Cir_Entrate_15_1_03_3 Legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003). Disposizioni in materia di concordato 1) Premessa Nel supplemento ordinario n. 240/L alla n. 305 del 31 dicembre 2002 è stata pubblicata la legge 27 dicembre 2002, n. 289 concernente disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003). Al capo II del titolo II la richiamata legge (di seguito "finanziaria 2003") detta norme per agevolare la definizione delle situazioni e le pendenze in materia di imposte sui redditi, di imposta regionale sulle attività produttive, di imposta sul valore aggiunto, di imposta sul patrimonio netto, di imposte indirette e di tributi locali. In particolare: * l'articolo 6 istituisce il concordato triennale preventivo; * l'articolo 7 disciplina la definizione automatica dei redditi d'impresa e di lavoro autonomo per gli anni pregressi mediante autoliquidazione; * l'articolo 8 contiene le disposizioni riguardanti l'integrazione degli imponibili per gli anni pregressi; * l'articolo 9 reca le modalità di definizione automatica per gli anni pregressi; * l'articolo 10 prevede, nei confronti dei soggetti che non si avvalgono delle modalità di definizione di cui agli articoli 7, 8 e 9, la proroga di un anno dei termini per l'accertamento; * l'articolo 11 disciplina la definizione agevolata delle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni e sull'incremento di valore degli immobili; * l'articolo 12 prevede la definizione in materia di riscossione dei carichi iscritti a ruolo; * l'articolo 13 prevede che le regioni, le province e i comuni possono stabilire la definizione dei tributi loro dovuti; * l'articolo 14 reca disposizioni per la regolarizzazione delle scritture contabili; * l'articolo 15 disciplina la definizione degli accertamenti, degli inviti al contraddittorio e dei processi verbali di constatazione; * l'articolo 16 prevede le modalità di definizione delle liti fiscali pendenti. Con la presente circolare vengono forniti i primi chiarimenti in merito ai diversi criteri e modalità di definizione agevolata previsti dalla citata normativa. 2) Integrazione degli imponibili per gli anni pregressi L'articolo 8 della finanziaria 2003 prevede la possibilità di integrare le dichiarazioni relative ai periodi d'imposta per i quali i termini di presentazione siano scaduti entro il 31 ottobre 2002. I contribuenti interessati possono altresì presentare, in relazione agli stessi periodi d'imposta, le dichiarazioni a suo tempo omesse. Ai sostituti d'imposta è consentito integrare le ritenute d'imposta non operate. Per integrare gli imponibili occorre presentare apposita dichiarazione entro il 17 marzo 2003 (il giorno 16 marzo indicato nella norma cade in giorno festivo). 2.1 Contribuenti ammessi. Possono avvalersi delle disposizioni agevolative di cui all'articolo 8 tutti i contribuenti, indipendentemente dalla forma giuridica rivestita. Sono, in particolare, ammessi a presentare le dichiarazioni integrative i seguenti soggetti: * le persone fisiche * le imprese familiari * le società semplici * le società in nome collettivo * le società in accomandita semplice * le società di armamento * le società di fatto * le aziende coniugali gestite o meno in forma societaria * le associazioni tra professionisti * le società per azioni * le società in accomandita per azioni * le società a responsabilità limitata * le società cooperative * le società di mutua assicurazione * gli enti commerciali * gli enti non commerciali * le società e gli enti non residenti * i sostituti d'imposta, ossia i soggetti obbligati ad operare ritenute alla fonte e al versamento delle stesse, di cui al titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Sono di seguito individuati alcuni casi particolari di soggetti legittimati a presentare la dichiarazione integrativa. 2.1.1 Eredi. Gli eredi possono presentare dichiarazioni integrative per definire la posizione tributaria dei loro danti causa per i periodi d'imposta definibili secondo la normativa in esame. In assenza di contrarie disposizioni normative, si ritiene che gli eredi possono avvalersi, anche ai fini della presentazione delle dichiarazioni integrative, del disposto degli articoli 65, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e 35-bis, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in base ai quali sono prorogati di sei mesi tutti i termini pendenti alla data del decesso ovvero scadenti entro quattro mesi da essa. Pertanto gli eredi dei contribuenti deceduti tra il 16 dicembre 2002 e il 16 marzo 2003, possono presentare la dichiarazione integrativa relativamente alla posizione fiscale del dante causa ed effettuare i relativi versamenti entro il 16 settembre 2003. La proroga opera anche a favore degli eredi dei soci di società di persone per gli adempimenti, successivamente illustrati, di cui al comma 11 dell'articolo 8. Nessuna proroga dei termini è, invece, stabilita per gli eredi dei contribuenti deceduti entro il 15 dicembre 2002 che, se presentano le dichiarazioni integrative concernenti i redditi del de cuius, devono farlo nei termini ordinari. 2.1.2 Liquidatori. In caso di liquidazione delle imprese individuali e delle società, i liquidatori o, in mancanza, il rappresentante legale possono presentare dichiarazione integrativa ai fini delle imposte sui redditi e delle ritenute dovute, sia per i periodi d'imposta antecedenti sia per quelli successivi alla messa in liquidazione. A tal proposito si ricorda che se la liquidazione si protrae oltre l'esercizio in cui ha avuto inizio, il liquidatore è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi sia per la residua frazione di tale esercizio sia per ciascun successivo periodo intermedio. Tali dichiarazioni intermedie, se la liquidazione non supera i tre o cinque esercizi consentono di liquidare le imposte in via provvisoria, ai sensi dell'articolo 124, comma 2 del Tuir. Ai fini Iva i soggetti in liquidazione possono integrare sia i periodi antecedenti alla delibera di messa in liquidazione, sia quelli successivi. 2.1.3 Curatori fallimentari, Commissari liquidatori, Commissari straordinari delle grandi imprese in stato di insolvenza. Ai sensi dell'articolo 42 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), il fallito, dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento, è privato della disponibilità dei suoi beni nonché dei poteri di amministrazione che, a norma dell'articolo 31 del medesimo regio decreto, sono affidati al curatore fallimentare, sotto la direzione del giudice delegato. I curatori possono, quindi, avvalersi delle disposizioni agevolative in argomento, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori e, quando possibile, anche il soggetto fallito ai sensi dell'articolo 35 della legge fallimentare. Tali soggetti, di conseguenza, sono legittimati a presentare la dichiarazione integrativa sia per i periodi d'imposta antecedenti l'apertura della procedura concorsuale, sia per quello relativo alla procedura medesima, ai sensi dell'articolo 125 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir). Resta ferma l'autonoma soggettività passiva del fallito per i redditi personali, attratti o meno al fallimento (si veda risoluzione 5 giugno 2002, n. 171), per i quali il fallito è legittimato a presentare autonomamente dichiarazione integrativa. Analogamente sono legittimati a presentare la dichiarazione integrativa anche i commissari liquidatori in caso di liquidazione coatta amministrativa e i commissari dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, previa acquisizione del parere del comitato di sorveglianza e con l'autorizzazione dell'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione. Ai fini del perfezionamento dell'integrazione, i soggetti prima richiamati devono provvedere al pagamento delle somme dovute entro i termini e con le modalità stabilite dalle disposizioni in commento. Al riguardo si ritiene che tali somme, ai fini dell'ordine preferenziale di distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo, equiparabili a quelle contemplate dall'articolo 111, 1^ comma, n. 1 della legge fallimentare, debbano essere portate in prededuzione. 2.1.4 Curatori dell'eredità giacente, Amministratori di eredità devolute sotto condizione sospensiva o in favore di nascituri non ancora concepiti. Anche i curatori dell'eredità giacente e gli amministratori di eredità devolute sotto condizione sospensiva o in favore di nascituri non ancora concepiti possono provvedere alla integrazione delle dichiarazioni dei redditi che, per il combinato disposto degli articoli 131 del Tuir 19 del decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1988, n. 42, essi sono obbligati a presentare con riferimento ai periodi d'imposta specificati dalle norme richiamate. 2.1.5 Società trasformate. Come è noto l'istituto della trasformazione delle società consiste nella modificazione della forma giuridica e può, quindi, essere attuata: * nell'ambito di uno stesso tipo di società: società di persone che si trasforma in altra società personale ovvero società di capitali che si trasforma in altra società di capitali (cosiddetta trasformazione omogenea); * in un diverso tipo di società: società di persone che si trasforma in società di capitali ovvero società di capitali che si trasforma in società di persone (cosiddetta trasformazione disomogenea). Nella prima ipotesi, poiché si realizza una continuità non solo giuridica ma anche contabile e fiscale, la società risultante dalla trasformazione, come già evidenziato con circolare 9 maggio 1992, n. 12, deve presentare un'unica dichiarazione integrativa. Inoltre, per i periodi d'imposta antecedenti e posteriori alla trasformazione, devono essere scelte modalità di integrazione tra loro coerenti. Così, ad esempio, se per i periodi successivi alla trasformazione è richiesta la definizione automatica a norma dell'articolo 9, affinché quest'ultima sia valida, deve richiedersi la definizione automatica anche per i periodi d'imposta precedenti il cambiamento, suscettibili di definizione. Nella seconda ipotesi, poiché la trasformazione comporta che il soggetto - che acquista o perde la personalità giuridica - sia sottoposto a un distinto regime fiscale, la società interessata ai fini della definizione agevolata è tenuta a presentare due distinte dichiarazioni integrative, una per la società trasformata e l'altra per la società risultante dalla trasformazione. Si ricorda che ai fini Iva, invece, in caso di trasformazione da società di persone in società di capitali e viceversa sussiste sempre continuità ai fini dell'assolvimento degli obblighi contabili e di quelli dichiarativi. 2.1.6 Società fuse. La fusione comporta la concentrazione di due o più soggetti societari in una sola società e la contestuale estinzione di tutte o di alcune di esse. La fusione può avvenire, infatti, per unione, ossia attraverso la fusione di due o più società che si estinguono costituendo una nuova società, ovvero per incorporazione, mediante la quale una delle società partecipanti rimane in vita incorporando le altre. Per le società fuse o incorporate le dichiarazioni integrative devono essere presentate dalla società risultante dalla fusione o dalla società incorporante, le quali subentrano in tutti i diritti e in tutti gli obblighi delle società fuse o incorporate. Poiché le singole società fuse o incorporate, ai fini della definizione delle situazioni e delle pendenze tributarie, conservano una posizione autonoma sia tra esse che rispetto alla società incorporante o risultante dalla fusione, quest'ultime sono tenute a presentare distinte dichiarazioni integrative per le singole società fuse o incorporate. Conseguentemente, possono essere presentate, ad esempio, l'istanza di definizione automatica per la società incorporante e l'integrativa semplice per una o più società incorporate. Parimenti ai fini Iva, poiché la società risultante dalla fusione subentra in tutti gli obblighi e diritti delle società fuse, solo essa può presentare le dichiarazioni integrative, sia per se medesima sia per le società fuse. 2.1.7 Società scisse. Le operazioni di scissione possono essere distinte in: * scissione totale * scissione parziale. Con la scissione totale, l'intero patrimonio di una società è trasferito ad una o più società preesistenti o di nuova costituzione. A seguito di tale operazione la società scissa cessa di esistere. Pertanto, ai sensi dell'articolo 123-bis del Tuir gli obblighi tributari della società scissa, afferenti periodi d'imposta precedenti alla data in cui ha effetto la scissione, sono trasferiti alla società beneficiaria appositamente designata nell'atto di scissione. Ricorrendo tale ipotesi sarà la società beneficiaria a presentare oltre le dichiarazioni integrative riguardanti la propria posizione tributaria, anche quelle afferenti alla posizione tributaria della società scissa. Con la scissione parziale è trasferito ad una o più società, siano esse preesistenti o di nuova costituzione, solo una parte del patrimonio della società scissa. In tal caso quest'ultima continua ad esistere. Ne consegue che gli obblighi tributari della società scissa, anche riferibili a periodi d'imposta precedenti alla data in cui ha effetto l'operazione di scissione, sono adempiuti dalla stessa società scissa. 2.1.8 Dichiarazione congiunta. Per le dichiarazioni presentate congiuntamente dai coniugi, l'eventuale dichiarazione integrativa dovrà essere presentata singolarmente da ciascun coniuge. Di conseguenza la dichiarazione integrativa presentata da uno dei coniugi avrà effetto solo nei riguardi della propria posizione tributaria e contributiva, senza coinvolgere la posizione dell'altro coniuge. In tal caso, la liquidazione delle imposte dovute in base alle dichiarazioni integrative non potrà esercitare alcuna influenza sulla compensazione eventualmente operata nella dichiarazione originaria tra crediti e debiti tributari dei due coniugi. 2.1.9 Soci di società di persone, associati di associazioni tra artisti e professionisti, coniuge che gestisce l'azienda in comunione. L'articolo 8, comma 11, prevede che le società e le associazioni di cui all'articolo 5 del Tuir, e successive modificazioni, nonché i titolari delle aziende coniugali non gestite in forma societaria e delle imprese familiari che presentano dichiarazioni integrative devono comunicare, entro il 16 aprile 2003, ai soci titolari dei redditi prodotti in forma associata l'avvenuta presentazione delle menzionate dichiarazioni. Ciò in quanto la norma prevede che le dichiarazioni integrative della società o associazione producono effetti anche nei confronti dei soci. L'articolo 8, comma 11, infatti, prevede che . Da quanto appena evidenziato consegue che qualora i soggetti cui sono imputati pro quota i redditi delle menzionate società o associazioni e delle aziende gestite in comunione tra i coniugi non si avvalgono della facoltà di presentare dichiarazioni integrative semplici ai sensi dell'articolo 8 in esame, gli Uffici potranno effettuare accertamenti parziali ai sensi dell'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 sulla base dei maggiori redditi integrati dalla società o associazione. L'obbligo di comunicazione - prima richiamato - sussiste anche nel caso di presentazione della dichiarazione riservata di cui al comma 4 dell'articolo 8. I soci, a loro volta, possono presentare la dichiarazione integrativa secondo le modalità ordinarie - ovvero - anch'essi in via riservata. Resta fermo, in ogni caso, il potere dell'amministrazione finanziaria di procedere ad accertamento parziale ai sensi dell'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 qualora, in presenza di dichiarazione integrativa riservata presentata dalla società, i soci non abbiano provveduto alla regolarizzazione della posizione individuale. La norma, inoltre, a beneficio dei soci, associati o partecipanti nelle società o altri soggetti richiamati all'articolo 5 del Tuir, prevede termini più ampi sia per la presentazione della dichiarazione integrativa sia per il pagamento delle relative imposte. Tali soggetti, infatti, possono presentare la dichiarazione integrativa di cui all'articolo in esame e versare le relative imposte entro il 20 giugno 2003. Al riguardo si precisa che i soggetti titolari di redditi di partecipazione in uno o più società o associazioni di cui all'articolo 5 del Tuir sono ammessi a presentare più di una dichiarazione integrativa. In particolare tali soggetti possono: * presentare entro il 17 marzo 2003 la dichiarazione con definizione automatica ai sensi dell'articolo 9, nel qual caso la situazione tributaria risulta definita; * entro il 17 marzo 2003 presentare la dichiarazione integrativa ai sensi dell'articolo 8, per integrare gli imponibili originariamente dichiarati diversi da quelli di partecipazione; al fine di integrare questi ultimi redditi, possono presentare entro il 20 giugno 2003 una ulteriore dichiarazione integrativa conseguente a quella (o a quelle) presentata dalla società partecipata ai sensi dell'articolo 8; * presentare entro il 16 settembre 2003 la dichiarazione integrativa ai sensi dell'articolo 7, conseguente a quella presentata dalla società partecipata ai sensi del medesimo articolo. 2.2 Periodi d'imposta definibili. L'articolo 8, comma 1, stabilisce che possono costituire oggetto di integrazione le dichiarazioni relative ai periodi d'imposta per i quali i termini per la presentazione sono scaduti entro il 31 ottobre 2002. In particolare, possono essere oggetto d'integrazione: * ai fini delle imposte sui redditi, delle altre imposte e dei contributi, i periodi d'imposta compresi tra il 1997 e il 2001, se coincidenti con l'anno solare; * ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, gli anni dal 1998 al 2001. In caso di dichiarazioni omesse sono suscettibili di definizione anche i periodi di imposta 1996 per le imposte dirette e 1997 per l'Iva. La data del 31 ottobre 2002, entro la quale deve cadere il termine per la presentazione delle dichiarazioni relative ai periodi di imposta oggetto di integrazione, rileva per la generalità dei contribuenti, a nulla rilevando la circostanza che questi siano stati autorizzati a presentare la dichiarazione tramite banca o posta ovvero in via telematica. Posto che ai fini della individuazione delle dichiarazioni oggetto di integrazione occorre fare riferimento al termine di presentazione in via telematica stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, deve ritenersi che per i soggetti con esercizio non coincidente con l'anno solare, l'ultimo periodo d'imposta definibile è quello relativo all'esercizio chiuso entro il 31 dicembre 2001. In altri termini, tali soggetti, in quanto tenuti - ai sensi dell'articolo 2 del citato decreto del Presidente della Repubblica - a presentare la dichiarazione dei redditi in via telematica entro l'ultimo giorno del decimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta, non possono definire periodi d'imposta chiusi dopo il 31 dicembre 2001, per i quali la data di presentazione della relativa dichiarazione scade successivamente al 31 ottobre 2002. 2.3 Imposte e contributi cui è riferibile l'integrazione. L'integrazione ha effetto ai fini dei seguenti imposte e contributi: * l'Irpef le relative addizionali * l'Irpeg * le imposte sostitutive * l'Ilor * l'imposta sul patrimonio netto delle imprese * l'imposta sul valore aggiunto * l'imposta regionale sulle attività produttive * i contributi previdenziali * il contributo al servizio sanitario nazionale * le ritenute alla fonte. Non possono formare oggetto di integrazione le imposte dovute a seguito della liquidazione delle dichiarazioni dei redditi ai sensi dell'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e del controllo formale di cui all'articolo 36-ter del medesimo decreto, nonché a seguito della liquidazione delle dichiarazioni Iva di cui all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. 2.4 Imponibili oggetto di integrazione. Con riguardo alle imposte sui redditi, l'integrazione può interessare tutte le tipologie di redditi contemplate dall'articolo 6 del Tuir(redditi fondiari, di capitale, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, di impresa e diversi), siano essi soggetti a tassazione ordinaria ovvero a tassazione separata e anche se non risultino indicati nella dichiarazione originaria. Considerato che l'articolo 8 non prevede la definizione contestuale di tutte le imposte, i contribuenti possono presentare la dichiarazione integrativa con riferimento anche ad una sola imposta o contributo e anche per un singolo periodo d'imposta. Pertanto possono essere autonomamente integrati, ad esempio, gli imponibili rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e quelli rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, senza peraltro dover interessare tutte le annualità. I contribuenti che intendano integrare o dichiarare un reddito soggetto a tassazione separata ai fini Irpef devono necessariamente avvalersi delle disposizioni disciplinanti l'integrazione degli imponibili per gli anni pregressi, stante il disposto dell'articolo 9, comma 1, secondo cui . Con riferimento all'annualità in cui tali redditi sono stati conseguiti, essi presentano pertanto una dichiarazione integrativa, indicando il reddito soggetto a tassazione separata precedentemente omesso o dichiarato in modo infedele. Ciò anche nelle ipotesi in cui lo stesso contribuente abbia presentato per la medesima annualità dichiarazione integrativa con richiesta di definizione automatica. In altri termini, qualora si intenda effettuare la definizione automatica e, nello stesso tempo, integrare redditi soggetti a tassazione separata, è necessario produrre due distinte dichiarazioni rilevanti rispettivamente ai fini dell'articolo 9 e dell'articolo 8. Così, ad esempio, un imprenditore che abbia conseguito nell'anno 1998 una plusvalenza realizzata mediante cessione a titolo oneroso di azienda posseduta da più di cinque anni, assoggettata a tassazione separata ai sensi dell'articolo 16, lettera g), del Tuir, può integrare il relativo imponibile a suo tempo tassato separatamente, esclusivamente con la procedura di cui all'articolo 8 della legge finanziaria 2003 assoggettandolo al regime di tassazione separata. Ne consegue che per porre rimedio all'infedeltà della dichiarazione originaria relativamente a detto reddito soggetto a tassazione separata, il contribuente deve necessariamente presentare una specifica dichiarazione integrativa, e ciò anche nel caso in cui per l'anno 1998 abbia definito automaticamente la propria posizione tributaria con la presentazione della dichiarazione prevista all'articolo 9. Avendo riguardo al richiamato disposto dell'articolo 9, comma 1, deve ritenersi ugualmente necessaria la presentazione della dichiarazione integrativa semplice tutte le volte in cui si intenda regolarizzare la omessa dichiarazione di redditi annoverati tra quelli per i quali è consentita la tassazione separata ai sensi dell'articolo 16 del Tuir. Nel particolare caso in cui il contribuente abbia già assoggettato ad imposta sostitutiva ai sensi dell'articolo 1, comma 1 del decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358 una plusvalenza derivante da cessione a titolo oneroso di azienda posseduta da più di cinque anni, egli potrà integrare il relativo imponibile ai sensi dell'articolo 8 della presente legge ovvero, in alternativa, avvalersi della definizione automatica disciplinata dal successivo articolo 9. 2.5 Integrazione delle ritenute. La facoltà di avvalersi dell'integrazione prevista dall'articolo 8 della legge in esame può essere esercitata anche dai soggetti indicati nel titolo III del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, obbligati ad operare le ritenute, ivi compresi i soggetti e gli enti, indicati all'articolo 27 del citato decreto del Presidente della Repubblica, tenuti ad effettuare le ritenute sui dividendi. Pertanto possono formare oggetto della dichiarazione integrativa tutte le ritenute che tali soggetti erano obbligati ad effettuare su qualsiasi somma o valore da essi corrisposto avente natura reddituale per il percettore, negli anni dal 1997 al 2001, e, in caso di dichiarazione omessa, anche nel 1996. La circolare 24 giugno 1998, n. 165, e la successiva risoluzione 9 maggio 2000, n. 57, hanno chiarito che in caso di applicazione delle imposte sostitutive sui redditi di capitale (quali, ad esempio, quelle previste dagli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461), si rendono applicabili, ove compatibili, le medesime disposizioni procedimentali relative alle ritenute alla fonte. Pertanto, si ritiene che le imposte sostitutive sui redditi finanziari devono essere integrate secondo le modalità previste per l'integrazione delle ritenute. 2.6 Esclusioni. L'accesso alla procedura è interdetto in talune ipotesi espressamente individuate dalla legge, qui di seguito richiamate. 