo dall'importo complessivo della prestazione soltanto il valore dei beni significativi. Il valore delle materie prime e semilavorate nonché degli altri beni necessari per l'esecuzione dei lavori, forniti nell'ambito della prestazione agevolata, non deve essere individuato autonomamente in quanto confluisce in quello della manodopera. Si chiarisce, infine che anche se l'intervento di recupero si sostanzia in diverse opere di manutenzione, ad esempio sostituzione di caldaia e rifacimento della pavimentazione, esso deve essere considerato unitariamente se le diverse opere sono oggetto di un'unica previsione contrattuale, anche al fine di individuare il limite di valore entro cui applicare l'aliquota ridotta al bene significativo. 9 SANZIONI TRIBUTARIE 9.1 Ravvedimento operoso 9.1.1 Ravvedimento operoso IVA . D. In materia di IVA "art. 48, comma 1, del DPR n. 633 del 1972) il ravvedimento operoso del contribuente sanava anche le irregolarità in materia di fatturazione, ricevute e scontrini fiscali, documenti di trasporto e contabilità. Attualmente (art. 13 del d.lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997) vale la stessa regola o è necessario versare anche distinte somme per le diverse sanzioni irrogabili per ciascuna irregolarità? R. La disposizione dell'art. 48 del D.P.R. n. 633 del 1972 che consentiva la regolarizzazione delle violazioni in materia di fatturazione, registrazione, etc. era quella contenuta nel primo comma, quarto periodo, relativa al cosiddetto "ravvedimento preventivo", ossia effettuato in sede di presentazione della dichiarazione. Esso consisteva, per un verso, nella indicazione "specifica" in dichiarazione dei corrispettivi non registrati (il che escludeva la violazione di infedele dichiarazione) e, per altro verso, nel pagamento di una somma pari al dieci per cento di tali maggiori corrispettivi. Anche adesso, ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 472 del 1997, se il ravvedimento interviene "preventivamente", non essendo configurabile la violazione di infedele dichiarazione, la regolarizzazione riguarda essenzialmente l'omessa fatturazione o registrazione (ed eventualmente l'omesso versamento che ne è scaturito). 9.1.2 Ravvedimento operoso: infedele dichiarazione IVA periodica . D. Nelle nuove istruzioni di compilazione della dichiarazione IVA periodica approvate con d.m. 21 dicembre 1999 viene precisato, riguardo al ravvedimento operoso, che la regolarizzazione dell'infedeltà della dichiarazione periodica causata da sottostanti violazioni in materia di fatturazione, registrazione, detrazione, si effettua regolarizzando semplicemente tali violazioni. Alla luce di ciò, può ritenersi superata la circolare n. 192/E del 1998 nella parte in cui afferma che, in caso di violazioni degli obblighi di documentazione che abbiano dato luogo ad un carente versamento d'imposta, per regolarizzare completamente la propria posizione il contribuente deve sanare sia la violazione prodromica che quella indotta, pagando entrambe le sanzioni ridotte ai sensi di legge? R. La risposta è negativa. Si ribadisce quanto affermato con circolare n. 192 del 1998: qualora l'omessa fatturazione (o registrazione) abbia dato origine ad un omesso pagamento, anche per quest'ultima violazione deve essere pagata la sanzione ridotta ai fini di una completa regolarizzazione. 9.1.3 Ravvedimento operoso: affrancamento di cui al d.lgs. n. 461 del 1997 . D. La circolare del Ministero delle Finanze n. 207/E del 26 ottobre 1999, precisa che la disposizione di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 259 del 1999 stabilisce che i ritardati, omessi o insufficienti versamenti delle imposte e delle ritenute di cui d.lgs. n. 461 del 1997, i cui termini scadevano il 21 giugno 1999, potevano essere sanati entro il mese di ottobre 1999 senza alcuna sanzione. Viene sottolineato che gli inadempimenti relativi alle dichiarazioni dei redditi e alle dichiarazioni dei sostituti di imposta nonché ai versamenti ed alle ritenute scadenti dopo il 21 giugno 1999, possono essere invece sanati con le ordinarie procedure di cui all'art. 13 del d.lgs. n . 472 del 1997 (semprechè la fattispecie rientri tra quelle oggetto di ravvedimento(. Si chiede pertanto, posto che il ravvedimento operoso si riferisce, in genere, ad obblighi non correttamente soddisfatti dal contribuente e non a fattispecie opzionali quali, ad esempio, l'affrancamento delle partecipazioni possedute alla data del 1 luglio 1998, ma che la sanatoria ha come causa ostativa un'attività svolta dall'amministrazione finanziaria di cui l'autore della violazione abbia formale conoscenza, se la mancata indicazione del valore delle partecipazioni che il contribuente intendeva affrancare alla predetta data nell'ambito del quadro RT e il conseguente versamento dell'imposta sostitutiva, costituiscano fattispecie oggetto di possibile ravvedimento operoso entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta 1999. R. L'art. 14 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 ha previsto una disciplina transitoria per le partecipazioni possedute al 1 luglio 1998. Tale disciplina, che aveva carattere opzionale, consentiva al contribuente di affrancare le plusvalenze maturate fino al 30 giugno 1998, assicurando loro un trattamento analogo a quello che si sarebbe applicato se tali plusvalenze fossero state effettivamente realizzate entro tale data. A tal fine, è stata concessa la facoltà di determinare il costo o valore di acquisto delle partecipazioni possedute al 1 luglio 1998 utilizzando criteri alternativi a quelli ordinari. Trattandosi di un regime opzionale, la cui mancata adozione non comporta ovviamente l'applicazione di alcuna sanzione, in linea generale, non può ammettersi l'istituto del "ravvedimento operoso", il quale è volto a rimuovere un comportamento del contribuente sanzionabile dall'Amministrazione finanziaria. Va, peraltro, sottolineato che, nelle ipotesi in cui l'affrancamento poteva essere effettuato entro un termine predeterminato, l'istituto del "ravvedimento operoso" non può essere invocato per aggirare la scadenza del termine ormai avvenuta o per modificare la scelta relativa al criterio di affrancamento adottato. Quanto sopra premesso, va precisato che il richiamato "ravvedimento operoso" può essere utilizzato, invece, per rimuovere eventuali irregolarità che siano state commesse dal contribuente nell'effettuare