Cir_Emilia_12_11_10_280997 Circolare Emilia 12/11/10 prot. n.. 0280997 Comunicazioni in merito alla disciplina della segnalazione certificata di inizio attività, di cui all'art. 49 del D.L. n. 78 del 2010 convertito con modifiche dalla L. n. 122 del 2010. Premessa Il decreto legge n. 7812010, convertito con modifiche dalla legge n. 122/2010, ha modificato la disciplina dell'articolo 19 della legge 241/1990, sostituendo la dichiarazione di inizio attività (DIA) con la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA). L'aspetto saliente del nuovo meccanismo di semplificazione riguarda la possibilità di avviare l'attività immediatamente dopo la presentazione della SCIA all'amministrazione competente, senza dover attendere il termine di 30 giorni, previsto per la dichiarazione di inizio attività, per i controlli preventivi sulla ricorrenza dei requisiti e dei presupposti, richiesti dalla legge per lo svolgimento dell'attività stessa. La Segnalazione deve essere corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorietà, nonché dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, corredate da elaborati tecnici, che siano indispensabili per dimostrare la sussistenza dei requisiti e dei presupposti richiesti dalla legge per lo svolgimento dell'attività oggetto della SCIA. La pubblica amministrazione, secondo il nuovo istituto di semplificazione, ha a disposizione 60 giorni per adottare un provvedimento di sospensione dell'attività intrapresa e per ordinare la rimozione degli eventuali effetti dannosi, a meno che l'interessato non si conformi alla normativa vigente, entro un termine fissato dalla stessa amministrazione che non pub essere inferiore a 30 giorni. Decorso tale termine di 60 giorni l'amministrazione pub intervenire senza limiti di tempo ma solo in presenza di un pericolo di danno grave e irreparabile per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell'impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell'attività dei privati alla normativa vigente. É fatto poi salvo il potere dell'amministrazione di assumere, senza limiti temporali, in via di autotutela, provvedimenti di revoca o annullamento d'ufficio del titolo abilitativo, ove ricorrano i presupposti previsti dagli articoli 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241/1990. Applicabilità della SCIA a1 settore edilizio Sin dalla presentazione del decreto legge n. 78, da più parti sono stati sollevati dubbi circa l'immediata applicabilità o meno della disciplina della SCIA sopra descritta alle diverse discipline settoriali che vedono il ricorso all'istituto della DIA, tra cui innanzitutto l'attività edilizia, vista l'evidente complessità del raccordo tra la disciplina essenziale dell'art. 19 della legge n. 241/1990 con l'articolata e complessa disciplina propria dei diversi settori, contenuta per l'edilizia nel DPR n. 380 del 2001 e nelle leggi regionali. Sono stati evidenziati, da taluni interpreti, gli argomenti a favore dell'applicazione diretta della disciplina della SCIA a1 campo edilizio, da altri, quelli contrari. Sulla questione è intervenuto anche un parere del Servizio legislativo del Ministero per la semplificazione normativa, in risposta ad un quesito della Regione Lombardia, (espressosi nel senso della immediata applicabilità della SCIA al settore edilizio). In particolare, il Ministero si è espresso sui seguenti aspetti problematici: - l'applicabilità della SCIA all'attività edilizia; - i rapporti tra la SCIA e le previsioni relative alla DIA contenute nel T.U. edilizia e nelle leggi regionali; - la possibilità di utilizzare la Scia in alternativa a1 permesso di costruire (SuperDia); - la disciplina da osservare nel caso di interventi su immobili vincolati. Inoltre, nei giorni scorsi sono stati prospettati ulteriori possibili interventi interpretativi governativi, volti a dirimere l'incertezza imperante sul punto: quel che è certo è che, a tutt'oggi, non appare possibile riscontrare argomenti insuperabili a favore dell'una o dell'altra tesi. In realtà, quand'anche si considerassero prevalenti gli argomenti a favore dell'immediata applicabilità della disciplina della SCIA a1 settore edilizio, in sostituzione della DIA, è indiscutibile che ciò richiederebbe un ampio intervento interpretativo, per colmare gli ampi margini di incompletezza della disciplina della SCIA. Un tale processo ricostruttivo comporterebbe gravi incertezze e criticità, in quanto la nuova disciplina dell'art. 19 della 24111990 non è in grado di rispondere all'esigenza di regolazione dei numerosi e complessi profili in cui si articola la disciplina edilizia, statale e regionale (DPR n. 380 del 2001 e LL.RR. nn. 31 del 2002 e 23 del 2004). I1 meccanismo previsto dal comma 4 ter dell'art. 49 del d.1. 