Cir_Entrate_15_2_11_4 Circolare Entrate 15/02/2011 n. 4 - Decreto-legge del 31 maggio 2010 n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Commento alle novità fiscali - Primi chiarimenti Testo: INDICE PREMESSA 1. Interventi in materia previdenziale (articolo 12, comma 10) OMISSIS 2. Partecipazione dei comuni all’attività di accertamento tributario e contributivo (articolo 18) 3. Aggiornamento del catasto (articolo 19) 4. Comunicazioni telematiche alla Agenzia delle Entrate (articolo 21) 5. Aggiornamento dell’accertamento sintetico (articolo 22) OMISSIS 6. Contrasto al fenomeno delle imprese “apri e chiudi” e Contrasto al fenomeno delle imprese in perdita “sistemica” (articoli 23 e 24) OMISSIS 7. Contrasto di interessi (articolo 25) 8. Adeguamento alle direttive OCSE in materia di documentazione dei prezzi di trasferimento (articolo 26) OMISSIS 9. Adeguamento alla normativa europea in materia di operazioni intracomunitarie ai fini del contrasto delle frodi (articolo 27) OMISSIS 10. Incrocio tra le basi dati dell’INPS e dell’Agenzia delle entrate per contrastare la microevasione diffusa (articolo 28) OMISSIS 11. Concentrazione della riscossione nell’accertamento (articolo 29) 12. Preclusione alla autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi (articolo 31) 13. Stock options ed emolumenti variabili a dirigenti e collaboratori del settore finanziario (articolo 33) OMISSIS 14. Obbligo per i non residenti di indicazione del codice fiscale per l’apertura di rapporti con operatori finanziari (Articolo 34) OMISSIS 15. Razionalizzazione dell’accertamento nei confronti dei soggetti che aderiscono al consolidato nazionale (Articolo 35) 16. Disposizioni antifrode (Articolo 36) 17. Disposizioni antiriciclaggio (articolo 37) 18. Altre disposizioni in materia tributaria (Articolo 38) 19. Regime fiscale di attrazione europea (Articolo 41) OMISSIS 20. Reti di imprese (Articolo 42) OMISSIS 21. Agevolazioni per il rientro in Italia di ricercatori e docenti (articolo 44) OMISSIS 22. Disposizioni in materia di procedure concorsuali (Articolo 48) 23. Disposizione in materia di contenzioso tributario (Articolo 48-ter) 24. Garanzia per il versamento di somme dovute per effetto di accertamento con adesione (Articolo 52-bis) 25. Disposizioni finanziarie (Articolo 55) PREMESSA La presente circolare fornisce i primi chiarimenti in ordine alle disposizioni di carattere fiscale contenute nel decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 (d’ora innanzi decreto) col proposito di illustrarne il contenuto complessivo e favorirne la corretta applicazione da parte degli uffici. Ulteriori problematiche interpretative ed applicative relative a specifiche disposizioni saranno oggetto di successivi documenti di prassi. 1. Interventi in materia previdenziale (articolo 12, comma 10) Omissis. 2. Partecipazione dei comuni all’attività di accertamento tributario e contributivo (articolo 18) Nell’ottica di rafforzamento dell’attività di contrasto all’evasione fiscale, l’articolo 18 del decreto modifica la disciplina relativa alla partecipazione dei Comuni all’attività di accertamento, attraverso un duplice intervento sull’articolo 1 del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203 - recante la disciplina della “Partecipazione dei comuni al contrasto all’evasione fiscale” - e sull’articolo 44 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – relativo alla “Partecipazione dei comuni all’accertamento”. Per espressa previsione della disposizione in commento, una delle modalità attraverso cui i Comuni partecipano all’attività di accertamento consiste nella segnalazione all’Agenzia delle entrate, alla Guardia di finanza e all’INPS degli elementi utili ad integrare i dati contenuti nelle dichiarazioni presentate dai contribuenti, per la determinazione di maggiori imponibili fiscali e contributivi (comma 2). Per agevolare tale forma di collaborazione, per i Comuni con popolazione superiore a cinquemila abitanti che non vi abbiano già provveduto è stato introdotto l’obbligo di costituire il Consiglio tributario con regolamento del Consiglio comunale ed entro il termine di 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto (comma 2, lettera a)). Diversamente, per i Comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti che non siano già dotati del Consiglio tributario, è stato introdotto l’obbligo di riunirsi in consorzio (da costituire secondo le disposizioni di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), ai fini della successiva istituzione del Consiglio tributario (comma 2, lettera b)). La relativa convenzione, unitamente allo statuto del consorzio, deve essere adottata dai rispettivi Consigli comunali per l’approvazione entro il termine di 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Con specifico riferimento alle modifiche apportate alla disciplina prevista dall’articolo 44 del d.P.R. n. 600 del 1973, l’articolo 18 del decreto abroga i commi quinto, sesto e settimo dell’articolo 44, contenenti la disciplina relativa alle “proposte di aumento” presentate dai Comuni, e il successivo articolo 45, istitutivo della commissione per l’esame delle proposte presentate dal Comune (comma 4, lettere d) ed e)). Per effetto delle modifiche apportate dal decreto, ai sensi del novellato art. 44: - l’Agenzia delle entrate mette a disposizione dei Comuni le dichiarazioni dei contribuenti persone fisiche in essi residenti; - prima di emettere avvisi di accertamento sintetico (di cui all’articolo 38, quarto comma e seguenti del d.P.R. n. 600 del 1973) gli uffici inviano una segnalazione ai Comuni di domicilio fiscale dei soggetti passivi affinchè i medesimi Comuni, entro 60 giorni da quello del ricevimento della segnalazione, comunichino ogni elemento in loro possesso utile alla determinazione del reddito complessivo. - Il Comune di domicilio fiscale del contribuente (o il consorzio al quale lo stesso partecipa) è tenuto a segnalare all’ufficio fiscale qualsiasi integrazione degli elementi contenuti nelle predette dichiarazioni presentate dalle persone fisiche, indicando dati, fatti ed elementi rilevanti e fornendo ogni idonea documentazione atta a comprovarla. Nel caso di omissione della dichiarazione, al Comune è riconosciuta la facoltà di segnalare dati, fatti ed elementi rilevanti, quando siano provati da idonea documentazione. Il decreto, inoltre, modifica in parte l’articolo 1, comma 1, del d.l. n. 203 del 2005, prevedendo l’innalzamento al 33 per cento dell’ammontare della quota (originariamente pari al 30 per cento) spettante ai Comuni che contribuiscano all’accertamento medesimo (comma 5, lettera a)). Tale quota è determinata, per espressa previsione, sulla base delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo, nonché delle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi riscossi a titolo definitivo, a seguito dell’intervento del Comune che abbia contribuito all’accertamento stesso. I tributi su cui calcolare tale quota, nonché le relative modalità di attribuzione, sono individuati con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e d’intesa con la Conferenza Unificata, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (comma 7). Specularmente, è previsto il medesimo innalzamento della quota percentuale da riconoscere ai Comuni con riferimento all’attività di vigilanza effettuata nei confronti delle persone fisiche che hanno chiesto l’iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero a far corso dal 1° gennaio 2006, ai sensi dell’articolo 83, comma 17, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2008, n. 133) (comma 6). Il comma 5, lettera b riformula l’articolo 1, comma 2, del d.l. n. 203 del 2005, al fine di richiamare la partecipazione dell’INPS e della Conferenza Unificata (in luogo della Conferenza Stato-città ed autonomia locali) alla individuazione delle modalità tecniche di accesso alle banche dati e di trasmissione delle copie delle dichiarazioni ai Comuni, nonché per inserire il riferimento della partecipazione dei Comuni anche all’accertamento contributivo. È fatto salvo, comunque, il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 3 dicembre 2007, con cui sono state individuate le “Modalità di partecipazione dei comuni all’attività di accertamento, ai sensi dell’articolo 1 del d.l. 30 settembre 2005, n. 203 (…)”, con riferimento alle disposizioni relative alle modalità tecniche di accesso dei Comuni alle banche dati e alle dichiarazioni relative ai contribuenti ai Comuni, alle modalità di partecipazione degli stessi all’accertamento fiscale e contributivo ed alle caratteristiche e modalità di invio delle segnalazioni (comma 8). Coerentemente con l’introduzione delle nuove modalità di partecipazione e di scambio dei dati con i Comuni per l’accertamento fiscale e contributivo, è abrogata la previsione secondo cui il Dipartimento delle finanze era tenuto a fornire, con cadenza semestrale, l’elenco delle iscrizioni a ruolo delle somme derivanti da accertamenti cui i Comuni abbiano contribuito (comma 5, lettera c)). Infine, vengono fissati due rilevanti criteri di ripartizione della quota spettante ai Comuni che abbiano contribuito all’accertamento (comma 9). È, infatti, previsto che gli importi riconosciuti ai Comuni a titolo di partecipazione all’accertamento sono calcolati al netto delle somme spettanti all’Unione europea e ad altri enti. Inoltre, sulle quote delle maggiori somme in questione, che lo Stato trasferisce alle Regioni a statuto ordinario, a quelle a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, spetta ai predetti enti riconoscere ai Comuni le somme dovute a titolo di partecipazione all’accertamento. 