2.6.1 Esclusioni derivanti dalla notifica di atti. Ai sensi del comma 10 del citato articolo 8, non possono essere oggetto d'integrazione le dichiarazioni riguardanti periodi d'imposta in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore della legge, ossia entro il 1^ gennaio 2003, sia stato notificato uno dei seguenti atti: * processo verbale di constatazione con esito positivo; * avviso di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, dell'imposta sul valore aggiunto e dell'imposta regionale sulle attività produttive; * invito al contraddittorio previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, concernente disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale. I processi verbali di constatazione con esito positivo, che impediscono di accedere alla integrazione di cui all'articolo 8, sono quelli contenenti rilievi di natura sostanziale, definibili ai sensi dell'articolo 15 della legge finanziaria 2003. In tal caso la possibilità di "trattare" il verbale con le disposizioni sulla integrazione degli imponibili è preclusa limitatamente ai rilievi contenuti nello stesso processo verbale di constatazione. Dall'esame comparato della norma in esame e delle disposizioni recate dall'articolo 15 sulla definizione dei processi verbali di constatazione, traspare la volontà del legislatore di predisporre una sorta di corsia preferenziale per la definizione dei processi verbali di constatazione relativamente ai quali, alla data del 1^ gennaio 2003, non sia stato notificato avviso di accertamento e, nello stesso tempo, consente di delimitare correttamente la portata della causa ostativa in esame. L'ambito della norma in esame resta pertanto definito per esclusione, dovendosi ritenere che la notifica di un verbale ammesso alla definizione prevista dall'articolo 15 è di ostacolo alla definizione prevista dall'articolo 8. Al contrario, sarà consentito ricorrere all'integrazione degli imponibili per gli anni pregressi in presenza di verbali con addebiti diversi da quelli che caratterizzano i verbali richiamati all'articolo 15, non ammessi alla definizione prevista dallo stesso articolo in quanto caratterizzati da addebiti che non depongono direttamente per una sottrazione di materia imponibile. Deve ritenersi peraltro che la definizione di un processo verbale di constatazione ai sensi dell'articolo 15 non esclude la possibilità che il contribuente interessato - ove ne ravvisi l'opportunità - si avvalga contestualmente anche delle disposizioni agevolative di cui agli articoli 7, 8 e 9 della legge finanziaria 2003. É il caso di evidenziare come la norma in esame intenda riferirsi non al processo verbale di constatazione considerato nel suo contenuto complessivo, ma ai singoli rilievi in esso contenuti. Ciò postula la necessità di individuare, nell'ambito di ciascun verbale, la natura dei diversi rilievi verbalizzati al fine di discriminare quelli definibili con la procedura dell'articolo 15 dagli altri che, viceversa, consentono di accedere alla procedura integrativa in esame. L'eventuale notifica di avvisi di accertamento parziale ai sensi degli articoli 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e 54, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 rispettivamente per le imposte dirette e per l'Iva non produce effetto ostativo all'integrazione. Tuttavia, a norma dell'articolo 8, comma 10, lettera a) l'integrazione semplice è ammessa a condizione che si proceda alla definizione degli avvisi di accertamento parziale notificati entro il 16 marzo 2003 mediante il pagamento, entro il 17 marzo 2003, . Si ritiene che l'importo delle predette somme, avuto riguardo alla ratio e alle determinazioni comuni alla generalità delle procedure definitorie e agevolative, deve riferirsi esclusivamente alle imposte e non anche alle sanzioni ed interessi indicati nell'avviso di accertamento oggetto di definizione. Il pagamento delle imposte risultanti dall'avviso di accertamento parziale non è dovuto nel caso in cui tale atto sia stato notificato in data successiva a quella del perfezionamento - tramite pagamento delle somme dovute - della dichiarazione integrativa ovvero delle dichiarazioni di definizione automatica di cui agli articoli 7 e 9. L'onere del pagamento delle imposte richieste con l'accertamento parziale non è altresì configurabile qualora detto accertamento riguardi un periodo d'imposta o un settore impositivo diverso da quello interessato dalla dichiarazione integrativa. Non sussiste, ad esempio, l'onere di eseguire il pagamento delle somme emergenti da un avviso di accertamento parziale formato ai fini Iva ai sensi dell'articolo 54, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 633 del 1972, se il contribuente interessato intende limitare l'integrazione al settore delle imposte sui redditi. Per gli stessi motivi evidenziati con riferimento alla pendenza dei processi verbali di constatazione, si ritiene che per la definizione degli avvisi di accertamento parziale notificati entro il 1^ gennaio 2003 e non interessati da ricorso giurisdizionale, deve necessariamente attivarsi la diversa procedura di cui all'articolo 15 della legge finanziaria 2003, riservata alla generalità degli avvisi di accertamento e, quindi, anche agli avvisi di accertamento parziale. Anche in tal caso, la definizione dell'atto ai sensi dell'articolo 15 non esclude la facoltà di avvalersi contestualmente anche delle disposizioni agevolative di cui agli articoli 7, 8 e 9. Ovviamente il principio, secondo cui la definizione mediante la procedura dell'articolo 15 non preclude la possibilità di avvalersi anche dell'integrazione prevista dall'articolo 8 e delle definizioni automatiche di cui agli articoli 7 e 9, rileva non solo per gli avvisi di accertamento parziale ma per la generalità degli avvisi di accertamento e degli inviti al contraddittorio. 2.6.2 Esclusioni derivanti dall'avvio di un procedimento penale del quale l'interessato abbia formale conoscenza. La dichiarazione integrativa non è altresì ammissibile allorché, alla data di presentazione della medesima dichiarazione, sia stato avviato un procedimento penale, di cui il contribuente ha avuto formale conoscenza, per i seguenti reati tributari previsti del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74: * dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 2), * dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo 3); * dichiarazione infedele (articolo 4); * omessa dichiarazione (articolo 5); * occultamento o distruzione di documenti contabili (articolo 10), e per i seguenti reati tributari previsti dal Codice penale e dal Codice civile, quando tali reati siano stati commessi per eseguire o occultare i reati di cui ai punti precedenti ovvero per conseguirne il profitto e siano riferiti alla stessa pendenza o situazione tributaria; * falsità materiale commessa dal privato (articolo 482 Codice penale); * falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (articolo 483 Codice penale); * falsità in registri e notificazioni (articolo 484 Codice penale); * falsità in scrittura privata (articolo 485 Codice penale); * uso di atto falso (articolo 489 Codice penale); * soppressione, distruzione e occultamento di atti veri (articolo 490 Codice penale); * falsità concernenti documenti informatici (articolo 491-bis Codice penale); * falsità concernenti copie autentiche che tengono luogo degli originali mancanti (articolo 492 Codice penale); * false comunicazioni sociali (articolo 2621 Codice civile); * false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori (articolo 2622 Codice civile); * falso in prospetto (articolo 2623 Codice civile). Ai fini dell'esclusione dall'accesso alla procedura di definizione, occorre che i reati diversi da quelli tributari siano rispetto a questi ultimi in rapporto di strumentalità, ossia che la loro Commissione sia stata necessaria per eseguire o occultare quelli tributari, ovvero per conseguirne il profitto. Si tratta in sostanza di quella particolare ipotesi di concorso di reati costituita dai cosiddetti "reati connessi", cioè tra loro collegati da "connessione teleologica" (quando un reato - mezzo è commesso allo scopo di eseguire un reato - fine) o da (allorché un reato viene commesso per conseguire il profitto di un altro reato o per occultarlo). I reati connessi devono inoltre riferirsi . La norma preclude l'accesso all'integrazione semplice qualora, alla data di presentazione della dichiarazione integrativa, in relazione ai reati sopra elencati sia stato già avviato un procedimento penale del quale il contribuente interessato abbia avuto formale conoscenza. In proposito, si ricorda che l'avvio del procedimento penale si ha formalmente con l'iscrizione nell'apposito registro, da parte del pubblico ministero, della notizia del reato e del nome della persona alla quale il reato è attribuito (articolo 335 Codice di procedura penale). Si ritiene che la preclusione in esame operi con esclusivo riguardo ai periodi d'imposta ai quali si riferiscono i procedimenti medesimi. Tale disposizione, benché contemplata nel corpo delle norme disciplinanti la definizione automatica (si veda articolo 9, comma 15), si ritiene, sulla base di una interpretazione conforme alla ratio della norma, che possa trovare applicazione anche con riferimento alla dichiarazione integrativa. L'esclusione in argomento opera dunque al verificarsi di entrambe le condizioni specificate dall'articolo 8, comma 10, lettera b): * avvio del procedimento penale; * formale conoscenza del procedimento in corso da parte del contribuente. Qualora tali condizioni si verifichino dopo la data di presentazione della dichiarazione integrativa, la stessa è da ritenersi legittimamente presentata e produttiva, quindi, degli effetti previsti dalla norma. Parimenti, è possibile presentare legittimamente la dichiarazione integrativa allorché, pur essendo avviato il procedimento penale, il contribuente, alla data di presentazione della dichiarazione integrativa, non abbia avuto ancora formale conoscenza del procedimento penale in corso nei suoi confronti per gli illeciti in precedenza evidenziati. Come specificato con circolare 3 maggio 2002, n. 37, la formale conoscenza del procedimento penale in corso si realizza normalmente alla data di notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 415-bis del Codice di procedura penale. Considerato tuttavia che in alcuni casi l'indagato può venire a conoscenza formale dell'avvio del procedimento penale prima del termine cui si riferisce il citato articolo 415-bis (ad esempio, perché riceve un'informazione di garanzia ovvero un atto di sequestro o di perquisizione a suo carico), deve ritenersi che la conoscenza formale si realizza alla data di notifica di qualsiasi atto da cui espressamente risulti la qualità di indagato. 2.7 Modalità e termini di presentazione delle dichiarazioni integrative. Le dichiarazioni integrative, redatte su modelli conformi a quelli approvati con provvedimento del Direttore dell'agenzia delle Entrate, in corso di emanazione, devono essere presentate entro il 16 marzo 2003 (considerato che il 16 marzo cade di domenica, il termine deve intendersi prorogato a lunedì 17 marzo 2003, in via telematica direttamente, avvalendosi degli intermediari abilitati di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322 e successive modificazioni oppure ricorrendo all'assistenza degli Uffici locali dell'agenzia delle Entrate. Le dichiarazioni relative ai periodi di imposta 1996 e 1997 possono essere presentate anche su supporto cartaceo. Per motivi connessi con la speditezza e la regolarità della gestione, l'agenzia delle Entrate suggerisce tuttavia l'opportunità di avvalersi, anche per dette annualità, della trasmissione delle dichiarazioni per via telematica. In deroga al principio generale stabilito dall'articolo 2, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, non è consentita la presentazione di dichiarazioni integrative entro i novanta giorni successivi al termine di scadenza. Ciascun contribuente che intenda integrare anche più periodi d'imposta, presenta, in riferimento alla propria situazione tributaria, una sola dichiarazione integrativa, sia pure con distinta esposizione dei dati relativi a ciascun periodo d'imposta cui la dichiarazione si riferisce. Nei casi espressamente previsti dalla legge, determinati soggetti (eredi, società incorporanti o risultanti dalla fusione, dalla trasformazione, eccetera) sono ammessi a presentare più dichiarazioni integrative, partitamente riferite alla propria posizione tributaria e a quella di un soggetto diverso. 2.7.1 Presentazione telematica diretta. I soggetti che predispongono la propria dichiarazione integrativa possono scegliere di trasmetterla in via telematica direttamente, senza avvalersi di un intermediario abilitato, con le medesime modalità previste per la presentazione della dichiarazione annuale. La prova dell'avvenuta presentazione della dichiarazione è data dalla comunicazione rilasciata dall'agenzia delle Entrate che attesta l'avvenuta presentazione. 2.7.2 Presentazione telematica tramite intermediari. Gli intermediari abilitati di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998 sono tenuti a trasmettere all'agenzia delle Entrate in via telematica sia le dichiarazioni integrative da loro stessi predisposte sia quelle compilate dai contribuenti per le quali assumono l'incarico di presentarle in via telematica. A tal riguardo si rammenta che gli intermediari abilitati all'invio telematico delle dichiarazioni sono elencati nel citato articolo 3, comma 3. Sono altresì obbligati alla presentazione telematica delle dichiarazioni da loro predisposte gli studi professionali e le società di servizi in cui almeno la metà degli associati o più della metà del capitale sociale sia posseduto da soggetti iscritti in alcuni albi, collegi o ruoli, come specificati dal decreto dirigenziale 18 febbraio 1999. Gli adempimenti degli intermediari abilitati connessi con la presentazione della dichiarazione integrativa sono gli stessi previsti per la presentazione della dichiarazione ordinaria. Per una puntuale ricognizione di tali adempimenti si rinvia alle istruzioni per la trasmissione dei modelli di dichiarazione annuale. Per quanto riguarda la tempestività delle dichiarazioni presentate in via telematica, si considerano tempestive le dichiarazioni integrative trasmesse entro i termini stabiliti dagli articoli 8 e 9 della legge finanziaria 2003, ma scartate dal servizio telematico, purché ritrasmesse entro i cinque giorni lavorativi successivi alla data contenuta nella comunicazione dell'agenzia delle Entrate che attesta il motivo dello scarto (in tal senso vedere circolare n. 195 del 24 settembre 1999). Per la trasmissione telematica delle dichiarazioni integrative dei soggetti appartenenti a gruppi, e per qualsiasi altra indicazione alla presentazione delle dichiarazioni in via telematica, si fa rinvio alle istruzioni per la trasmissione dei modelli di dichiarazione annuale. 2.7.3 Presentazione su supporto cartaceo. I contribuenti che intendano presentare dichiarazione integrativa su supporto cartaceo, facoltà - questa - consentita solo per i periodi d'imposta 1996 e 1997, debbono spedire tale dichiarazione al centro operativo di Venezia dell'agenzia delle Entrate, mediante raccomandata. In tal caso dette dichiarazioni integrative si considerano presentate nel giorno in cui le stesse sono consegnate all'ufficio postale e la prova della loro presentazione è data dalla ricevuta della raccomandata; nessun'altra prova può essere addotta in contrasto con le risultanze di tale documento. Le dichiarazioni integrative devono essere sottoscritte, conformemente a quanto disposto dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, dal soggetto interessato o da chi ne ha la rappresentanza legale o negoziale. In caso di soggetti diversi dalle persone fisiche occorre la sottoscrizione del rappresentante legale e, in mancanza, di chi ne ha l'amministrazione anche di fatto, o del rappresentante negoziale nonché, in caso di società ed enti soggetti all' imposta sul reddito delle persone giuridiche presso cui esiste un organo di controllo, delle persone fisiche che lo costituiscono o del presidente se si tratta di organo collegiale. La mancata sottoscrizione da parte del contribuente o del rappresentante può essere sanata se il contribuente provvede alla sottoscrizione entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito da parte del competente ufficio dell'agenzia delle Entrate. 2.8 Modalità di calcolo e di versamento delle imposte. Il comma 3 dell'articolo 8 prevede che l'integrazione si perfeziona con il pagamento entro il 17 marzo 2003 dei maggiori importi dovuti in base alla dichiarazione integrativa nonché dell'intero ammontare delle ritenute e dei contributi. Ai fini del calcolo delle maggiori imposte occorre far riferimento alle disposizioni vigenti in ciascun periodo d'imposta. In sostanza, sui maggiori imponibili devono essere calcolate le relative imposte applicando le aliquote vigenti nei periodi d'imposta interessati dall'integrazione. Per le dichiarazioni integrative presentate dai sostituti d'imposta le ritenute dovute saranno calcolate sulle somme e valori indicati in dette dichiarazioni, applicando le aliquote vigenti nel periodo d'imposta interessato dall'integrazione. Ai sensi del comma 3 dell'articolo 8, sulle maggiori imposte non sono dovuti interessi e non si applicano le sanzioni amministrative tributarie. Occorre sottolineare, inoltre, che la norma non prevede alcuna soglia minima d'integrazione né con riferimento all'imponibile né all'imposta. Qualora le imposte da versare per ciascuna annualità superino: * per le persone fisiche la somma di 2000,00 euro; * per gli altri soggetti la somma di 5000,00 euro; gli importi eccedenti possono essere versati in due rate di pari importo maggiorati degli interessi legali, calcolati a decorrere dal 17 marzo 2003. Si ricorda, in proposito, che ai sensi del Dm 11 dicembre 2001 la misura del saggio degli interessi legali di cui all'articolo 1284 del codice civile è fissata, con decorrenza dal 1^ gennaio 2002, al 3 per cento annuo. I versamenti di tali eccedenze devono essere effettuati entro le seguenti date: * 16 marzo 2004; * 16 marzo 2005. A maggior chiarimento si veda la seguente tabella: Resta ferma la possibilità per il contribuente di versare le somme dovute in unica soluzione entro il 17 marzo 2003, ovvero in una o due rate maggiorate degli interessi. Il calcolo degli interessi sarà effettuato secondo il metodo commerciale, in base alla formula , dove è il capitale, ossia l'importo dovuto rateizzato, è il tasso di interesse legale, del 3 per cento, e è il numero di giorni decorrenti dal 17 marzo 2003 fino al giorno di pagamento della rata, considerando ciascun mese composto da trenta giorni. A titolo esemplificativo, si ipotizzi che una persona fisica sia tenuta, per un determinato periodo d'imposta, a seguito di integrazione degli imponibili, al versamento di un importo pari ad euro 3.000,00. In tal caso entro il 17 marzo 2003 dovrà pagare la somma di euro 2.000,00. L'eccedenza pari a euro 1.000,00 potrà essere versata in due rate di euro 500,00 entro il 16 marzo 2004 ed entro il 16 marzo 2005. Questi due ultimi versamenti dovranno essere maggiorati degli interessi, a decorrere dal 17 marzo 2003. Pertanto il debitore effettuerà il pagamento della prima rata il 16 marzo 2004 per l'importo complessivo di euro 515,00, di cui euro 500,00 a titolo di capitale ed euro 15 di interessi (calcolati in base alla già citata formula ossia 500,00 x 3 x 360 / 36.000). Analogamente, la seconda rata, se pagata il 16 marzo 2005, ammonta a euro 530,00, costituita da euro 500,00 di capitale ed euro 30,00 di interessi (500,00 x 3 x 720 / 36.000). Il mancato versamento in tutto o in parte di tali eccedenze alle prescritte scadenze non determina l'inefficacia della definizione. In caso di mancato, tardivo o insufficiente versamento delle somme rateizzate, queste saranno iscritte a ruolo ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 unitamente agli interessi legali e alla sanzione amministrativa dovuta nella misura del 30 per cento delle somme non versate. La sanzione è ridotta alla metà (pari al 15 %) se il versamento è eseguito entro i trenta giorni successivi alla scadenza. Posto che la norma disciplina in modo specifico gli effetti del versamento tardivo prevedendo - come si è detto - la riduzione della sanzione in caso di versamento tardivo effettuato entro trenta giorni, si ritiene che nel caso di specie non possa trovare applicazione l'istituto del ravvedimento disciplinato dall'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Le somme dovute devono essere versate mediante modello F24, utilizzando un apposito codice tributo. A norma del comma 3 del citato articolo 8 i predetti versamenti non possono essere compensati ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Si richiama l'attenzione dei contribuenti sulla necessità, ai fini dell'efficacia dell'integrazione richiesta, che le somme dovute in base alla dichiarazione integrativa siano versate regolarmente - come si evince dal comma 3, primo periodo dell'articolo 8 - non avendo alcuna efficacia l'eventuale applicazione dell'istituto del ravvedimento di cui al citato articolo 13. Considerato inoltre che soltanto l'omesso o carente versamento delle "eccedenze" rateizzate non determina l'inefficacia della definizione, l'integrazione non produce effetti qualora non siano puntualmente versate le somme dovute (anche in presenza di rateazione) entro il 17 marzo 2003. Si evidenzia la necessità anche con riferimento ai redditi soggetti a tassazione separata, le relative imposte dovute sulla base della dichiarazione integrativa, debbono essere versate integralmente entro il 17 marzo 2003 previa autoliquidazione da parte del contribuente; considerata la peculiarità della procedura dichiarativa prevista dall'articolo 8 e, in particolare, della dichiarazione riservata prevista al comma 4, non sono ammesse modalità alternative di pagamento. 2.8.1 Contenuto delle dichiarazioni integrative. L'articolo 8, comma 3, prescrive che . In particolare, la norma dispone che la dichiarazione integrativa non consente di ottenere il rimborso di ritenute, acconti e crediti di imposta non indicati nelle dichiarazioni originarie. Prevede, inoltre, che le detrazioni d'imposta diverse da quelle originariamente dichiarate non possono essere riconosciute. La dichiarazione integrativa, infine, non può costituire titolo per il riconoscimento di esenzioni o agevolazioni non richieste nelle dichiarazioni a suo tempo prodotte. Ciò in quanto, come già precisato nella circolare n. 12 del 1992, le dichiarazioni integrative sono finalizzate esclusivamente ad integrare gli imponibili relativi ai singoli periodi d'imposta e non possono quindi offrire occasione per conseguire altri scopi perseguibili mediante formalità a suo tempo non espletate. Conseguentemente, la richiesta, ad esempio, evidenziata in dichiarazione integrativa di ridurre l'aliquota Irpeg, non produce alcun effetto e deve ritenersi come non effettuata. Alla luce della richiamata disposizione è, invece, consentito, attraverso la dichiarazione integrativa, far valere detrazioni maggiori, non scomputate interamente in precedenza, purché non diverse da quelle indicate nella dichiarazione originaria. É possibile, inoltre, detrarre dall'imposta scaturente dalla dichiarazione integrativa le ritenute, gli acconti e i crediti d'imposta non dichiarati in precedenza, nei limiti della predetta imposta, non rilevando l'eventuale credito emergente. La ratio della norma appena richiamata e, in modo particolare, il divieto di compensare le imposte dovute in base alla dichiarazione integrativa, enunciato al comma 3 dell'articolo 8, inducono a ritenere che i crediti d'imposta , che possono trovare ingresso nella dichiarazione integrativa e, di riflesso, nel computo delle imposte dovute in base alla medesima, sono soltanto quelli correlati ai maggiori imponibili riferiti al periodo d'imposta oggetto di integrazione, il cui riconoscimento sia normalmente subordinato alla dichiarazione e alla conseguente tassazione del reddito cui essi si riferiscono. Deve ritenersi esclusa pertanto la possibilità di ridurre le imposte dovute in base alla dichiarazione integrativa, che - è opportuno ribadire - non possono essere compensate ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, utilizzando crediti d'imposta riconosciuti sulla base di presupposti non direttamente correlati ai maggiori imponibili e ai periodi d'imposta oggetto di integrazione. Per i motivi appena rappresentati, non è consentito, ad esempio, detrarre dalla maggiore imposta dovuta in base alla dichiarazione integrativa i crediti d'imposta per i datori di lavoro di cui all'articolo 7 della legge n. 388 del 2000 e i crediti d'imposta per i soggetti che effettuano nuovi investimenti nelle aree svantaggiate di cui all'articolo 8 della legge n. 388 del 2000. Possono essere utilizzati, invece, nella dichiarazione integrativa in cui siano indicati i redditi corrispondenti - sia pure nei limiti della maggiore imposta dichiarata - i crediti di imposta precedentemente non dichiarati per utili distribuiti da società ed enti, di cui all'articolo 14 del Tuir. Posto che il comma 5 dell'articolo 8 prevede che per i redditi e gli imponibili conseguiti all'estero è dovuta un'imposta sostitutiva di quelle indicate nel comma 1, pari al 13 per cento, ne consegue l'impossibilità di operare la detrazione dei crediti di imposta per i redditi prodotti all'estero, di cui all'articolo 15 del Tuir, ancorché precedentemente non richiesti. L'assoggettamento a tassazione sostitutiva di detti redditi rende, infatti, inattuabile il meccanismo di calcolo previsto dal citato articolo 15, ossia il rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo al lordo delle perdite di precedenti periodi d'imposta ammessi in diminuzione. Analogamente, lo stesso articolo 16-bis del Tuir prevede che i redditi di capitale di fonte estera, cui sia applicata l'imposta sostitutiva di cui all'articolo 2, commi 1-bis e 1-ter del decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239, non possono avvalersi del credito d'imposta previsto per i redditi prodotti all'estero. É opportuno evidenziare che in sede di compilazione delle dichiarazioni integrative i contribuenti, nell'indicare un maggior reddito o una maggiore imposta rispetto a quelli evidenziati nella dichiarazione originaria, possono tener conto che, ai fini dell'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 8 in commento, si considerano indicati nella dichiarazione originaria i redditi, le perdite, le imposte lorde e le addizionali esposti nelle dichiarazioni integrative eventualmente presentate ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 e dell'articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998. La norma, infine, specifica che la differenza tra l'importo del maggior credito risultante dalla dichiarazione originaria e quello del minor credito emergente dalla dichiarazione integrativa è versata secondo le ordinarie modalità indicate dallo stesso articolo 8. Con una disposizione di chiusura è poi sancita l'indeducibilità delle imposte e dei contributi versati a seguito della richiesta integrazione. 2.9 Dichiarazione integrativa riservata. Il comma 4 dell'articolo 8 prevede che, in alternativa alle modalità di presentazione della dichiarazione integrativa e di versamento delle somme dovute, prima illustrate, i contribuenti possono presentare la dichiarazione integrativa semplice in forma riservata ai soggetti convenzionati di cui all'articolo 19 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (banche, Poste italiane Spa e concessionari), utilizzando lo stesso modello previsto per la dichiarazione presentata in modo ordinario. Questi ultimi sono tenuti: * a rilasciare copia della dichiarazione integrativa ai contribuenti interessati comprovante l'avvenuta presentazione; * a versare le maggiori somme dovute entro il 21 marzo 2003, senza possibilità di effettuare - anche in questo caso - le compensazioni di cui all'articolo 17 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997; * a comunicare all'agenzia delle Entrate l'ammontare complessivo delle somme versate senza indicazione dei nominativi dei contraenti che hanno presentato la dichiarazione integrativa semplice. I contribuenti sono tenuti a conservare la dichiarazione. Per il pagamento delle somme dovute in base alle dichiarazioni integrative non è ammesso il pagamento rateale di cui al comma 3. Pertanto i soggetti convenzionati dovranno provvedere ad effettuare il pagamento in unica soluzione. Sono esclusi, da questa particolare procedura, i soggetti che hanno omesso di presentare le dichiarazioni relativamente a tutti i periodi d'imposta interessati dall'integrazione. 