Cir_Assonime_22_12_00_69 Circolare Assonime 69 del 22 dicembre 2000 Imposta sulle successioni e donazioni - Imposta sull'incremento di valore degli immobili - Imposta sostitutiva dell'Invim - Imposte ipotecaria e catastale - Imposta di registro - Imposta di bollo - Tasse sulle concessioni governative - Riduzioni. Legge 21 novembre 2000, n. 342 (articoli 55, 68 e 69)>. Facendo seguito alle nostre circolari numeri 64, 65 e 66 corrente anno - con cui vi abbiamo trasmesso il testo della legge 21 novembre 2000, n. 342, e abbiamo fornito un commento agli articoli 1 e 3 della predetta legge concernenti le imposte sui redditi - e alla nostra circolare n. 67 corrente anno - con cui vi abbiamo illustrato le disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto e quelle in materia di accise, presenti nell'articolo 4 della medesima legge e in numerosi articoli delle Sezioni I e II del Capo II della stessa -, con la presente circolare vi illustriamo gli articoli 55, 68 e 69 della legge n. 342, recanti modifiche alle previgenti disposizioni in materia di imposte indirette diverse dall'Iva, articoli di cui peraltro vi trascriviamo di seguito il testo per comodità di lettura. Per lo stesso motivo riproduciamo di seguito il testo della parte della circolare del ministero delle Finanze n. 207/E del 15 novembre 2000 di commento ai suddetti articoli della nuova legge, circolare il cui testo integrale è stato riprodotto nella nostra circolare n. 64 corrente anno. Fra le numerose disposizioni in materia di imposte indirette recate dalla legge n. 342 in esame quelle concernenti le imposte sulle successioni e donazioni sono sicuramente quelle che più incidono sul tessuto normativo previgente, modificandosi in particolare la stessa struttura dell'imposta di successione; sono stati, infatti, modificati non soltanto i criteri di liquidazione del tributo e le aliquote, ma gli stessi presupposti oggettivi e i criteri di individuazione della base imponibile. Del resto era da tempo fortemente sentita l'esigenza di alleggerire il carico tributario gravante sui trasferimenti a titolo gratuito, sia mortis causa che per atto tra vivi, divenuto particolarmente oneroso, e in certi casi addirittura espropriativo, a causa della pesante struttura del tributo, della progressività molto accentuata delle aliquote e della contemporanea applicazione di tributi accessori (imposte ipotecaria e catastale, Invim, imposta sostitutiva dell'Invim) dovuti per i casi di trasferimenti aventi per oggetto beni immobili. Anche in sede comunitaria, con riferimento alle ipotesi in cui nell'asse ereditario sono comprese anche aziende, tale esigenza era stata più volte prospettata rilevandosi, in particolare, che il passaggio generazionale nella titolarità delle imprese - già di per sé estremamente delicato - viene reso ancor più difficile e rischioso per gli oneri fiscali che l'accompagnano, il cui peso segna fortemente anche la solidità finanziaria delle stesse (v. raccomandazione della Commissione Cee del 7 dicembre 1994 e comunicazione n. 98/C 93/02 del 28 marzo 1998). 1) Modifiche alle imposte sulle successioni e donazioni (articolo 69) 1.1 Le imposte sulle successioni e donazioni nel sistema previgente. Com'è noto l'imposta sulle successioni e donazioni, disciplinata dal decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 e successive modificazioni, era strutturata in modo da operare: a) un primo e generalizzato prelievo sul valore globale netto dell'asse ereditario o della donazione che in sede di applicazione trovava un temperamento, peraltro di scarsa rilevanza quantitativa, in una soglia (cosiddetta franchigia) al di sotto della quale l'imposta non trovava applicazione; b) un secondo prelievo, che si aggiungeva al primo e che operava nei confronti dei beneficiari (eredi, legatari e donatari) diversi dagli eredi, legatari e donatari in linea retta e dal coniuge, in funzione del valore della singola quota a ciascuno di essi spettante. Anche in tale sede era prevista una soglia al di sotto della quale l'imposta non veniva applicata, essendo prevista un'esenzione generalizzata dal tributo per le quote di