3. Aggiornamento del catasto (articolo 19) L’articolo 19 del decreto, modificato dalla legge di conversione, dispone l’attivazione dell’Anagrafe Immobiliare Integrata, costituita e gestita dall’Agenzia del territorio, a decorrere dalla data del 1° gennaio 2011 al fine di contrastare l’evasione fiscale e contributiva che si realizza nell’occultamento dell’effettiva consistenza catastale degli immobili oggetto di imposizione. Rinviando ai chiarimenti forniti dall’Agenzia del territorio in merito alla nuova disciplina con le circolari n. 3/T del 10 agosto 2010 e n. 2/T del 9 luglio 2010, per ciò che in questa sede rileva, l’articolo 19, comma 15, introduce uno specifico trattamento sanzionatorio con riferimento alla mancata o erronea indicazione dei dati catastali degli immobili nelle richiesta di registrazione di contratti, scritti o verbali, di locazione o affitto di beni immobili esistenti sul territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite. In particolare, la mancata o errata indicazione dei dati catastali è considerata fatto rilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro ed è punita con la sanzione prevista dall’articolo 69 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. Tale disposizione - volta a colpire l’omissione della richiesta di registrazione degli atti e dei fatti rilevanti ai fini dell’applicazione dell’imposta ovvero l’omessa presentazione delle denunce degli eventi successivi alla registrazione - prevede l’applicazione della sanzione amministrativa dal 120 al 240 per cento dell’imposta dovuta. La nuova previsione sanzionatoria si applica per le violazioni compiute a decorrere dal 1° luglio 2010. 4. Comunicazioni telematiche alla Agenzia delle Entrate (articolo 21) Nell’ambito delle disposizioni dirette a rafforzare gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione finanziaria per il contrasto e la prevenzione dei comportamenti fraudolenti in materia di IVA, l’articolo 21 del decreto introduce l’obbligo, a decorrere dal 2011, di comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini IVA, di importo pari o superiore a 3.000 euro. La limitazione dell’obbligo di tale comunicazione alle sole cessioni e prestazioni di importo unitario superiore a 3.000 euro consente di circoscrivere gli adempimenti ad una ristretta platea dei titolari di partita IVA, escludendo quei contribuenti di minori dimensioni per i quali gli oneri connessi all’adempimento dell’obbligo in questione appaiono non proporzionati alla finalità della disposizione. Relativamente alle sanzioni previste per gli inadempimenti, la norma in commento stabilisce che l’omissione o l’incompleta trasmissione dei dati richiesti determina l’applicazione della sanzione amministrativa di cui all’articolo 11 del d.lgs. n. 471 del 1997 (da un minimo di 258 euro ad un massimo di 2.065 euro). Al riguardo, si fa presente che con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 22 dicembre 2010 sono stati individuati i soggetti obbligati a tale comunicazione, gli elementi e i dati da comunicare, nonché le modalità di effettuazione della comunicazione. 5. Aggiornamento dell’accertamento sintetico (articolo 22) Omissis. 6. Contrasto al fenomeno delle imprese “apri e chiudi” e Contrasto al fenomeno delle imprese in perdita “sistemica” (articoli 23 e 24) Omissis. 7. Contrasto di interessi (articolo 25) L’articolo 25 del decreto prevede l’assoggettamento a ritenuta d’acconto, ai fini dell’imposta sul reddito dei percipienti, dei compensi corrisposti mediante bonifici bancari o postali, quale modalità obbligatoria di pagamento per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d’imposta. Trattasi, nello specifico, delle spese di intervento di recupero del patrimonio edilizio, ai sensi dell’articolo 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni, nonché delle spese per interventi di risparmio energetico, di cui all’articolo 1, commi 344, 345, 346 e 347, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e successive modificazioni. Come precisato nel provvedimento del 30 giugno 2010 del Direttore dell’Agenzia delle entrate, le banche e le Poste Italiane S.p.A. che ricevono i bonifici disposti per le spese citate operano, all’atto dell’accredito dei pagamenti, la ritenuta del 10 per cento a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dai beneficiari, con obbligo di rivalsa. Il versamento delle ritenute deve essere effettuato secondo le ordinarie modalità di cui all’articolo 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata la ritenuta. Con la risoluzione n. 65/E del 30 giugno 2010 e la successiva circolare n. 40/E del 28 luglio 2010, cui si rinvia, l’Agenzia delle entrate ha fornito le istruzioni operative in merito alla corretta applicazione delle richiamate disposizioni. 8. Adeguamento alle direttive OCSE in materia di documentazione dei prezzi di trasferimento (articolo 26) Omissis. 9. Adeguamento alla normativa europea in materia di operazioni intracomunitarie ai fini del contrasto delle frodi (articolo 27) Omissis. 10. Incrocio tra le basi dati dell’INPS e dell’Agenzia delle entrate per contrastare la microevasione diffusa (articolo 28) Omissis. 11. Concentrazione della riscossione nell’accertamento (articolo 29) L’articolo 29 del decreto contiene tutta una serie di disposizioni volte a potenziare l’attività di riscossione. In particolare, il comma 1 disciplina i nuovi contenuti degli avvisi di accertamento relativi alle imposte sul reddito, all’IVA e all’IRAP dei connessi provvedimenti di irrogazione sanzioni, funzionali all’attività di riscossione. A tal riguardo, la lettera a) prevede che i citati atti, notificati a partire dal 1° luglio 2011 e concernenti i periodi di imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi, debbano contenere anche l’intimazione ad adempiere entro il termine di presentazione del ricorso: - all’obbligo di pagamento dei tributi indicati negli avvisi di accertamento ovvero - qualora il contribuente presenti ricorso, degli importi determinabili ai sensi dell’articolo 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ossia “la metà degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati”. Qualora i tributi dovuti in base all’accertamento vengano rideterminati, gli atti successivi - da notificare anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento - devono contenere l’intimazione di pagamento. Tale disposizione si applica anche in caso di accertamento con adesione - quando non sia versata anche una sola delle rate successive alla prima - ovvero quando a seguito di una sentenza della Commissione tributaria provinciale o regionale il tributo sia dovuto nella misura stabilita dall’articolo 68 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 19 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472. In tale evenienza il pagamento deve avvenire entro 60 giorni dal ricevimento della raccomandata. Ai sensi del disposto della lettera b), gli accertamenti in parola divengono esecutivi una volta trascorsi 60 giorni dalla notifica e devono espressamente contenere l’avvertimento che, decorsi 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento - in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo - la riscossione delle somme richieste è affidata all’agente della riscossione anche a fini dell’esecuzione forzata. Le modalità di riscossione saranno determinate con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate di concerto con il Ragioniere generale dello Stato. In caso di fondato pericolo per la riscossione, la lettera c) prevede poi -riproducendo il disposto dell’articolo 15-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 relativo all’iscrizione nei ruoli straordinari - che, decorsi sessanta giorni dalla notifica degli atti di cui alla lettera a), la riscossione delle somme dovute per il loro intero ammontare, comprensive di interessi e sanzioni, può essere affidata agli agenti della riscossione anche prima dei termini fissati dalle lettere a) e b). Anche in questo caso, quindi, gli accertamenti divengono esecutivi dopo 60 giorni dalla notifica; pertanto l’agente della riscossione non può procedere ad esecuzione forzata prima di tale termine. Le lettere d) ed e) dispongono che l’ufficio competente, anche su richiesta dell’Agente per la riscossione, deve fornire tutti gli elementi utili al potenziamento dell’attività di riscossione, compresi quelli acquisiti in fase di accertamento. L’agente della riscossione, senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, sulla base dello stesso accertamento che costituisce titolo esecutivo, procede all’espropriazione forzata con le stesse modalità previste per i tributi iscritti a ruolo, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di notifica dell’accertamento. Trascorso un anno dalla notifica dell’accertamento, si applicano le disposizioni dell’articolo 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, secondo cui l’agente della riscossione ha l’obbligo di notificare al debitore un avviso che contiene l’intimazione ad effettuare, entro 5 giorni, il pagamento delle somme risultanti dall’atto di accertamento. A partire dal giorno successivo al termine ultimo per la presentazione del ricorso, le somme dovute sono maggiorate degli interessi di mora, calcolati dal giorno successivo a quello di notifica dell’atto. All’agente per la riscossione spetta l’aggio, interamente a carico del debitore, e il rimborso delle spese di esecuzione, così come previsto dall’articolo 17 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112. Al fine di coordinare le disposizioni