l'affrancamento delle plusvalenze maturate entro il 30 giugno 1998. È opportuno ricordare che ai fini dell'affrancamento, occorreva distinguere le ipotesi in cui le partecipazioni, o i diritti attraverso cui possono essere acquisite partecipazioni, fossero o meno negoziate in mercati regolamentati e se fossero qualificate o non qualificate: 1) per le partecipazioni non qualificate negoziate in mercati regolamentati italiani, così come definite dalla lettera c-bis) del comma 1 dell'articolo 81 del TUIR nel testo vigente anteriormente al 1 luglio 1998, il criterio del valore al 1 luglio 1998 consisteva nell'assumere in luogo dell'originario costo o valore di acquisto il valore risultante dalla media aritmetica dei prezzi rilevati presso i medesimi mercati nel mese di giugno 1998. Per la valorizzazione di tali partecipazioni non era dovuto il pagamento dell'imposta sostitutiva e pertanto non doveva essere necessariamente compilato il quadro RT della dichiarazione dei redditi del 1998. In queste ipotesi, se il quadro RT non è stato compilato non c'è alcuna necessità di ricorrere al "ravvedimento operoso"; se, invece, è stato predisposto in modo errato, è possibile usufruire del predetto istituto; 2) per le partecipazioni qualificate, negoziate in mercati regolamentati italiani, così come definite dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 81 del TUIR nel testo vigente anteriormente al 1 luglio 1998, il criterio del valore al 1 luglio 1998 consisteva nell'assumere, in luogo dell'originario costo o valore di acquisto, il valore risultante dalla media aritmetica dei prezzi rilevati presso i medesimi mercati regolamentati nel mese di giugno 1998, a condizione che le plusvalenze comprese nel predetto valore fossero assoggettate ad imposta sostitutiva con i criteri di cui al d.L. n. 27 del 1991. L'imposta doveva essere versata entro il termine di versamento delle imposte sui redditi dovute a saldo in base alla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1998. Tale modalità di affrancamento si applicava anche alle partecipazioni qualificate e non qualificate, definite tali dalle lettere c) e c-bis) del comma 1 dell'articolo 81 del TUIR nel testo vigente anteriormente al 1 luglio, negoziate esclusivamente in mercati esteri. Per queste ipotesi, se il contribuente ha commesso errori nella determinazione delle plusvalenze o nel calcolo dell'imposta sostitutiva è consentito il ricorso "al ravvedimento operoso" per correggere errori o omissioni; 3) per le partecipazioni qualificate e non qualificate, non negoziate in mercati regolamentati italiani o esteri, il criterio del valore al 1 luglio 1998 consisteva nell'assumere in luogo dell'originario costo o valore di acquisto, il valore della frazione del patrimonio netto della società, associazione o ente rappresentata da tali titoli, determinato sulla base delle risultanze contabili dell'ultimo bilancio approvato prima del 1 luglio 1998, a condizione che le plusvalenze comprese nel predetto valore fossero assoggettate ad imposta sostitutiva con i criteri di cui al d.L. n. 27 del 1991. L'imposta doveva essere versata entro il termine di versamento delle imposte sui redditi dovute a saldo in base alla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1998. In alternativa, il valore della frazione di patrimonio netto rappresentato dai titoli poteva essere determinato, ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 14 del d.lgs. n. 461 del 1997, in relazione al valore effettivo di mercato del patrimonio della società partecipata, sulla base di una relazione di stima, redatta dai soggetti abilitati ivi elencati (soggetti iscritti all'albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri, dei periti commerciali e nell'elenco dei revisori contabili). Tale relazione doveva essere giurata e al redattore si applicano le disposizioni del Codice penale relative ai periti (art. 64 del Codice di procedura civile). La relazione giurata doveva essere necessariamente indicata nella dichiarazione dei redditi della società (associazione o ente) relativa al periodo d'imposta in corso alla data del 1 luglio 1998, unitamente ai dati identificativi dell'estensore della perizia. A tal fine, era stato inserito un apposito prospetto nel quadro RB della dichiarazione dei redditi, modello Unico 99 persone giuridiche e nel quadro RP del modello Unico 99 società di persone. La relazione giurata doveva esprimere il valore effettivo di mercato della società al 1 luglio 1998; tale valore doveva essere reso noto ai soci, associati o partecipanti che ne avessero fatto richiesta. Anche in queste ipotesi è possibile ricorrere all'istituto del "ravvedimento operoso" per correggere errori ed omissioni nella determinazione delle plusvalenze e nel calcolo dell'imposta ovvero per indicare nella dichiarazione della società i dati relativi alla perizia giurata, la quale, però, deve comunque essere stata redatta e giurata con le modalità previste dalla norma ed entro il termine di presentazione della dichiarazione originaria. 9.1.4 Ravvedimento operoso: irregolarità nei modelli di versamento . D. L'articolo 15 del d.lgs. n. 471 del 1997 prevede, esplicitamente, la sanzione relativa ad irregolarità nei documenti di versamento qualora questi "non contengono gli elementi necessari per l'identificazione del soggetto che li esegue e per l'imputazione della somma versata". Nell'ipotesi in cui si verifichi un errore relativo, ad esempio, all'indicazione di somme dovute a titolo di tributo erariale indicate nella sezione riservata ai tributi regionali, è necessario effettuare il ravvedimento operoso in quanto tale violazione è sanzionabile o è sufficiente una comunicazione indirizzata all'ufficio finanziario e al concessionario della riscossione senza la necessità di corrispondere alcuna sanzione anche in misura ridotta? R. L'art. 15 del d.lgs n. 471 del 1997 disciplina l'ipotesi in cui i documenti utilizzati per i versamenti diretti non contengano gli elementi necessari per l'identificazione del soggetto che li esegue e per l'imputazione della somma versata. La fattispecie descritta nel quesito, come anche l'errata indicazione del codice tributo, integra la violazione citata, per la quale è prevista una sanzione da lire duecentomila a lire un milione. Essa può essere regolarizzata entro tre mesi senza necessità di effettuare alcun pagamento, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del d.lgs. n. 472 del 1997. Qualora, invece, la regolarizzazione intervenga oltre i tre mesi, ma entro il termine di cui al comma 1, lettera b), del citato articolo 13, deve essere corrisposto l'importo di lire 33.000, pari ad un sesto del minimo della sanzione. Quanto alle concrete modalità di ravvedimento relative al Mod. F24, oltre all'eventuale pagamento il contribuente dovrà inviare, entro i termini di cui si è detto, un'apposita comunicazione al Ministero delle Finanze (precisamente all'Ufficio Struttura di Gestione della Direzione Centrale per la Riscossione del Dipartimento delle Entrate) fornendo chiarimenti circa la corretta imputazione del pagamento. Non è possibile, dunque, regolarizzare attraverso la presentazione di un nuovo modello F24. 