2.10 Regolarizzazione dei redditi e degli imponibili conseguiti all'estero. Il comma 5 dell'articolo 8 prevede, ai fini della regolarizzazione dei redditi e degli imponibili conseguiti all'estero, l'obbligo del pagamento di un'imposta sostitutiva delle imposte richiamate nel comma 1 (imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive, imposta sul patrimoniale sulle imprese, Iva, Irap, contributi previdenziali e contributi al Ssn) dovuta nella misura del 13 per cento. Al riguardo, si fa presente che si considerano conseguiti all'estero i redditi, imponibili in Italia, derivanti da attività detenute all'estero e, in ogni caso, i redditi di qualsiasi fonte attraverso i quali, con qualunque modalità, anche tramite soggetti non residenti o loro strutture interposte, sono state costituite attività o realizzati investimenti all'estero. Per la dichiarazione dei predetti redditi ed il versamento della relativa imposta sostitutiva, la norma in commento fa rinvio alle disposizioni contenute nei commi 3 e 4. Pertanto, l'integrazione si perfeziona con il pagamento dell'imposta sostitutiva del 13 per cento entro il 17 marzo 2003 e, qualora l'importo dovuto sia eccedente gli importi indicati nel citato comma 3, si rende applicabile la rateazione del versamento dell'eccedenza, ad eccezione dell'ipotesi in cui la dichiarazione integrativa sia presentata in forma riservata secondo le modalità previste dal successivo comma 4; in quest'ultimo caso è esclusa la rateazione e le imposte devono essere versate integralmente dagli intermediari abilitati entro il 21 marzo 2003. Il perfezionamento della procedura concernente la dichiarazione dei redditi conseguiti all'estero di cui all'articolo 8, comma 5, comporta, tra l'altro, l'estinzione delle sanzioni previste dalle disposizioni sul cosiddetto di cui al decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, soltanto ove ricorrano le ipotesi di cui all'articolo 14, comma 4. In sostanza, la dichiarazione o l'integrazione dei redditi e degli imponibili conseguiti all'estero e il pagamento dell'imposta sostitutiva del 13 per cento consente l'estinzione delle sanzioni relative al monitoraggio fiscale a condizione che il contribuente proceda alla regolarizzazione contabile delle attività detenute all'estero alla data del 31 dicembre 2001. Come sarà meglio specificato nel paragrafo riservato alle regolarizzazioni contabili, la regolarizzazione in esame ha per oggetto le attività detenute all'estero cui si riferiscono i redditi e gli imponibili oggetto di integrazione. Infatti, le attività in precedenza omesse, nel momento in cui vengono regolarizzate, sono iscritte per la prima volta nel bilancio o rendiconto dell'imprenditore e, nel rispetto dei principi civilistici di redazione del bilancio, tale iscrizione comporta l'emersione di una corrispondente componente positiva di reddito costituita da una sopravvenienza attiva di pari importo. Pertanto, i redditi e gli imponibili conseguiti all'estero e correlati alle attività detenute all'estero al 31 dicembre 2001, che possono costituire oggetto di integrazione ai sensi dell'articolo 8, comma 5, sono costituiti dall'intero importo della sopravvenienza attiva che emerge nel bilancio o nel rendiconto in sede di regolarizzazione ai sensi dell'articolo 14, comma 4, se tale importo è di ammontare pari o superiore rispetto agli imponibili riferibili alla predetta attività sottratti ad imposizione nei periodi definibili; inoltre, coerentemente con le finalità della norma, si ritiene che detta modalità (iscrizione della sopravvenienza e definizione del reddito in misura corrispondente) si renda applicabile anche per fare emergere attività costituite all'estero in periodi di imposta che non possono essere più accertati da parte degli Uffici per intervenuta decadenza. Nel caso in cui, invece, gli imponibili conseguiti in periodi di imposta definibili fossero di ammontare superiore al valore dell'attività emersa alla quale essi si riferiscono, l'imprenditore potrà definire gli imponibili omessi ed iscrivere in bilancio o nel rendiconto il valore di detta attività. A titolo esemplificativo: 1. un soggetto titolare di reddito d'impresa che detiene un'attività all'estero di valore pari a euro 20.000, costituita anche mediante un reddito di euro 1.000 conseguito nel 2001 e derivante dall'impiego delle attività stesse, qualora intenda avvalersi del beneficio della estinzione delle sanzioni previste dal decreto-legge n. 167 del 1990 nonché degli altri effetti di cui al successivo comma 7 dell'articolo 8, rilevanti ai fini penali e dell'azione accertatrice, dovrà indicare nella dichiarazione integrativa l'intero ammontare della sopravvenienza attiva emersa (comprensiva del reddito non dichiarato) e cioè un importo pari a euro 20.000, corrispondere la relativa imposta sostitutiva del 13 per cento e, nel contempo, effettuare la regolarizzazione contabile delle corrispondenti attività (20.000). Da tale regolarizzazione contabile consegue il riconoscimento fiscale delle predette attività, ai fini delle imposte sui redditi e dell'Irap, a decorrere dal terzo periodo di imposta successivo a quello chiuso o in corso al 31 dicembre 2002; 2. invece, un soggetto non titolare di reddito d'impresa che detiene all'estero un'attività finanziaria di valore pari a euro 20.000 dalla quale sia derivato un reddito di capitale pari a euro 1.000, se intende avvalersi della procedura prevista dall'articolo 8 deve presentare la dichiarazione integrativa per un importo pari a euro 1.000 e corrispondere la relativa imposta sostitutiva del 13 per cento. Tuttavia, trattandosi di un soggetto non tenuto alla redazione delle scritture contabili, per potersi avvalere della non applicabilità delle sanzioni sul monitoraggio fiscale, potrà far emergere l'attività finanziaria detenuta all'estero avvalendosi esclusivamente delle disposizioni relative allo scudo fiscale di cui all'articolo 20, ricorrendo le condizioni ivi previste. Si ricorda che, in tal caso, e cioè nel caso in cui il contribuente intenda avvalersi delle disposizioni dell'articolo 20, i redditi derivanti dalle attività regolarizzate percepiti dal 27 settembre 2001 fino al 31 dicembre 2001 possono essere indicati nella dichiarazione integrativa relativa al periodo d'imposta 2001, effettuando il pagamento dei tributi e contributi di legge, con le aliquote previste per il 2001, aumentato degli interessi legali moratori. Qualora il contribuente abbia effettuato il rimpatrio delle attività, i relativi redditi percepiti dal 1^ agosto 2001 fino alla data dell'effettivo rimpatrio possono essere determinati e sottoposti ad imposizione a norma dell'articolo 14, comma 8, del decreto legge n. 350 del 2001 ovvero, per i medesimi redditi, con le modalità presuntive previste dal comma 2-bis dell'articolo 1 del decreto legge n. 12 del 2002. Come già anticipato, la contestuale regolarizzazione delle scritture contabili nei modi appena evidenziati è configurata dalla norma come condizione necessaria affinché la integrazione avente ad oggetto redditi di fonte estera possa conseguire i seguenti effetti: * estinzione delle sanzioni sul monitoraggio fiscale di cui al decreto legge n. 167 del 1990 (articolo 8, comma 6, lettera b); * esclusione della punibilità per i reati di cui alle lettere c e d del comma 6 (articolo 8, comma 7). É opportuno, altresì, evidenziare che per i redditi in questione non è possibile avvalersi della definizione automatica per gli anni pregressi disciplinata dall'articolo 9. 2.11 Effetti della dichiarazione integrativa semplice. Dal perfezionamento della dichiarazione integrativa deriva una consistente limitazione del potere di accertamento dei tributi e dei contributi nonché l'estinzione delle sanzioni amministrative tributarie e previdenziali e l'esclusione della punibilità per alcuni reati tributari e comuni. Poiché attraverso l'istituto in esame vengono portati a tassazione imponibili maggiori rispetto a quelli originariamente dichiarati, i benefici connessi alla dichiarazione integrativa operano entro determinati limiti quantitativi e temporali. In particolare, il comma 6 dell'articolo 8 dispone che il perfezionamento della procedura di integrazione gli effetti di seguito indicati. 2.11.1 Preclusione dell'accertamento. In conseguenza del perfezionamento della procedura in esame, il potere di accertamento nei confronti del contribuente viene subordinato al ricorrere di precise condizioni. Il citato comma 6 dell'articolo 8 stabilisce che per ciascuna imposta e per ciascun periodo d'imposta l'azione accertatrice può essere promossa solo quando il maggior reddito imponibile accertabile superi quello derivante dal cumulo tra il reddito originariamente dichiarato ed il maggior imponibile risultante dalla dichiarazione integrativa, aumentato quest'ultimo di una "franchigia" pari al 100 per cento per ciascun periodo d'imposta. Per maggior comprensione della disposizione in esame, si ipotizzi la situazione seguente: * reddito imponibile esposto nella dichiarazione originaria euro 150.000,00; * reddito imponibile esposto nella dichiarazione integrativa euro 50.000,00. L'ufficio può procedere ad accertamento solo nell'ipotesi in cui, in base agli elementi in suo possesso, può determinare un reddito imponibile superiore all'importo di euro 250.000,00, pari alla somma dei redditi imponibili dichiarati e integrati dal contribuente (150.000,00 + 50.000,00) maggiorati della franchigia pari euro 50.000,00 (100% dell'imponibile integrato di euro 50.000,00). Lo stesso articolo 8, comma 6, prevede che per i sostituti d'imposta la franchigia è del 50 per cento delle maggiore ritenute indicate nella dichiarazione integrativa semplice. Ai sensi del comma 7 la franchigia non opera per i redditi e gli imponibili all'estero oggetto d'integrazione a norma del precedente comma 5. 2.11.2 Estinzione delle sanzioni amministrative tributarie e previdenziali. A favore dei contribuenti che accedono alla procedura della dichiarazione integrativa è prevista, in relazione ai maggiori redditi integrati aumentati della franchigia, per ciascuna imposta integrata e per ciascun periodo d'imposta, l'estinzione delle sanzioni amministrative tributarie e previdenziali. L'estinzione opera sia con riguardo alle sanzioni principali sia a quelle accessorie. Inoltre, qualora il contribuente provveda alla integrazione dei redditi e degli imponibili conseguiti all'estero ai sensi del comma 5 dell'articolo 8, nonché alla regolarizzazione contabile delle attività detenute all'estero ai sensi dell'articolo 14, comma 4, non si applicano le sanzioni previste dalle disposizioni riguardanti il monitoraggio fiscale di cui al decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227. 2.11.3 Esclusione della punibilità. L'integrazione degli imponibili comporta l'esclusione, ad ogni effetto, della punibilità per tutte le fattispecie di reato specificamente individuate al punto 2.6.2, al quale si rinvia. Si puntualizza che l'esclusione della punibilità per i reati previsti dal codice penale e dal codice civile opera soltanto quando detti reati siano stati commessi per eseguire od occultare i reati tributari ovvero per conseguirne il profitto. I reati connessi devono riferirsi . Così, ad esempio, il perfezionamento della dichiarazione integrativa costituisce causa di non punibilità per i reati di falso da cui sia derivata una dichiarazione fraudolenta o infedele. L'articolo 8, comma 6, lettera d), ultimo periodo prevede inoltre che , relativamente ai reati di cui agli articoli 482, 483, 484, 485, 489, 490, 491-bis, 492 del Codice penale e agli articoli 2621, 2622 e 2623 del Codice civile. Ai sensi del comma 7, per i redditi e gli imponibili conseguiti all'estero, l'esclusione della punibilità per i reati tributari e comuni sopra individuati opera, nel caso ricorra l'ipotesi di cui al successivo articolo 14, comma 4, a condizione che si provveda alla regolarizzazione contabile delle attività detenute all'estero secondo le modalità ivi previste. Coerentemente con le previsioni di esclusione della punibilità prima richiamate, al comma 12 dell'articolo 8 si afferma che la presentazione delle dichiarazioni integrative non determina a carico dei funzionari dell'Agenzia l'obbligo o la facoltà di elevare denuncia all'autorità giudiziaria a norma dell'articolo 331 del codice di procedura penale. Al medesimo comma si precisa inoltre che . 2.11.4 Interposizione di persone. Gli effetti della presentazione delle dichiarazioni integrative sopra evidenziati, in particolare quelli previsti dai commi 6 e 7 dell'articolo 8, si applicano ai sensi del comma 8 del medesimo articolo non solo al soggetto dichiarante ma anche ai soggetti diversi da questi se considerati possessori effettivi dei maggiori imponibili. Tale disposizione trova applicazione, in particolare, in caso di interposizione fittizia di persona. Si rammenta a tal proposito che l'articolo 37, commi 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 consente agli uffici, in sede di rettifica o accertamento, di imputare al contribuente i redditi di cui altri appaiono titolari, quando viene dimostrato, anche in base a presunzioni gravi, precise e concordanti, che lo stesso è l'effettivo possessore per interposta persona. In tali ipotesi, i soggetti interposti, che abbiano pagato le imposte poi attribuite all'effettivo titolare dei redditi, possono chiedere il rimborso, che potrà essere effettuato solo quando l'accertamento eseguito nei confronti del reale titolare dei redditi si è reso definitivo e per l'importo non superiore all'imposta effettivamente riscossa dall'ufficio finanziario a seguito dell'accertamento. L'articolo 8, comma 8, dispone, con riguardo alla fattispecie in esame, che qualora il reddito oggetto di integrazione venga attribuito ad un soggetto diverso da quello che ha presentato la dichiarazione integrativa, gli effetti connessi con la presentazione di tale dichiarazione integrativa si trasmettono al possessore effettivo del reddito. 3) Definizione automatica per gli anni pregressi Con la presentazione della dichiarazione prevista dall'articolo 9 della legge finanziaria 2003, i contribuenti interessati possono definire in modo automatico tutte le imposte relative ai periodi per i quali i termini di presentazione delle dichiarazioni sono scaduti entro il 31 ottobre 2002. La dichiarazione per la definizione automatica è presentata con le medesime modalità previste, per la dichiarazione integrativa, ai commi 3 e 4 dell'articolo 8. Essa, a differenza di quella integrativa prevista dall'articolo 8 citato, non è finalizzata alla dichiarazione di maggiori imponibili ma alla esposizione dei dati necessari per determinare le somme al cui pagamento sono subordinati gli effetti della dichiarazione. 3.1 Contribuenti ammessi. Possono avvalersi delle disposizioni agevolative di cui all'articolo 9 gli stessi soggetti ammessi alla integrazione prevista dall'articolo 8, fatta eccezione per i sostituti d'imposta. Le ritenute d'acconto, infatti, non possono costituire oggetto di definizione automatica. Si rinvia, in proposito, alle indicazioni fornite in sede di esame dell'ambito soggettivo di applicazione dell'articolo 8 (paragrafo 2.1). Particolare menzione meritano, tuttavia, le imprese o società in liquidazione; è stato già evidenziato che se la liquidazione si protrae oltre l'esercizio in cui ha avuto inizio, il liquidatore è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi sia per la residua frazione di tale esercizio sia per ciascun successivo periodo intermedio. Tali dichiarazioni intermedie, se la liquidazione non supera i tre, o i cinque esercizi, valgono a liquidare le imposte in via provvisoria, ai sensi dell'articolo 124, comma 2 del Tuir. Trattandosi di dichiarazioni provvisorie si ritiene che le stesse, a differenza di quelle che determinano in via definitiva l'Irpef e l'Irpeg, non siano suscettibili di definizione automatica. 3.2 Periodi d'imposta definibili. Per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare, i periodi d'imposta oggetto di definizione automatica, ai fini delle imposte dirette e delle altre imposte, come evidenziato con riferimento all'integrazione degli imponibili di cui all'articolo 8, sono quelli compresi tra il 1997 e il 2001, compreso il periodo relativo al 1996 se la relativa dichiarazione è stata omessa. Per l'imposta sul valore aggiunto sono definibili le annualità dal 1998 al 2001, posto che per il 1997 i termini decadenziali previsti dall''articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 per la notifica degli avvisi di rettifica e di accertamento sono scaduti il 31 dicembre 2002; il periodo d'imposta 1997 può essere definito solo se la relativa dichiarazione è stata omessa. Ai sensi del comma 8 dell'articolo 9, la definizione automatica deve interessare tutti i periodi d'imposta, ivi compresi quelli per i quali è stata omessa la presentazione della dichiarazione. In base al principio secondo cui la definizione automatica deve obbligatoriamente interessare, a pena di nullità, tutti i periodi d'imposta considerati dalla legge, principio correlato peraltro alla natura tipica di procedimenti definitori che - a differenza di quello previsto all'articolo 8 - non consentono di tener conto delle specifiche peculiarità della fattispecie trattata, si ritiene che debbano essere inclusi nella richiesta di definizione automatica anche i periodi d'imposta per i quali il contribuente era legittimato a non presentare la dichiarazione stessa, perché ad esempio, non era stato prodotto alcun reddito. Ovviamente non sussiste l'obbligo di includere nella definizione automatica i periodi di imposta per i quali il contribuente, persona fisica o soggetto diverso dalla persona fisica, non aveva la soggettività passiva tributaria (si pensi, ad esempio, ai periodi antecedenti alla costituzione di una società o successivi al suo scioglimento, nel caso di soggetti diversi dalle persone fisiche). Circa i soggetti con esercizio non coincidente con l'anno solare, in particolare quelli che chiudono l'esercizio oltre il 31 dicembre 2001 e per i quali i termini di presentazione della dichiarazione scadono oltre il 31 ottobre 2002, si rinvia a quanto già illustrato nella presente circolare con riferimento all'articolo 8 (si veda paragrafo 2.2). 3.3 Ambito oggettivo. Le imposte oggetto di definizione automatica sono: * l'Irpef e le relative addizionali; * l'Irpeg; * Ilor; * le imposte sostitutive delle imposte sui redditi; * l'imposta regionale sulle attività produttive; * l'imposta sul patrimonio netto delle imprese; * l'imposta sul valore aggiunto. Per la definizione delle imposte indirette diverse dall'Iva è prevista una autonoma disciplina, contemplata all'articolo 11. In particolare, l'articolo 9, comma 1, prescrive che, ai fini della definizione automatica, i contribuenti interessati debbano presentare un'apposita dichiarazione . Per quanto riguarda le tipologie di imposte oggetto di definizione, si ritiene che il legislatore - in conformità con quanto stabilito in occasione della definizione prevista dalla legge n. 413 del 1991 - abbia inteso affermare l'obbligo di includere nella definizione automatica, a pena di nullità, tutte le imposte relative a ciascun settore impositivo. Ne consegue che per la definizione delle imposte sui redditi e relative addizionali, nonché delle imposte assimilate a quelle sul reddito, quali le imposta sostitutive, l'Irap e l'imposta sul patrimonio netto delle imprese non è obbligatorio ricomprendere nella apposita dichiarazione anche l'imposta del valore aggiunto e, per converso, ai fini della definizione di quest'ultima non è obbligatorio definire anche le imposte sui redditi e quelle assimilate come sopra individuate. Si evidenzia che l'obbligo di richiedere la definizione per tutte le imposte relative a ciascun settore impositivo comporta, altresì, l'obbligo di versare tutte le imposte relative a ciascun settore impositivo che risultano dalla definizione. Per i periodi d'imposta chiusi in perdita o in pareggio, si precisa che, a norma del comma 7 dell'articolo 9, è dovuto . L'ultimo periodo del comma 1 del citato articolo 9, infine, esclude dalla definizione automatica: * i redditi soggetti a tassazione separata, per i quali può essere presentata la dichiarazione integrativa semplice o richiesta l'estinzione dell'eventuale controversia pendente; * i redditi e imponibili conseguiti all'estero con qualunque modalità, anche tramite soggetti non residenti o strutture interposte, per i quali a norma dell'articolo 8, comma 5, è possibile accedere all'integrazione degli imponibili secondo le modalità ivi indicate. 3.4 Esclusioni. L'accesso alla procedura è interdetto nelle stesse ipotesi già illustrate in sede di commento all'articolo 8, ovvero sia in conseguenza della notifica degli atti specificamente individuati nella lett. a) del comma 14 dell'articolo 9, sia in relazione alla circostanza che sia , per i reati tributari di cui agli articoli 2, 3 ,4, 5 e 10 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 nonché per i reati di cui agli articoli 482, 483, 484, 485, 489, 490, 491 -bis e 492 del Codice penale ed agli articoli 2621, 2622 e 2623 del Codice civile, quando tali reati siano stati commessi per eseguire o occultare i predetti reati tributari, ovvero per conseguirne il profitto e siano riferiti alla stessa pendenza o situazione tributaria. Per tutte le considerazioni in merito a dette cause di esclusione, si rimanda a quanto esposto ai precedenti paragrafi 2.6.1 e 2.6.2. Si ritiene, in particolare, che anche ai fini della definizione automatica la notifica entro il 1^ gennaio 2003 di un processo verbale di constatazione, definibile ai sensi dell'articolo 15, produce effetti preclusivi, sia pure limitatamente all'annualità e al settore impositivo interessati dallo stesso verbale. L'interessato dovrà in tal caso avvalersi necessariamente della definizione di cui al citato articolo 15, con facoltà di attivare altresì le procedure agevolative di cui agli articoli 7, 8 e 9 della legge finanziaria 2003. Per un approfondimento dell'argomento si fa rinvio al paragrafo 2.6.1. Allo stesso modo, qualora al contribuente interessato alla definizione sia stato notificato, entro il 16 marzo 2003, un avviso di accertamento parziale formato ai sensi dell'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 600 del 1973 ovvero dell'articolo 54, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 633 del 1972, il perfezionamento della definizione e la conseguente produzione degli effetti preclusivi previsti all'articolo 9, comma 14, lettera a), sono subordinati al pagamento non solo delle somme dovute in base alla dichiarazione definitoria, ma anche delle imposte evidenziate nel predetto avviso. Per la definizione degli avvisi di accertamento parziale notificati entro il 1^ gennaio 2003 e non interessati da ricorso giurisdizionale, deve necessariamente attivarsi la diversa procedura di cui all'articolo 15 della legge finanziaria 2003, riservata alla generalità degli avvisi di accertamento e, quindi, anche agli avvisi parziali. Deve ritenersi peraltro che il ricorso alla definizione di cui all'articolo 15 non esclude la possibilità per il contribuente interessato di avvalersi comunque della definizione automatica (o delle altre procedure agevolative previste dagli articoli 7 e 8 della legge finanziaria 2003) con riferimento al medesimo periodo d'imposta cui si riferisce l'avviso d'accertamento parziale. Per converso, ove la definizione automatica di cui all'articolo 9 non venga estesa al periodo d'imposta prima richiamato, gli effetti preclusivi della definizione non possono riferirsi anche al periodo d'imposta oggetto dell'accertamento parziale definito ai sensi dell'articolo 15. Una peculiare causa ostativa alla possibilità di avvalersi della definizione automatica, ai sensi della lettera c) del comma 14 dell'articolo in esame, è costituita dall'omessa presentazione di tutte le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e assimilate per i periodi d'imposta dal 1997 al 2001, per il settore imposte dirette e assimilate, e dal 1998 al 2001 per l'Iva. 3.5 Modalità e termini di presentazione della dichiarazione. La definizione automatica per gli anni pregressi si perfeziona con le stesse modalità della integrazione degli imponibili di cui all'articolo 8. Pertanto il contribuente, al fine di beneficiare della definizione automatica per gli anni pregressi, è tenuto a presentare, entro il 17 marzo 2003, una dichiarazione integrativa con richiesta di definizione automatica per tutti i periodi d'imposta e per tutte le imposte relative a ciascun settore impositivo (imposte sui redditi e assimilate, imposta sul valore aggiunto) e a versare, entro la stessa data, gli importi dovuti di seguito indicati. Per le modalità di presentazione della dichiarazione si rinvia a quanto già illustrato a commento dell'articolo 8. Si evidenzia che, come per la dichiarazione integrativa semplice, è consentito presentare, in alternativa, una dichiarazione in forma riservata. 3.6 Modalità di calcolo e di versamento delle imposte. Come accennato in premessa, le somme dovute in base alla definizione automatica non sono calcolate con riferimento a maggiori imponibili, ma sulla base di apposite regole di seguito illustrate. Innanzitutto le disposizioni sulla determinazione delle imposte dovute variano a secondo che si riferiscono al settore delle imposte dirette e "assimilate" ovvero al settore dell'Iva. Per il settore delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell'imposta regionale sulle attività produttive, dell'imposta sul patrimonio netto, la definizione automatica si perfeziona con il versamento per ciascun periodo d'imposta di un importo pari al 18 per cento delle imposte lorde e delle imposte sostitutive risultanti dalla dichiarazione originariamente presentata. Nel caso in cui ciascuna imposta lorda o sostitutiva, risultante dalla dichiarazione originaria, sia di ammontare superiore a 10.000 euro, all'eccedenza si applica la percentuale pari al 16 per cento. Inoltre, nell'ipotesi in cui ciascuna imposta lorda o sostitutiva sia di ammontare superiore a 20.000 euro, sull'eccedenza si applica la percentuale pari al 13 per cento. Per l'imposta sul valore aggiunto, invece, la definizione automatica si perfeziona con il versamento per ciascun periodo d'imposta di un importo pari alla somma del 2 per cento dell'imposta relativa alle operazioni imponibili effettuate nel periodo d'imposta corrispondente e del 2 per cento dell'imposta detraibile nel medesimo periodo. Nel caso in cui l'imposta relativa alle operazioni imponibili oppure l'imposta detraibile siano di ammontare superiore a 200.000 euro, a ciascuna eccedenza si applica la percentuale pari all'1,5 per cento; qualora le predette imposte siano di ammontare superiore a 300.000 euro sulle eccedenze si applica la percentuale dell'1 per cento. Si vedano, a maggior chiarimento, le seguenti tabelle: Qualora le somme complessivamente dovute risultino, per ciascun periodo d'imposta, superiori a 2.000 euro per le persone fisiche o a 5.000 euro per le società, è possibile rateizzare l'eccedenza in due rate, con l'applicazione degli interessi legali dal 17 marzo 2003: la prima rata, entro il 16 marzo 2004; la seconda rata entro il 16 marzo 2005. In proposito si rinvia a quanto già chiarito a commento dell'articolo 8. Il mancato versamento di una delle due rate non incide sul perfezionamento della definizione automatica, ma determina l'avvio del procedimento per il recupero delle somme omesse. In tal caso si applica una sanzione amministrativa pari al 30% delle somme non versate e gli interessi legali. Tale sanzione è ridotta della metà qualora il versamento sia effettuato entro i 30 giorni successivi alle predette date di scadenza. Come per il versamento delle imposte in caso di dichiarazione integrativa semplice, non trova applicazione l'istituto del ravvedimento di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 472 del 1997. Per ciascuno dei periodi d'imposta interessati dalla definizione automatica l'imposta da versare non può mai essere inferiore a determinati importi minimi, differenziati secondo il tipo d'imposta e la tipologia di contribuente. 