già vigenti con le nuove norme, la lettera g) dispone che i riferimenti al ruolo e alla cartella di pagamento contenuti in norme vigenti si intendono effettuati agli atti di accertamento in parola. L’Agente della riscossione, solo dopo l’affidamento del carico, può concedere la dilazione di pagamento prevista dall’articolo 19 del d.P.R. n. 602 del 1973. Nel caso in cui sia presentato ricorso avverso l’atto di accertamento, si rende applicabile l’articolo 39 del d.P.R. n. 602 del 1973, che prevede la facoltà per l’ufficio delle entrate di sospendere in tutto o in parte il ruolo fino alla sentenza della Commissione tributaria provinciale. La lettera h) prevede, infine, che con regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 siano razionalizzate, in armonia con le nuove procedure, quelle di riscossione coattiva delle somme dovute anche a seguito dell’attività di liquidazione, controllo e accertamento sia ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto che ai fini degli altri tributi amministrativi dall’Agenzia delle Entrate e delle altre entrate che si riscuotono mediante ruolo. Il comma 2 dell’articolo 29 modifica il primo comma dell’articolo 182-ter del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (di seguito L.F.) prevedendo che in sede di transazione fiscale le ritenute d’imposta effettuate e non versate possano essere solo oggetto di dilazione e non di falcidia. Il medesimo comma interviene anche sul comma 6 del citato articolo 182-ter e, ponendo fine ad una situazione di incertezza, dispone che la proposta di transazione fiscale presentata nell’ambito delle trattative che precedono la stipula dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (disciplinato dall’articolo 182-bis) deve essere corredata dalla documentazione prevista dall’articolo 161 della L.F. che, a sua volta, disciplina il concordato preventivo. Alla proposta di transazione deve, inoltre, essere allegata una dichiarazione sostitutiva, resa dal debitore o dal legale rappresentante, che la documentazione prevista dal citato articolo 161 rappresenta fedelmente ed integralmente la situazione dell’impresa, con particolare riguardo alle poste attive del patrimonio. Tale obbligo è volto alla tutela dei terzi, ai quali l’accordo di ristrutturazione formatosi con procedura stragiudiziale offre minori garanzie rispetto al concordato preventivo che si svolge sotto il controllo degli organi giudiziali. Viene, infine, inserito nell’articolo 182-ter un ultimo comma che prevede, per le sole ipotesi di transazione fiscale conclusa nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti, la revoca di diritto della transazione nel caso in cui il debitore non esegua integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali ed agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. La disposizione di cui al comma 3 dell’articolo 29 prevede che l’agente della riscossione, al quale venga comunicata una proposta di concordato fallimentare, deve trasmetterla tempestivamente all’Agenzia delle entrate avvalendosi di ogni mezzo idoneo anche in deroga ai tempi ed alle modalità di cui all’art. 36 del D. Lgs. 112 del 1999, e può approvare la proposta in sede di votazione ai sensi dell’art. 127 del R.D. 267 del 1942, solo previa espressa autorizzazione di quest’ultima. La norma recata dal comma 4 dell’articolo 29 riformula l’articolo 11 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che disciplina il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. La novellata norma prevede, al comma 1, che sia punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sul reddito e IVA, alieni simultaneamente o compia altri atti fraudolenti sui propri beni o su beni altrui, tali da rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva delle imposte. Se l’ammontare delle imposte, interessi e sanzioni è superiore a 200.000 euro, è prevista una aggravante (reclusione da un anno a sei anni). Il successivo comma 2 riconduce al reato in questione - e, quindi, alla medesima pena - anche la condotta di chi, nell’ambito della transazione fiscale, al fine di ottenere per sé o per altri il riconoscimento di un debito tributario di minore importo, indica nella documentazione presentata elementi passivi fittizi oppure espone elementi attivi in misura inferiore al reale, per un ammontare complessivo superiore a 50.000 euro (soglia di punibilità così individuata, in considerazione del fatto che la sottovalutazione del patrimonio, nell’ambito di procedure concorsuali o comunque preconcorsuali, equivale alla sottrazione di un importo pari alle somme destinate al pagamento delle imposte dovute e dei relativi accessori). Anche per questo reato è prevista una aggravante specifica qualora il falso riguardi l’indicazione di elementi attivi in misura inferiore al reale o di elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore a 200.000 euro (reclusione da un anno a sei anni). Rispetto al testo precedentemente in vigore, pertanto, la riformulazione dell’articolo 11 riduce la soglia di punibilità, fissandola a 50.000 euro, introduce uno specifico reato in caso di transazione fiscale, volto a punire comportamenti fraudolenti e prevede, nel contempo, una specifica aggravante sia nel caso di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, che nel caso di presentazione di falsa documentazione nell’ambito della transazione fiscale. Il comma 5 dell’articolo 29 modifica l’articolo 27, comma 7, del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, che, in relazione agli importi iscritti a ruolo, prevedeva a favore dell’Agente della riscossione, senza bisogno di annotazione o altra formalità, la conservazione della validità e del grado delle misure cautelari adottate dopo la notifica del provvedimento “con il quale vengono accertati di maggiori tributi”. La modifica in parola estende tale automatismo anche quando le misure cautelari sono adottate in base al processo verbale di constatazione, al provvedimento di irrogazione della sanzione oppure all’atto di contestazione. Il successivo comma 6 prevede che il curatore fallimentare, entro i 15 giorni successivi all’accettazione della nomina, comunichi all’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’articolo 9 del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7, i dati relativi al fallimento, necessari per l’eventuale procedura d’insinuazione nel passivo fallimentare. Il comma 7, infine, estende l’ipotesi di circostanze aggravanti del reato di corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, previste dall’articolo 319-bis del codice penale, al caso di omesso o ritardato pagamento o rimborso di tributi da parte di pubblico ufficiale. Lo stesso comma, infine, per deflazionare il contenzioso e favorire l’uso di strumenti volti ad una definizione concordata della pretesa tributaria - che spesso necessita di valutazioni complesse basate su mezzi di prova che soffrono di particolari limitazioni - circoscrive la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica (articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20) alla sola ipotesi di dolo, con riguardo alle valutazioni di diritto o di fatto effettuate ai fini della definizione del contesto mediante transazione fiscale (articolo 182-ter della L.F.), di accertamento con adesione (d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218) e di conciliazione giudiziale (articolo 48 del d.lgs. n. 546 del 1992), lasciando, peraltro, invariata la responsabilità amministrativa. 12. Preclusione alla autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi (articolo 31) Il comma 1 dell’articolo 31 del decreto pone un limite alla compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali prevista dall’articolo 17, comma 1, del d.lgs. n. 241 del 1997, precludendo al contribuente la possibilità esercitarla in presenza di debiti per imposte erariali e relativi accessori iscritti a ruolo, se di importo superiore a 1.500 euro e per i quali sia scaduto il termine di pagamento . La preclusione vale anche per le cartelle già notificate nel 2010 e, comunque, per tutte quelle il cui termine di pagamento sia già scaduto anteriormente al primo gennaio 2011. La compensazione è, dunque, ancora possibile solo entro 60 giorni dalla notifica della cartella, ovvero qualora il pagamento dei ruoli sia eseguito tempestivamente. L’indebita compensazione è punita con una sanzione pari al 50 per cento degli importi iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori e per i quali è scaduto il termine di pagamento e non può, comunque, superare il limite del 50 per cento dell’ammontare indebitamente compensato. La sanzione per indebita compensazione non può essere applicata finché sulla iscrizione a ruolo penda contestazione in sede giurisdizionale o amministrativa. In tale evenienza i termini per applicare la sanzione decorrono dal giorno successivo alla definizione della contestazione. Nelle ipotesi in cui sull’iscrizione a ruolo penda contestazione, la decorrenza dei termini decadenziali per la notificazione dell’atto di contestazione decorre dal giorno successivo alla data della definizione della contestazione medesima . Coerentemente con la stessa ratio della disposizione, la quale è stata introdotta al precipuo fine di contrastare le compensazioni immediate da parte di chi, pur disponendo di un credito erariale, sia nel contempo debitore di somme iscritte a ruolo per debiti erariali e relativi accessori, a volte di considerevole ammontare e risalenti nel tempo, costringendo spesso gli organi della riscossione a defatiganti attività esecutive spesso vanificate da deliberate spoliazioni