9.1.5 Ravvedimento operoso: violazioni IVA prodromiche e indotte . D. Al paragrafo 20 dell'appendice alle istruzioni della dichiarazione annuale IVA 2000, nel punto 3 b) viene trattata l'ipotesi della regolarizzazione di errori ed omissioni non rilevabili in sede di controllo ex articolo 54-bis, DPR n. 633 del 1972, quali omessa fatturazione o registrazione di operazioni imponibili, ecc., precisando che il ravvedimento si effettua pagando un sesto della sanzione (vale a dire il 16,66% dell'imposta), il tributo e gli interessi moratori e presentando dichiarazione integrativa. Il fatto che non si accenni alla regolarizzazione anche della violazione "prodromica" che ha provocato l'infedeltà della dichiarazione, attraverso il pagamento della corrispondente sanzione ridotta, significa che sanando l'infedeltà della dichiarazione vengono automaticamente sanate anche le violazioni "a monte"? R. La risposta è negativa. Si precisa, in premessa, che le istruzioni relative alla compilazione di una dichiarazione hanno riferimento limitato alla dichiarazione da presentare e non possono, quindi, essere interpretate in maniera estensiva in relazione a fattispecie non attinenti. Nel caso in esame, nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione IVA, in tema di ravvedimento, correttamente è stata menzionata soltanto la violazione relativa all'infedeltà della dichiarazione e non anche quelle prodromiche (omessa fatturazione, etc.). Trattandosi di fattispecie distinte, infatti, in linea di principio il ravvedimento relativo ad una violazione non dipende necessariamente dal ravvedimento relativo alle altre, fermo restando il potere dell'Amministrazione di sanzionare le violazioni non regolarizzate. Al paragrafo 20 dell'appendice alle istruzioni della dichiarazione annuale IVA 2000, nel punto 3 b), si spiega dunque che ai fini del ravvedimento relativo all'infedele dichiarazione non è necessario sanare (o aver sanato) anche le violazioni prodromiche, ma ciò non significa che queste ultime siano assorbite nell'infedele dichiarazione. Tale assorbimento, in realtà, non sarebbe neppure possibile, considerato che nel momento in cui interviene il ravvedimento relativo alla dichiarazione è già scaduto il termine per regolarizzare le violazioni "a monte". 9.1.6 Ravvedimento operoso: debito previdenziale compensato con credito tributario non capiente . D. La risoluzione del ministero delle finanze n. 70/E del 13 luglio 1998 afferma che, nell'ipotesi di errata compensazione, il contribuente che intende effettuare il ravvedimento operoso deve procedere al versamento delle somme a debito corrispondenti al credito non capiente od indebitamente compensato. Tale procedura, che non presenta particolari problematiche qualora la compensazione sia effettuata nell'ambito dei tributi è bloccata in relazione alle ipotesi in cui, attraverso crediti tributari, si compensano debiti previdenziali. È possibile che, ai fini della semplificazione, in una situazione di questo genere il contribuente proceda al ravvedimento operoso ripristinando, per intero, il credito indebitamente utilizzato in compensazione? R. La risoluzione n. 70/E 13 luglio 1998, nel caso di compensazione di crediti inesistenti, riconosce la possibilità al contribuente di avvalersi dell'istituto del ravvedimento, effettuando il versamento delle somme a debito corrispondenti al credito inesistente erroneamente compensato. Al riguardo, si fa presente che sono allo studio soluzioni, sia a livello normativo che amministrativo, volte a consentire di effettuare il ravvedimento in riferimento al credito inesistente. 9.1.7 Ravvedimento (Art. 13 d.lgs. n. 472 del 1997) . D. Si chiede di conoscere quali siano i termini e le relative sanzioni del ravvedimento ex art. 13 d.lgs. 472 del 1997 per le seguenti fattispecie: ------------------------------------------------------------------------------ Termine entro il quale ammontare delle può essere effettuato sanzioni il ravvedimento ------------------------------------------------------------------------------ Dichiarazione annuale per le imposte sui redditi ------------------------------------------------------------------------------ dichiarazione annuale dei sostituti di imposta ------------------------------------------------------------------------------ dichiarazione annuale IVA ------------------------------------------------------------------------------ dichiarazione periodica IVA ------------------------------------------------------------------------------ dichiarazione di successione ------------------------------------------------------------------------------ Si chiede inoltre: - se ed entro quale termine è possibile il ravvedimento anche per la correzione di soli errori formali; - se l'imposta dovuta a seguito del ravvedimento può essere compensata con altri crediti del contribuente sia in senso "verticale" che "orizzontale". R. ------------------------------------------------ II.DD.