78/2010, il quale prevede espressamente che la disciplina della SCIA sostituisca direttamente quella della DIA stabilita dalla legislazione statale o regionale, non risolve del tutto tale problematica, in quanto esso evidentemente non pub colmare le lacune e i disallineamenti che tale trasposizione comporta. Occorre, infatti, ipotizzare che detto effetto di sostituzione automatica operi non nel senso della abrogazione della intera disciplina di dettaglio prevista dalle leggi regionali in materia di Dia (sostituita dalla scarna disciplina in materia di SCIA), ma nel senso che, per tutto quanto non espressamente previsto dall'art. 19 della legge 241/1990, continui a trovare applicazione detta disciplina edilizia regionale sulla DIA, in quanto non in contrast0 con l'art. 19 stesso. In tal modo, la disciplina della SCIA statale sarebbe integrata dalle disposizioni contenute nella normativa regionale di settore. Questa impostazione sarebbe essenziale per evitare ampi vuoti normativi circa, ad esempio: l'indicazione delle tipologie di interventi cui applicare la SCIA; l'individuazione dei requisiti e presupposti cui è subordinato l'intervento, la definizione degli elaborati da allegare; la fissazione del periodo di efficacia temporale del titolo; la disciplina dell'esecuzione e dell'ultimazione dei lavori, ecc. Si consideri, tuttavia, che una tale operazione ermeneutica non è comunque in grado di risolvere i rilevanti problemi applicativi che conseguono alla trasposizione della disciplina generale dell'art. 19 nell'ordinamento del settore edilizio. Si pensi alla necessità di consentire, in maniera snella e semplificata, la verifica di completezza e regolarità formale della documentazione presentata, senza che ciò comporti la necessità di sospendere l'attuazione dell'intervento. Per ottenere questo risultato occorrerebbe precisare che nei sessanta giorni dalla presentazione della Scia, meglio se nell'immediatezza del suo deposito, sia ammessa la verifica della completezza e regolarità formale della documentazione allegata e la richiesta di integrazioni. Si consideri poi la difficoltà a dare attuazione all'univoco enunciato di cui al comma 1 dell'art. 19 della legge n. 241/1990, che esclude l'applicabilità della SCIA nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali. Si dovrebbe, di conseguenza, ipotizzare una interpretazione adeguatrice della disciplina della SCIA, in modo da considerare conseguito l'obiettivo della norma nel caso in cui la Segnalazione sia presentata solo a seguito della acquisizione degli atti di assenso espressi dalle autorità preposte alla tutela del vincolo. Similmente, occorrerebbe poi raccordare la previsione della possibilità di dare inizio all'attività sin dalla data di presentazione della segnalazione, con quelle normative settoriali che richiedono l'acquisizione di una autorizzazione o altro atto di assenso, comunque denominato, di una P.A. o la predisposizione e il deposito di una documentazione progettuale (anche) dopo l'acquisizione del titolo abilitativo edilizio ma prima dell'inizio dei lavori. Anche per tali ipotesi occorrerebbe precisare che dette normative debbano considerarsi modificate nel senso della necessita di acquisire i relativi atti di assenso, o di attuare gli adempimenti richiesti, prima della presentazione della SCIA. Si consideri, tuttavia, come questa vasta attività integrativa del dettato normativo non potrebbe comunque spingersi a superare la generale difficoltà a dare applicazione alla disciplina delle sanzioni per le opere edilizie abusive agli interventi soggetti a SCIA ed, in particolare, l'irresolubile contrasto tra l'attuale sistema sanzionatorio degli interventi su beni immobili o aree vincolate o inedificabili, previsto dagli artt. 9, 10 e 11 della L.R. n. 23 del 2004 e dalle leggi statali settoriali preposte alla tutela di tali beni (si pensi per tutti all'art. 167, comma 1, del D.lgs. n. 42 del 2004) e la previsione del comma 4 dell'art. 19 che stabilisce come prioritaria la finalità di tutelare gli interesse sottesi a1 vincolo mediante conformazione dell'attività dei privati, piuttosto che con remissione in pristine. Impugnazione innanzi alla Corte costituzionale. La Regione Emilia-Romagna ha impugnato innanzi alla Corte costituzionale il decreto legge n. 78 del 2010 per la dichiarazione dell'illegittimità costituzionale di talune