preventive del proprio patrimonio, la disposizione va interpretata nel senso che al contribuente titolare di crediti di importo superiore a quello iscritto a ruolo, non è consentito effettuare alcuna compensazione se non assolve, preventivamente, l’intero debito per il quale è scaduto il termine di pagamento, unitamente con i relativi accessori. La disposizione, pertanto, configura un obbligo di preventiva estinzione dei debiti iscritti a ruolo e non una “riserva indisponibile” del credito pari all’ammontare di tali debiti. La disposizione chiarisce, poi, che la compensazione è vietata fino a concorrenza dell’importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori (per i quali è scaduto il termine di pagamento). Quanto ai tributi cui fa riferimento, devono intendersi, ad esempio, le imposte dirette, l’imposta sul valore aggiunto ed le altre imposte indirette, con esclusione, quindi, dei tributi locali e dei contributi di qualsiasi natura . La disposizione in esame ammette, poi, il pagamento, anche parziale, delle somme iscritte a ruolo per imposte erariali e relativi accessori mediante la compensazione dei crediti relativi a dette imposte, secondo modalità che saranno stabilite con apposito decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze. Prevede, inoltre, che nell’ambito delle attività di controllo dell’Agenzia delle entrate sia assicurata la vigilanza sull’osservanza del previsto divieto di compensazione. 13. Stock options ed emolumenti variabili a dirigenti e collaboratori del settore finanziario (articolo 33) Omissis. 14. Obbligo per i non residenti di indicazione del codice fiscale per l’apertura di rapporti con operatori finanziari (Articolo 34) Omissis. 15. Razionalizzazione dell’accertamento nei confronti dei soggetti che aderiscono al consolidato nazionale (Articolo 35) Il comma 1 dell’articolo 35 inserisce nel d.P.R. n. 600 del 1973 l’articolo 40-bis. La norma, nell’ottica di migliorare l’efficienza dell’azione amministrativa nonché garantire una maggiore tutela del diritto di difesa dei contribuenti sottoposti a controllo nell’ambito del consolidato nazionale di cui agli articoli 117 e seguenti del TUIR, introduce alcune novità per quel che concerne il procedimento di accertamento. Di seguito si commentano le principali novità. Al controllo delle dichiarazioni proprie presentate dalle società consolidate e dalla consolidante, nonché alle relative rettifiche, è preposto, ai fini IRES, l’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente alla data in cui è stata presentata la dichiarazione (comma 1). Le rettifiche del reddito complessivo proprio di ciascun soggetto che partecipa al consolidato, la conseguente maggiore imposta accertata riferita al reddito complessivo globale e le relative sanzioni sono operate mediante l’emanazione di un atto unico da notificare sia alla consolidata che alla consolidante (comma 2). Tale disposizione, eliminando il meccanismo del doppio livello accertativo (disciplinato dall’articolo 17 del decreto ministeriale 09 giugno 2004 che, ai sensi dei commi 3 e 4 dell’articolo 35 del decreto, è abrogato con effetto dal 1° gennaio 2011), consente ad entrambi i soggetti coinvolti nell’accertamento di partecipare sin dall’inizio alle diverse fasi del procedimento. La norma, inoltre, introduce sul piano processuale un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra la società consolidata e la consolidante. In tal guisa, la definizione dell’atto unico in sede contenziosa produce i suoi effetti in modo univoco nei confronti di entrambi i soggetti, evitando il formarsi di giudicati contrastanti. Inoltre, il pagamento delle somme scaturenti dall’atto unico estingue l’obbligazione sia se effettuato dalla consolidata che dalla consolidante. Dal 1° gennaio 2011, la consolidante può chiedere che le perdite di periodo del consolidato non utilizzate vengano computate in diminuzione dei maggiori imponibili, accertati a seguito dalle rettifiche del reddito complessivo proprio di ciascun soggetto che partecipa al consolidato e fino a concorrenza del loro importo. A tal fine, la consolidante dovrà presentare un’apposita istanza, all’ufficio competente ad emanare l’atto unico di accertamento, entro il termine per la proposizione del ricorso (comma 3). Con tale previsione, il legislatore ha inteso eliminare la compensazione “automatica” del maggior reddito complessivo globale accertato con le perdite del consolidato non utilizzate - così come disciplinata dal comma 2, secondo periodo, dell’articolo 9 del citato decreto ministeriale 09 giugno 2004, che, giusto quanto disposto dal comma 3 dell’articolo 35 del decreto, è abrogato con l’entrata in vigore dell’articolo 40-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 - subordinandola alla presentazione di una apposita istanza. La presentazione di tale istanza sospende il termine per l’impugnazione dell’atto, sia per la consolidata che per la consolidante, per un periodo di 60 giorni. Entro i successivi 60 giorni dalla presentazione dell’istanza, l’ufficio - previo riscontro dell’utilizzabilità delle perdite - procede al ricalcolo dell’eventuale maggiore imposta dovuta, degli interessi e delle sanzioni correlate e comunica l’esito alla consolidata ed alla consolidante. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 ottobre 2010, prot. n. 2010/154309 - previsto dal comma 3 dell’articolo 35 - è stato approvato il modello per la presentazione della predetta istanza, le modalità di presentazione (esclusivamente per via telematica direttamente dai contribuenti abilitati ad Entratel o Fisconline, ovvero mediante soggetti incaricati di cui ai commi 2-bis e 3 dell’articolo 3 del d.P.R. n. 322 del 1998) e le conseguenti attività dell’ufficio competente. In particolare, il provvedimento suddetto specifica che “per perdite di periodo del consolidato” che possono essere richieste in diminuzione dei maggiori imponibili “devono intendersi sia le perdite relative al periodo d’imposta oggetto di rettifica, sia quelle ancora utilizzabili alla data di chiusura dello stesso ai sensi dell’art. 84 del TUIR… scomputando prioritariamente le perdite relative al periodo d’imposta oggetto di rettifica”. Inoltre, il provvedimento precisa quali siano le perdite che si considerano già utilizzate al momento di presentazione dell’istanza, e, conseguentemente, non più usufruibili da parte della consolidante. Le perdite richieste in diminuzione mediante la presentazione del modello non sono più nella disponibilità della consolidante. Le attività di controllo della dichiarazione dei redditi del consolidato e le relative rettifiche, diverse da quelle conseguenti la rettifica delle singole dichiarazioni delle consolidate e della consolidante, sono attribuite all’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente nei confronti della società consolidante alla data in cui è stata presentata la dichiarazione (comma 4). Fino alla scadenza del termine di decadenza stabilito nell’articolo 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, l’accertamento del reddito complessivo globale può essere integrato o modificato in aumento, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base agli esiti dei controlli previsti dai precedenti commi (comma 5). Il comma 2 dell’articolo 35 del decreto, in conseguenza di quanto previsto dal citato articolo 40-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, inserisce nel d.lgs. n. 218 del 1997 l’articolo 9-bis, apportando importanti novità in tema di accertamento con adesione qualora a prendere parte al procedimento siano soggetti aderenti al consolidato nazionale. In particolare, il nuovo articolo 9-bis dispone che: al procedimento di accertamento con adesione avente ad oggetto le rettifiche delle singole dichiarazioni di ciascuna consolidata (previste dal comma 2 dell’articolo 40-bis del d.P.R. n. 600 del 1973) partecipano sia la consolidante che la consolidata interessata dalle rettifiche, innanzi all’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente alla data in cui è stata presentata la dichiarazione. L’atto di adesione, sottoscritto anche da una sola di esse, si perfeziona qualora gli adempimenti di cui all’articolo 9 del d.lgs. n. 218 del 1997 (ovvero, il versamento delle somme dovute in base all’atto di adesione o il versamento della prima rata con la prestazione della garanzia, nei termini e secondo le modalità di cui all’articolo 8 del medesimo d.lgs.) siano posti in essere anche da parte di uno solo dei predetti soggetti (comma 1); specularmente a quanto disposto dal comma 2 dell’articolo 40-bis, anche in fase di adesione la consolidante ha la facoltà di chiedere che siano computate, in diminuzione dei maggiori imponibili, le perdite di periodo del consolidato non utilizzate, fino a concorrenza del loro importo (comma 2). Il medesimo comma 2 detta la disciplina anche per le ipotesi di adesione all’invito a comparire e di adesione ai verbali di constatazione, previste, rispettivamente, dagli articoli 5, comma 1-bis, e 5-bis del d.lgs. n. 218 del 1997. In entrambi i casi, alla prescritta comunicazione di adesione deve essere allegata l’istanza cartacea, presentata in ogni caso in via telematica, per l’eventuale compensazione con le perdite del consolidato non utilizzate, prevista dal comma 3 dell’articolo 40-bis del d.P.R. n. 600 del 1973. Con il citato provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 ottobre 2010 – cui si rinvia - sono stati delineati i tempi, le modalità di presentazione, nonché le conseguenti attività dell’ufficio nell’ipotesi in cui l’istanza per il computo in diminuzione delle perdite sia presentata nel corso del procedimento di accertamento con adesione, ovvero di adesione ai sensi degli articoli 5, comma 1-bis, e 5-bis del d.lgs. n. 218 del 1997. Il comma 4 dell’articolo 35, infine, fissa l’entrata in vigore delle disposizioni di cui ai commi precedenti al 1° gennaio 2011, le quali si applicano con riferimento ai periodi di imposta per i quali, alla predetta data, sono ancora pendenti i termini per l’accertamento di cui all’articolo 43 del d.P.R. n. 600 del 1973. 