- IVA OMESSA DICHIARAZIONE entro 90 giorni dal termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione 1/8 del minimo VIOLAZIONI SOSTANZIALI entro il termine per la presentazione della dichiarazione dell'anno in cui e' stata commessa la violazione 1/5 del minimo VIOLAZIONI FORMALI -entro 3 mesi dal termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione nessuna sanzione -entro il termine per la presentazione della dichiarazione dell'anno in cui e' stata commessa la violazione 1/5 del minimo OMESSI PAGAMENTI -entro 30 giorni dalla data dell'infrazione 1/8 del minimo -entro il termine per la presentazione della dichiarazione dell'anno in cui e' stata commessa la violazione 1/5 del minimo DICHIARAZIONE DI SUCCESSIONE OMESSA DICHIARAZIONE -entro 90 giorni dal termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione 1/8 del minimo -entro 1 anno dal termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione 1/5 del minimo VIOLAZIONI SOSTANZIALI entro 1 anno dalla commessa violazione 1/5 del minimo VIOLAZIONI FORMALI -entro 3 mesi dalla commessa violazione nessuna sanzione -entro 1 anno dalla commessa violazione 1/5 del minimo --------------------------------------------------------- Si considerano "violazioni formali" le omissioni e gli errori che non incidono sulla determinazione e sul pagamento del tributo. Si considerano "violazioni sostanziali" le omissioni e gli errori che incidono sulla determinazione e sul pagamento del tributo, violazioni rilevabili cioè sia in sede di liquidazione dell'imposta dovuta in base alla dichiarazione prodotta che in sede di rettifica della stessa. In ordine alla compensazione delle imposte derivanti dal ravvedimento si precisa che i crediti risultanti dalla dichiarazione annuale precedente possono essere utilizzati in compensazione dal giorno successivo a quello in cui si è chiuso il periodo d'imposta. Pertanto si ritiene, in linea di principio, che i debiti emergenti a seguito del ravvedimento di cui all'articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997, possono essere compensati con i crediti del periodo d'imposta precedente, fatta eccezione dei crediti IVA risultanti dalle liquidazioni periodiche effettuate, che possono essere computati in detrazione ai fini di ridurre i debiti IVA emergenti dalle successive liquidazioni periodiche. Anche in tale ipotesi, tuttavia, è possibile la compensazione dell'IVA a debito emergente dal ravvedimento relativo ad omissioni ed errori rilevanti ai fini delle liquidazioni periodiche, ma solo con la cosiddetta procedura semplificata. Fermo restando il versamento, entro i termini stabiliti dal citato articolo 13, con Modello F23 delle sanzioni ridotte. 9.1.8 Ravvedimento con procedura "speciale" . D. In caso di ravvedimento con la procedura "speciale" indicata nelle istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni IVA periodiche, come occorre comportarsi nelle ipotesi di omessa fatturazione e/o di indebita detrazione riferite allo stesso anno? Quali righi e caselle vanno compilati? Inoltre, gli interessi moratori vanno calcolati solo in caso di dichiarazione a debito ovvero anche per le dichiarazioni a credito? È opportuna una mappa con le diverse ipotesi anche in ordine alla misura delle sanzioni ridotte. R. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 472 del 1997 il ravvedimento va operato entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all'anno in cui la violazione è stata commessa. In caso di ravvedimento con procedura "semplificata" relativo alle dichiarazioni IVA periodiche infedeli, la regolarizzazione può essere effettuata, inserendo nel rigo VP8 le variazioni di imposta e nei righi dal VP1 al VP3 le variazioni dell'imponibile previa barratura della casella 2 posta nell'intestazione del riquadro. Nel rigo VP8 vanno indicate le variazioni di imposta comprensive degli eventuali interessi compensativi dovuti dai soggetti che hanno optato per la liquidazione trimestrale dell'imposta maggiorati degli interessi moratori dovuti per il ravvedimento. È possibile utilizzare la procedura semplificata fino al termine di presentazione dell'ultima dichiarazione periodica del periodo d'imposta, relativa cioè al mese di dicembre o al quarto trimestre dell'anno. Nell'ipotesi di omessa fatturazione e/o indebita detrazione che abbia dato origine all'omesso o carente versamento dell'imposta, la regolarizzazione comporta il pagamento delle sanzioni ridotte per omessa fatturazione e/o indebita detrazione e per omesso pagamento, oltre al versamento dell'imposta e degli interessi moratori. In linea generale, come peraltro affermato dalle circolari n. 180 e n. 192 del 1998, il ravvedimento opera su singole violazioni e di conseguenza sia sulle violazioni prodromiche che su quelle indotte. In nessun caso, quindi, il ravvedimento operato su violazioni indotte si estende sulle violazioni prodromiche e viceversa. Resta inteso che nelle fattispecie omissive o commissive distinte, il ravvedimento relativo ad una violazione non dipende dal ravvedimento delle altre, fermo restando il potere degli uffici finanziari di irrogare le sanzioni previste per le violazioni non oggetto di regolarizzazione. In alternativa alla procedura semplificata si potrà presentare una dichiarazione periodica integrativa relativa al periodo nel corso del quale è stata commessa la violazione originaria. Se la violazione originaria ha provocato l'infedeltà delle successive dichiarazioni occorre procedere alla regolarizzazione di tutte le dichiarazioni periodiche prodotte. Nell'ipotesi di "dichiarazioni irregolari", e cioè di dichiarazioni periodiche nelle quali sono stati indicati dati errati non rilevanti ai fini della determinazione o pagamento dell'imposta, la regolarizzazione può essere operata, presentando dichiarazioni integrative, entro tre mesi senza applicazione di sanzioni o nel termine di presentazione delle dichiarazioni annuali con il contestuale pagamento della sanzione ridotta di lire 83.000. In caso di omissione delle dichiarazioni periodiche la regolarizzazione va operata, entro trenta giorni, presentando ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lett. c), la dichiarazione e provvedendo al pagamento della sanzione ridotta pari a 1/8 del minimo. 9.2 Altri quesiti in materia di sanzioni 9.2.1 Mancato pagamento entro sessanta giorni delle somme accertate ai fini IVA . D. In caso di omesso pagamento dell'IVA accertata dall'ufficio nei termini stabiliti dall'articolo 60 del DPR n. 633 del 1972, si rende oppure no applicabile la sanzione prevista dall'articolo 13 del d.lgs. n. 471 del 1997? R. La previsione dell'art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 è di carattere generale, riguarda cioè tutti i casi in cui sorge l'obbligo di pagare un'imposta entro una precisa scadenza e tale incombenza viene disattesa. Pertanto, anche il mancato pagamento dell'imposta accertata dall'ufficio entro i termini stabiliti dall'art. 60 del DPR n. 633 del 1972 è soggetto alla sanzione del trenta per cento. 