Cir_Entrate_31_1_02_13 Oggetto: Primi chiarimenti sulla Legge 28 dicembre 2001, n. 448 in materia di imposte indirette: 1 - soppressione dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili (articolo 8); 2 - disposizioni per favorire le aziende agricole montane (articolo. 52 comma 21) 1. Soppressione dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili (articolo 8) La legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Finanziaria 2002) all’articolo 8, comma 1, prevede la soppressione dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili (d’ora in poi INVIM), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, a decorrere dal 1° gennaio 2002. Per cui, è necessario, per l’ultima volta, pagare l’imposta sugli immobili per i quali si realizzano i presupposti fino al 31 dicembre 2001(alienazione a titolo oneroso e decorso del decennio). In verità, l’INVIM era stata già abolita dal decreto legislativo - del 30 dicembre 1992, n. 504, articolo 17, commi 6 e 7 (istitutivo dell’ICI) - che aveva fissato un regime transitorio di applicazione di questa imposta, limitatamente all’incremento di valore maturato fino al 31 dicembre 1992, qualora i presupposti impositivi (alienazione a titolo oneroso, acquisto a titolo gratuito e decorso del decennio) si fossero manifestati nell’arco temporale 1° gennaio 1993 – 31 dicembre 2002. Il legislatore quindi, con questo intervento normativo, ha anticipato di un anno l’abolizione dell’INVIM. E’ opportuno precisare che, ai sensi della legge 21 novembre 2000, n. 342, non sono più soggetti all’INVIM ed all’imposta sostitutiva della stessa (Decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, articolo 11, comma 3, convertito dalla legge 28 maggio 1997, n. 140) gli immobili trasferiti con successioni per le quali il termine di presentazione delle relative dichiarazioni scade successivamente al 31 dicembre 2000, e quelli trasferiti per donazioni effettuate dal 1° gennaio 2001 (cfr. circolare 16 novembre 2000, n. 207). Per gli immobili soggetti all’INVIM decennale per i quali il decennio si compie tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2002, l’articolo 20 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, aveva previsto la possibilità che, in luogo dell’INVIM decennale, entro il 30 marzo 2001 fosse corrisposta un’imposta sostitutiva pari allo 0,10% del valore determinato secondo i criteri stabiliti nello stesso articolo. Nel caso di opzione per l’imposta sostitutiva, il comma 3 dell’articolo 20 aveva escluso l’obbligo di dichiarazione - previsto dall’articolo 18 del d.P.R. n. 643 del 1972 - per gli immobili assoggettati all’INVIM straordinaria, ai sensi del decreto legge 13 settembre 1991, n. 299, convertito con modificazioni dalla legge 18 novembre 1991, n. 363. Considerata l’evoluzione normativa, l’imposta è dovuta, ai sensi dell’articolo 2 del d.P.R. 643 del 1972, sugli incrementi di valore realizzati fino al 31 dicembre 1992, per gli atti di alienazione di immobili a titolo oneroso stipulati fino al 31 dicembre 2001, anche se registrati dopo tale data. Per quanto riguarda la dichiarazione decennale, poi, le società, gli enti e tutti gli altri soggetti ai quali appartenevano beni immobili a titolo di proprietà o di enfiteusi già alla data del 31 dicembre 1991 e che ne hanno mantenuto la titolarità fino al 31 dicembre 2001, qualora non rientrino tra le ipotesi previste dall’articolo 20 comma 3 (immobili assoggettati all’INVIM straordinaria di cui al decreto legge 299 del 1991 e all’imposta sostitutiva di cui all’articolo 20 della legge 388 del 2000), sono ancora obbligati alla dichiarazione INVIM decennale (articolo 3 del d.P.R. 643 del 1972). Infatti, essendosi compiuto il decennio entro il 31 dicembre 2001, devono presentare la dichiarazione - ai sensi dell’articolo 18 commi 6 e 7 del d.P.R. 643 del 1972 - relativa all’incremento di valore degli immobili realizzato fino al 31 dicembre 1992. Inoltre, sono esonerati da quest’ultimo adempimento - ai sensi del secondo comma dell’articolo 8 della legge 448 del 2001 – coloro che, con riferimento agli immobili diversi da quelli edificabili, non abbiano optato per l’imposta sostitutiva (articolo 20 della legge 388 del 2000), sempre che non sia dovuta l’INVIM, in quanto non sussiste incremento imponibile, e che il valore finale dichiarato ai fini dell’INVIM straordinaria alla data del 31 ottobre 1991 non sia inferiore a quello determinato applicando all’ammontare della rendita catastale - anche presunta - i moltiplicatori previsti dall’articolo 1 del decreto legge n. 299 del 1991. 2. Disposizioni per favorire le aziende agricole montane (articolo. 