16. Disposizioni antifrode (Articolo 36) L’articolo 36 del decreto apporta significative modifiche al d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231. In primo luogo, il comma 1, lettera a), aggiunge i commi 7-bis, 7-ter e 7-quater all’articolo 28 del citato d.lgs. n. 231. L’articolo 7-bis, al fine di contrastare quei Paesi nei quali è maggiore il rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo e non vi è un adeguato scambio di informazioni anche in materia fiscale, prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze, con proprio decreto e sentito il Comitato di sicurezza finanziaria, provveda alla loro individuazione in una apposita lista. Conseguentemente, il successivo articolo 7-ter dispone che i soggetti sottoposti agli obblighi di cui al d.lgs. n. 231 del 2007 in materia di antiriciclaggio (e, precisamente, gli enti e le persone di cui agli articoli 10, comma 2, ad esclusione della lettera g), 11, 12, 13 e 14, comma 1, lettere a), b), c) ed f) del medesimo d.lgs.) dovranno astenersi dall’instaurare un rapporto continuativo, eseguire operazioni o prestazioni professionali ovvero vi dovranno porre fine se già in essere, di cui siano parte direttamente o indirettamente società fiduciarie, trust, società anonime o controllate attraverso azioni al portatore che hanno sede nei Paesi individuati con il predetto decreto. Trattasi, ad esempio, delle diverse società di gestione operanti nel mercato finanziario, nonché delle società che svolgono attività - subordinate al possesso di licenze, autorizzazioni, iscrizioni in albi o registri - di commercio e mediazione, compresa l’esportazione e l’importazione di oro e di oggetti preziosi, di fabbricazione, di esercizio di case d’asta o gallerie d’arte, etc…(articolo 10, comma 2); degli intermediari finanziari e degli altri soggetti esercenti attività finanziaria (articolo 11); dei professionisti, ossia i soggetti iscritti nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’albo dei consulenti del lavoro, i notai e gli avvocati e degli altri soggetti (articolo 12); dei revisori contabili (articolo 13), nonché degli altri soggetti di cui all’articolo 14, comma 1, lettere a), b), c) ed f), ossia delle società di recupero crediti per conto terzi, di custodia e di trasporto di denaro contante, titoli o valori, delle agenzie di affari in mediazione immobiliare. L’applicazione di tali misure è, altresì, prevista nei confronti di ulteriori entità giuridiche altrimenti denominate aventi sede nei Paesi sopra individuati di cui non è possibile identificare il titolare effettivo e verificarne l’identità. L’articolo 7-quater, infine, prevede che con il medesimo decreto di cui al comma 7-bis verranno stabilite anche le modalità applicative ed il termine degli adempimenti di cui al comma 7-ter. La successiva lettera b) aggiunge un ulteriore periodo all’articolo 41, primo comma, del d.lgs. n. 231 del 2007, in tema di segnalazione di operazioni sospette. Più precisamente, nell’intento di individuare le operazioni a rischio riciclaggio, il legislatore introduce un nuovo “elemento di sospetto” costituito dal ricorso “frequente o ingiustificato” ad operazioni in contante, anche se di importo inferiore al limite previsto dall’articolo 49 del già citato d.lgs. n. 231 del 2007 (ovvero, la soglia di 5.000 euro, così come modificata dall’articolo 20, comma 1, del decreto), ed, in particolare, il prelievo o il versamento in contante con intermediari finanziari di importo pari o superiore a 15.000 euro. In presenza di operazioni compiute con le predette modalità, i soggetti sopra indicati hanno l’obbligo di inviare una segnalazione alla UIF (Unità di Informazione Finanziaria). Il Ministero dell’Economia e delle Finanze con la circolare dell’11 ottobre 2010, prot. n. 297944, ha fornito chiarimenti sulla corretta applicazione della disposizione per quanto riguarda gli obblighi di segnalazione alla UIF (Unità di Informazione Finanziaria) da parte dei soggetti indicati negli articoli 10, comma 2, 11, 12, 13 e 14, del d.lgs. n. 231 del 2007, in presenza di operazioni compiute con le predette modalità. In particolare, il documento di prassi precisa che “la mera ricorrenza dell’indicatore di cui all'articolo 36 del decreto legge 78/2010 non è motivo di per sé sufficiente per la segnalazione di operazioni sospette, per la quale rimane quindi indispensabile una valutazione complessiva fondata su una serie di elementi sia di natura oggettiva che soggettiva”. La lettera c) dell’articolo 36 in commento inserisce il comma 1-ter all’articolo 57 del d.lgs. n. 231 del 2007, al fine di disciplinare il regime sanzionatorio applicabile nell’ipotesi di violazione dell’articolo 28 comma 7-ter del medesimo decreto, prevedendo un inasprimento delle pene pecuniarie al crescere dell’importo delle operazioni effettuate. In particolare, si applicano le sanzioni nelle seguenti misure: - 5.000 euro per operazioni di importo fino a 50.000 euro; - dal 10 al 40 per cento dell’importo dell’operazione qualora la stessa sia superiore a 50.000 euro; da 25.000 a 250.000 euro nel caso in cui l’importo dell’operazione non sia determinato o determinabile. 17. Disposizioni antiriciclaggio (articolo 37) In ossequio al principio di trasparenza del sistema economico-finanziario, l’articolo 37 del decreto detta le disposizioni atte ad assicurare la compiuta conoscenza degli operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi black list (di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001) ammessi a partecipare alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture ai sensi del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. A tal fine, la norma introduce al comma 1 l’obbligo del rilascio di un’autorizzazione preventiva da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, secondo le modalità che verranno stabilite con successivo decreto del Ministro stesso entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il rilascio di tale autorizzazione è subordinato alla previa individuazione dell’operatore economico, individuale o collettivo, mediante la comunicazione dei dati che identificano gli effettivi titolari delle partecipazioni societarie - anche per il tramite di società controllanti e per il tramite di società fiduciarie - nonché alla identificazione del sistema di amministrazione, del nominativo degli amministratori e del possesso dei requisiti di eleggibilità previsti dalla normativa italiana. Ciò anche in deroga ad accordi bilaterali siglati con l’Italia che consentano la partecipazione alle procedure per l’aggiudicazione dei contratti di cui al d.lgs. n. 163 del 2006, a condizioni di parità e reciprocità. Il comma 2 della disposizione in commento prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze, con proprio decreto, possa escludere tale obbligo nei confronti di alcuni dei Paesi suddetti, ovvero di settori di attività svolte negli stessi, oppure estendere l’obbligo anche a Paesi cosiddetti non black list nonché a specifici settori di attività e a particolari tipologie di soggetti, al fine di prevenire fenomeni a particolare rischio di frode fiscale. 18. Altre disposizioni in materia tributaria (Articolo 38) L’articolo 38 del decreto dispone, ai commi 1, 2 e 3, che gli enti erogatori di prestazioni sociali agevolate, comprese quelle erogate nell’ambito delle prestazioni del diritto allo studio universitario, a seguito della presentazione di dichiarazione sostitutiva di cui all’articolo 4 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 109, comunicano all’INPS, nel rispetto delle norme a tutela della privacy, i dati dei soggetti fruitori delle prestazioni medesime. Tali dati sono nome, cognome, luogo e data di nascita e codice fiscale. Le comunicazioni in parola sono effettuate in modalità telematica, secondo le indicazioni dell’INPS, sulla base di direttive del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; dette informazioni alimentano il Sistema informativo dei servizi sociali, di cui all’articolo 21 della l. 8 novembre 2000, n. 328. Al fine di far emergere eventuali abusi nella fruizione delle prestazioni sociali agevolate è previsto che Agenzia delle entrate ed INPS si scambino ogni informazione necessaria, previa stipula di apposita convenzione, nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali. L’INPS, sulla base di informazioni trasmesse telematicamente dall’Agenzia delle entrate è, quindi, in grado di individuare i soggetti che, in ragione del maggior reddito accertato in via definitiva, hanno fruito indebitamente, in tutto o in parte, delle prestazioni in argomento. In tale eventualità, oltre alla restituzione del beneficio indebitamente fruito, è prevista una sanzione da 500 a 5.000 euro, applicata dall’INPS in forza dei poteri e secondo le modalità previste dalle norme vigenti. Le medesime sanzioni si applicano nei confronti di coloro per i quali si accerti, sulla base dello scambio di informazioni tra l’INPS e l’Agenzia delle entrate, uno scostamento tra reddito dichiarato ai fini fiscali e reddito indicato nella dichiarazione sostitutiva unica di cui all’articolo 4 