9.2.2 Irrogazione sanzioni: termini di decadenza . D. L'irrogazione delle sanzioni per omesso o tardivo versamento delle imposte sui redditi e dell'IVA deve effettuarsi nei termini indicati dall'articolo 20 del d.lgs. n. 472 del 1997 oppure in quelli indicati nell'articolo 17, lettere a) e b), del DPR 602/73, come sostituito dall'articolo 6 del d.lgs. n. 46 del 1990? Qualora fosse esatta la prima ipotesi, il "diverso termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi" del quale è cenno nell'articolo 20, nel testo risultante a seguito delle modifiche previste dallo schema di D.Lgs. approvato il 29/12/99, nei riflessi dell'IVA e delle imposte sui redditi va identificato con il termine quinquennale di cui agli art. 43 del DPR n. 600 del 1973 e art. 57 del DPR n. 633 del 1972? R. L'art. 20 del d.lgs. 472 del 1997 prevede che il termine di decadenza entro cui gli Uffici devono notificare l'atto di contestazione o d'irrogazione (ovvero irrogare le sanzioni contestualmente all'atto di accertamento o rettifica o iscrizione a ruolo del tributo) è fissato nel 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi. Con il decreto legislativo approvato in data 29 dicembre 1999, infatti, l'espressione "maggior termine" è stata sostituita con quella "diverso termine". L'espressione "accertamento dei singoli tributi", contenuta nella norma richiamata, deve essere intesa in senso lato. Pertanto, quanto alla sanzione prevista per l'omessa o infedele dichiarazione i termini di riferimento sono quelli di cui all'art. 43 del DPR n. 600 del 1973 e all'art. 57 del DPR n. 633 del 1972. Quanto, invece, alla sanzione prevista per l'omesso versamento del tributo, deve aversi riguardo ai nuovi termini previsti dall'art. 17 del DPR n. 602 del 1973, come modificato dal d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. L'art. 17 citato, nel disciplinare i termini di decadenza per l'iscrizione a ruolo, dispone che le somme dovute a seguito dell'attività di controllo formale ex art. 36-bis ed ex art. 36-ter del DPR n. 600 del 1973 vengano iscritte in ruoli resi esecutivi rispettivamente entro il 31 dicembre del secondo anno ed entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Si ricorda, in ogni caso, che le disposizioni di cui al citato art. 17 sono applicabili esclusivamente alle imposte dirette ed all'imposta sul valore aggiunto (ex art. 23 d.lgs. n. 46 del 1999) e, per quanto riguarda le lettere a) e b) dello stesso articolo, con riferimento alle dichiarazioni presentate a decorrere dal 1 gennaio 1999 (ex art. 36, comma 2, d.lgs. n. 46 del 1999). 9.2.3 Tardiva o omessa trasmissione telematica delle dichiarazioni. D. Il comma 3-ter aggiunto nell'articolo 25 del d.lgs. n. 472 del 1997 con decreto approvato dal Consiglio del Ministri il 29 dicembre 1999, prevede quali omissioni ed errori, sanabili entro 30 giorni dall'invito, anche quelli fatti dagli intermediari nella trasmissione della dichiarazione (errori, ritardi nella trasmissione, ecc.)? R. La risposta è negativa. Il comma 3-ter, aggiunto nell'art. 25 del d.lgs. n. 472 del 1997 con il decreto correttivo approvato dal Consiglio dei ministri il 29.12.1999, riguarda, infatti, soltanto la sanatoria delle violazioni formali di carattere tributario. La sanzione a carico degli intermediari per tardiva od omessa trasmissione telematica delle dichiarazioni, prevista dall'art. 7-bis del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, non ha carattere tributario ma amministrativo, come precisato con circolare n. 197/99. Pertanto non sono applicabili le disposizioni contenute nel d.lgs. 472 del 97, che detta regole generali in materia di sanzioni tributarie. 9.2.4 Violazioni relative agli obblighi di documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni IVA: sanzione minima . D. Per l'omessa fatturazione o registrazione di operazioni imponibili, l'articolo 6, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997 commina la sanzione dal 100 al 200% dell'imposta relativa all'imponibile non correttamente documentato nel corso dell'esercizio; il comma 3 commina la sanzione pari al 100% dell'imposta per le violazioni di omesso rilascio di scontrini e ricevute fiscali. In entrambi i casi, la sanzione non può essere inferiore ad un milione di lire, come previsto dal comma 4. Stando alla circolare n. 23 del 1999, tale minimo riguarda ogni singola violazione. Questa interpretazione si riflette, però, negativamente sul ravvedimento operoso, scoraggiandone l'applicazione per via dell'eccessiva onerosità della sanzione da corrispondere; al di fuori di tale contesto, invece, tanto rigore sarebbe pressochè del tutto vanificato dall'istituto del cumulo giuridico. Va, inoltre, considerato che la suddetta interpretazione sembra sottendere un'ingiustificata disparità di trattamento a vantaggio dei contribuenti tenuti soltanto all'annotazione dei corrispettivi, poiché in caso di omessa contabilizzazione la soglia minima di un milione andrebbe riferita all'imponibile non documentato "nel corso dell'esercizio" e non ad ogni singola violazione. Alla luce di quanto rappresentato, si chiede se non si ritenga opportuno modificare l'interpretazione del citato comma 4 dell'articolo 6 fornita con la circolare n. 23 del 1999. R. Per le violazioni previste ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 6 del d.lgs.471 del 1997 (relative agli obblighi di documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto) la sanzione, commisurata all'importo delle operazioni, non può comunque essere inferiore a lire un milione, ai sensi del comma 4 dello stesso articolo. Con la circolare n. 23/E del 1999, stante il dato testuale ed in base a considerazioni di ordine sistematico, è stato chiarito che, nel caso di più violazioni, il minimo di lire un milione deve essere riferito ad ogni singola violazione e non all'ammontare complessivo delle stesse. Ai fini del ravvedimento, in particolare, le violazioni da sanare sono autonome e così le sanzioni, non essendo corretto ipotizzare una violazione unitaria, consistente nella ripetuta omissione di documentazione, con relativa sanzione commisurata all'importo complessivo non documentato. Ugualmente, nell'ambito del citato art. 6, non è possibile ipotizzare una sanzione minima "unitaria" per violazioni autonome, in quanto ciascuna violazione, salvo espressa previsione normativa, deve essere punita con la sanzione corrispondente. Nè è