3.6.1 Settore imposte dirette e assimilate. In particolare, ai fini del perfezionamento della definizione automatica delle imposte sui redditi e assimilate, le persone fisiche, le società semplici, e generalmente tutti i soggetti titolari di redditi diversi da quelli di impresa e da quelli derivanti dall'esercizio di arti o professioni, devono comunque versare 100,00 euro con riferimento a ciascun periodo d'imposta. Le persone fisiche titolari di reddito d'impresa, gli esercenti arti e professioni, le società e le associazioni di cui all'articolo 5 del Tuir, i soggetti di cui all'articolo 87, lettere a) e b) del medesimo Testo unico, nonché gli enti non commerciali e le società ed enti non residenti, di cui alle lettere c) e d) del medesimo articolo 87, se titolari di reddito d'impresa o di lavoro autonomo, devono invece versare i seguenti importi minimi, anche per i periodi d'imposta chiusi in perdita o in pareggio: * 450 euro, se l'ammontare dei ricavi e dei compensi non è superiore a 10.000 euro; * 900 euro, se l'ammontare dei ricavi e dei compensi non è superiore a 100.000 euro; * 1.200 euro, se l'ammontare dei ricavi e dei compensi non è superiore a 200.000 euro; * 1.600 euro, se l'ammontare dei ricavi o compensi non è superiore a 500.000 euro; * 2.000 euro, se l'ammontare dei ricavi o compensi non è superiore a 5.000.000 di euro; * 450 euro, per ogni 500.000 euro in più. 3.6.2 Settore Iva. Ai fini dell'Iva, l'importo minimo è differenziato esclusivamente in relazione al volume d'affari del contribuente: * 500 euro per i soggetti con volume d'affari sino a 10 mila euro; * 1.000 euro per quelli con volume d'affari superiore a 10 mila euro ma non a 200 mila euro; * 2.000 euro per gli altri soggetti. Nella tabella che segue sono riportati schematicamente gli importi minimi dovuti per la definizione automatica. Tali importi minimi sono dovuti in misura fissa e non vanno ragguagliati all'anno anche nell'ipotesi di periodo d'imposta superiore o inferiore a 12 mesi. Si precisa che per ricavi devono intendersi quelli definiti come tali nell'articolo 53 del Tuir. Nell'ipotesi di contemporaneo possesso in un medesimo periodo d'imposta di redditi d'impresa e di lavoro autonomo, per la determinazione dell'importo minimo da versare occorre far riferimento alla somma complessiva dei ricavi e dei compensi. L'articolo 9, comma 4, fissa i criteri per la determinazione degli importi minimi dovuti dai soggetti ai quali sono imputati pro quota i redditi delle imprese familiari e delle società o associazioni di cui all'articolo 5 del Tuir, nonché dai coniugi che gestiscono l'azienda in comunione. In particolare, per effetto di tale disposizione, i predetti importi minimi devono essere ripartiti proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili. Deve, innanzi tutto, farsi riferimento all'ammontare complessivo dei ricavi o compensi dichiarati dalla società o associazione e dall'imprenditore individuale (titolare dell'impresa familiare o dell'azienda coniugale), determinando, in riferimento a tale valore, l'importo minimo che sarà ripartito tra i soci in proporzione alla propria quota di partecipazione. In nessun caso l'importo minimo dovuto da ciascuno dei predetti soggetti può risultare inferiore a 200 euro. Qualora il contribuente possieda, in aggiunta ai redditi di partecipazione, redditi derivanti dall'esercizio di arti e professioni e/o redditi di impresa per i quali risultano applicabili importi minimi di diverso ammontare deve essere versato quello più elevato. Ai fini della definizione automatica, l'articolo 9, comma 7, prevede l'irrilevanza, a qualsiasi titolo, delle eventuali perdite risultanti dalle dichiarazioni originarie. Ne consegue che tali perdite non sono in nessun caso computabili in diminuzione del reddito complessivo dei periodi di imposta successivi. Si ritiene, comunque, che in caso di perdita, generata in un periodo di imposta definito e riportata in un periodo di imposta successivo egualmente definito, l'imposta lorda di tale ultimo periodo - sulla quale applicare le percentuali previste dall'articolo 9, comma 2, lettera a) - non deve essere rideterminata. A partire dal primo anno di imposta successivo all'ultimo definibile (nella normalità dei casi il 2002) non si possono riportare le perdite derivanti dalle annualità condonate. Come si è evidenziato, per i periodi d'imposta chiusi in perdita o in pareggio la definizione automatica si perfeziona mediante il versamento degli importi minimi previsti per le persone titolari di reddito d'impresa, gli esercenti arti e professioni, le società e le associazioni di cui all'articolo 5 del Tuir, nonché i soggetti di cui all'articolo 87 del medesimo testo unico nella misura sopra individuata. Il successivo comma 8 stabilisce che in caso di omessa presentazione della dichiarazione sono dovuti, per ciascuna dichiarazione e per ciascuna annualità, i seguenti importi: * 1.500 euro per le persone fisiche; * 3.000 euro per le società e associazioni di cui all'articolo 5 e per gli altri soggetti indicati nell'articolo 87 del Tuir. Tali importi sono dovuti dal soggetto dichiarante, a nulla rilevando la circostanza che egli intenda definire o meno entrambi i settori impositivi. La definizione automatica non si perfeziona quando la dichiarazione sia presentata da soggetti non ammessi oppure si fondi su dati che non corrispondono a quelli indicati nella dichiarazione originaria. In questi casi non è effettuato il rimborso delle somme versate. Gli importi corrisposti dal contribuente, tuttavia, rilevano come acconto sulle somme eventualmente dovute a seguito del futuro accertamento definitivo. Nel caso in cui il contribuente abbia presentato, ai sensi dell'articolo 2, comma 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, una dichiarazione integrativa a proprio favore dopo il 30 settembre 2002, gli effetti favorevoli della medesima si intendono rinunciati qualora egli si avvalga della definizione automatica in esame. In coerenza con tale disposizione all'articolo 9 comma 16, è chiarito che gli importi dovuti per la definizione sono calcolati sulla base della dichiarazione originaria. 3.7 Effetti della definizione automatica. Il comma 10 dell'articolo 9 riconnette al perfezionamento della definizione significativi e vantaggiosi effetti per il contribuente. Ai sensi del comma 9 . Da qui discendono due conseguenze: * l'Amministrazione potrà procedere nei modi ordinari alla liquidazione della dichiarazione ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, nonché dell'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972; * le eventuali variazioni dei dati dichiarati (ad esempio, maggiori imposte lorde) per effetto della liquidazione della dichiarazione originaria sono irrilevanti ai fini del calcolo delle maggiori somme dovute in sede di definizione, che dovrà pertanto essere riferita ai dati dichiarati dal contribuente. La definizione automatica non modifica l'importo degli eventuali crediti e rimborsi liquidati sulla base delle dichiarazioni presentate. L'articolo 9, comma 9, inoltre, specifica che la dichiarazione integrativa ai fini della definizione automatica non può essere utilizzata per il rimborso di ritenute, acconti e crediti d'imposta precedentemente non dichiarati, né per il riconoscimento di esenzioni, detrazioni e agevolazioni non richieste in precedenza. Nel rinviare, al riguardo, a quanto sostenuto in precedenza, si precisa, tuttavia, che le modalità stesse di calcolo degli importi dovuti ai fini della definizione automatica non consentono di evidenziare, come nella dichiarazione integrativa di cui all'articolo 8, ritenute, acconti e crediti d'imposta prima non dichiarati. 3.7.1 Preclusione dell'accertamento. Ai sensi del comma 10, lettera a), il perfezionamento della definizione automatica preclude all'amministrazione finanziaria, nei confronti del dichiarante e dei soggetti coobbligati, ogni possibilità di esperire accertamenti in rettifica o d'ufficio, limitatamente alle annualità ed ai tributi oggetto del condono. É fatta salva la possibilità di procedere ad accertamenti relativi ai redditi soggetti a tassazione separata, salvo che riguardo ad essi il contribuente, avendone la facoltà, abbia optato per la tassazione ordinaria nella dichiarazione originaria ovvero abbia, per tali redditi, presentato dichiarazione integrativa semplice. 3.7.2 Estinzione delle sanzioni amministrative tributarie. In secondo luogo, la successiva lettera del comma 10, prevede che la definizione automatica determina l'estinzione delle sanzioni amministrative tributarie, comprese quelle accessorie, relative ai periodi d'imposta oggetto di definizione. 3.7.3 Esclusione della punibilità. Infine, sotto il profilo penale, ai sensi della lettera c) del comma in esame, la definizione automatica, per i periodi d'imposta che ne sono oggetto, costituisce causa di esclusione della punibilità per i reati tributari di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 e per i reati extratributari connessi, già elencati da questa circolare in sede di commento all'articolo 8, al punto 2.6.2, al quale si rinvia. Da rilevare peraltro che, in relazione al disposto dell'ultima parte della lettera c) dell'articolo 10, l'esclusione della punibilità non opera, nell'ipotesi di procedimenti penali già in corso, sia con riguardo ai reati tributari sia a quelli extratributari connessi. Inoltre, per i soggetti imprenditori interessati alla regolarizzazione delle scritture contabili a norma del comma 5 dell'articolo 14, l'esclusione della punibilità opera solo qualora questi provvedano alla integrale regolarizzazione contabile di tutte le attività, anche detenute all'estero, secondo le modalità previste dall'articolo 14 medesimo. Nel caso in cui tale regolarizzazione sia parziale, è prevista la decadenza dal beneficio. Il perfezionamento della definizione automatica non esclude l'applicazione delle disposizioni sul monitoraggio fiscale di cui al decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227. Tuttavia, tali disposizioni non si applicano ai soggetti interessati alla regolarizzazione delle scritture contabili che abbiano provveduto all'integrale regolarizzazione di tutte le attività detenute all'estero, secondo le modalità previste dall'articolo 14. Resta ferma l'applicazione delle disposizioni sul monitoraggio di cui al citato decreto legge n. 167 del 1990 ai menzionati soggetti, qualora quest'ultimi abbiano provveduto alla regolarizzazione, soltanto parziale, delle loro attività detenute all'estero. Come già riferito al paragrafo n. 2.6.2. con riferimento all'integrazione degli imponibili, la preclusione indotta dalla formale conoscenza dell'avvio di un procedimento riguardante i reati tributari ed extra-tributari di cui alla lettera a) del comma 10 opera - come si legge al comma 15 - "con esclusivo riferimento ai periodi imposta ai quali si riferiscono à i procedimenti ivi indicati". Ne consegue che la definizione automatica non si estende al periodo d'imposta cui si riferiscono i fatti oggetto del procedimento penale. 3.7.4 Ulteriori effetti. Il soggetto che ha presentato la dichiarazione riservata, limitatamente ai periodi d'imposta oggetto delle definizione automatica, può opporre agli organi che pongano in essere nei suoi confronti e dei soggetti coobbligati, accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di controllo fiscale, gli effetti preclusivi, estintivi e di esclusione della punibilità del perfezionamento della definizione automatica, ossia la preclusione di ogni accertamento tributario, l'estinzione delle sanzioni amministrative tributarie (comprese quelle accessorie) e l'esclusione della punibilità per i reati sopra elencati. 3.7.5 Disposizioni in merito al sisma che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa nel 1990. L'articolo 9, comma 17, per i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell'articolo 3 dell'ordinanza del ministro per il Coordinamento della protezione civile del 21 dicembre 1990, destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi e contributi, estende la possibilità di definizione automatica, oltre che ai periodi d'imposta sopra indicati, anche alle annualità 1990, 1991 e 1992. In particolare, la norma, ai fini della definizione automatica di tali periodi d'imposta, prevede l'obbligo del versamento, entro il 16 marzo 2003, dell'intero ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, al 10 per cento. Così, ad esempio, a fronte di un importo complessivamente iscritto a ruolo di 1.000 e di un pagamento parziale pari a 200, ai fini della definizione in esame è dovuta la somma pari a 80, corrispondente al 10% della differenza tra 1.000 e 200. Qualora gli importi dovuti complessivamente eccedano la somma di 5.000 euro, l'eccedenza può essere rateizzata, mediante un massimo di otto rate semestrali con l'applicazione degli interessi legali a decorrere dal 17 marzo 2003. Come per i periodi d'imposta generalmente interessati dalla definizione automatica, il mancato versamento di una delle rate semestrali non incide sul perfezionamento della definizione automatica, ma determina l'avvio del procedimento per il recupero delle somme omesse. In tal caso si applica una sanzione amministrativa pari al 30% delle somme non versate e gli interessi legali. Tale sanzione è ridotta della metà qualora il versamento sia effettuato entro i 30 giorni successivi alle predette date di scadenza. 4) Definizione automatica di redditi di impresa e di lavoro autonomo per gli anni pregressi mediante autoliquidazione Nell'ambito dei diversificati istituti di definizione previsti dalla legge finanziaria , l'articolo 7 è esclusivamente rivolto: * alle imprese e ai professionisti che hanno dichiarato ricavi e compensi nei limiti di 5.184.569 euro; * agli imprenditori agricoli esclusivamente titolari di reddito agrario ai sensi dell'articolo 29 del Testo unico delle imposte dirette, nonché alle imprese di allevamento di cui all'articolo 78 del medesimo Testo unico. I contribuenti interessati possono singolarmente definire le annualità dal 1997 al 2001 per le quali le prescritte dichiarazioni sono state presentate entro il 31 ottobre 2002. Si precisa al riguardo che, per espressa previsione del comma 16, i contribuenti che successivamente al 30 settembre 2002 hanno presentato dichiarazione integrativa ai sensi dell'articolo 2, comma 8-bis, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998 n. 322, possono effettuare la definizione sulla base della dichiarazione originariamente presentata, rinunciando agli effetti favorevoli della dichiarazione integrativa. 4.1 Periodi d'imposta definibili. L'articolo 7 prevede la possibilità di definire i redditi di impresa e di lavoro autonomo professionale ed artistico riguardanti le annualità d'imposta per le quali le prescritte dichiarazioni sono state presentate entro il 31 ottobre 2002. Per gli stessi periodi d'imposta possono inoltre essere definiti i redditi di partecipazione prodotti: * dai soci di società di persone che producono redditi d'impresa e dagli associati di associazioni tra professionisti che producono redditi di lavoro autonomo; * dai coniugi delle aziende coniugali non gestite in forma societaria; * dai collaboratori dell'impresa familiare; sulla base della definizione dei redditi di impresa e di lavoro autonomo perfezionata dalle società e associazioni, ovvero dai titolari delle aziende coniugali e delle imprese familiari. Il comma 2 prevede inoltre la definizione dei redditi agrari di cui all'articolo 29 del Tuir e dei redditi di impresa di allevamento di cui all'articolo 78 del Tuir. 4.2 Contribuenti ammessi. Sotto il profilo soggettivo rientrano, in via generale, nell'ambito applicativo dell'istituto, indipendentemente dalla natura giuridica e dal regime contabile adottato, gli esercenti attività d'impresa ovvero arti e professioni; in particolare: * persone fisiche: - imprenditori, commercianti, artigiani, intermediari del commercio; - professionisti iscritti in Albi e altri soggetti titolari di reddito di lavoro autonomo artistico e professionale; - soci di società commerciali di persone ed associati di associazioni professionali e artistiche; - coniugi delle aziende coniugali non gestite in forma societaria; - collaboratori delle aziende familiari; * società commerciali di persone: - società in nome collettivo; - società in accomandita semplice; - società di fatto esercenti attività commerciali, escluse le società semplici; * associazioni tra artisti e professionisti, comprese le società semplici costituite tra persone fisiche che hanno conseguito redditi di lavoro autonomo; * società di capitali: - società per azioni; - società in accomandita per azioni; - società a responsabilità limitata. Tali soggetti, potenzialmente rientranti nell'area soggettiva della norma, sono ammessi a condizione che abbiano dichiarato ricavi o compensi entro il limite di 5.164.569 euro, tenuto conto degli specifici criteri previsti dal comma 1 lettere a), b), c). Sono inoltre ammessi alla definizione automatica i soggetti esclusivamente titolari di reddito agrario e d'impresa di allevamento, rispettivamente, ai sensi degli articoli 29 e 78 del Tuir. 4.3 Esclusioni. L'accesso alla procedura è interdetto in presenza delle fattispecie previste al comma 3 dell'articolo 7, alcune delle quali sostanzialmente coincidenti con quelle già esaminate in sede di commento all'articolo 8. La definizione automatica è infatti esclusa anche in conseguenza della notifica, alla data del 1^ gennaio 2003, di uno degli atti specificamente individuati nella lettera c) del comma 3 dell'articolo 7 (processo verbale di constatazione con esito positivo, avviso di accertamento, invito al contraddittorio). Peraltro, il contribuente cui sia stato notificato un avviso di accertamento parziale ai sensi dell'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 o dell'articolo 54, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, può usufruire della definizione automatica a condizione che versi, entro il 20 giugno 2003, le somme oggetto dell'accertamento stesso, al netto delle sanzioni e degli interessi. Anche in tal caso si ritiene che, ricorrendone i presupposti, debba trovare applicazione la definizione prevista dall'articolo 15. Inoltre, la preclusione opera in relazione alla circostanza che, nei confronti del contribuente, sia stato avviato un procedimento penale di cui questi abbia formale conoscenza, per uno qualunque dei reati tributari di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74. In ordine a tale fattispecie, si ritiene che la preclusione operi, relativamente al periodo d'imposta cui il procedimento si riferisce, ogniqualvolta l'avvio del procedimento risulti formalmente a conoscenza dell'interessato alla data del perfezionamento della definizione, vale a dire alla data del pagamento effettuato ai sensi del comma 5. Per le altre considerazioni in merito a dette cause di esclusione, si rimanda a quanto esposto ai precedenti punti 2.6.1 e 2.6.2. Sono altresì previste due ulteriori cause di esclusione. La prima, di cui alla lettera a) del comma 3 in esame, nei confronti dei soggetti che abbiano omesso di presentare la dichiarazione, ovvero l'abbiano presentata, omettendo però di indicare il reddito di impresa o di lavoro autonomo, ovvero il reddito agrario di cui all'articolo 29 del Tuir. La seconda, di cui alla successiva lettera b) del comma 3, concernente i soggetti che abbiano dichiarato ricavi o compensi superiori a euro 5.164.569,00. In sostanza, non possono fruire della definizione in esame i contribuenti nei confronti dei quali non è applicabile la normativa in materia di studi di settore e di parametri. 4.4 Effetti della definizione. Il perfezionamento della definizione automatica comporta, a decorrere dal giorno, comunque non successivo al 20 giugno 2003, in cui viene effettuato il pagamento - totale o della prima rata - delle somme dovute, una serie di effetti rilevanti sul piano tributario e penale. 4.4.1 Inibizione dei poteri di controllo dell'ufficio. Ai sensi del comma 11 dell'articolo 7, è inibito, per qualsiasi organo inquirente . Viene quindi impedita ogni attività istruttoria (ad esempio accessi, ispezioni, invio di questionari) ai fini dell'accertamento; l'inibizione dell'esercizio dei poteri è opponibile dal contribuente mediante esibizione degli attestati di versamento e dell'atto di definizione in suo possesso. La preclusione in esame produce i suoi effetti limitatamente ai redditi di impresa e di lavoro autonomo e ai periodi d'imposta oggetto di definizione. 4.4.2 Esclusione dell'applicabilità delle presunzioni di cessioni e di acquisto. La definizione rende inoltre non applicabili nei confronti del contribuente le disposizioni, relative alle presunzioni di cessione e di acquisto, recate dal decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 441. Anche per questa ipotesi è previsto il potere di opposizione di cui al punto precedente. 4.4.3 Definitività della liquidazione delle imposte. Per espressa previsione del comma 12, la definizione automatica non può essere revocata né sottoposta ad impugnazione da parte del contribuente. La medesima neppure può essere integrata o modificata da parte dell'amministrazione. Limitatamente a ciascuna annualità definita, ai sensi del successivo comma 13, il perfezionamento della procedura rende definitiva la liquidazione delle imposte sui redditi e delle relative addizionali, dell'Irap e dell'Iva risultanti dalla dichiarazione, relativamente alla deduzioni, alle agevolazioni ed alle esclusioni. Va sottolineato che con la definizione non è possibile modificare l'importo di rimborsi e crediti eventualmente risultanti dalla dichiarazione originaria. Restano salvi gli effetti dell'attività di controllo formale posta in essere dagli uffici ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. 4.4.4 Effetti extratributari. Ai sensi del comma 12 dell'articolo 7, la definizione automatica non rileva ai fini penali ed extratributari. Relativamente all'ambito penalistico, l'inciso in questione deve essere interpretato in conformità a quanto chiarito con circolare 115 del 2000, vale a dire nel senso che fermo restando l'ordinario potere dell'autorità giudiziaria, l'adeguamento non costituisce notizia di reato ai sensi dell'articolo 331 Codice di procedura penale, né ammissione di responsabilità penale da parte del contribuente. In tal senso si esprime anche la prima parte del comma 11 ove, nel disciplinare le inibizioni all'esercizio di poteri istruttori, vengono fatte salve le disposizioni del codice penale e del codice di procedura penale. Quanto ai profili extratributari, al principio di non rilevanza fa eccezione il comma 9 secondo cui, per il calcolo dei contributi previdenziali, la definizione rileva nella misura del 60% per la parte eccedente il minimale reddituale ovvero, nei casi in cui il reddito dichiarato è superiore al minimale, del 60% della parte eccedente il dichiarato. 4.5 Criteri di definizione per l'annualità 1997. La definizione automatica dei redditi d'impresa e di lavoro autonomo per tale annualità, espressamente disciplinata dal comma 5, è effettuata esclusivamente con il versamento di una somma pari a 300 euro. 4.6 Criteri di definizione per le annualità dal 1998 al 2001. I contribuenti interessati alla definizione dei redditi d'impresa e di lavoro autonomo, secondo la previsione del comma 1, lettere a), b), c), dovranno procedere all'autoliquidazione dei tributi derivanti dai maggiori ricavi o compensi determinati sulla base dei seguenti criteri. 4.6.1 Adeguamento dei ricavi o compensi in base agli studi di settore di cui all'articolo 62-bis del decreto legge n. 331 del 1993 convertito dalla legge n. 427 del 1993. Tale adeguamento dovrà essere operato in relazione alle attività economiche esercitate ed alle annualità per le quali risulta approvato l'apposito studio di settore. I maggiori ricavi o compensi di riferimento per la definizione sono determinabili attraverso il prodotto informatico Ge.ri.co. e, in presenza di indici di incoerenza economica, secondo appositi criteri di normalizzazione in corso di definizione con il decreto ministeriale previsto dal comma 14. 4.6.2 Adeguamento dei ricavi o compensi in base ai parametri di cui all'articolo 3, commi da 181 a 189, della legge n. 549 del 1995. Tale adeguamento dovrà essere operato per le attività economiche esercitate e per le annualità in relazione alle quali non risultano approvati gli appositi studi di settore ovvero in presenza di condizioni di inapplicabilità degli studi approvati, non estensibili ai parametri. I maggiori ricavi e compensi di riferimento per la definizione sono determinabili sulla base dei parametri previsti dal Dpcm 29 gennaio 1996, come modificato dal Dpcm 27 marzo 1997, utilizzando l'apposito software distribuito dall'Amministrazione finanziaria. 