disposizioni, tra cui l'art. 49, limitatamente alle norme sulla SCIA. I motivi del ricorso si possono così sintetizzare: 1. la nuova disciplina dell'art. 19 della legge 241 del 1990 (comma 4-bis dell'art. 49) appare lesiva dell'art. 117, comma 3, Cost. in quanto, in materia a competenza legislativa concorrente, lo Stato pub stabilire solo i principi fondamentali della materia e non la relativa disciplina di dettaglio; 2. la disciplina della SCIA appare in contrasto con i principi di ragionevolezza e buon andamento dell'azione amministrativa, di cui agli articoli 3 e 97 Cost. in quanto esclude la possibilità di un controllo preventivo degli interventi, nonostante che lo stesso consenta di evitare abusi e danni irreversibili o comunque la più onerosa e costosa procedura di ripristino, ponendo piuttosto in capo alla pubblica amministrazione l'onere e le difficoltà operative che sono proprie della esecuzione in danno; 3. inoltre, in nome di una rapida definizione del titolo edilizio, si crea uno sbilanciamento, sacrificando l'esigenza della tutela del territorio e dell'interesse dei terzi. La disciplina della SCIA pone in una posizione più onerosa la P.A. e non salvaguarda neppure lo stesso operatore economico, il quale se ha interesse a conoscere in tempi rapidi e certi se l'intervento è realizzabile, ha anche interesse ad operare in un quadro di certezze; 4. Il comma 4-ter dell'art. 49 è ritenuto illegittimo in quanto la disciplina della SCIA non riguarda la tutela della concorrenza né la definizione dei livelli minimi essenziali delle prestazioni, di cui all'art. 117, comma 2, lettere e) ed m), dal momento che non presenta i contenuti e i requisiti individuati dalla giurisprudenza costituzionale per dette norme di esclusiva competenza statale. Analoghi ricorsi sono stati presentati da altre 5 Regioni e dalle due Province Autonome. Necessità del riordino della legislazione regionale in materia edilizia Pur in attesa del pronunciamento della Corte costituzionale, nell'auspicio che possa ricondurre la disciplina dell'art. 19 alla sua funzione di disposizione generale, da adattare e articolare per ogni materia, attraverso una valutazione complessiva di tutti gli interessi che vengono in rilievo, la Regione intende impegnarsi da subito per la corretta applicazione ed attuazione delle finalità della normativa in esame. In particolare, condividendo le esigenze, sottese a questa riforma del procedimento amministrativo, di una sempre maggiore semplificazione normativa e riduzione degli oneri amministrativi per le imprese e i cittadini, appare evidente che l'applicazione della SCIA al settore edilizio, sulla base dell'attività interpretativa ipotizzata in precedenza, comporterebbe un significativo periodo di incertezza normativa, di crescita del contenzioso nel campo edilizio e di minore stabilita delle posizioni giuridiche degli operatori. Per realizzare gli obiettivi della riforma dell'art. 19 della legge 241, appare indispensabile provvedere, in tempi il più possibile brevi, alla predisposizione di un provvedimento legislativo, diretto alla revisione della normativa regionale in materia edilizia, in quanto solo l'assunzione di una legge regionale attuativa della disciplina generale della SCIA consente di calare le innovazioni positive di tale istituto all' interno della esperienza giuridica ed amministrativa della nostra regione. Nel frattempo, per il periodo che precederii l'entrata in vigore della legge regionale, è indubbio che non potrà escludersi che talun operatore ritenga di dare diretta applicazione alla disciplina della SCIA nel settore edilizio, nonostante le evidenti difficoltà interpretative sopra richiamate. Tuttavia, in considerazione della necessità di assicurare la continuità, la sicurezza e la celerità dei processi edilizi, specialmente nel corso di una grave fase di crisi economica, come quella attuale, appare opportuno propendere per una lettura prudenziale, che consenta di continuare a dare applicazione alla disciplina di cui alle leggi regionali n. 31 del 2002 e 23 del 2004, fino all'entrata in vigore della suddetta legge di riforma. L'applicazione della normativa regionale di dettaglio, ormai ampiamente sperimentata e affinata nella pratica amministrativa degli anni scorsi, consente infatti di evitare le rilevanti difficoltà operative che potrebbero derivare dall'incerto avvio dell'attuazione della disciplina statale sulla SCIA, che dovrebbe essere fondato, per ambiti eccessivamente ampi della materia, su ipotesi interpretative prive di un univoco fondamento legislativo.