possibile, peraltro, applicare l'istituto della continuazione (previsto dall'art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997) in occasione del ravvedimento (disciplinato dall'art. 13 dello stesso decreto). Il ravvedimento, in particolare, si configura quale facoltà attribuita al contribuente, volta ad eliminare le violazioni commesse nei termini ed alle condizioni stabilite dalla legge. La rimozione va operata per ogni singola violazione, sia prodromica che indotta, essendo preclusa al contribuente, in questo ambito, la valutazione degli elementi che potrebbero dar luogo al cumulo giuridico; quest'ultima valutazione, infatti, è di competenza dell'Ufficio impositore, nell'ambito dell'attività di accertamento, e non del contribuente in sede di ravvedimento. Chiaramente, quando si tratta di violazioni di esiguo ammontare, il minimo di un milione previsto per ogni singola violazione dal citato art. 6, comma 4,. D.lgs. n. 471 del 1997, può avere un effetto disincentivante sul ravvedimento. L'inconveniente, peraltro, non incide sulla correttezza dell'interpretazione fornita, fondata su un dato normativo vincolante. Viceversa, allorchè si tratti di violazioni di notevole ammontare, considerare le stesse come autonome e distinte non solo è irrilevante agli effetti del ravvedimento - in quanto la soglia minima di un milione di lire è superata- ma può comportare un effetto positivo per il contribuente, nel caso di irrogazione da parte dell'ufficio, in base al principio del cumulo giuridico di cui al citato art. 12 che non sarebbe applicabile, ovviamente, qualora una violazione fosse considerata unitaria. In ogni caso, si precisa che non esiste alcuna disparità a vantaggio dei contribuenti tenuti all'annotazione dei corrispettivi ai sensi dell'art. 25 del DPR n. 633 del 1972. L'annotazione deve, infatti, essere eseguita entro il giorno non festivo successivo a quello in cui le operazioni sono state effettuate e, quindi, anche per tale adempimento sono, di regola, configurabili distinte violazioni. 9.2.5 Quadro W - Sanzioni D. Dopo la riforma del regime sanzionatorio e, soprattutto, dopo la scomparsa nelle istruzioni al quadro W di specifici riferimenti al regime sanzionatorio, si è consolidato il convincimento che sia applicabile l'articolo 8 del d.lgs. 471 del 1997 e che quindi le sanzioni di cui all'articolo 5 del d.l. n. 167 del 1990 debbano considerarsi implicitamente abrogate. È necessario che il ministero delle Finanze chiarisca la propria opinione in proposito. R. Il d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 ha modificato organicamente la disciplina delle sanzioni tributarie non penali applicabili in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi. In particolare, l'art. 8, comma 1, del menzionato decreto prevede la sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni se nella dichiarazione dei redditi, tra l'altro, "non è indicato in maniera esatta e completa ogni altro elemento prescritto per il compimento dei controlli". La disposizione, come è noto, si applica fuori dei casi previsti negli articoli 1, 2 e 5 dello stesso decreto, concernenti - tra l'altro - l'indicazione di un reddito imponibile inferiore a quello accertato o, comunque, di un'imposta inferiore a quella dovuta o di un credito superiore a quello spettante (con sanzione dal cento al duecento per cento della maggior imposta o della differenza del credito, aumentata di un terzo se le violazioni riguardano redditi prodotti all'estero). L'art. 16 del medesimo decreto prevede l'abrogazione di alcune norme, espressamente richiamate al comma 1, e di ogni altra disposizione in contrasto con il decreto stesso (comma 2). Pertanto, si ritiene che le sanzioni applicabili alle violazioni connesse con la compilazione del quadro RW, previste dall'art. 5, commi 2,4, 5 e 6, del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla l. 4 agosto 1990, n. 227, debbano considerarsi abrogate, in quanto diversamente disciplinate dalle sopravvenute disposizioni normative, sopra richiamate. 9.2.6 Deducibilità delle sanzioni UE D. Sono deducibili le sanzioni pecuniarie irrogate dalla UE per la violazione degli articoli 85 e 86 del Trattato di Roma in tema di concorrenza oppure dall'autorità italiana antitrust? R. Le sanzioni pecuniarie irrogate dalla UE o da altri organismi non sono deducibili dal reddito d'impresa in quanto trattasi di oneri non inerenti all'attività d'impresa. L'irrogazione della sanzione è infatti una conseguenza del comportamento illecito tenuto dal contribuente. 10 RISCOSSIONE 10.1 Quesiti vari in materia di riscossione 10.1.1 Compensazione di credito IVA superiore a 500 milioni di lire D. Attualmente il limite per il rimborso del credito da parte del concessionario e per la compensazione ex art. 17, d.lgs. n. 241 del 1997, è fissato in 500 milioni di lire per l'anno d'imposta. Come deve comportarsi in sede di presentazione del modello VR per il rimborso dell'IVA di un credito superiore a mezzo miliardo, il contribuente che, intendendo utilizzare il plafond di 500 milioni nella compensazione, non vuole ottenere il rimborso del credito dal concessionario? R. Il quesito trova risposta nel comunicato stampa diffuso dal Ministero delle Finanze il 31 gennaio 2000. Se ne richiama dunque il testo, per la parte che qui interessa: I contribuenti che intendono richiedere il rimborso del credito IVA emergente dalla dichiarazione annuale relativa all'anno 1999, devono presentare al competente concessionario della riscossione il Mod. VR/2000 (approvato con decreto dirigenziale del 30 dicembre 1999 e pubblicato nel supplemento ordinario alla G.U. n. 5 dell'8 gennaio 2000) in due esemplari, entrambi sottoscritti in originale. Da quest'anno infatti i modelli di dichiarazione non riportano espressamente l'indicazione "copia per il contribuente", "copia per il concessionario" o "copia per l'Ufficio" in quanto sono resi disponibili gratuitamente dal Ministero delle Finanze in formato elettronico nell'apposito sito Internet dal quale possono essere prelevati. Qualora, in sede di presentazione del modello, il contribuente non possa fruire della procedura semplificata di rimborso tramite il concessionario, avendo già superato il limite di 500 milioni per anno solare previsto dall'art. 25, comma 2, d.lgs. n. 241 del 9/7/97, o ne intenda fruire solo in parte per poter godere della compensazione, deve presentare, in allegato al modello VR/2000, una espressa richiesta contenente l'indicazione specifica dell'importo del rimborso che si intende richiedere al concessionario nel rispetto del predetto limite. Si ricorda che l'importo complessivo richiesto a rimborso, da indicare nel rigo VR4 del modello VR/2000, dovrà corrispondere a quanto indicato nella dichiarazione IVA relativa al 1999 (rigo VX3 del modello IVA 2000). L'eventuale importo da compensare dovrà, invece, essere compreso nel rigo VX4 del medesimo modello. 