4.6.3 Adeguamento dei ricavi e compensi in funzione della distribuzione dei contribuenti per fasce di ricavi o compensi e di redditività risultanti dalle dichiarazioni. Tale adeguamento dovrà essere effettuato qualora non siano applicabili gli istituti di cui alle precedenti lettere a) e b), in relazione alle specifiche discipline. Si precisa al riguardo, in particolare, che tale modalità di definizione dovrà essere adottata dai soggetti che: * si sono avvalsi del regime di determinazione forfetaria del reddito; * esercitano attività per le quali non sono stati elaborati i parametri ovvero gli studi di settore per le annualità oggetto di definizione automatica; * pur esercitando, in regime di determinazione ordinaria del reddito, una delle attività assoggettabili ai parametri e agli studi di settore, sono interessati da cause di esclusione secondo la specifica normativa. Anche i criteri per la determinazione dei maggiori ricavi o compensi di riferimento per la definizione sono stabiliti con decreto ministeriale previsto dal comma 14. Per espressa previsione del comma 5, gli importi calcolati a titolo di maggiore ricavo o compenso non possono essere inferiori a 600 euro per le persone fisiche ed a 1.500 euro per gli altri soggetti, con riferimento a ciascuna annualità oggetto di definizione. I maggiori ricavi o compensi determinati con i suesposti criteri costituiscono, di norma, base imponibile ai fini dell'Irpef e relative addizionali regionali e comunali, dell'Irpeg, dell'Irap e dell'Iva. Per espressa previsione del comma 14, ai fini dell'autoliquidazione delle maggiori imposte sono applicate le aliquote ordinarie vigenti in ciascun periodo d'imposta. Con lo stesso decreto ministeriale previsto dal comma 14 saranno analiticamente definiti i criteri che i contribuenti dovranno adottare per la liquidazione delle maggiori imposte. Si precisa che il comma 8 stabilisce l'irrilevanza a qualsiasi effetto delle perdite risultanti dalle dichiarazioni oggetto di definizione automatica. La suddetta disposizione assume riflessi diversi da quelli illustrati con riferimento alla definizione automatica ai sensi dell'articolo 9. Si deve, infatti, rilevare che l'istituto definitorio previsto dall'articolo 7 in commento è esclusivamente rivolto alla definizione dei redditi d'impresa e di lavoro autonomo e prevede la rideterminazione del complessivo reddito imponibile, nonché della relativa imposta lorda sulla base delle ordinarie aliquote vigenti per ciascuna annualità oggetto di definizione. Ne consegue, pertanto, che in presenza di perdite di esercizio ovvero a riporto da precedenti esercizi, dedotte nella dichiarazione, i maggiori ricavi o compensi sono aumentati delle componenti reddituali compensate dalle perdite stesse ai fini del calcolo delle maggiori imposte dovute a titolo Irpef e relative addizionali, nonché Irpeg. Per completezza d'informazione si evidenzia che lo stesso comma 8 stabilisce l'esclusione e comunque l'inefficacia del riporto a nuovo delle perdite d'impresa originate in un anno oggetto di definizione. Lo stesso comma prevede l'applicazione delle sanzioni nella misura di un ottavo del minimo sulle maggiori imposte scaturenti dal recupero delle eccedenze di perdite riportate in esercizi per i quali la definizione automatica non è intervenuta, senza applicazione di interessi. Al riguardo si evidenzia che la definizione automatica si considera non intervenuta nei seguenti casi: * mancato perfezionamento della definizione automatica da parte del contribuente con riferimento ad annualità interessate dall'istituto; * esercizi successi al 2001, non rientranti nell'ambito di applicazione dell'istituto. 4.7 Criteri di definizione da parte dei soggetti congrui e coerenti. Si precisa che specifiche modalità di definizione sono previste dal comma 6 per i soggetti che hanno dichiarato ricavi o compensi di ammontare non inferiore a quelli determinabili in base ai parametri ovvero agli studi di settore in assenza di anomalie negli indici di coerenza economica. Tali soggetti possono, infatti, effettuare la definizione automatica del relativo reddito d'impresa e di lavoro autonomo esclusivamente con il versamento di una somma pari a 300 euro per ciascuna annualità interessata. 4.8 Criteri per la definizione da parte delle persone fisiche titolari dei redditi prodotti in forma associata. Le società, associazioni ovvero i titolari dell'impresa familiare o dell'azienda coniugale sono tenuti a comunicare l'avvenuta definizione, entro il 20 luglio 2003, ai soci e associati, collaboratori familiari e ai coniugi delle aziende coniugali. Questi ultimi, sulla base della comunicazione ricevuta, possono definire i relativi redditi di partecipazione per le annualità dal 1998 al 2001. In tale comunicazione dovranno essere indicati per ciascuna annualità i seguenti elementi: * la quota di maggior reddito imponibile ai fini Irpef; * la quota di perdita di impresa o di lavoro autonomo risultante dalla dichiarazione presentata; * la data di effettuazione del versamento. Sulla base dei suddetti elementi i contribuenti procederanno all'autoliquidazione della maggiore imposta Irpef e delle relative addizionali. Qualora i contribuenti intendano definire più redditi di partecipazione ovvero anche eventuali redditi d'impresa o di lavoro autonomo di cui siano titolari, ovviamente l'autoliquidazione dovrà essere unitariamente effettuata in relazione alle complessive maggiori imposte dovute. Si precisa che, per espressa previsione del comma 10, la definizione effettuata dai soggetti partecipati e dai titolari dell'impresa familiare o dell'azienda coniugale costituisce titolo per l'accertamento ai sensi dell'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e successive modificazioni, nei confronti dei contribuenti che non hanno definito i relativi redditi di partecipazione. I redditi prodotti in forma associata sono automaticamente definiti, senza ulteriori oneri da parte di contribuenti, nei seguenti casi previsti dal comma 10: * per il periodo d'imposta 1997 qualora i soggetti partecipati e i titolari delle imprese familiari e delle aziende coniugali abbiano definito i redditi d'impresa o di lavoro autonomo con il versamento dell'importo pari a 300 euro previsto dal comma 5; * per i periodi d'imposta 1998 - 2001 qualora gli stessi soggetti, congrui e coerenti sulla base degli studi di settore ovvero congrui sulla base dei parametri, abbiano definito i redditi d'impresa o di lavoro autonomo con il versamento dell'importo pari a 300 euro previsto dal comma 6. 4.9 Criteri per la definizione da parte dei titolari di reddito agrario e di imprese di allevamento. La definizione automatica da parte dei suddetti soggetti è disciplinata dal comma 2 il quale, per le specifiche metodologie di calcolo, rinvia al decreto ministeriale da emanare ai sensi del comma 14. Tale metodologia terrà conto del volume di affari dichiarato ai fini dell'Iva. La definizione potrà essere effettuata, per ciascuna annualità, con il versamento degli importi stabiliti nel citato decreto ministeriale con effetti ai fini dell'Iva e dell'Irap. 4.10 Modalità di perfezionamento della definizione automatica. Ai sensi del comma 5, la definizione si perfeziona per ciascuna annualità con il versamento delle complessive somme autoliquidate sulle quali non sono dovuti gli interessi e le sanzioni. Lo stesso comma 5 prevede che le complessive maggiori imposte relative alle annualità oggetto di definizione - dal 1998 al 2001 - sono interamente dovute fino all'importo di 5.000 euro per le persone fisiche e fino all'importo di 10.000 euro per gli altri soggetti. La parte rispettivamente eccedente tali limiti è ridotta alla metà. Per usufruire della riduzione il contribuente deve pertanto sommare tutte le maggiori imposte per ciascuna annualità, operando quindi la riduzione a metà della parte di imposta eccedente i limiti sopra indicati. L'importo risultante andrà conseguentemente sommato ai 5.000 o 10.000 euro, al fine di determinare il totale importo dovuto a titolo di maggiori imposte; tale importo dovrà essere aumentato di una somma pari a 300 euro per ciascuna annualità oggetto di definizione. Si precisa, pertanto, che tale somma aggiuntiva non deve essere inclusa nel calcolo delle complessive maggiori imposte dovute per la determinazione della riduzione spettante. Qualora il contribuente intenda anche definire: * l'annualità 1997 e/o * annualità per le quali ricorrono le condizioni previste dal comma 6 (soggetti congrui e coerenti in base agli studi di settore, ovvero congrui in base ai parametri) ai fini della determinazione delle complessive somme dovute, dovrà essere ulteriormente sommato l'importo di 300 euro per ciascuna annualità. Per tali annualità non è ovviamente dovuto l'ulteriore aumento di 300 euro. Per espressa previsione dello stesso comma 5, il suddetto aumento di 300 euro non è dovuto anche dai soggetti di cui al comma 2 (imprenditori agricoli e titolari imprese di allevamento). L'aumento in argomento non è altresì dovuto dalle persone fisiche che definiscono unicamente redditi di partecipazione, essendo lo stesso corrisposto dai soggetti partecipati ovvero dai titolari dell'impresa familiare e dell'azienda coniugale che definiscono i relativi redditi d'impresa e di lavoro autonomo. 4.11 Termini di versamento. Ai fini del perfezionamento della definizione il versamento delle maggiori imposte dovute, determinate con i criteri sopra indicati, dovrà essere effettuato entro: * il 20 giugno 2003 dai soggetti che definiscono redditi d'impresa e lavoro autonomo, nonché dai soggetti imprenditori agricoli e dai titolari di imprese di allevamento di cui al comma 2; * entro il 16 settembre 2003 dalle persone fisiche che definiscono i redditi prodotti in forma associata sulla base delle comunicazioni dei soggetti partecipati. Si precisa al riguardo che qualora la definizione sia anche riferita a redditi di impresa ovvero di lavoro autonomo individuali, il contribuente dovrà procedere, come già precisato, all'autoliquidazione unitaria delle complessive somme dovute in relazione a tutte le tipologie di reddito oggetto di definizione, operando il relativo versamento entro il maggiore termine del 16 settembre 2003. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia, ai sensi del comma 15, sono stabilite le modalità di versamento, secondo quanto previsto dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 e successive modificazioni, esclusa in ogni caso la compensazione ivi prevista. Il comma 4 stabilisce che, entro lo stesso termine del 20 giugno 2003, i contribuenti, ai fini dell'ammissibilità della definizione, devono procedere al versamento delle somme derivanti dagli accertamenti parziali notificati entro la predetta data, effettuati ai sensi dell'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 in relazione ai redditi oggetto di definizione automatica, ovvero ai sensi dell'articolo 54, quinto e sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. Si precisa al riguardo che il versamento dovrà essere riferito alle sole maggiori imposte evidenziate in detti accertamenti. Si ribadisce, come già illustrato, che la definizione degli avvisi di accertamento parziale, sia pure limitatamente a quelli notificati entro il 1^ gennaio 2003 e non interessati da ricorso giurisdizionale, è consentita anche attraverso la diversa procedura di cui all'articolo 15 della legge finanziaria 2003, riservata alla generalità degli avvisi di accertamento e, quindi, anche agli avvisi parziali. 4.12 Rateizzazione dei versamenti. Il comma 5 prevede la possibilità per il contribuente di effettuare pagamenti rateizzati qualora le complessive somme dovute siano superiori, rispettivamente, all'importo di 2.000 euro per le persone fisiche e di 5.000 euro per gli altri soggetti. Le somme eccedenti tali limiti possono essere versate in due rate, di pari importo, entro il 20 giugno 2004 ed entro il 20 giugno 2005, maggiorate degli interessi legali a decorrere dal 21 giugno 2003. Per i soggetti che effettuano il versamento entro il 16 settembre 2003, gli interessi legali decorrono dal 17 settembre 2003. Qualora il contribuente opti per il pagamento rateizzato, ricorrendone i presupposti, la definizione si perfeziona con il pagamento delle somme dovute, rispettivamente, al 20 giugno ed al 16 settembre 2003. Lo stesso comma 5 stabilisce, infatti, che l'eventuale omissione dei successivi versamenti rateali non determina l'inefficacia della definizione automatica; sussiste pertanto titolo per il recupero delle somme non versate alle predette scadenze. Il recupero, come previsto dallo stesso comma, sarà effettuato con iscrizione a ruolo a titolo definitivo ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 e successive modificazioni. Sulle somme non versate è dovuta la sanzione amministrativa pari al 30 per cento delle somme stesse e gli interessi legali. In caso di tardivo versamento entro i 30 giorni successivi alle rispettive scadenze, la sanzione è dovuta nella misura del 15 per cento. 4.13 Comunicazione della definizione. Ai sensi del comma 15, i contribuenti devono comunicare all'amministrazione finanziaria, entro il 31 luglio 2003, l'avvenuta definizione. Con il provvedimento del direttore dell'Agenzia, da emanare ai sensi dello stesso articolo 15, saranno definite le modalità tecniche per l'uso esclusivo del sistema telematico ai fini della presentazione della suddetta comunicazione. Si precisa che quest'ultima costituisce atto di definizione opponibile, unitamente agli attestati di versamento, agli organi inquirenti ai sensi del comma 11, ai fini dell'inibizione dell'esercizio dei poteri di accertamento e verifica. 5) Proroga di termini L'articolo 10 dispone la proroga dei termini per l'accertamento in materia di imposte sui redditi e dell'Iva per i contribuenti che non si sono avvalsi delle disposizioni di cui agli articoli 7, 8 e 9 della legge finanziaria per il 2003. In particolare, la norma prevede il differimento di un anno dei termini per l'accertamento di cui agli articoli 43 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. L'articolo 43 stabilisce che "gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione". Analogamente, l'articolo 57 per l'imposta sul valore aggiunto dispone che . Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione nulla l'avviso di accertamento può essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Si rammenta che il citato articolo 43 nell'attuale formulazione sopra riportata è stato modificato dall'articolo 15, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 241 del 1997 e si applica alle dichiarazioni presentate a decorrere dal 1^ gennaio 1999 ossia, generalmente, alle dichiarazioni presentate per il periodo d'imposta 1998. Per le dichiarazioni dei redditi presentate precedentemente al 1999, l'accertamento poteva essere effettuato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo alla presentazione ovvero, in caso di omissione, fino al 31 dicembre del sesto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Pertanto, in considerazione che le disposizioni portate dai citati articoli 7, 8 e 9 della legge finanziaria per il 2003 prevedono la definizione per gli anni per i quali non è ancora spirato il termine decadenziale per l'accertamento, ai fini delle imposte sui redditi è possibile fruire delle disposizioni agevolative anche per il periodo d'imposta 1997 e 1996 in caso di omessa presentazione della dichiarazione. Invece, per quanto riguarda l'Iva il primo anno oggetto di definizione o integrazione è il 1998 ovvero il 1997 in caso di omissione della dichiarazione. Si evidenzia che l'ampliamento dei termini per l'accertamento non opera in caso di mancata definizione agevolata ai fini dell'imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni e sull'incremento di valore degli immobili, disciplinata dall'articolo 11 della legge finanziaria 2003; ciò in quanto l'articolo 10 si riferisce esclusivamente alle agevolazioni previsti negli articoli da 7 a 9 nel cui ambito di applicazione non rientrano le imposte indirette sopra menzionate e ai termini per l'accertamento in materia di imposte sui redditi ed Iva. In merito all'integrativa di cui all'articolo 8, tenuto conto che essa può riferirsi a singole imposte e singoli periodi d'imposta, la proroga del termine per l'accertamento opera nei riguardi delle imposte e dei periodi d'imposta che non sono stati oggetto di integrazione. Per effetto di quanto disposto dall'articolo 10 in esame, dunque, nei confronti dei soggetti che non si avvalgono di nessuna delle predette disposizioni agevolative, i termini per l'accertamento sono prorogati di un ulteriore anno come evidenziato nelle seguenti tabelle esplicative. 6) Definizione agevolata ai fini delle imposte di registro, ipotecaria, catastale sulle successioni e donazioni e sull'incremento di valore degli immobili 6.1 Ambito di applicazione 6.1.1 Tributi ammessi alla definizione. L'articolo 11 della Legge finanziaria per il 2003 prevede la definizione agevolata ai fini dell'imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni e sull'incremento di valore degli immobili. Inoltre tra i tributi ammessi alla definizione agevolata è da ricomprendere anche l'imposta sostitutiva dell'Invim di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79 (convertito dalla legge 28 maggio 1997, n. 140), poiché la stessa sostituisce l'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili nei trasferimenti per successione di diritti di proprietà e diritti reali di godimento sugli immobili. Il comma 1 consente al contribuente, che presenti apposita istanza entro il 16 marzo 2003, di definire, con l'aumento del 25 per cento, i valori nonché gli incrementi di valore, dei beni, assoggettabili a procedimento di valutazione, dichiarati negli atti ovvero nelle denunce o dichiarazioni. Il beneficio tributario trova applicazione anche nell'ipotesi in cui nell'atto o nella denuncia non sia indicato il corrispettivo o il valore imponibile e vi abbia provveduto, a norma di legge, l'ufficio, il valore determinato da quest'ultimo è da ritenere, infatti, sostitutivo di quello omesso dal contribuente. I rapporti tributari interessati sono quelli relativi ad atti pubblici formati e a scritture private autenticate entro il 30 novembre 2002, a scritture private non autenticate registrate e a dichiarazioni e denunce presentate entro la stessa data. Questa definizione automatica riguarda soltanto il valore dei beni (nonché l'incremento di valore) per il quale l'ufficio può esercitare l'attività di accertamento ed emettere, quindi, l'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta previsto dalle singole leggi d'imposta: Testo unico dell'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, articolo 52, comma 1; testo unico dell'imposta sulle successioni e donazioni, approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, articolo 34, comma 1; testo unico delle imposte ipotecaria e catastale, approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347, articolo 13, comma 1; decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, articolo 20, comma 1 (Invim). La definizione automatica spetta anche se chiesta per alcuni dei beni, oggetto dell'atto o della dichiarazione, assoggettabili a valutazione (ad esempio se in una successione sono presenti diversi terreni edificabili ed un'azienda, la definizione agevolata può essere chiesta anche per uno solo dei terreni edificabili). 6.1.2 Valori non ammessi alla definizione. Restano esclusi dalla definizione agevolata i valori dei beni non suscettibili di accertamento da parte degli uffici impositori e, quindi, quelli determinati con criteri automatici. Più in particolare è escluso il valore degli immobili non ancora iscritti al catasto edilizio e urbano con attribuzione di rendita, per i quali il contribuente abbia chiesto l'applicazione del criterio tabellare di determinazione del valore - mediante l'utilizzo delle rendite catastali - ed eseguito tutti gli adempimenti in applicazione dell'articolo 12 del decreto legge 14 marzo 1988, n. 70 (convertito dalla legge 13 maggio 1988, n. 154). Causa di tale esclusione è l'assenza del procedimento di valutazione, poiché l'ufficio delle Entrate non esercita un potere di accertamento, ma si limita a chiedere al contribuente la maggiore imposta dovuta a seguito della determinazione del valore sulla base della rendita catastale attribuita all'immobile dagli uffici del catasto. 6.1.3 Condizioni per accedere alla definizione. Condizione per accedere alla definizione agevolata è . Il termine "precedentemente", utilizzato per fissare il limite per usufruire del regime di favore, è da individuare nella data del 1^ gennaio 2003 - entrata in vigore della legge in commento (articolo 95, comma 3) - poiché nell'ipotesi in cui l'avviso di rettifica e liquidazione sia stato notificato prima di tale data si applica la definizione prevista dall'articolo 15 della legge finanziaria (si veda paragrafo 9.1). Del resto, un diverso significato del termine "precedentemente", che lo riferisse alla data di presentazione dell'istanza del contribuente (entro il 16 marzo 2003), comporterebbe che gli atti per i quali l'avviso di accertamento fosse notificato prima di quest'ultima data, ma dopo l'entrata in vigore della legge in commento (1^ gennaio 2003) sarebbero esclusi dalla definizione agevolata stabilita dall'articolo 11, comma 1, nonché dalla definizione degli accertamenti prevista dal successivo articolo 15, della legge finanziaria 2003. Quest'ultima disposizione regola, tra l'altro, che tra l'altro regola la definizione agevolata degli avvisi di accertamento notificati prima dell'entrata in vigore della presente legge e per i quali alla stessa data <à non sono ancora spirati i termini per la proposizione del ricorsoà>. Quest'ultima interpretazione, quindi, potrebbe ingenerare un sospetto di incostituzionalità della norma. Infine, con riferimento alla stessa tipologia di atti e denunce sopra precisati, qualora, entro il 31 dicembre 2002, il contribuente abbia ricevuto invito al contraddittorio, per il quale alla stessa data non sia ancora intervenuta la definizione (articolo 11 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218), si applica l'articolo 15 della legge finanziaria, poiché lo stesso espressamente detta le regole nel caso sia stato avviato un procedimento di accertamento con adesione (si veda paragrafo 9.1). 6.1.4 Versamento delle maggiori imposte. Le maggiori imposte, calcolate dagli uffici delle Entrate, devono essere versate entro 60 giorni dalla notifica dell'avviso di liquidazione. L'omesso pagamento entro tale termine comporta l'inefficacia della domanda. Questo comporta che, anche nell'ipotesi in cui il contribuente impugni l'avviso di liquidazione, deve versare tutte le imposte richieste entro il termine previsto, per evitare che la domanda di definizione perda di efficacia. In considerazione che, tra le finalità delle disposizioni del capo II della legge finanziaria del 2003, vi è quella sottesa a definire i rapporti tributari pendenti, la definizione agevolata, conseguente al versamento dei tributi richiesti dall'ufficio, ha efficacia nei confronti di tutti i coobbligati per i medesimi tributi; la pretesa tributaria, quindi, deve ritenersi soddisfatta nei confronti di tutti i coobbligati, anche quando l'istanza di condono sia stata presentata e assolta la relativa imposta da uno solo dei coobbligati. 6.2 Adempimenti del contribuente. Il contribuente, che intende definire i valori ai sensi dell'articolo 11, deve: * presentare apposita istanza, in carta semplice, o spedirla in plico, senza busta, raccomandato, con avviso di ricevimento, entro il 16 marzo 2003 all'Ufficio delle Entrate competente: quello presso il quale è stata presentata la dichiarazione o registrato l'atto, in relazione al quale è prodotta l'istanza; indicare i dati anagrafici (nome, cognome, denominazione sociale, luogo e data di nascita, residenza, sede legale, codice fiscale e partita Iva); * indicare gli elementi identificativi dell'atto o della dichiarazione (ad esempio estremi di registrazione dell'atto, notaio, data di stipula, repertorio, estremi di presentazione delle dichiarazioni); * richiedere la definizione agevolata mediante l'aumento del 25 per cento del valore dichiarato in atto, specificando i beni per i quali si intende addivenire alla definizione agevolata, il valore degli stessi e i tributi interessati; si precisa al riguardo che la definizione agevolata dell'imposta di registro è inscindibile da quella concernente le imposte ipotecaria e catastale, così come la definizione agevolata dell'imposta di successione è inscindibile da quella concernente l'imposta sostitutiva dell'Invim e le suddette imposte ipocatastali. Viceversa, per gli atti a titolo oneroso è possibile definire l'imposta Invim separatamente dalle imposte di registro e ipocatastali. Pertanto, il venditore deve precisare nell'istanza di condono per quali tributi intende chiedere la definizione agevolata; * dichiarare di non aver ricevuto avviso di accertamento e liquidazione delle imposte o invito al contraddittorio alla data del 31 dicembre 2002; * firmare l'istanza e apporre la data; * versare l'imposta entro 60 giorni dal ricevimento dell'avviso di liquidazione dell'imposta dovuta. 6.3 Adempimenti dell'ufficio. L'ufficio, ricevute le istanze di definizione, nel minor tempo possibile deve: * liquidare e notificare l'avviso di liquidazione delle imposte dovute, tenendo conto di quanto corrisposto in via principale, senza applicare sanzioni ed interessi (articolo 11, comma 2, Legge finanziaria 2003); * porre in essere tutti gli adempimenti, previsti per il recupero delle maggiori imposte, nonché relative sanzioni e interessi, dovute a seguito del procedimento di valutazione, qualora la domanda di definizione sia divenuta priva di effetti, per l'omesso pagamento dell'imposta entro sessanta giorni dalla notifica dell'avviso di liquidazione. 6.4 Adempimento delle formalità omesse. Il comma 4 dell'articolo 11 stabilisce: , qualora il contribuente provveda all'adempimento delle formalità omesse ed al pagamento dei relativi tributi entro il 16 marzo 2003. La possibilità di corrispondere il tributo e di adempiere alle formalità omesse, senza sanzioni e interessi, comporta la riapertura dei termini, cosi che possono usufruire di tale agevolazione tutti coloro che al 1^ gennaio 2003 non hanno ancora adempiuto alle formalità di registrazione o alla presentazione delle dichiarazioni e denunce e provveduto ad eseguire il relativo pagamento. Rientrano in tale previsione soltanto quegli atti, dichiarazioni e denunce per i quali alla data di entrata in vigore della legge in commento risulta omessa la formalità della registrazione o la presentazione (ed il pagamento della relativa imposta), pertanto sono esclusi quelli già presentati agli uffici entro il 31 dicembre 2002. Per beneficiare di tale previsione occorre che il contribuente abbia provveduto al versamento di tutti i tributi dovuti alla registrazione o presentazione, entro il 16 marzo 2003. Pertanto non deve versare entro tale termine i tributi da corrispondere a seguito di avviso di liquidazione dell'ufficio. Ad esempio: nel caso in cui al 1^ gennaio 2003 risulti omessa la dichiarazione di una successione, apertasi nell'anno 1999, per la stessa il contribuente non deve sanzioni ed interessi se, entro il 16 marzo 2003 presenta la relativa dichiarazione e paga i tributi "autoliquidati" (imposta ipotecaria e catastale, imposta di bollo, tasse ipotecarie, imposta sostitutiva dell'Invim - decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, articolo 11, convertito dalla legge 28 maggio 1997, n. 140). 