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 109, qualora tale scostamento abbia consentito l’accesso alle prestazioni agevolate in rassegna. Il comma 4 dell’articolo 38 in commento mira a razionalizzare la materia delle notifiche fiscali. In particolare, la lettera a) elimina all’articolo 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, il riferimento alle articolazioni interne all’Amministrazione finanziaria interessate da riforme che ne hanno mutato la competenza per materia, nonché la competenza territoriale. Con la medesima disposizione vengono inoltre ridefinite le modalità di comunicazione all’Agenzia delle entrate, da parte del contribuente, del domicilio - diverso dalla residenza - eletto ai fini della notificazione degli atti e degli avvisi che lo riguardano. Le nuove modalità, prevedono esclusivamente la comunicazione: - mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento indirizzata al competente ufficio; - in via telematica, con modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. La comunicazione non può più essere presentata tramite la dichiarazione annuale. La nuova forma di comunicazione consente di individuare con certezza la decorrenza della variazione di domicilio, che ha effetto, ai sensi dell’articolo 60, secondo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, dal trentesimo giorno successivo a quello della data di ricevimento della raccomandata con avviso di ricevimento ovvero della comunicazione telematica. Si osserva, inoltre, che il terzo comma dell’articolo 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 non rinvia più, nella nuova formulazione, all’articolo 36 del medesimo decreto - abrogato dall’articolo 37 della l. 24 novembre 2000, n. 340 - ma agli articoli 35 e 35-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, relativi alla dichiarazione di inizio attività, variazione dati o cessazione attività ai fini IVA, ed al modello attualmente previsto per la domanda di attribuzione del numero di codice fiscale da parte dei soggetti, diversi dalle persone fisiche, non obbligati alla dichiarazione di inizio attività IVA., né al modello relativo alla identificazione diretta ai fini IVA di soggetti non residenti. La lettera b) dello stesso comma 4 in commento modifica, a sua volta, l’articolo 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, che, nella nuova formulazione, consente che la cartella sia notificata con le modalità di cui al d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge, consultabili anche telematicamente, dagli agenti della riscossione. È esclusa, in questo caso, l’applicazione dell’articolo 149-bis del codice di procedura civile, che disciplina la notificazione a mezzo posta elettronica eseguita dall’ufficiale giudiziario. La nuova previsione consente, pertanto, l’utilizzo della posta elettronica, altrimenti inibito per effetto dell’esclusione di cui all’articolo 48, comma 2, del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale). La norma autorizza, altresì, gli Agenti della riscossione alla consultazione degli elenchi degli indirizzi di posta elettronica certificata (ad esempio quelli di cui all’articolo 16, commi 6 e 7, del d.l. n. 185 del 2008). Il comma 5 della disposizione in esame prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze, le Agenzie fiscali e gli enti previdenziali, assistenziali e assicurativi, al fine di potenziare ed estendere i servizi telematici, possano definire termini e modalità per l’utilizzo esclusivo dei propri servizi telematici ovvero della posta elettronica certificata, anche a mezzo di intermediari abilitati, per la presentazione da parte degli interessati di denunce, istanze, atti e garanzie fideiussorie, per l’esecuzione di versamenti fiscali, contributivi, previdenziali, assistenziali e assicurativi, nonché per la richiesta di attestazioni e certificazioni. I citati enti ed amministrazioni definiscono l’utilizzo dei servizi telematici o della posta certificata anche per gli atti, comunicazioni o servizi dagli stessi resi. La disposizione consente di ridurre l’accesso fisico del cittadino presso i pubblici uffici e favorisce la dematerializzazione degli archivi, nell’ambito di un più diretto rapporto fra cittadini e pubblica amministrazione improntato a criteri di efficacia, efficienza ed economicità. Nella richiesta e nella ricezione degli atti tramite i servizi telematici in parola i cittadini possono avvalersi degli intermediari abilitati alla trasmissione telematica, ferma restando, in ogni caso, la possibilità di utilizzare le modalità tradizionali da parte delle fasce più deboli. La norma demanda ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione degli atti per i quali la registrazione prevista per legge è sostituita da una denuncia esclusivamente telematica di una delle parti, la quale assume qualità di fatto ai sensi dell’articolo 2704, primo comma, del codice civile. L’ultimo periodo del comma 5 eleva da 30 a 60 giorni, decorrenti dalla presentazione del modello unico informatico, il termine entro cui l’ufficio, una volta controllata la regolarità dell’autoliquidazione e del versamento delle imposte ai sensi dell’articolo 3-ter, comma 1, del d.lgs. 18 dicembre 1992, n. 463, notifica avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata, qualora, sulla base degli elementi desumibili dall’atto, risulti dovuta una maggiore imposta. Il comma 6, primo paragrafo, dell’articolo 38 prevede che l’Amministrazione finanziaria consenta a chiunque di verificare, con apposito servizio di libero accesso, l’esistenza e la corrispondenza tra il codice fiscale e i dati anagrafici disponibili in Anagrafe Tributaria. Il secondo paragrafo prevede che l’Amministrazione finanziaria, al fine di favorire la qualità delle informazioni presso la Pubblica Amministrazione, renda accessibili il codice fiscale registrato in Anagrafe Tributaria e i dati anagrafici ad esso correlati: alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165; alle società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto Nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della l. 30 dicembre 2004, n. 311; ai concessionari e gestori di pubblici servizi; ai privati che cooperano con le attività dell’Amministrazione finanziaria. L’accesso ai dati disponibili in Anagrafe Tributaria è subordinato alla stipula di apposita convenzione. L’articolo 38, comma 7, prevede una modalità agevolata di effettuazione del conguaglio fiscale, a favore di coloro che percepiscano un redditi di pensione non superiori ad euro 18.000, nel caso in cui la relativa imposta risultante dal conguaglio di fine anno sia di importo complessivamente superiore a 100 euro. In presenza delle condizioni richieste, le imposte dovute sono prelevate dal sostituto d’imposta in un numero massimo di undici rate a partire dal mese successivo a quello in cui è effettuato il conguaglio, in deroga alla regola generale prevista dall’articolo 23, comma 3, del d. P.R. n. 600 del 1973. La rateizzazione del pagamento non comporta l’applicazione degli interessi. La norma, riferita ai soli redditi da pensione di ammontare annuo non superiore a 18.000 euro, si prefigge, dunque, il chiaro intento di favorire i pensionati più deboli per i quali il debito d’imposta derivante dal conguaglio potrebbe risultare particolarmente oneroso, prevedendo la dilazione nel pagamento delle imposte dovute e l’eliminazione dal carico impositivo degli interessi. L’ente pensionistico, pertanto, verificando sulla base delle informazioni messe a disposizione dal Casellario Centrale Pensioni che il reddito da pensione annuo è di importo non superiore a 18.000 euro, opera le ritenute in 11 rate a partire dal mese successivo a quello in cui ha effettuato il conguaglio e non oltre quello per il quale sono versate le ritenute per il mese di dicembre, se l’imposta dovuta risulta di importo superiore a 100 euro. Per i soggetti che percepiscono più trattamenti pensionistici dal medesimo sostituto d’imposta, quest’ultimo deve tener conto dell’imposta complessivamente dovuta in relazione a tutti i trattamenti pensionistici che eroga. Nel caso in cui l’imposta non possa essere trattenuta per incapienza del rateo di pensione, tornano applicabili le disposizioni dell’articolo 23, comma 3, del dpr n. 600 del 1972 che regolano tale ipotesi. In particolare il pensionato, che non abbia fornito al sostituto d’imposta la provvista, potrà o chiedere che la ritenuta sia operata sulle rate successive a quella in cui si è verificata l’incapienza, con applicazione degli interessi dello 0,50 per cento mensile, ovvero versare entro il 15 gennaio dell’anno successivo l’ammontare che non è stato trattenuto. La disposizione, in assenza di specifici termini di decorrenza risulta applicabile a partire dal conguaglio di fine anno relativo al periodo d’imposta 2010. Il comma 10 della disposizione in esame consente alle società che, in virtù dell’articolo 3, comma 24, lettera b), del d.l. n. 203 del 2005, risultino cessionarie di rami d’azienda relativi alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, di richiedere ai medesimi enti i dati e le notizie relative ai beni dei contribuenti iscritti a ruolo. Tali dati, strettamente necessari per la riscossione dei ruoli in carico alle predette società cessionarie, possono essere forniti dagli enti locali tramite accesso al sistema informativo del Ministero dell’economia e delle finanze. La disposizione rileva ai fini e per gli effetti dell’articolo 19, comma 2, lettera d), del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, ai sensi del quale costituiscono causa di perdita del diritto al discarico il