10.1.2 Rateazione di somme iscritte a ruolo: discrezionalità dell'ufficio D. Ai sensi dell'articolo 19 del DPR n. 602 del 1973, come sostituito dall'articolo 7 del d.lgs. n. 46 del 1999, l'ufficio può concedere, su richiesta del contribuente, la dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di sessanta rate mensili, oppure la sospensione della riscossione per un anno seguita dalla rateizzazione fino ad un massimo di quarantotto rate mensili. La discrezionalità dell'ufficio riguarda esclusivamente la concessione o meno del beneficio oppure attiene anche alla determinazione del numero delle rate, eventualmente in difformità della richiesta del debitore? Se l'ammontare del debito non supera cinquanta milioni di lire, l'ufficio può ugualmente subordinare la concessione del beneficio alla prestazione di idonea garanzia fideiussoria? R. La circolare n. 15 del 26 gennaio 2000 chiarisce che, all'Ufficio che ha emesso il ruolo, è attribuita la piena titolarità del potere di rateazione anche ai fini della determinazione del numero di rate da accordare. L'art. 19 del DPR n. 602 del 1973 non esclude che, per gli importi inferiori a 50 milioni di lire, l'Ufficio possa subordinare la concessione della rateazione al rilascio di idonea garanzia in considerazione della specifica situazione del contribuente, da valutare caso per caso. 11 ALTRI QUESITI 11.1 Quesiti vari 11.1.1 Classificazione ai fini ICIAP degli agenti di assicurazione D. Ai fini dell'imposta sui redditi l'agente di assicurazione è equiparato all'agente di commercio con il chiarimento espresso al punto 2.1.3.5 della circolare 10 febbraio 1998 n. 48/E. Siccome il reddito è determinato ai sensi del TUIR è da ritenere che anche ai fini dell'ICIAP venga estesa l'equiparazione per gli "agenti in gestione libera" i quali vengono remunerati in base a provvigioni commisurate sia sull'acquisto di contratti che sul mantenimento degli stessi, a differenza degli "agenti in economia" e degli "agenti di città". Per i primi pertanto è corretto l'inquadramento nel settore di attività "5" e non "9" ai fini dell'ICIAP? R. La rappresentata circostanza che, ai fini dell'imposta sui redditi, gli agenti di assicurazione sono equiparati agli agenti di commercio, giusta la precisazione contenuta nella circolare ministeriale n. 48/E del 10 febbraio 1998, non induce a valutazioni interpretative difformi da quelle che hanno, in passato, determinato l'orientamento della Direzione Centrale per la Fiscalità Locale, secondo il quale l'attività di detti agenti di assicurazione è inquadrabile nel IX settore di riferimento della tabella prevista in materia di imposta ICIAP. Ciò anche tenuto conto delle diverse modalità di esercizio dell'attività medesima. La capacità reddituale dichiarata per ciascuna annualità rappresenta, infatti, solo un parametro correttivo dell'imposta già predeterminata nella menzionata tabella in base alle tipologie di attività tassativamente raggruppate per settori e alla superficie di aree o locali eventualmente utilizzati dal contribuente. L'orientamento di cui sopra, come già si è avuto modo di far presente in molteplici occasioni (risoluzioni, risposte a interrogazioni parlamentari, decreti, appunti per il Gabinetto dell'On. le Sig. Ministro), si basa su una interpretazione logico-sistematica delle disposizioni vigenti in materia che, nel rispetto di determinati elementi caratterizzanti le singole attività, tiene conto dei meccanismi e dei criteri previsti per la specifica imposizione locale. In sostanza, l'interpretazione di cui innanzi, per nulla disconoscendo la qualificazione dei soggetti interessati ai fini civilistici e previdenziali, parte dalla considerazione che l'elencazione delle attività costituenti parametro di tassazione ICIAP, contenuta nella tabella allegata al d.L.30 settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1989,n. 384, abbia carattere tassativo e riposi sul principio della diretta correlazione tra le attività di commercio previste nel V settore e l'attività di intermediazione nello stesso indicata. L'esistenza di tale correlazione porta, dunque, ad escludere ogni connessione tra quell'attività e gli agenti di assicurazione. Ciò, peraltro, sembra trovare conferma nella circostanza che l'attività di intermediazione è evidenziata unicamente nei settori IV e V della tabella, riguardanti, rispettivamente, l'esercizio di determinate attività di commercio all'ingrosso e di commercio al minuto. Da quanto sopra discende che, non riscontrandosi nella normativa tributaria ICIAP uno specifico settore corrispondente all'attività degli agenti di assicurazione, la sua collocazione va ricercata nell'ambito del settore IX, di carattere residuale, sotto la voce " servizi vari". 11.1.2 Documentazione del vincolo pertinenziale relativo all'abitazione principale D. Ai fini delle varie agevolazioni tributarie (in particolare: IVA, IRPEF, ICI) previste per le unità immobiliari costituenti pertinenze di case di abitazione, è necessario che il vincolo pertinenziale risulti da atto pubblico o scrittura privata autenticata, secondo il principio in base al quale il rapporto di oggettiva accessorietà non è sufficiente ad integrare la nozione di pertinenza, occorrendo a tal fine anche un'espressa dichiarazione di volontà diretta a manifestare la destinazione della cosa accessoria al servizio di quella principale, oppure può prescindersi da tale requisito formale? R. In base alla disciplina generale dettata dall'articolo 817 del Codice civile sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa e tale destinazione può essere effettuata da chi sia proprietario o sia titolare di un diritto reale sulla cosa principale. Per la qualificazione del concetto di pertinenza non è pertanto sufficiente il rapporto funzionale con il bene principale ma è anche necessario un elemento soggettivo consistente nella volontà effettiva del soggetto che