7) Definizione dei carichi di ruolo pregressi L'articolo 12 della legge finanziaria 2003 consente la possibilità di definire in maniera agevolata i rapporti derivanti dalla richiesta di pagamento di somme incluse in ruoli emessi da uffici statali ed affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione entro il 30 giugno 1999. L'estinzione dei debiti iscritti a ruolo è condizionata al pagamento di una somma pari al 25% dell'importo iscritto a ruolo (capitale, interessi e sanzioni) e delle somme dovute al concessionario a titolo di rimborso delle spese dallo stesso sostenute per l'espletamento di procedure esecutive; non sono dovuti gli interessi di mora maturati. 7.1 Ruoli ammessi alla definizione. Quanto all'ambito di applicazione della definizione in argomento, si evidenzia che la stessa concerne tutte le tipologie di ruoli - ivi compresi, ad esempio, quelli con i quali si chiede il pagamento di sanzioni non correlate ai tributi, quelli oggetto di provvedimenti di sospensione della riscossione, quelli emessi a seguito di liquidazione delle imposte ai sensi dell'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, nonché quelli emessi a seguito di controllo formale delle dichiarazioni ex articolo 36-ter del medesimo decreto - affidati ai concessionari entro il 30 giugno 1999. L'ambito operativo della disposizione in esame resta tuttavia delimitato dalle disposizioni concernenti la chiusura delle liti pendenti di cui al successivo articolo 16, di cui il contribuente intenda avvalersi. Nell'eventualità, invero, che il contribuente interessato da una controversia pendente voglia procedere alla chiusura della stessa, è "comunque" tenuto, ai sensi del comma 5 del citato articolo 16, al pagamento delle "somme il cui pagamento è previsto dalle vigenti disposizioni in pendenza di lite". Ciò anche se tali somme siano state iscritte in ruoli affidati al concessionario entro il 30 giugno 1999. Da qui la evidente mancanza di interesse ad attivare - in tal caso - la procedura di definizione prevista dall'articolo 12. Per converso, ove il contribuente non intenda fare ricorso alle disposizioni concernenti la chiusura della lite e opti per la definizione del ruolo, l'esito della controversia sarà diverso a seconda che abbia o meno ad oggetto un ruolo. Nel primo caso, per effetto della intervenuta definizione, dovrà dichiararsi l'estinzione della controversia. Negli altri casi la controversia proseguirà il suo iter nei modi ordinari. 7.2 Modalità per la definizione. Per avvalersi delle disposizioni agevolative in commento, gli interessati, oltre a pagare l'importo dovuto direttamente agli sportelli dei concessionari ovvero a mezzo di apposito bollettino, dovranno sottoscrivere e consegnare, o spedire a mezzo posta o via fax, al competente concessionario un apposito modello, in corso di approvazione con atto del direttore dell'agenzia delle Entrate. 7.2.1 Ruoli consegnati ai concessionari tra il 1^ gennaio 1997 e il 30 giugno 1999. Per i ruoli consegnati ai concessionari tra il 1^ gennaio 1997 e il 30 giugno 1999, saranno gli stessi concessionari ad inviare al debitore un invito ad avvalersi dei benefici previsti dal citato articolo 12, unitamente al bollettino di pagamento da utilizzare. 7.2.2 Ruoli affidati anteriormente al 1^ gennaio 1997. Per i ruoli affidati anteriormente al 1^ gennaio 1997, invece, la norma non prescrive un obbligo a carico dei concessionari analogo a quello indicato al punto precedente. Laddove, pertanto, questi ultimi non provvedano ugualmente all'invio dell'invito sopra menzionato, i debitori dovranno recarsi direttamente presso gli sportelli delle società concessionarie, dove potranno provvedere agli adempimenti necessari al perfezionamento della definizione. 7.2.3 Comunicazioni al debitore. La comunicazione che sarà inviata dal concessionario al debitore elencherà, analiticamente, gli importi iscritti a ruolo e non pagati; il bollettino di pagamento accluso riporterà l'importo risultante dall'applicazione alle posizioni insolute dei criteri stabiliti dalla legge. Nel caso in cui il debitore intenda avvalersi della disposizione agevolativa in commento, solo limitatamente ad alcuni degli addebiti ivi contemplati, ovvero fra gli stessi ve ne siano alcuni di natura fiscale per i quali risulta pendente una lite ed in quanto tali definibili solo ai sensi dell'articolo 16, il debitore dovrà, necessariamente, recarsi presso gli sportelli del concessionario per sottoscrivere l'atto ed effettuare il versamento. In ogni caso, al fine di consentire agli interessati l'acquisizione di informazioni in ordine alla propria situazione debitoria, i concessionari potranno essere contattati anche attraverso appositi centri di assistenza telefonica. 7.3 Maggiori rateazioni. Si osserva, inoltre, che nelle ipotesi di maggiore rateazione in atto ovvero di effettuazione di pagamenti parziali delle somme iscritte a ruolo, la definizione in argomento trova applicazione limitatamente agli importi ancora da pagare alla data del versamento effettuato ai sensi dell'articolo 12 della Legge finanziaria 2003. Con specifico riferimento alle maggiori rateazioni, si precisa, infine, che: * nel computo delle somme dovute per la definizione agevolata, non dovranno, naturalmente, essere considerati gli importi relativi al carico residuo di interessi calcolati ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602; * le garanzie eventualmente prestate, a fronte del rilascio della dilazione, potranno essere svincolate previo assenso dell'ufficio che ha emesso il ruolo, cui dovrà essere fornita l'attestazione del concessionario circa il corretto assolvimento degli obblighi connessi alla definizione. Si fa presente, infine, che, a seguito del versamento del debitore, il concessionario dovrà sospendere la riscossione del residuo importo iscritto a ruolo, nell'attesa che il competente ufficio provveda all'annullamento di tale residuo. 8) Regolarizzazione delle scritture contabili L'articolo 14 della Legge finanziaria per il 2003 disciplina ulteriori effetti rilevanti ai fini della determinazione del reddito d'impresa, connessi con la definizione automatica (articolo 7), l'integrazione degli imponibili per gli anni pregressi (articolo 8) e la definizione automatica per gli anni pregressi (articolo 9). La medesima disposizione, in particolare, si occupa delle modalità con le quali i contribuenti titolari di reddito d'impresa che si siano avvalsi delle disposizioni prima richiamate possono regolarizzare le scritture contabili. La predetta regolarizzazione delle scritture contabili viene partitamene esaminata con riguardo alle imprese che si siano avvalse: a) dell'integrazione degli imponibili per gli anni pregressi ai sensi dell'articolo 8 (cosiddetta dichiarazione integrativa); b) dell'integrazione con riferimento a redditi ed imponibili conseguiti all'estero, sempre ai sensi dell'articolo 8; c) della definizione automatica per gli anni pregressi ai sensi dell'articolo 9 (cosiddetto condono tombale). Infine, il comma 6 dell'articolo 14 disciplina l'adeguamento delle sole rimanenze iniziali di magazzino da parte dei soggetti che si sono avvalsi della definizione automatica degli anni pregressi mediante autoliquidazione, di cui all'articolo 7 (cosiddetto concordato per gli anni pregressi). L'articolo 14 in esame presenta molti punti di contatto con le analoghe disposizioni contenute nell'articolo 33 della legge 30 dicembre 1991, n. 413. In assenza di uno specifico rinvio a tale ultima disposizione, anche se nel prosieguo vengono ripresi, parzialmente e con le opportune modifiche, i chiarimenti già forniti nella circolare n. 12 del 9 maggio 1992, la stessa non può trovare applicazione. 8.1 Effetti fiscali delle dichiarazioni integrative. Il comma 1 dell'articolo 14 prevede che le società di capitali ed enti equiparati, le società in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate, nonché le persone fisiche e gli enti non commerciali, relativamente ai redditi di impresa posseduti, che presentano le dichiarazioni integrative ai sensi dell'articolo 8, possono specificare in un apposito prospetto i nuovi elementi attivi e passivi o le variazioni di elementi attivi e passivi da cui derivano gli imponibili, i maggiori imponibili o le minori perdite indicati nelle dichiarazioni integrative. Il comma 1 si applica, quindi, a tutti i titolari di reddito d'impresa che hanno integrato i relativi imponibili ai sensi dell'articolo 8, indipendentemente dal regime contabile adottato. Il prospetto deve, separatamente per ogni dichiarazione integrativa presentata, indicare in modo distinto i nuovi elementi attivi e passivi e le variazioni di elementi attivi e passivi già esistenti da cui originano gli imponibili, i maggiori imponibili e le minori perdite, nonché evidenziare la correlazione esistente tra le predette attività e gli imponibili. Tale prospetto può essere redatto in forma libera. Si precisa che ove i nuovi elementi attivi e passivi non derivino in tutto o in parte dalla analitica contrapposizione tra componenti positivi e negativi risultanti dall'apposito prospetto, la differenza costituirà sopravvenienza da evidenziare nel prospetto stesso e da includere nell'imponibile della dichiarazione integrativa. In sostanza, nel caso in cui il contribuente faccia emergere un'attività, dovrà evidenziare nel prospetto la correlazione esistente tra la stessa ed i redditi che la hanno generato e che hanno già formato oggetto di regolarizzazione. Diversamente, l'importo dell'attività, per la parte che non è correlata ai redditi regolarizzati, costituisce reddito imponibile da indicare nella dichiarazione integrativa del periodo d'imposta d'emersione. A titolo esemplificativo si ipotizzi la seguente fattispecie. Per il periodo d'imposta 2001 si intende far emergere una attività finanziaria di 1000 costituita con fondi non tassati in esercizi precedenti. Qualora nei periodi d'imposta definibili vengano dichiarati complessivamente redditi per 800 che hanno generato o incrementato l'attività - compresi eventualmente i frutti della stessa -, la differenza pari a 200 costituisce sopravvenienza attiva da includere nell'imponibile da integrare. L'integrazione dovrà, quindi, riguardare sia la consistenza dell'attività stessa nel periodo d'imposta in cui si intende farla emergere, sia, separatamente ed analiticamente, i relativi frutti conseguiti nei periodi d'imposta definibili. La compilazione del prospetto prima richiamato è finalizzata al riconoscimento fiscale dei valori e delle quantità in esso specificate ed ha efficacia, alle condizioni di seguito illustrate, indipendentemente dalla regolarizzazione delle scritture contabili. Tale regolarizzazione, come si dirà oltre, da intendere come facoltà concessa dalla norma, ha effetti esclusivamente civilistici e riguarda i soli contribuenti tenuti alla redazione dell'inventario, rendiconto o bilancio. Per quanto riguarda gli effetti fiscali la norma specifica, inoltre, che con riferimento agli imponibili o maggiori imponibili ed alle minori perdite dichiarati non si applicano il comma 4 dell'articolo 75 del Tuir ed il terzo comma dell'articolo 61 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. In sostanza, quando l'integrazione effettuata è il risultato della differenza tra componenti positivi e negativi di reddito a suo tempo non imputati al conto economico, i relativi costi ed oneri assumono rilevanza fiscale indipendentemente dalla loro originaria iscrizione nelle scritture contabili. L'ultimo periodo del comma in esame prevede che il prospetto deve essere conservato, ai sensi dell'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, fino al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa. Considerato che la dichiarazione integrativa deve essere presentata entro il 16 marzo 2003, il prospetto deve essere conservato fino al 31 dicembre 2007 ed eventualmente esibito o trasmesso all'amministrazione finanziaria su richiesta dell'ufficio competente. Le quantità ed i valori evidenziati nel prospetto, ai sensi del secondo periodo del comma 2, sempre che non esauriscano i propri effetti nei periodi d'imposta di riferimento, si considerano fiscalmente riconosciuti ai fini delle imposte dirette e dell'Irap nei periodi d'imposta successivi con esclusione di quelli per i quali non sia stata presentata la dichiarazione integrativa ai sensi dell'articolo 8, salvo che non siano oggetto di accertamento o rettifica d'ufficio. Al riguardo si osserva che tale riconoscimento fiscale deve essere esclusivamente collegato alla specificazione dei nuovi valori e quantità nell'apposito prospetto e non alle eventuali rettifiche contabili operate nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2002 o in corso a tale data. La regolarizzazione delle scritture contabile, infatti, assicura soltanto effetti civilistici e presuppone in ogni caso la specificazione nel prospetto delle quantità e dei valori sui quali è basata. Le disposizioni dell'articolo 14 in commento consentono, quindi, al soggetto che ha presentato la dichiarazione integrativa prevista dall'articolo 8, di specificare le varie operazioni fiscalmente irregolari, con conseguente rilevanza fiscale delle poste attive e passive correlate ai nuovi elementi di reddito - anche di quelli che rivestono, come si è detto, natura di costi od oneri - non solo relativamente al periodo di imposta a cui le variazioni apportate si riferiscono, ma anche a quelli successivi, sempre che per detti periodi siano state presentate dichiarazioni integrative. Se l'ultimo periodo d'imposta per il quale è stata presentata dichiarazione integrativa è l'ultimo definibile in via agevolata, le integrazioni apportate sono fiscalmente riconosciute, anche per i periodi d'imposta successivi. Nel caso si sia proceduto alle rettifiche contabili sulla base dei valori e delle quantità evidenziate nel prospetto, tali effetti sono assicurati dalla corrispondenza tra i valori civilistici e quelli fiscali. Diversamente, in assenza di regolarizzazione delle scritture contabili gli effetti fiscali dell'integrazione sono evidenziati extra-contabilmente, attraverso le relative variazioni in aumento e in diminuzione dell'imponibile da indicare nelle dichiarazioni dei redditi. 8.2 Regolarizzazione contabile per i soggetti che hanno presentato le dichiarazioni integrative. Come detto, il comma 2 dell'articolo 14 prevede la possibilità di regolarizzare senza ulteriori oneri le scritture contabili, sulla base delle quantità e dei valori evidenziati nel prospetto di cui sopra e correlati agli imponibili, maggiori imponibili o minori perdite oggetto di integrazione. A tal fine, i contribuenti devono apportare le conseguenti variazioni nell'inventario, rendiconto o bilancio chiuso al 31 dicembre 2002, ovvero, per i soggetti con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare, in quelli relativi al periodo d'imposta in corso alla predetta data. La norma, che fa riferimento all'inventario, al rendiconto, ovvero al bilancio, è evidentemente rivolta ai soli contribuenti in contabilità ordinaria tenuti alla redazione di tali documenti. La regolarizzazione delle scritture contabili riguarda i casi in cui, in un determinato periodo d'imposta oggetto di dichiarazione integrativa, il contribuente abbia omesso di registrare in contabilità, o abbia registrato irregolarmente, un'operazione i cui effetti si riflettono ancora sul bilancio o rendiconto relativo all'esercizio chiuso al 31 dicembre 2002 o in corso a tale data. In tal caso il contribuente può procedere "ad ogni effetto" alle rettifiche contabili nel suddetto bilancio o rendiconto, nel senso che la regolarizzazione produce anche effetti civilistici e consente di sanare irregolarità dalle quali possono derivare responsabilità di natura penale o patrimoniale in capo all'imprenditore o agli amministratori. Tali operazioni potranno essere correttamente eseguite anche in relazione all'esercizio chiuso anteriormente al 31 dicembre 2002, se il relativo bilancio è approvato dopo l'entrata in vigore della Legge finanziaria. Si precisa che le rettifiche contabili devono essere effettuate con riferimento alla situazione patrimoniale iniziale relativa all'esercizio che forma oggetto delle regolarizzazioni, quindi per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare le rettifiche devono essere apportate alla situazione patrimoniale al 1^ gennaio 2002. Nella pratica, il contribuente potrà effettuare la regolarizzazione iscrivendo, eliminando, o modificando l'iscrizione in contabilità di attività e passività, in conseguenza delle integrazioni degli imponibili effettuate. Secondo corretti principi contabili, tali operazioni comportano contabilmente l'emersione di un corrispondente componente straordinario di conto economico. 8.3 Ulteriori regolarizzazioni contabili. Ai sensi del comma 3 dell'articolo 14, i contribuenti individuati al comma 1, possono anche procedere, intervenendo nel bilancio o rendiconto chiuso al 31 dicembre 2002, o in corso a tale data e sempre senza ulteriori oneri, ad eliminare le attività e passività fittizie, inesistenti o indicate per valori superiori a quelli effettivi, anche nel caso in cui tale eliminazione non sia collegata all'integrazione del reddito imponibile di un determinato periodo d'imposta oggetto di definizione. Tale disposizione disciplina ipotesi di regolarizzazioni contabili ulteriori rispetto a quelle eseguibili ai sensi del precedente comma 2, nel senso che esse possono essere effettuate indipendentemente dalle condizioni indicate in quest'ultima norma, ossia indipendentemente dagli elementi attivi e passivi specificati nel prospetto di cui al comma 1 in sede di integrazione dell'imponibile. Dette regolarizzazioni possono essere operate, infatti, da tutti i soggetti che abbiano presentato dichiarazione integrativa ai sensi dell'articolo 8 anche per un solo periodo d'imposta. La norma consente di eliminare le attività e le passività - compresi ratei e risconti - fittizie, inesistenti o indicate per valori superiori a quelli effettivi senza che ciò faccia emergere componenti positivi e negativi rilevanti ai fini della determinazione del reddito di impresa del periodo di imposta in cui è effettuata la regolarizzazione. Inoltre, nel caso in cui venga operata una riduzione di un fondo di ammortamento e/o di accantonamento, che abbia ripercussione sugli esercizi futuri, la norma stabilisce l'indeducibilità delle quote di ammortamento o di accantonamento imputate negli esercizi stessi fino a concorrenza della riduzione operata. Ai fini della regolarizzazione contabile in esame si ritiene opportuno che i differenti valori civilistici derivanti dalla eliminazione di attività e passività rispetto a quelli fiscali siano distintamente evidenziati redigendo un apposito prospetto per ciascun periodo d'imposta in cui permangono tali differenze. Sulla base dei dati del prospetto si procederà conseguentemente alla eliminazione di dette attività e passività dall'inventario, rendiconto o bilancio. Anche questo prospetto deve essere conservato fino al 31 dicembre 2007 ed eventualmente esibito o trasmesso all'amministrazione finanziaria su richiesta dell'ufficio competente. 8.4 Regolarizzazione contabile delle attività detenute all'estero. Il comma 4 dell'articolo 14 consente ai soggetti che hanno presentato le dichiarazioni integrative di cui all'articolo 8 con riferimento a redditi ed imponibili conseguiti all'estero, di effettuare la regolarizzazione contabile delle corrispondenti attività detenute all'estero. Si ricorda che ai sensi del comma 5 dell'articolo 8 per sanare i redditi e gli imponibili conseguiti all'estero, il contribuente è tenuto al pagamento di un'imposta sostitutiva delle imposte ordinarie nella misura del 13 per cento. L'emersione in contabilità delle attività detenute all'estero si correla a corrispondenti componenti positivi di reddito - in sostanza sopravvenienze attive - che costituiscono oggetto dell'integrazione di cui all'articolo 8, comma 5. Al riguardo si veda anche quanto indicato nel paragrafo di commento all'articolo 8, comma 5. In ogni caso, il contribuente dovrà evidenziare nell'apposito apposito prospetto di cui al comma 1 gli elementi emersi. La norma specifica, inoltre, che a differenza delle attività detenute in Italia il valore delle attività oggetto di regolarizzazione si considera fiscalmente riconosciuto a decorrere dal terzo periodo d'imposta successivo a quello chiuso o in corso al 31 dicembre 2002 e quindi, per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare, a decorrere dal periodo d'imposta che inizia il 1^ gennaio 2005. 8.5 Regolarizzazioni contabili dei soggetti che hanno aderito al condono tombale. Il comma 5 dell'articolo 14 consente ai soggetti - sempre titolari di reddito d'impresa - che hanno aderito al condono tombale ai sensi dell'articolo 9 di procedere alla regolarizzazione delle scritture contabili. In particolare, tali soggetti, nel bilancio, inventario o rendiconto chiuso al 31 dicembre 2002 o in quello in corso a tale data, possono sia eliminare attività o passività fittizie, inesistenti o indicate per valori superiori a quelli effettivi, sia iscrivere attività in precedenza omesse. In questo caso, poiché la norma consente di far emergere attività in precedenza omesse mediante iscrizione nell'inventario, rendiconto o bilancio, si deve ritenere che la regolarizzazione contabile è evidentemente riservata ai soli contribuenti tenuti alla redazione di tali documenti. L'iscrizione in esame, che - ai sensi del comma 5 - deve riferirsi ad "attività in precedenza omesse", comporta l'assoggettamento ad imposta sostitutiva dei relativi valori. Come già accennato, si ricorda che le attività in precedenza omesse, nel momento in cui sono iscritte nel bilancio o rendiconto dell'imprenditore, determinano l'insorgere, secondo corretti principi contabili, di un componente straordinario di conto economico di pari importo, che per effetto dell'assoggettamento ad imposta sostitutiva non rileverà nei modi ordinari ai fini della determinazione del reddito di impresa. I versamenti dell'imposta sostitutiva devono essere effettuati nel termine previsto per il versamento degli importi che consente il perfezionamento della procedura di cui all'articolo 9. Nel caso di iscrizione in bilancio di valori riferiti ad attività detenute all'estero al 31 dicembre 2001, i contribuenti dovranno presentare, in aggiunta alla dichiarazione per la definizione automatica di cui all'articolo 9, anche la dichiarazione prevista dal comma 3 dell'articolo 8 o, in alternativa, quella prevista dal comma 4 del medesimo articolo, posto che, ai sensi del citato articolo 9, comma 1, non possono essere oggetto di definizione automatica i valori relativi ad attività detenute all'estero. L'imposta sostitutiva sul valore delle attività iscritte non è ovviamente dovuta nel caso in cui il contribuente abbia già assolto sulle sopravvenienze attive corrispondenti al valore delle attività detenute all'estero, oggetto di regolarizzazione, l'imposta sostitutiva del 13 per cento prevista dall'articolo 8, comma 5. L'imposta da versare è sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'Irap dell'Iva e delle altre imposte previste dall'articolo 8, comma 1 (si veda articolo 8, comma 5), ed è indeducibile ai fini delle predette imposte sui redditi e dell'Irap. I valori iscritti sono riconosciuti ai fini di queste ultime imposte a decorrere dal terzo periodo d'imposta successivo a quello chiuso o in corso al 31 dicembre 2002 e quindi, per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare, a decorrere dal periodo d'imposta che inizia il 1^ gennaio 2005. L'iscrizione delle attività deve avvenire nel rispetto dei principi civilistici di redazione del bilancio. Di conseguenza, per quanto concerne i valori ai quali devono essere iscritte le nuove attività, si applicano le regole previste dall'articolo 2426 del codice civile; più precisamente, per quanto riguarda gli immobili, gli impianti, il macchinario e i mobili, detti beni devono essere iscritti al prezzo di costo quale risulta da idonea documentazione. L'iscrizione deve avvenire tenendo conto della residua possibilità di utilizzazione del cespite. Si precisa peraltro che, ai fini tributari, i valori stessi saranno assunti nei limiti in cui risultano compatibili con le regole del capo sesto del Tuir e ciò anche ai fini del riconoscimento dei componenti negativi di reddito a carico dell'esercizio con riferimento al quale si effettuano le operazioni di rettifica ed eventualmente dei successivi. 8.6 Adeguamento delle esistenze iniziali. I soggetti che aderiscono al concordato previsto dall'articolo 7 per tutte le annualità definibili ai sensi della predetta norma, possono regolarizzare solo le esistenze iniziali dei beni ai sensi dell'articolo 59 del Tuir, adeguando al valore effettivo quello esposto nelle scritture contabili all'inizio del periodo d'imposta successivo all'ultimo periodo definito. Per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, quindi, il valore da adeguare è quello esposto al 1^ gennaio 2002. La norma si applica quindi a tutti i titolari di reddito d'impresa che hanno aderito al concordato previsto dall'articolo 7, sia in contabilità ordinaria che semplificata. L'adeguamento può essere effettuato mediante l'eliminazione delle esistenze iniziali di quantità o valori superiori a quelli effettivi, ovvero mediante l'iscrizione di rimanenze iniziali in precedenza omesse. Dal tenore letterale della norma emerge che, mentre l'eliminazione può riguardare tanto la consistenza quantitativa delle rimanenze che la loro sopravalutazione, l'iscrizione di nuove rimanenze riguarda solo l'ipotesi di rimanenze in precedenza non contabilizzate e non quella di una loro sottovalutazione. Diversamente, infatti, la regolarizzazione non riguarderebbe rimanenze in precedenza omesse, ma comporterebbe solo una semplice rivalutazione delle rimanenze già contabilizzate. Sui maggiori valori iscritti è dovuta l'imposta sostitutiva del 13 per cento prevista dal comma 5. I versamenti dell'imposta sostitutiva devono essere effettuati nel termine previsto per il versamento degli importi che consentono il perfezionamento della procedura di cui all'articolo 7. Tali maggiori valori si considerano riconosciuti ai fini delle imposte dirette e dell'Irap a decorrere dall'inizio del periodo d'imposta successivo all'ultimo periodo definito. Per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, quindi, i maggiori valori saranno riconosciuti a decorrere dal 1^ gennaio 2002. La norma specifica, infine, che l'adeguamento non rileva in alcun modo ai fini sanzionatori, nel senso che non può determinare l'applicazione di alcun tipo di sanzione tributaria, civile o penale, né può costituire notizia di reato da riferire all'Autorità Giudiziaria a norma dell'articolo 331 del Codice di procedura penale. 