mancato svolgimento dell’azione esecutiva su tutti i beni del contribuente la cui esistenza, al momento del pignoramento, risultava dal sistema informativo del Ministero dell’economia e delle finanze, a meno che i beni pignorati non fossero di valore pari al doppio del credito iscritto a ruolo, nonché sui nuovi beni la cui esistenza è stata comunicata dall’ufficio ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19. Il comma 11 dell’articolo 38 ricomprende l’esercizio di attività previdenziali e assistenziali da parte di enti privati di previdenza obbligatoria fra le attività non aventi natura commerciale ai sensi dell’articolo 74, comma 2, lettera b), del TUIR. La previsione in commento estende, quindi, l’ambito applicativo della norma citata che, nella precedente formulazione, limitava l’esclusione della natura commerciale alle sole attività previdenziali, assistenziali e sanitarie esercitate da enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le Aziende sanitarie locali. È previsto, inoltre, che gli apporti effettuati da enti pubblici e privati di previdenza obbligatoria, costituiti da una pluralità di immobili prevalentemente locati al momento dell’apporto, sono soggetti alle previsioni dell’articolo 8, comma 1-bis, del d.l. 25 settembre 2001, n. 351, con conseguente applicazione delle imposte indirette in misura fissa. Il comma 12 dell’articolo 38 in commento stabilisce che i termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo dei crediti degli enti pubblici previdenziali, di cui all’articolo 25 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, non si applicano, limitatamente al periodo compreso tra il 1° gennaio 2010 e il 31 dicembre 2012, ai contributi non versati e agli accertamenti notificati successivamente alla data del 1° gennaio 2004, dall’Ente creditore. Si evidenzia che, ai sensi del citato articolo 25, i contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali sono iscritti in ruoli resi esecutivi, a pena di decadenza: per i contributi o premi non versati dal debitore, entro il 31 dicembre dell’anno successivo al termine fissato per il versamento; in caso di denuncia o comunicazione tardiva o di riconoscimento del debito, tale termine decorre dalla data di conoscenza, da parte dell’ente; per i contributi o premi dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici, entro il 31 dicembre dell’anno successivo alla data di notifica del provvedimento ovvero, per quelli sottoposti a gravame giudiziario, entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui il provvedimento è divenuto definitivo. Il comma 13 della disposizione in esame prevede l’esclusione dagli obblighi dichiarativi di cui all’articolo 4 del d.l. 28 giugno 1990, n. 167 (modulo RW della dichiarazione del redditi), in capo: alle persone fisiche che prestano lavoro all’estero per lo Stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale, e le persone fisiche che lavorano all’estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce, l’Italia la cui residenza fiscale in Italia sia determinata, in deroga agli ordinari criteri previsti dal TUIR, in base ad accordi internazionali ratificati. Tale esonero si applica limitatamente al periodo di tempo in cui l’attività lavorativa è svolta all’estero; ai soggetti residenti in Italia che prestano la propria attività lavorativa in via continuativa all’estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi, con riferimento agli investimenti e alle attività estere di natura finanziaria detenute nel Paese in cui svolgono la propria attività lavorativa. Beneficiano dell’esclusione in parola i dipendenti di ruolo pubblici che risiedono all’estero per motivi di lavoro, per i quali sia prevista la notifica alle autorità locali ai sensi delle convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e sulle relazioni consolari e che, in virtù dell’articolo 1, comma 9, lettera b), della l. 27 ottobre 1988, n. 470, mantengono ai fini fiscali la residenza in Italia. La disposizione si applica, altresì, a quei soggetti che prestano la propria attività lavorativa all’estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l’Italia, vale a dire i lavoratori presso organizzazioni internazionali (ad esempio ONU, NATO, Unione europea, OCSE). La residenza fiscale di tali soggetti è fissata, in base agli accordi internazionali che riconoscono particolari privilegi e immunità alle organizzazioni internazionali, nello Stato di provenienza, indipendentemente dai requisiti indicati nella normativa interna di ciascuno Stato. L’esonero dall’obbligo di compilazione del modulo RW della dichiarazione annuale dei redditi è giustificato, per esigenze di semplificazione degli adempimenti tributari, fintanto che i predetti soggetti prestano la propria attività all’estero e viene meno al rientro in Italia, qualora questi mantengano, per qualsiasi motivo, gli investimenti o le attività all’estero. La disposizione esonera dall’obbligo dichiarativo anche i frontalieri, limitatamente agli investimenti e alle attività estere di natura finanziaria detenute nel Paese in cui svolgono la propria attività lavorativa. Il comma 13-sexies dell’articolo 38 in commento dispone l’esonero delle società a prevalente partecipazione pubblica, che esercitano l’attività di accertamento e di riscossione dei tributi e di altre entrate delle Province e dei Comuni, dal rispetto dei requisiti di capitalizzazione minimi previsti per l’iscrizione all’albo di cui di cui all’articolo 53, comma 1, del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. Il comma 13-septies della disposizione in esame modifica l’articolo 2, comma 1, del d.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696, recante operazioni non soggette all’obbligo di certificazione. Nella nuova formulazione, l’esonero da tale obbligo è esteso alle prestazioni di servizi effettuate dalle imprese di cui all’articolo 23, del d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261, attraverso la rete degli uffici postali e filatelici, dei punti di accesso e degli altri centri di lavorazione postale cui ha accesso il pubblico, nonché quelle rese al domicilio del cliente tramite gli addetti al recapito. Attualmente, le prestazioni di servizi in rassegna sono rese dalla società Poste Italiane S.p.A., esercente il servizio universale di cui all’articolo 3 del citato d.lgs. n. 261. 19. Regime fiscale di attrazione europea (Articolo 41) Omissis. 20. Reti di imprese (Articolo 42) Omissis. 21. Agevolazioni per il rientro in Italia di ricercatori e docenti (articolo 44) Omissis. 22. Disposizioni in materia di procedure concorsuali (Articolo 48) L’articolo 48 introduce alcune disposizioni nel Regio decreto del 16 marzo 1942, n. 267, recante la disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa (di seguito L.F.), volte ad agevolare il risanamento della crisi d’impresa che precede il fallimento. Al fine di favorire e promuovere l’erogazione di nuovi finanziamenti alle imprese in difficoltà da parte sia di intermediari bancari e finanziari che, ove l’impresa sia esercitata in forma societaria, dei soci, nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti è stata espressamente disposta la prededucibilità di alcune specifiche categorie di crediti. Nello specifico, il comma 1 della disposizione in commento introduce nella L.F., successivamente all’articolo 182-ter, relativo alla “Transazione fiscale”, l’articolo 182-quater, contenente, per l’appunto, “Disposizioni in tema di prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo, negli accordi di ristrutturazione dei debiti”. La norma intende tutelare i crediti derivanti da finanziamenti effettuati in qualsiasi forma da banche ed intermediari, iscritti negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del d.lgs. del 1° settembre 1993, n. 385 (c.d. Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia nella formulazione precedente alle modifiche introdotte dal D. Lgs. 13 agosto 2010, n. 141), erogati in esecuzione di un concordato preventivo, ai sensi degli articoli 160 e seguenti, ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti, omologato ai sensi dell’articolo 182-bis, riconoscendo che tali crediti siano considerati prededucibili, ai sensi dell’articolo 111. A norma del primo comma del citato articolo 111 “le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo sono erogate nel seguente ordine: 1. per il pagamento dei crediti prededucibili; 2. per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l’ordine assegnato dalla legge; 3. per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell’ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso, compresi i creditori indicati al n. 2, qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non soddisfatti da questa”. Ai fini procedurali, infatti, si devono considerare prededucibili ai sensi dell’articolo 111 della L.F. sia i crediti previsti da una specifica disposizione di legge che quelli sorti in occasione o in funzione di procedure concorsuali, tenendo in considerazione che i medesimi devono essere soddisfatti in via prioritaria con l’utilizzo delle somme realizzate a seguito della liquidazione dell’attivo. Sono, inoltre, prededucibili i crediti derivanti da finanziamenti effettuati dai predetti soggetti nella fase precedente il deposito della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. In quest’ultima ipotesi, i suddetti finanziamenti dovranno essere previsti dal piano di cui all’articolo 160, con cui l’imprenditore propone ai creditori un concordato preventivo, o dall’accordo di ristrutturazione dei debiti. Ulteriore condizione richiesta è che la