ne abbia titolo di destinare il bene medesimo al servizio o ad ornamento del bene principale. Ai fini dell'IVA, per quanto concerne l'applicazione dell'aliquota IVA del 4% per gli immobili destinati a costituire pertinenze di "prima casa", la volontà di destinare l'immobile a pertinenza deve essere manifestata per iscritto nell'atto di acquisto. Tale principio si ricava dall'articolo 3, comma 131, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, secondo cui l'aliquota IVA del 4% prevista per l'acquisto della prima casa di abitazione, si applica all'acquisto, anche con atto separato, delle pertinenze dell'immobile medesimo. Le stesse conclusioni possono essere riproposte con riferimento all'imposta di registro, nella considerazione che il comma 3 della nota II-bis) all'articolo 1 della tariffa, parte prima, del DPR n. 131 del 1986, prevede espressamente le condizioni ed i limiti per l'applicabilità dell'agevolazione all'acquisto, anche con atto separato, delle pertinenze "dell'immobile di cui alla lettera a)". Per quanto concerne invece l'IRPEF si prescinde dal requisito formale della dichiarazione di volontà espressa nell'atto facendosi esclusivamente riferimento al comportamento concludente delle parti. L'art. 10, comma 3-bis, del TUIR, inserito dall'articolo 6, comma 1, lett. a), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, stabilisce infatti che sono pertinenze ai fini dell'IRPEF le cose immobili di cui all'articolo 817 del c.c., classificate o classificabili in categorie diverse da quelle ad uso abitativo, destinate ed effettivamente utilizzate in modo durevole a servizio dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale delle persone fisiche. Ai fini dell'ICI, per l'applicazione delle agevolazioni alle pertinenze di una abitazione principale si prescinde dalla sussistenza di un atto formale di destinazione. Si precisa, inoltre, riguardo all'ICI, che l'art. 30, comma 12, della legge finanziaria (n. 488 del 1999) ha stabilito che fino all'anno 1999 compreso, l'aliquota ridotta si applica soltanto agli immobili adibiti ad abitazione principale a meno che, come precisa il successivo comma 13, il Comune non abbia deliberato per questa annualità, l'estensione dell'aliquota ridotta anche alle pertinenze. A decorre, invece, dal 1 gennaio 2000, alla pertinenza deve riservarsi lo stesso trattamento dell'abitazione principale, come del resto precisato nella circolare n. 114/E del 25 maggio 1999. 11.1.3 Disapplicazione di norme antielusive ai sensi dell'art. 37-bis del DPR n. 600 del 1973 D. L'articolo 37-bis, comma 8, del DPR n. 600/73 prevede che i contribuenti possano indirizzare apposita istanza di disapplicazione delle norme tributarie che, limitando "deduzioni, detrazioni, crediti di imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse". La risposta dell'amministrazione finanziaria ha valenza oltre che ai fini delle imposte sui redditi anche ai fini IVA ovvero, in considerazione del fatto che il disposto normativo è posto nell'ambito del DPR n. 600 del 1973, l'ambito di applicazione è limitato alle disposizioni in materia di imposizione diretta? R. La portata delle nuove disposizioni antielusive, introdotte all'art. 37-bis del DPR n. 600 del 1973 dall'art. 7, comma 1, del d.lgs. 8 ottobre 1997 n. 358, è stata precisata con la circolare n. 320/E del 19 dicembre 1997, la quale ha chiarito che le disposizioni antielusive contenute nei commi da 1 a 7 del citato articolo possono trovare applicazione soltanto con riferimento al settore delle imposte sui redditi e sempre che sia stata effettuata una o più delle operazioni predeterminate, data la loro collocazione nell'ambito del DPR n. 600 del 1973, contenente disposizioni in materia di accertamento delle imposte sui redditi. Anche l'ulteriore disposizione recata al successivo comma 8, secondo cui "Le norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario, possono essere disapplicate qualora il contribuente dimostri che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non potevano verificarsi. A tal fine il contribuente deve presentare istanza al direttore regionale delle entrate competente per territorio, descrivendo compiutamente l'operazione e indicando le disposizioni normative di cui chiede la disapplicazione", in quanto inserita nel corpus delle norme disciplinanti l'accertamento delle imposte sui redditi, non può spiegare effetti per altri settori impositivi. Si ritiene, tuttavia, che qualora una stessa fattispecie costituisce oggetto di previsioni normative parallele, rispondenti alla stessa ratio antielusiva, quando sussista, cioè, una evidente, stretta connessione logica tra norme tributarie diverse, il direttore regionale delle entrate, nel provvedere in ordine a istanze di disapplicazione di norme riguardanti le imposte sui redditi, possa estendere l'esame anche ai fini di tributi diversi. 11.1.4 Studi di settore: adeguamento in corso d'anno D. Cosa si intende per adeguamento in corso d'anno in relazione alle attività soggette agli studi di settore? La previsione dell'esclusione dalle sanzioni per coloro che provvedano a correggere il proprio comportamento nel corso del periodo di imposta, come può concretizzarsi materialmente? R. L'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1995, n. 195, prevede che solo per il primo periodo di imposta in cui trovano applicazione gli studi di settore, ovvero le modifiche conseguenti alla revisione del medesimo, l'adeguamento alle risultanze degli studi stessi può essere effettuato, senza applicazione di sanzioni e interessi: indicando nella dichiarazione dei redditi ricavi o compensi non annotati nelle scritture contabili per adeguare i ricavi o compensi a quelli derivanti dall'applicazione dei predetti studi di settore; effettuando entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi il versamento dell'imposta sul valore aggiunto derivante dall'adeguamento del volume di affari. Tale disposizione trova, pertanto, applicazione solo per i periodi di imposta in cui per la prima volta il contribuente viene a conoscenza dell'entità dei ricavi e compensi che l'amministrazione finanziaria ritiene congrui. Nei successivi potrà evidenziare ricavi e compensi congrui contabilizzando regolarmente i predetti componenti. ----------------------------------------------- Le Direzioni regionali vigileranno sulla corretta applicazione delle presenti istruzioni.