52 comma 21) La legge 28 dicembre 2001, n. 448, con l’articolo 52, comma 21, inserisce l’articolo 5-bis nella legge 31 gennaio 1994, n. 97 (nuove disposizioni per le zone montane) che reca un regime di favore - consistente nell’esenzione da “imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere” - per i trasferimenti di terreni agricoli situati nelle zone montane – cioè nei territori individuati dall’articolo 1, comma 3, legge 31 gennaio 1994, n. 97 - in presenza dei requisiti oggettivi e soggettivi stabiliti dallo stesso articolo 5-bis . Il comma 1 di tale articolo prevede che nei territori montani “il trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coltivatori diretti e ad imprenditori agricoli a titolo principale”, fruiscono dell’agevolazione se gli acquirenti “… si impegnano a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo per un periodo di almeno 10 anni dal trasferimento…”. Sotto il profilo oggettivo, l’agevolazione si applica ai trasferimenti di terreni agricoli ed alle relative pertinenze (articoli 817 e 818 codice civile), compresi i fabbricati rurali, in virtù del disposto dell’articolo 23 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, che al comma 3 stabilisce: “Le pertinenze sono in ogni caso soggette alla disciplina prevista per il bene al cui servizio od ornamento sono destinate”. Quanto affermato è avvalorato dall’articolo 5-bis che prevede l’agevolazione per i trasferimenti di terreni che andranno a costituire il compendio unico e che, nel riferirsi all’indivisibilità dello stesso, include “i terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati” tra i beni considerati unità indivisibile (compendio) per quindici anni. Altra condizione necessaria per l’applicazione dell’agevolazione è che gli acquirenti “… si impegnano a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo per un periodo di almeno 10 anni dal trasferimento…”. L’impegno deve risultare da una dichiarazione dell’acquirente stesso che può essere resa nell’atto di acquisto oppure trasmessa all’Ufficio delle Entrate contestualmente alla richiesta di registrazione dell’atto. Ciò perché l’Ufficio competente possa accertare l’esistenza dei requisiti previsti per l’applicazione dell’agevolazione. La locuzione ‘compendio unico’ individua l’insieme di terreni agricoli che per volontà dell’acquirente confluiscono in un complesso unitario destinato all’attività agricola, svolta dall’acquirente in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale. L’articolo 5-bis, al comma 1, stabilisce che i beni sopraspecificati, che costituiscono il compendio unico, “entro i limiti della superficie minima indivisibile di cui al comma 6, sono considerati unità indivisibili per quindici anni dal momento dell’acquisto e per questi anni non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi”. In proposito la norma precisa che, in caso di successione, per evitare il frazionamento del compendio, lo stesso deve essere attribuito per intero ad uno dei coeredi o a più coeredi che ne richiedano congiuntamente l’attribuzione. Ai fini della superficie minima il comma 6 dell’articolo 5 bis in argomento stabilisce che con proprie leggi le province autonome di Trento e Bolzano determinano l’estensione della superficie minima indivisibile e regolano l’istituzione e la conservazione delle aziende montane. Circa i requisiti soggettivi si chiarisce che gli acquirenti ammessi ad usufruire dell’agevolazione sono: ♣ coltivatori diretti, vale a dire soggetti che si dedicano abitualmente alla coltivazione dei fondi ed all’allevamento del bestiame, direttamente e con la collaborazione della propria famiglia – sempre che tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione (legge 26 maggio 1965, n. 590, articolo 31 e legge 3 maggio 1982, n. 203, articolo 6). ♣ imprenditori agricoli a titolo principale, ovvero soggetti in possesso dei requisiti stabiliti dall’articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153, come modificato dal decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 10. Ai sensi di questo articolo, rientrano nel concetto di imprenditore agricolo - oltre all’imprenditore “che dedichi all’attività agricola almeno i due terzi del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dall’attività medesima almeno due terzi del proprio reddito globale da lavoro risultante dalla propria posizione fiscale” – le società il cui “statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo dell’attività agricola” e i cui soci siano in possesso dei seguenti requisiti soggettivi previsti dallo stesso articolo 10: - che “almeno la metà dei soci sia in possesso dei requisiti della qualifica di imprenditore agricolo” per le società di persone; per le società in accomandita, la metà dei soci si riferisce ai soli soci accomandatari; - che “almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale” per le società cooperative; - che “oltre il 50 per cento del capitale sociale sia sottoscritto da imprenditori agricoli a titolo principale” per le società di capitali. In caso di inadempimento agli obblighi prescritti – mancata coltivazione o mancata conduzione del compendio unico per un periodo di almeno dieci anni, frazionamento del compendio, oltre i limiti della superficie minima indivisibile, per effetto del trasferimento a causa di morte o per atti tra vivi dei terreni che lo costituiscono e relative pertinenze - oltre alle imposte dovute nella ordinaria misura proporzionale ed ai relativi interessi, si applica la sanzione pari al 50% delle imposte da corrispondere (articolo 5-bis, comma 2). Il regime di favore per le aziende agricole montane è esteso, ai sensi dell’ultima parte del comma 1, dell’articolo 5-bis in commento, anche “ai piani di ricomposizione fondiaria e di riordino fondiario promossi da regioni, province, comuni e comunità montane” e individuabili pertanto sulla base di disposizioni emanate dagli stessi enti territoriali.