9 Definizione degli accertamenti, degli inviti al contraddittorio, dei processi verbali di constatazione L'articolo 15 contiene disposizioni sulla definizione degli accertamenti, degli inviti al contraddittorio e dei processi verbali di constatazione notificati al contribuente. 9.1 Ambito di operatività 9.1.1 Presupposti soggettivi. Dal punto di vista soggettivo, la definizione di cui all'articolo 15 in esame, in generale, interessa tutti i contribuenti ai quali sia stato notificato uno dei suddetti atti. Ai sensi del comma 1, ultimo periodo, non è consentito accedere alla definizione in parola qualora sia stato avviato procedimento penale per uno dei reati di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, di cui il contribuente abbia formale conoscenza alla data in cui la definizione si perfeziona con il pagamento; ciò significa, come precisato in precedenza, che non può usufruire della definizione chi ha ricevuto la notifica, ad esempio, di un'informazione di garanzia o dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari per uno qualunque dei reati previsti dal riferito decreto legislativo n. 74 del 2000. 9.1.2 Presupposti oggettivi. Dal punto di vista oggettivo la definizione, ai sensi del comma 1 dell'articolo 15 interessa gli atti di seguito elencati: 1) gli avvisi di accertamento notificati entro la data di entrata in vigore della Legge finanziaria 2003 (1^ gennaio 2003) che, alla medesima data, non si sono resi definitivi né risultano interessati da ricorso giurisdizionale; per avvisi di accertamento devono intendersi, naturalmente, anche quelli riguardanti gli accertamenti parziali di cui all'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e quelli di cui all'articolo 54, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Rimangono invece estranei alla possibilità di definizione tutti quegli atti che non contengono l'affermazione della pretesa impositiva o la sua quantificazione, ma solo la richiesta di pagamento di una pretesa tributaria già altrimenti affermata (è il caso, ad esempio, del ruolo o della cartella che siano preceduti da avviso di accertamento). 2) gli inviti al contraddittorio di cui agli articoli 5 e 11 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, notificati entro la data di entrata in vigore della Legge finanziaria 2003 (1^ gennaio 2003) per i quali, alla medesima data, non sia ancora intervenuta la definizione; per cui, dopo il perfezionamento della definizione dell'accertamento con adesione, che si verifica con il versamento della somma dovuta ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 218 del 1997, non è più possibile avvalersi della definizione di cui all'articolo 15 della predetta Legge finanziaria. 3) i processi verbali di constatazione, notificati entro la data di entrata in vigore della Legge finanziaria 2003 (1^ gennaio 2003), relativamente ai quali, alla medesima data, non sia ancora stato notificato avviso di accertamento ovvero ricevuto invito al contraddittorio; per processo verbale di constatazione deve intendersi il documento redatto dai verificatori a seguito dell'ultimazione delle operazioni di ispezione e verifica e notificato al contribuente, mediante il quale è effettuata la constatazione delle violazioni delle norme tributarie ascrivibili al contribuente. Tale documento va tenuto distinto dai verbali giornalieri nei quali vengono descritte le sole operazioni quotidianamente compiute dai verificatori; questi verbali giornalieri non rientrano nell'ambito applicativo della definizione in esame. Sono oggetto di definizione gli atti sopra elencati riferiti a tutte le tipologie di imposte per le quali la Legge finanziaria 2003 prevede la possibilità di definizione, vale a dire: * le imposte sui redditi e le relative addizionali; * le imposte sostitutive; * l'imposta regionale sulle attività produttive; * l'imposta sul patrimonio netto delle imprese; * l'imposta sul valore aggiunto; * le altre imposte indirette (diverse dall'Iva). Con esclusivo riferimento agli avvisi di accertamento e agli inviti al contraddittorio è possibile definire anche i contributi previdenziali e i contributi al Servizio sanitario nazionale. 9.2 Condizioni per accedere alla definizione. Ai sensi del combinato disposto degli articoli 15, comma 1, e 16, comma 3, lettera a), qualora alla data di entrata in vigore della Legge finanziaria 2003 (1^ gennaio 2003) sia stato proposto ricorso contro l'avviso di accertamento, è possibile utilizzare esclusivamente la procedura di definizione prevista dall'articolo 16 per la chiusura delle liti fiscali pendenti. 9.3 Modalità di calcolo delle imposte dovute. Le modalità per la definizione di cui all'articolo 15 variano in relazione all'ammontare del maggior debito tributario accertato dall'ufficio o indicato nell'invito al contraddittorio e nel processo verbale, distinguendo altresì secondo la tipologia dell'atto oggetto di definizione. 9.3.1 Avvisi di accertamento e inviti al contraddittorio. Per quanto concerne gli inviti al contraddittorio e gli avvisi di accertamento, il comma 2 dispone che la definizione si perfeziona con il pagamento entro il 17 marzo 2003 delle somme determinate secondo un procedimento a scaglioni, applicati alle maggiori imposte e contributi complessivamente accertati o indicati negli inviti a comparire, in base a quanto riassuntivamente previsto nella seguente tabella: Inoltre, il comma 3 precisa che la definizione degli avvisi di accertamento e degli inviti al contraddittorio di cui al comma 2 è possibile anche nell'ipotesi di rettifiche delle perdite dichiarate, qualora da tali atti emergono maggiori imposte o contributi dovuti. In tale ipotesi, la "base imponibile" per determinare l'importo dovuto ai fini della definizione è costituita dalle maggiori imposte e contributi indicati nell'atto accertativi o nell'invito. Per effetto della definizione, le eventuali perdite riportate nell'esercizio successivo saranno riconosciute solo nella misura risultante dagli avvisi di accertamento e nei limiti previsti dalla legge. Ai fini della definizione delle posizioni interessate dagli inviti al contraddittorio, di cui agli articoli 5 e 11 del decreto legislativo n. 218 del 1997, dovrà farsi riferimento alle maggiori imposte che gli uffici sono tenuti a indicare sugli stessi, in conformità alle istruzioni impartite con circolare n. 235/E dell'8 agosto 1997. 9.3.2 Processi verbali di constatazione. L'articolo 15 in merito alle modalità di definizione distingue i processi verbali di constatazione secondo l'imposta oggetto di contestazione nel modo seguente: * se la definizione ha ad oggetto le imposte sui redditi, relative addizionali ed imposte sostitutive, si applica la percentuale pari al 20% della somma dei maggiori componenti positivi e dei minori componenti negativi risultanti dal verbale; * se, invece, la definizione riguarda l'Iva, l'Irap e le altre imposte indirette, è dovuto il pagamento di un importo pari alla metà dell'aliquota applicabile alle operazioni risultanti dal verbale di constatazione. Il che significa, ad esempio, che se è stata rilevata un'operazione imponibile ai fini Iva ad aliquota ordinaria (20%), il processo verbale può essere definito mediante il pagamento dell'imposta contestata ridotta alla metà (10%). L'articolo 15, comma 4, lettera b), per la definizione dei processi verbali di constatazione ai fini Iva, postula la presenza di elementi normalmente necessari per determinare la maggiore imposta correlata ai rilievi verbalizzati. Si ritiene peraltro che rientrano nell'ambito applicativo della norma anche i processi verbali concernenti l'indebito esercizio della detrazione. In tali ipotesi, l'importo da versare sarà pari alla metà dell'imposta illegittimamente detratta. Ad esempio, qualora sia stata contestata una maggiore detrazione d'imposta dovuta, ad esempio, ad errato calcolo del pro rata di cui all'articolo 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, si ritiene che anche tali verbali possano essere definiti mediante il pagamento della metà dell'imposta erroneamente detratta. Avuto riguardo alla ratio della disposizione in esame restano esclusi dalla definizione i processi verbali di constatazione da cui risultano operazioni non soggette ad Iva. Pertanto non sono suscettibili di definizione i processi verbali in cui vengono constatate operazioni esenti e non imponibili, atteso che per le stesse non vi è né un'aliquota da ridurre né una conseguente imposta da applicare. Analogamente, non è possibile la definizione dei processi verbali dai quali emerge la constatazione di una violazione di una norma tributaria comportante l'applicazione della sola sanzione. Rientra in tale ipotesi, ad esempio, la constatazione di acquisti senza fattura di beni e servizi da parte del committente o cessionario, punibile con la sanzione di cui all'articolo 6, comma 8 del decreto legislativo n. 471 del 1997. La procedura in esame è altresì esclusa relativamente ai rilievi del processo verbale di constatazione concernenti gli obblighi di effettuazione delle ritenute alla fonte ai quali sono tenuti i soggetti indicati nel titolo III del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, in qualità di sostituti di imposta. É il caso di rappresentare, infine, che la definizione in esame non può interessare i processi verbali notificati dopo l'entrata in vigore della Legge finanziaria 2003, né quelli recepiti in avvisi di accertamento notificati al contribuente entro la medesima data. In sintesi, la definizione dei processi verbali di constatazione si può così riassumere: 9.4 Modalità di pagamento. Il comma 5 prevede che i pagamenti delle imposte dovute per effetto del definizione devono essere effettuati entro il 17 marzo 2003, secondo le modalità ordinarie di versamento, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con esclusione della compensazione. Quando gli importi da versare per la definizione eccedono, per le persone fisiche, la somma di 2.000 euro e, per gli altri soggetti, la somma di 5.000 euro, il medesimo comma 5 prevede che gli importi eccedenti, maggiorati degli interessi legali decorrenti dal 17 marzo 2003, possono essere versati in due distinte rate, di pari importo, entro: * il 16 marzo 2004; * il 16 marzo 2005. Ai sensi del comma 5 dell'articolo 15 l'omesso versamento delle eccedenze non determina la decadenza dai benefici previsti per la definizione. A tal proposito, la norma prevede che gli importi non versati nei termini sono iscritti a titolo definitivo nei ruoli affidati al concessionario della riscossione ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973. L'omesso versamento è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento delle somme non versate, ridotto alla metà in caso di versamento eseguito entro i trenta giorni successivi alla scadenza medesima; sono dovuti, inoltre, gli interessi legali. Dall'iscrizione a ruolo consegue l'applicazione delle regole ordinarie in materia di riscossione coattiva di cui al riferito decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1972. Infine, entro dieci giorni dal versamento dell'intero importo o della prima rata il contribuente deve far pervenire all'ufficio competente - in base al domicilio fiscale del contribuente - la quietanza dell'avvenuto pagamento insieme con il prospetto esplicativo delle modalità di calcolo eseguite. Inoltre, il comma 6 prevede che la definizione non si perfeziona se è fondata su dati non corrispondenti a quelli contenuti negli avvisi di accertamento, negli inviti a comparire e nel processo verbale di constatazione, ovvero se nei confronti del contribuente sia già stato avviato procedimento penale per uno dei reati di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza. Per gli importi versati non è previsto il rimborso e gli stessi valgono quali acconti sugli importi che risulteranno eventualmente dovuti in base agli accertamenti definitivi. 9.5 Effetti. Il perfezionamento della definizione, ai sensi del comma 7, comporta la non punibilità per i reati tributari previsti dagli articoli 2, 3, 4, 5 e 10 del decreto legislativo n. 74 del 2000, nonché per i reati previsti dagli articoli 482, 483, 484, 485, 489, 490, 491-bis e 492 del codice penale e dagli articoli 2621, 2622 e 2623 del codice civile, quando tali reati siano stati commessi per eseguire od occultare uno dei menzionati reati di cui tributari previsti dal riferito decreto legislativo n. 74, ovvero per conseguirne il profitto, e siano riferiti alla "stessa pendenza o situazione tributaria>. Ai sensi dell'articolo 15, comma 7, la causa di non punibilità in parola non si applica ai procedimenti penali in corso. 9.6 Sospensione dei termini. A norma dell'ultimo comma dell'articolo 15 sono sospesi, dalla data di entrata in vigore della Legge finanziaria 2003, ossia al 1^ gennaio 2003 e fino al 18 marzo 2003, i termini: * per proporre ricorso avverso gli avvisi di accertamento oggetto di definizione; * per il perfezionamento della definizione di cui al citato decreto legislativo n. 218 del 1997, in relazione agli inviti al contraddittorio. In particolare, sono sospesi i termini per la presentazione dei ricorsi giurisdizionali avverso gli atti di accertamento e di rettifica non divenuti definitivi alla predetta data del 1^ gennaio 2003. Rientrano, quindi, in tali ipotesi gli atti notificati a partire dal 2 novembre 2002 e quelli notificati anche prima di quest'ultima data per i quali è stata presentata istanza di adesione ai sensi dell'articolo 6 del menzionato decreto legislativo n. 218 del 1997. Non sono, invece, sospesi i termini per gli atti di contestazione e di irrogazione delle sanzioni di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, atteso che gli stessi non rientrano nell'ambito applicativo della definizione disciplinata dall'articolo in esame. Gli avvisi di irrogazione di sanzione possono, peraltro, essere definiti a norma del successivo articolo 16 qualora siano stati impugnati entro il 31 dicembre 2002. Indubbiamente nell'ipotesi in cui i destinatari di tali atti abbiano preferito produrre agli uffici le deduzioni difensive ai sensi del citato articolo 16 del decreto legislativo n. 472 del 1997 gli stessi non possono essere definiti né ai sensi dell'articolo 15, né ai sensi dell'articolo 16. 10) Chiusura delle liti fiscali pendenti Ai sensi dell'articolo 16 della Legge finanziaria 2003, sono definibili le liti fiscali pendenti alla data del 1^ gennaio 2003 dinanzi alle Commissioni tributarie in ogni grado del giudizio, anche a seguito di rinvio, nonché quelle già di competenza del giudice ordinario pendenti dinanzi al Tribunale o alla Corte d'appello. La definizione può essere effettuata mediante il pagamento entro il 17 marzo 2003 - atteso che il giorno 16 fissato dalla norma cade di domenica - di una somma pari a 150 euro, se il valore della lite è di importo fino a 2.000 euro, ovvero di una somma pari al 10% del valore della lite se questo è di importo superiore. Devono inoltre essere pagate le somme dovute in pendenza di giudizio. Successivamente al predetto pagamento, per ciascuna lite l'interessato dovrà presentare, entro il 21 marzo 2003, una distinta domanda in carta libera. Il predetto articolo 16 non prevede che la chiusura della lite costituisca causa di esclusione della punibilità ai fini penali. Con la presente circolare si forniscono chiarimenti ed istruzioni in merito alla definizione delle liti fiscali concernenti rapporti tributari di competenza dell'agenzia delle Entrate. Le modalità di versamento delle somme dovute per la definizione e di presentazione della relativa domanda verranno determinate con provvedimento dell'agenzia delle Entrate. 10.1 Ambito di applicazione. Sono suscettibili di definizione le liti fiscali pendenti alla data del 1^ gennaio 2003 dinanzi: a) alle Commissioni tributarie provinciali, regionali, di primo e secondo grado di Trento e Bolzano e centrale, anche a seguito di rinvio; b) ai Tribunali o alle Corti d'appello che abbiano ad oggetto tributi e sanzioni che dal 1^ gennaio 2002 - a seguito della modifica apportata all'articolo 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, dall'articolo 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 - rientrano nell'ambito della giurisdizione delle Commissioni tributarie. In particolare si fa riferimento, per quanto concerne le controversie che riguardano questa Agenzia, ai tributi indicati nella circolare n. 25/E del 21 marzo 2002, e precisamente: * imposta di bollo; * tasse sulle concessioni governative; * tasse sui contratti di Borsa; * imposta sugli intrattenimenti e soppressa imposta sugli spettacoli e tributi connessi; * tasse automobilistiche. I giudizi pendenti in Cassazione non sono ricompresi fra quelli interessati dalle disposizioni di favore in commento. In ordine alle tasse automobilistiche si osserva che le presenti istruzioni si riferiscono esclusivamente a quei casi in cui la gestione del contenzioso è ancora attribuita agli uffici dell'agenzia delle Entrate. Infatti, la definizione in esame ha per oggetto esclusivamente le controversie di competenza di uffici dell'Amministrazione finanziaria dello Stato, a prescindere dalla circostanza che la controversia riguardi tributi erariali o meno. Le controversie non di competenza degli Uffici dell'Amministrazione statale sono trattate all'articolo 13, recante . Un discorso a parte meritano i canoni di abbonamento alla radio e alla televisione e le relative tasse sulle concessioni governative, ai quali si applica esclusivamente la specifica sanatoria prevista dall'articolo 17, comma 1, della stessa Legge finanziaria 2003. Non rientrano nei presupposti per la chiusura delle liti pendenti neppure i versamenti delle imposte di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), n. 2) (scommesse diverse dalla scommessa Tris e da quelle a quest'ultima assimilabili) del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504 e all'articolo 8, commi 1 e 2, del decreto legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, che trovano specifiche disposizioni di definizione nel precedente articolo 8, comma 2 della Legge finanziaria 2003. 10.2 Nozione di lite pendente. Si considerano pendenti le liti fiscali per le quali: a) alla data del 1^ gennaio 2003 sia stato proposto l'atto introduttivo del giudizio; b) alla data del 1^ gennaio 2003 sia intervenuta una pronuncia dell'organo giurisdizionale, anche di inammissibilità, e non siano ancora decorsi i termini per impugnare la stessa; c) alla data del 29 settembre 2002 non sia intervenuta una sentenza passata in giudicato; d) alla data del 1^ gennaio 2003 vi sia pendenza a seguito di rinvio. A. Per quanto concerne l'ipotesi di cui alla lettera a), occorre sottolineare che, ai sensi della norma in commento, perché la lite sia considerata pendente è sufficiente che sia stato proposto il ricorso o l'appello ai sensi, rispettivamente, degli articoli 20 e 53 del decreto legislativo n. 546 del 1992, ancorché alla stessa data non sia stato effettuato il deposito presso la Commissione tributaria adita. Al riguardo, va rilevato che la norma non prevede alcuna sospensione del termine entro il quale effettuare il deposito e che, pertanto, il ricorrente non è esonerato dal rispetto, a pena di inammissibilità, dei termini di cui all'articolo 22 dello stesso decreto legislativo. La costituzione in giudizio del ricorrente si rende necessaria essenzialmente al fine di consentire l'eventuale prosecuzione del giudizio in caso di diniego della definizione. Anche per la definizione delle liti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria è sufficiente che sia stato notificato l'atto di citazione o di appello. B. Per quanto riguarda il caso sub b), come si desume dalla complessiva lettura delle disposizioni recate dall'articolo 16, la lite si considera pendente fino a quando non si sia formato il giudicato. Si richiede a tal fine che non siano decorsi i termini per impugnare la sentenza emessa dalle Commissioni tributarie provinciali, regionali, centrale, dai Tribunali o dalle Corti d'appello. Si precisa che nell'articolo in esame il legislatore, laddove utilizza il termine "sentenza", si riferisce ad ogni provvedimento definitorio del giudizio, compresi quindi i decreti presidenziali e le decisioni della Commissione centrale. Si evidenzia che l'articolo in commento, al comma 7, dispone la sospensione dei termini per impugnare le sentenze fino al 17 marzo 2003. Tale disposizione offre al ricorrente la possibilità di valutare l'opportunità di definire la lite senza che scadano i termini per impugnare la sentenza. Pertanto i termini di impugnazione, non ancora scaduti al 1^ gennaio 2003, sono sospesi dalla stessa data fino al 17 marzo 2003. Qualora il ricorrente non definisca la lite, i residui giorni del termine di impugnazione riprenderanno a decorrere a partire dal 18 marzo 2003. Il comma 3, lettera a), dell'articolo in commento considera altresì pendente la lite fiscale per la quale l'atto introduttivo del giudizio sia stato dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in giudicato alla data di entrata in vigore della legge. Da tale disposto deriva che l'esistenza di cause di inammissibilità non rileva ai fini della definibilità della lite, finché la stessa sia pendente. Più in generale si ritiene che non è richiesta la pendenza della lite sul rapporto sostanziale, essendo ammessa la chiusura in tutte le ipotesi in cui sussista l'obbligo per il giudice di emanare un provvedimento decisorio della lite stessa, a prescindere dall'eventualità che l'atto introduttivo sia affetto da vizi comportanti invalidità o inammissibilità ostative all'esame del merito. C. L'ipotesi sub c) è contemplata nell'articolo 16, comma 3, lettera a) ultima parte, secondo cui . In particolare, la norma in argomento consente eccezionalmente la definizione della lite anche se è intervenuta una pronuncia passata in giudicato nel periodo compreso tra il 30 settembre e il 31 dicembre 2002. Infatti, ai soli fini dell'applicazione della disposizione di cui all'articolo 16 della Legge finanziaria per il 2003, il legislatore ha considerato "liti pendenti" anche quelle aventi ad oggetto un rapporto tributario divenuto definitivo nel succitato periodo a causa della mancata impugnazione della relativa pronuncia. Pertanto, il valore della lite da assumere a base della liquidazione del costo della definizione, andrà, anche in questo caso, determinato con riferimento alla contestazione nel primo grado del giudizio. All'esclusivo fine di consentirne la definizione, il disposto in parola ha fittiziamente considerato le predette pronunce nella condizione in cui si trovavano alla data del 29 settembre 2002; di conseguenza, per la determinazione delle ulteriori somme dovute di cui al comma 5, si applicano le regole previste per la definizione in presenza di sentenza, illustrate nel successivo paragrafo relativo alle "somme dovute". Occorre precisare che tale disposizione non comporta una riapertura dei termini di impugnazione delle sentenze in questione, bensì soltanto un ampliamento delle liti definibili. Infatti, la sospensione dei termini di impugnazione prevista dal comma 7 è riferibile esclusivamente ai termini pendenti al 1^ gennaio 2003, data di entrata in vigore della Legge finanziaria. Si ritiene che l'eventuale provvedimento di definizione della lite potrà essere impugnato in questo caso dal soggetto interessato, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 546 del 1992 innanzi alla Commissione tributaria provinciale competente. Nel caso di specie, concernente la pronuncia divenuta definitiva nel periodo compreso tra il 30 settembre 2002 e il 31 dicembre 2002, non possono applicarsi le speciali regole disciplinanti la contestazione del diniego previste dall'ultimo periodo del comma 8 dell'articolo in esame, in quanto la sentenza oggetto di definizione non è impugnabile, essendo passata in giudicato. D. L'ipotesi di cui alla lettera d) si riferisce alle cause pendenti a seguito di rinvio e precisamente a quelle: * devolute a una Commissione tributaria provinciale o regionale da parte di una Commissione tributaria regionale (articolo 59 del decreto legislativo n. 546 del 1992) o dalla Commissione tributaria centrale (articolo 75, comma 1, del decreto legislativo n. 546 del 1992 e articolo 29 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636); * devolute ad un Tribunale a seguito di rinvio da parte della Corte d'appello; * devolute ad una Commissione tributaria o ad un Tribunale o ad una Corte d'appello a seguito di rinvio da parte della Corte di cassazione. 