prededuzione dei menzionati crediti sia espressamente disposta nel provvedimento con cui il Tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo, ovvero con cui l’accordo sia omologato. In deroga a quanto previsto dagli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile, la prededucibilità di cui al comma 1 dell’articolo 182-quater, trova applicazione anche per i crediti derivanti dai finanziamenti effettuati dai soci, fino a concorrenza dell'ottanta per cento del loro ammontare. In particolare, l’articolo 2467 del codice civile prevede la “postergazione” dei finanziamenti dei soci a favore della società, rispetto alla soddisfazione degli altri creditori. Analoga previsione è contenuta nell’articolo 2497-quinquies del codice civile (che fa riferimento al citato articolo 2467) con riguardo ai finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti. Sono, infine, prededucibili i compensi spettanti al professionista incaricato di predisporre la relazione che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, nel caso del concordato preventivo (ai sensi dell’articolo 161, terzo comma, della L.F.), ovvero la relazione sull’attuabilità dell’accordo, nel caso della ristrutturazione dei debiti (ex articolo 182-bis, primo comma, della L.F.). Occorre, tuttavia, che a tal riguardo vi sia una esplicita previsione nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero con cui l’accordo sia omologato. Ai sensi dell’articolo 177 della L.F. “(…) i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca (…) non hanno diritto al voto se non rinunciano in tutto od in parte al diritto di prelazione”. Pertanto, i creditori sopra menzionati sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze richieste per l’approvazione del concordato, ai sensi dell’articolo 177, nonché dal computo della percentuale dei crediti, in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti, prevista dall’articolo 182-bis, primo e sesto comma. Il comma 2, dell’articolo 48 del decreto integra anche la disciplina dettata in materia di ristrutturazione dei debiti, prevedendo che dopo il quinto comma dell’articolo 182-bis, della L.F., siano aggiunte le seguenti disposizioni: sesto comma: il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive, di cui al terzo comma, può essere richiesto dall’imprenditore anche durante lo svolgimento delle trattative e prima della formalizzazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, laddove abbia raggiunto un’intesa con la maggioranza qualificata dei creditori. In tal caso, occorrerà depositare presso il tribunale competente, ai sensi dell’articolo 9 della L.F.: 1. la documentazione di cui all’articolo 161, primo e secondo comma, ossia la documentazione richiesta per la proposizione della domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo; 2. una proposta di accordo, correlata da una dichiarazione dell’imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori, che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti; 3. una dichiarazione del professionista, circa la sussistenza delle condizioni per assicurare il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare. Si precisa che quest’ultima dichiarazione dovrà avere i requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), della L.F., secondo cui “non sono soggetti all’azione revocatoria: (…) d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano (…) la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia i requisiti previsti dall’articolo 28, lettere a) e b) ai sensi dell’articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile”. La predetta istanza di sospensione viene pubblicata nel registro delle imprese e produce l’effetto del divieto di inizio o prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari, nonché del divieto di acquisire titoli di prelazione, se non concordati, dalla pubblicazione. comma settimo: Il tribunale, dopo aver verificato la completezza della documentazione depositata, provvede a fissare con decreto l’udienza entro il termine di 30 giorni dal deposito dell’istanza di cui al sesto comma, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Durante il corso dell’udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire ad un accordo di ristrutturazione dei debiti, con le maggioranze di cui al primo comma, e delle condizioni per il regolare pagamento dei creditori, con i quali non sono in corso trattative o che hanno, comunque, negato la propria disponibilità a trattare, il Tribunale dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive. Va, peraltro, precisato che con lo stesso decreto il Tribunale può disporre di acquisire titoli di prelazione, se non concordati, assegnando il termine di non oltre 60 giorni per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista, a norma del primo comma. Il suddetto decreto è reclamabile a norma del quinto comma, in quanto applicabile. comma ottavo: Solo a seguito del deposito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, nei termini assegnati dal tribunale, trovano applicazione le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma. Il comma 2-bis della disposizione in esame prevede, infine, che dopo l’articolo 217 della L.F., relativo alla “bancarotta semplice” sia inserito l’articolo 217-bis, che stabilisce l’“esenzioni dai reati di bancarotta” di cui ai precedenti articoli 216, terzo comma, e 217, in relazione ai pagamenti e alle operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo, di cui all’articolo 160, o di un accordo di ristrutturazione dei debiti, omologato ai sensi dell’articolo 182-bis ovvero del piano di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d). Sulle materie disciplinate dall’articolo 48 si rinvia ad un successivo documento di prassi amministrativa di approfondimento. 23. Disposizione in materia di contenzioso tributario (Articolo 48-ter) L’articolo 48- ter del decreto, inserito dalla legge di conversione, modifica la lettera b) dell’articolo 3, comma 2-bis, del d.l. del 25 marzo 2010, n. 40 che contempla disposizioni volte a deflazionare il contenzioso pendente innanzi alla Commissione tributaria centrale e alla Corte di Cassazione. La novità interessa le controversie tributarie pendenti presso i menzionati organi giurisdizionali, per le quali: i ricorsi siano stati iscritti a ruolo nel primo grado entro e non oltre il 25 maggio 2000; l’Amministrazione finanziaria dello Stato risulti soccombente nei precedenti gradi del giudizio. Per le modalità della definizione in esame è previsto un meccanismo differenziato, a seconda dell’organo giurisdizionale innanzi al quale è pendente la controversia (cfr. circolare n. 37/E del 21 giugno 2010). Più precisamente, la lettera a) del comma 2-bis, del citato articolo 3, prevede che “le controversie tributarie pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale, (…) sono automaticamente definite con decreto assunto dal presidente del collegio o da altro componente delegato. (…)”. La successiva lettera b) del medesimo comma 2-bis stabilisce, invece, che “le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione possono essere estinte con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia determinato ai sensi dell’articolo, comma 3, della l. 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, e contestuale rinuncia ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione ai sensi della l. 24 marzo 2001, n. 89 (…)”. A tale previsione si è quindi aggiunto, con l’articolo 48 -ter in commento, che “l’avvenuto pagamento estingue il giudizio a seguito di attestazione degli uffici dell’amministrazione finanziaria comprovanti la regolarità della istanza ed il pagamento integrale di quanto dovuto ai sensi del presente decreto”. 24. Garanzia per il versamento di somme dovute per effetto di accertamento con adesione (Articolo 52-bis) L’articolo 52- bis del decreto, inserito dalla legge di conversione, introduce, in via sperimentale, a partire dal 31 luglio 2010 e fino al 31 dicembre 2011, la possibilità, ai fini del perfezionamento dell’accertamento con adesione in forma rateizzata di cui all’articolo 9 del d.lgs. n. 218 del 1997, qualora le rate successive alla prima siano superiori a 50.000 euro, di avvalersi di una ulteriore forma di garanzia - diversa da quelle già previste, ossia polizza fideiussoria, o fideiussione bancaria ovvero fideiussione rilasciata dai consorzi di garanzia collettiva dei fidi iscritti in apposito albo- da prestarsi attraverso ipoteca volontaria di primo grado. In particolare, la norma prevede due condizioni essenziali affinché la garanzia possa assumere la forma dell’ipoteca volontaria: deve trattarsi di ipoteca volontaria di primo grado, cioè sullo stesso bene non devono essere iscritte altre ipoteche aventi un numero d’ordine progressivo precedente; il valore dell’ipoteca, che deve essere pari al doppio del debito erariale o della somma oggetto di rateizzazione, deve essere comunque accettato dall’amministrazione finanziaria. 25. Disposizioni finanziarie (Articolo 55) L’articolo 55, commi 1 e 2, del decreto interviene sul versamento dell’acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, disponendo il differimento dello stesso, per il periodo di imposta 2011 e 2012, nei limiti che saranno determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze. Per ciò che concerne i soggetti che si avvalgono dell’assistenza fiscale, i commi 1 e 2 dell’articolo sopra citato prevedono che i sostituti di imposta trattengano l’acconto, tenendo conto del differimento che sarà disposto con il citato DPCM. * * * Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dagli uffici.