10.3 Liti definibili. Possono essere definite ai sensi della normativa in commento le controversie aventi ad oggetto gli avvisi di accertamento, i provvedimenti di irrogazione di sanzioni e ogni altro atto di imposizione. Conseguentemente restano estranee alle disposizioni recate dall'articolo 16 le istanze di rimborso, i dinieghi e le revoche di agevolazioni. In ordine alle agevolazioni va però aggiunto che la lite è tuttavia definibile se nello stesso provvedimento recante il diniego o la revoca dell'agevolazione siano contestualmente quantificati anche il tributo o il maggiore tributo e/o le relative sanzioni conseguentemente dovuti. Non sono definibili, di norma, l'avviso di liquidazione, l'ingiunzione, il ruolo, in considerazione della natura di tali atti, finalizzati alla riscossione del tributo e degli accessori. Si deroga a tale principio qualora uno dei predetti atti assolve anche alla funzione di atto di accertamento, oltre che di riscossione. Non possono essere definite nemmeno le liti aventi ad oggetto gli avvisi di liquidazione emessi ai sensi dell'articolo 12 del decreto legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito dalla legge 13 maggio 1988, n. 154. Al riguardo, la prassi dell'Amministrazione finanziaria ha escluso la definizione dei predetti avvisi in quanto, non incidendo essi sulla rettifica del valore dichiarato, assolvono a una funzione meramente liquidatoria (circolare n. 88/E del 24 marzo 1995; risoluzione n. 288/E del 4 settembre 2002). Negli stessi termini si è espressa la Corte di cassazione (Cassazione 5 gennaio 2000, n. 64; 30 maggio 2001, n. 7410; 19 marzo 2002, n. 3957; 3 maggio 2002, n. 6345). In ordine alla definibilità della lite nel caso in cui con un unico atto o con atto separato sia stato richiesto il pagamento dell'imposta o della maggiore imposta e delle sanzioni ad esse correlate e il contribuente abbia prestato acquiescenza limitatamente al tributo richiesto riferendo pertanto il gravame soltanto alle sanzioni, occorre fare riferimento per il calcolo degli importi rilevanti ai fini della definizione, esclusivamente alle sanzioni irrogate. Nel caso di acquiescenza parziale sul tributo, la chiusura può avvenire prendendo a base l'ammontare del tributo in contestazione in primo grado, senza tener conto delle sanzioni e degli interessi che allo stesso si riferiscono. Ove siano state irrogate sanzioni collegate ad un tributo ma lo stesso non sia oggetto di contestazione (ad esempio sanzioni per ritardato versamento), si ritiene che anche in tal caso, il giudizio, introdotto allo scopo di contestare soltanto le sanzioni, possa definirsi avendo riguardo all'ammontare di queste ultime. La definizione può riguardare anche le controversie aventi ad oggetto le cartelle di pagamento emesse a seguito di liquidazioni ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e dell'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. In questo caso, tuttavia, la convenienza della definizione va valutata con particolare attenzione, tenuto presente che in pendenza di giudizio - salvo che sia già intervenuta una pronuncia favorevole al contribuente - sono comunque dovute per intero le imposte ed i relativi interessi e sanzioni. Solo queste ultime, in caso di chiusura della lite, non saranno più dovute. Al riguardo, va tuttavia evidenziato che non è consentito il rimborso delle somme eventualmente già versate. Sono liti definibili anche quelle pendenti dinanzi alle Commissioni tributarie, ai Tribunali o alle Corti d'appello concernenti sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari. Si tratta, come specificato nella citata circolare n. 25/E del 2002, di quelle sanzioni che, anche se non strettamente correlate alla violazione di norme tributarie, sono comunque connesse con violazioni di disposizioni riconducibili all'ordinamento giuridico - tributario e attinenti alla gestione dei tributi. 10.4 Valore della lite e lite autonoma. Il valore della lite va individuato sulla base dell'imposta o maggior imposta accertata o, nel caso di impugnazione parziale, sulla base dell'imposta o della maggiore imposta contestata, con esclusione degli interessi e delle eventuali sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con separato atto. Infatti, il valore da assumere a base del calcolo per la definizione è sempre l'importo del tributo e/o delle sanzioni non collegate al tributo nella misura in cui sono stati contestati con l'atto introduttivo del giudizio in primo grado, a prescindere dagli ulteriori sviluppi della controversia. Resta fermo quanto già chiarito nel paragrafo relativo alle liti definibili in caso di assenza di contenzioso sul tributo. Ai sensi del comma 3, lettera c) dell'articolo in commento ; alla precedente lettera b), è previsto che per lite autonoma si intende quella relativa ad ogni singolo avviso di accertamento, provvedimento di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione. Pertanto, ove con il medesimo atto introduttivo del giudizio siano stati impugnati più provvedimenti, il valore della lite dovrà essere calcolato per ogni singolo atto in contestazione. Inoltre, se nell'atto impositivo è compresa l'Invim, il valore di tale imposta o maggiore imposta accertata costituisce oggetto di lite autonoma rispetto agli altri tributi richiesti con il medesimo atto (imposte di registro, ipotecaria e catastale, che vanno sommate per determinare il valore della lite relativa alle stesse). É altresì irrilevante l'eventuale riunione di più giudizi, in quanto il valore da considerare è sempre quello relativo alla lite inizialmente instaurata. La definizione ha per oggetto il contenuto complessivo di ogni singola controversia: non è ammessa la definizione parziale, riferita cioè ad una sola parte della materia del contendere, così come circoscritta dall'atto introduttivo del giudizio. Nel determinare il valore della lite occorre, in particolare, tenere conto di tutti i tributi in contestazione, compresi addizionali, Irap e contributo al servizio sanitario nazionale. 10.5 Coobbligati. Relativamente alle controversie che riguardano una pluralità di soggetti (ad esempio, alienante e acquirente, coeredi, coniugi che hanno presentato dichiarazione congiunta), in quanto interessati dallo stesso atto impugnato o dalla stessa lite autonomamente definibile, possono configurarsi i seguenti casi: a) pendenza di un'unica lite nella quale siano costituiti tutti gli interessati; b) pendenza di distinte liti aventi ad oggetto lo stesso atto, in ciascuna delle quali siano costituiti tutti gli interessati; c) presentazione di ricorso solo da parte di alcuni degli interessati. Nell'ipotesi sub a) si configura un'unica lite e, pertanto, la regolarità della definizione da parte di uno degli interessati produce automaticamente l'effetto dell'estinzione della controversia anche nei confronti degli altri soggetti. Nell'ipotesi sub. b), pur configurandosi più liti fiscali, la regolarità della definizione da parte di uno degli interessati produce l'effetto dell'estinzione anche delle altre controversie. Ciò può accadere, ad esempio, in materia di imposta di registro, nell'ipotesi in cui l'avviso di rettifica avente ad oggetto lo stesso contratto di cessione di azienda sia stato impugnato separatamente da acquirente e venditore, con l'instaurazione di separati giudizi pendenti. Per quanto attiene all'aspetto processuale, l'ufficio tributario che riceve la domanda prodotta da uno dei soggetti interessati, nel trasmettere al giudice l'elenco delle liti per le quali è stata chiesta la definizione, avrà cura di comunicare la pendenza di altre liti aventi ad oggetto il medesimo rapporto tributario, specificandone la circostanza. Una volta verificata la regolarità della chiusura della lite, andrà richiesta l'estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere anche con riguardo alle altre controversie interessate dalla medesima definizione. Nell'ipotesi sub. c) la pretesa dell'Amministrazione finanziaria si è resa definitiva soltanto nei confronti di uno o più dei soggetti interessati dall'atto impugnato. In tal caso, l'effetto definitorio dell'iniziativa assunta dal ricorrente impedisce all'Amministrazione di esercitare ulteriori azioni nei confronti degli altri soggetti interessati, fermo restando che non si farà comunque luogo a rimborso di somme già versate. Si precisa che le liti in materia di imposte sui redditi riguardanti le società di persone sono autonomamente definibili rispetto a quelle instaurate dai soci per l'Irpef dagli stessi dovuta. 10.6 Somme dovute. Le liti fiscali si definiscono con il pagamento di un importo pari al 10% del valore della lite. Qualora, tuttavia, detto valore non superi 2.000 euro, è dovuto l'importo fisso di 150 euro. Il pagamento deve essere effettuato entro il 17 marzo 2003 secondo le modalità previste per il versamento diretto dei tributi cui la lite si riferisce, con esclusione della compensazione disciplinata dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. É inoltre prevista la possibilità di effettuare il versamento rateale delle somme dovute, in un massimo di sei rate trimestrali di pari importo ovvero, se la somma da versare supera 50.000 euro, in un numero massimo di dodici rate trimestrali sempre di pari importo. In entrambi i casi, la prima rata deve essere versata entro il 17 marzo 2003 e quelle successive dovranno essere maggiorate degli interessi legali, con decorrenza dalla stessa data. Si evidenzia che, nel caso in cui le rate successive alla prima non siano versate alla scadenza, la definizione resta efficace, in quanto tali somme sono recuperate mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo. In questo caso saranno ulteriormente dovuti: * una sanzione amministrativa pari al 30% delle somme non versate (ridotta alla metà in caso di versamento eseguito entro i 30 giorni successivi alla scadenza della medesima); * gli interessi legali. In aggiunta agli importi prima richiamati, sono comunque dovute le somme il cui pagamento è previsto dalle vigenti disposizioni di legge in pendenza di giudizio (con riferimento allo stato dello stesso alla data del 1^ gennaio 2003), anche se non ancora iscritte a ruolo o liquidate, con esclusione delle sanzioni. Relativamente al versamento di tali ulteriori somme valgono le seguenti indicazioni: * qualora non siano state pagate ovvero non siano state iscritte in ruoli notificati - mediante cartella di pagamento - prima del versamento richiesto per la definizione, dette ulteriori somme devono essere versate, secondo le stesse modalità prima richiamate, entro il 17 marzo 2003; * qualora, alla data del versamento rilevante ai fini della definizione, sia stata già notificata la cartella di pagamento, dovrà provvedersi al pagamento di quest'ultima nel rispetto delle relative scadenze. Qualora la cartella sia notificata in data successiva a quella in cui il contribuente ha effettuato il versamento, non occorre procedere al pagamento del ruolo; in tal caso, l'ufficio provvederà alla sospensione della riscossione e, dopo aver verificato la regolarità della definizione, allo sgravio della stessa, senza necessità di istanza da parte del contribuente. Il pagamento in via definitiva delle somme di cui sopra è condizione imprescindibile per la definizione della lite ai sensi dell'articolo 16 in esame. Tali somme restano comunque dovute anche in presenza di sospensione dell'esecuzione dell'atto ovvero della riscossione. Le stesse devono essere versate integralmente in ogni caso, in quanto il legislatore ha disposto che "restano comunque dovute". Ciò comporta che per la validità della chiusura della lite il ruolo non possa essere definito ai sensi dell'articolo 12 della Legge finanziaria 2003, che consente di estinguere il debito, relativamente a ruoli affidati ai concessionari della riscossione entro il 30 giugno 1999, versando il 25% dell'importo dovuto. Nei casi in cui in pendenza di giudizio risultano dovute anche le sanzioni, l'obbligo di pagamento delle stesse viene meno per effetto della definizione. Pertanto, qualora le stesse siano già iscritte a ruolo, l'ufficio deve procedere allo sgravio, mentre nel caso in cui siano state già versate non si fa luogo a rimborso. Ciò vale anche per le sanzioni, non collegate ad un tributo, per le quali è dovuto solo il 10% del valore della lite (o 150 euro). Le sanzioni collegate al tributo non sono dovute neanche qualora l'atto di irrogazione delle sanzioni formi oggetto di un separato giudizio, ferma restando comunque la non rimborsabilità di quanto già pagato. In particolare, le somme dovute in pendenza di giudizio sono le seguenti: * prima della sentenza della Commissione tributaria provinciale; 1. per le imposte sui redditi (articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602): 1.1. un terzo dell'imposta corrispondente all'imponibile o maggiore imponibile accertato dall'ufficio, per le liti concernenti atti di imposizione relativi a dichiarazioni presentate prima del 1^ gennaio 1999. Limitatamente agli accertamenti parziali eseguiti ai sensi dell'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, fino al periodo d'imposta antecedente a quello in corso alla data del 30 ottobre 1993; 1.2. la metà di detta imposta per le liti concernenti atti di imposizione relativi a dichiarazioni presentate dopo il 1^ gennaio 1999. Limitatamente agli accertamenti parziali eseguiti ai sensi dell'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 30 ottobre 1993; 2. per l'imposta sul valore aggiunto (articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972): la metà dell'imposta o della maggiore imposta accertata dall'ufficio; 3. per le imposte di registro, sulle successioni e donazioni, ipotecaria, catastale e comunale sull'incremento di valore degli immobili (articolo 56 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131; articolo 40 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346; articolo 13 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347; articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643): 3.1. un terzo dell'imposta complementare dovuta per il maggior valore accertato dall'ufficio; 3.2. l'intera imposta accertata nel caso di imposta principale e di imposta complementare diversa da quella per maggior valore accertato; 3.3. nulla nel caso di imposta suppletiva. Va specificato che l'imposta principale e quella complementare di cui al precedente punto 3.2. sono sempre dovute per l'intero importo preteso, indipendentemente dal grado di giudizio - fatti salvi gli effetti di eventuale pronuncia favorevole - in cui si trovi la lite al momento della definizione. L'imposta suppletiva di cui al punto 3.3, invece, è dovuta solo a seguito di deposito di pronuncia di una Commissione tributaria regionale o della Commissione tributaria centrale, nella misura decisa con la medesima pronuncia. Si ribadisce che per effetto della chiusura della lite non sono più dovute le sanzioni collegate al tributo oggetto di definizione; * dopo il deposito della sentenza della Commissione tributaria provinciale: i due terzi dell'imposta o maggiore imposta in contestazione, salvo che - in caso di accoglimento parziale del ricorso - il deciso sia inferiore a detto limite. In questa ipotesi è dovuto per intero il tributo risultante dalla sentenza di primo grado. * dopo il deposito della sentenza della Commissione tributaria regionale e della decisione della Commissione tributaria centrale: l'intero ammontare determinato dalle stesse. É necessario specificare che qualora penda dinanzi ad una Commissione tributaria regionale o alla Commissione tributaria centrale una lite in cui sia stata impugnata una decisione delle soppresse Commissioni tributarie di primo e di secondo grado le somme da pagare sono le seguenti: * dopo il deposito della decisione della soppressa Commissione tributaria di primo grado; 1) per le imposte dirette: i due terzi dell'imposta corrispondente all'imponibile o al maggiore imponibile deciso dalla Commissione; 2) per l'imposta sul valore aggiunto: i due terzi dell'imposta corrispondente all'imponibile o al maggiore imponibile deciso dalla Commissione; 3) per le imposte sulle successioni e donazioni, di registro, ipotecarie, catastale e comunale sull'incremento di valore degli immobili: i due terzi dell'imposta complementare relativa all'imponibile deciso dalla Commissione. * dopo il deposito della decisione della soppressa Commissione tributaria di secondo grado; 1) per le imposte dirette: i tre quarti dell'imposta corrispondente all'imponibile o al maggiore imponibile deciso dalla Commissione; 2) per l'imposta sul valore aggiunto: i tre quarti dell'imposta corrispondente all'imponibile o al maggiore imponibile deciso dalla Commissione; 3) per le imposte sulle successioni e donazioni, di registro, ipotecarie, catastale e comunale sull'incremento di valore degli immobili: l'intera imposta complementare corrispondente all'imponibile deciso dalla Commissione. In presenza di norme derogatorie alle anzidette disposizioni in materia di riscossione provvisoria in pendenza di giudizio si applicano le norme speciali. Ad esempio, in caso di ricorso contro l'atto di accertamento concernente dichiarazioni relative a periodi di imposta per i quali è stata rilasciata certificazione tributaria ai sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 241 del 1997, sono comunque dovute le imposte o le maggiori imposte, unitamente ai relativi interessi, con esclusione delle sanzioni, secondo i criteri di cui all'articolo 68 del decreto legislativo n. 546 del 1992, solo dopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale. Analogamente in riferimento all'avviso di accertamento emesso ai sensi dell'articolo 37-bis (disposizioni antielusive) del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. Va ulteriormente precisato che, indipendentemente dal grado di giudizio - fatti salvi gli effetti di eventuale sentenza favorevole - in cui si trovi la lite al momento della definizione, sono comunque dovute le imposte e le ritenute alla fonte e relativi interessi iscritti a ruolo ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e degli articoli 54-bis e 60, comma VI, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, con esclusione, a seguito della definizione, delle sanzioni amministrative. In tutti i casi in cui sono dovute le predette somme, devono essere versati anche gli interessi dovuti in base alle singole leggi di imposta. Atteso che, per espresso dettato normativo, la definizione delle liti fiscali non dà comunque luogo alla restituzione delle somme eventualmente già versate dal ricorrente, la sentenza ad esso favorevole, in deroga a quanto disposto dall'articolo 68, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, a seguito della chiusura della lite cessa di costituire titolo per il rimborso delle somme dallo stesso versate e vale solo per ottenere lo sgravio dei ruoli non pagati alla data del 1^ gennaio 2003. Si evidenzia che le regole che precedono concernono le liti pendenti davanti alle Commissioni tributarie. Per quelle pendenti davanti all'autorità giudiziaria ordinaria occorre fare riferimento alle singole leggi d'imposta, le quali generalmente prevedono l'impugnabilità di atti integralmente esecutivi. 10.7 Errore scusabile. Il comma 9 dell'articolo 16 in commento stabilisce che . L'errore potrà ritenersi scusabile nelle ipotesi in cui il soggetto abbia osservato una normale diligenza nella determinazione del valore della lite e nel calcolo degli importi dovuti. Non potrà invece ritenersi scusabile, ad esempio, l'errore consistente nel versamento inferiore a 150 euro, in quanto, trattandosi dell'importo minimo determinato dalla norma, appare come errore dovuto a negligenza inescusabile. La scusabilità dell'errore va dunque riferita alla mancanza di negligenza nella individuazione della somma dovuta ovvero alla sussistenza di condizioni di obiettiva incertezza o di particolare complessità del calcolo, come potrebbe verificarsi, ad esempio, per la determinazione degli interessi sulle somme dovute in pendenza di giudizio. I soggetti interessati possono comunque avvalersi del servizio di assistenza telefonica mediante il n. 848800444 oppure recarsi presso uno degli uffici locali dell'Agenzia, i quali forniranno, con il coordinamento delle direzioni regionali, i chiarimenti e l'assistenza necessari per la chiusura della lite. L'ufficio, riconosciuta la scusabilità dell'errore, liquiderà il maggior importo dovuto e inviterà il contribuente ad effettuare il saldo di quanto dovuto, entro 30 giorni dalla data di ricezione della comunicazione. Qualora la parte non adempia entro tale termine all'integrazione del pagamento, la chiusura della lite non sarà valida. 10.8 Sospensione dei giudizi e dei termini per impugnare le sentenze. Il comma 6 dell'articolo in esame prevede che i giudizi che possono formare oggetto di definizione sono sospesi dal 1^ gennaio al 30 giugno 2003. Se antecedentemente al 1^ gennaio 2003 la data di trattazione della lite è stata già fissata nel suddetto periodo, i giudizi sono sospesi a richiesta del contribuente. Qualora la data di trattazione della lite sia successiva al 17 marzo 2003, il contribuente ovviamente potrà richiedere la sospensione del giudizio solo se si è avvalso della definizione. Dal 1^ gennaio 2003 non possono essere fissate trattazioni in date ricadenti nel primo semestre 2003. Le liti per le quali è stata chiesta la definizione, inserite negli elenchi che verranno trasmessi entro il 30 giugno 2003 dagli uffici agli organi giurisdizionali, sono sospese fino al 31 luglio 2005. Inoltre, per le liti che possono essere definite, sono sospesi dal 1^ gennaio al 17 marzo 2003 i termini per impugnare le pronunce delle Commissioni tributarie ovvero, nel caso di liti già di competenza del giudice ordinario, quelle del Tribunale o delle Corti d'appello. Nel caso in cui il contribuente non si avvalga della definizione, i residui giorni del termine di impugnazione continueranno a decorrere a partire dal 18 marzo 2003. Qualora la definizione non dovesse risultare valida, l'ultimo periodo del comma 8 dispone che la sentenza possa comunque essere impugnata, unitamente al diniego della definizione, entro sessanta giorni dalla notifica dello stesso. 10.9 Estinzione del giudizio. L'estinzione del giudizio non può essere dichiarata prima della comunicazione di regolarità della definizione da parte dell'ufficio. A seguito del deposito di detta comunicazione, viene dichiarata l'estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere ai sensi dell'articolo 46 del decreto legislativo n. 546 del 1992. Anche nel processo civile la comunicazione di regolarità della definizione da parte dell'ufficio è sufficiente per la dichiarazione di estinzione, sebbene la cessazione della materia del contendere non sia prevista né esplicitamente né implicitamente dal codice di procedura civile. Si deve ritenere, infatti, che nel caso in esame sia possibile che il giudice dichiari l'estinzione del processo, in quanto la giurisprudenza ammette la possibilità di estinzione nei casi in cui sia sopravvenuta una situazione, riconosciuta da entrambe le parti, che abbia eliminato la posizione di contrasto ed abbia perciò fatto venir meno oggettivamente la necessità di una pronuncia del giudice sull'oggetto della controversia. 11) Regolarizzazione delle inadempienze in materia di servizio pubblico televisivo L'articolo 17, comma 1, della Legge finanziaria per il 2003 prevede la definizione agevolata delle violazioni relative al canone di abbonamento al servizio pubblico televisivo (regio decreto legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880 e successive modificazioni - disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni) e alla tassa di concessione governativa sugli apparecchi radiotelevisivi (articolo 17 della tariffa annessa al Dm 28 dicembre 1995, - pubblicato nella del 30 dicembre 1995, n. 303, Serie Generale - e successive modificazioni); riguarda quindi tutti i soggetti che pur detenendo un apparecchio radiotelevisivo non hanno corrisposto il canone di abbonamento e la relativa tassa di concessione governativa. Il contribuente può definire le violazioni commesse fino al 31 dicembre 2002 con il pagamento, entro il 16 marzo 2003, di un unico importo di euro 10 per ogni annualità, per la quale è stato omesso il versamento, che si intende definire. La definizione è ammessa anche nelle ipotesi in cui sia in corso un procedimento amministrativo o giurisdizionale. Sono pertanto ricomprese nel condono tutte le violazioni commesse entro il 31 dicembre 2002, per le quali, alla data di entrata in vigore della Legge finanziaria 2003 (1^ gennaio 2003): * non è stata ancora notificata la cartella esattoriale; *a pur essendo stata notificata la cartella esattoriale, non è ancora decorso il termine di sessanta giorni per l'impugnazione innanzi alle commissioni tributarie; * a seguito di impugnazione, pende procedimento giurisdizionale oppure l'eventuale pronuncia non si è ancora resa definitiva. Sono invece escluse dalla possibilità di definizione le violazioni che attengono a rapporti esauriti, vale a dire i casi in cui, alla predetta data del 1^ gennaio 2003: * sono decorsi i termini di impugnazione della cartella esattoriale; * è intervenuta sentenza passata in giudicato o comunque non più suscettibile di impugnazione. Si fa inoltre presente che l'ultimo periodo della norma in questione stabilisce che non si fa luogo alla restituzione delle somme già versate. Il pagamento deve essere eseguito con le modalità previste dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e successive modificazioni, vale a dire mediante utilizzo del modello F24. Si precisa che è esclusa, in ogni caso, la compensazione ivi prevista. 12) Dichiarazione integrativa e definizione delle controversie relative all'imposta unica dovuta per le scommesse diverse dalla scommessa tris e dalle scommesse ad essa assimilabili Le istruzioni di seguito fornite riguardano la definizione dei versamenti e delle controversie relativi all'imposta unica disciplinata dal decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, tenuto conto delle attuali attribuzioni in materia dell'Agenzia delle Entrate, fissate dall'articolo 8 del decreto legge 24 dicembre 2002 n. 282. Eventuali ulteriori istruzioni potranno essere fornite dalla Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato per le entrate gestite da detta amministrazione. Ciò premesso si chiarisce quanto segue. L'articolo 8, comma 2, prevede che, su richiesta dei contribuenti, mediante presentazione di dichiarazione integrativa, è consentita l'integrazione o, se omessi, l'effettuazione dei versamenti concernenti l'imposta unica dovuta, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera b), numero 2) del citato decreto legislativo n.504 del 1998, per tutte le scommesse diverse dalla scommessa Tris e da quelle a quest'ultima assimilabili sotto il profilo delle modalità di accettazione e di totalizzazione. La dichiarazione, redatta in forma libera, deve riferirsi a ciascuna concessione, ancorché trattasi di concessioni gestite da un unico soggetto, e deve essere consegnata o spedita, in plico, senza busta, raccomandato con avviso di ricevimento, all'Ufficio locale dell'agenzia delle Entrate competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente. La dichiarazione deve contenere, oltre ai dati completi del contribuente (dati anagrafici, codice fiscale, domicilio fiscale), il codice di concessione e l'indicazione della sede operativa, nonché tutti gli altri dati idonei ad individuare la definizione richiesta e gli estremi del versamento. Si ricorda che l'articolo 4, comma 1, lettera b), numero 2) del decreto legislativo n. 504 del 1998 fissa per le scommesse di cui trattasi un'aliquota del 20,20 per cento applicabile sulle quote di prelievo stabilite per ciascuna scommessa. La definizione può effettuarsi per i versamenti relativamente ai quali sia scaduto il termine al 31 ottobre 2002 e per i quali alla data del 1^ gennaio 2003 non siano stati notificati avvisi di accertamento. La definizione avviene con il pagamento di un importo pari al 20 per cento delle imposte non versate. Il versamento deve essere eseguito entro il termine del 16 marzo 2003, fissato dal successivo comma 3 dell'articolo 8 in commento. La definizione è altresì consentita anche nelle ipotesi in cui siano intervenuti accertamenti non ancora divenuti definitivi. Tali controversie possono essere definite con il versamento, entro il termine del 16 marzo 2003, di un importo pari al 30 per cento del dovuto o della maggiorazione accertata alla data del 1^ gennaio 2003.