valore non superiore a 10 milioni di lire e un'esenzione per le quote di valore non superiore a 100 milioni di lire, nel caso in cui i beneficiari fossero fratelli, sorelle o affini in linea retta del dante causa. Per quanto concerne le aliquote relative al primo e generalizzato prelievo di cui sopra, al punto a), esse erano progressive e applicate al valore globale netto dell'asse ereditario o della donazione (lettera a della tariffa allegata al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346) raggiungendo la misura del 27 per cento (oltre i 3 miliardi di lire di valore globale netto dell'asse ereditario o della donazione) partendo da un minimo del 7 per cento (da 350 a 500 milioni di lire). Le aliquote sulle quote di cui sopra, al punto b), se i beneficiari erano fratelli o sorelle o affini in linea retta del dante causa ovvero parenti fino al quarto grado o affini in linea collaterale fino al terzo grado ovvero altri soggetti, erano applicate sul valore delle singole quote assegnate a ciascun beneficiario e in percentuali fortemente progressive che raggiungevano le misure, rispettivamente, del 25, del 27 e del 33 per cento, per le quote che superavano i 3 miliardi di lire (lettera b) della tariffa stessa), partendo da un minimo del 3 per cento (applicabile alle quote di valore compreso fra 100 e 250 milioni di lire, se si trattava di fratelli o sorelle o affini in linea retta, e alle quote di valore compreso fra 10 e 100 milioni di lire, se si trattava di parenti fino al quarto grado o affini in linea collaterale fino al terzo grado) ovvero del 6 per cento (applicabile alle quote di valore compreso fra 10 e 100 milioni di lire, se beneficiari erano altri soggetti). Al carico tributario derivante dall'applicazione delle suddette aliquote si aggiungeva, quando i trasferimenti in questione avevano per oggetto beni immobili, quello relativo alle imposte ipotecaria e catastale (nella misura rispettivamente del 2 e dell'1 per cento del valore degli immobili trasferiti) nonché, trattandosi di immobili acquistati anteriormente al 1^ gennaio 1993, in caso di loro donazione, quello dell'Invim e, quando i suddetti immobili cadevano in successione, quello dell'imposta sostitutiva dell'Invim (pari all'1 per cento non dell'incremento di valore ma del valore degli immobili) non detraibile dall'imposta sulle successioni. Una prima modesta attenuazione del tributo era stata disposta con la Legge finanziaria per il 2000 (legge 23 dicembre 1999, n. 488, in nostra circolare n. 5 corrente anno), con la quale si è disposto un aumento della soglia di esenzione dell'imposta sul valore globale netto dell'asse ereditario o della donazione da 250 milioni a 350 milioni di lire eliminandosi quindi lo scaglione di valore imponibile fino a tale importo, quello cioè per il quale era prevista l'aliquota del 3 per cento, lasciando peraltro invariati tutti gli altri scaglioni con le relative aliquote, nonché gli scaglioni e le aliquote di cui alla lettera b) della tariffa relativa, come si è sopra accennato, all'ulteriore prelievo sulle quote di eredità o di donazione attribuite a soggetti diversi dai parenti in linea retta e dal coniuge del de cuius o del donante. Da più parti sono state prospettate incisive ipotesi di riforma della tassazione delle imposte sulle successioni e donazioni, proponendosi anche la soppressione del tributo e di quelli connessi innanzi ricordati. Fra i vari disegni di legge presentati, peraltro, quello elaborato dalla Commissione finanze e tesoro della Camera dei deputati (modificativo del disegno di legge A.C. 6248) aveva ricevuto il parere favorevole della Commissione bilancio il 21 settembre scorso. Per evitare che la scadenza della legislatura vanificasse il progetto già avviato, tale testo è stato inserito, come emendamento, nel disegno di legge collegato alla Finanziaria per l'anno 2000, confluendo, quindi, nell'articolo 69 della legge in esame. 1.2 Modifiche alle norme previgenti. Il sistema impositivo risultante dalle modifiche apportate al decreto legislativo n. 346 del 1990 - con la soppressione dell'articolo 4 del suddetto decreto legislativo e della tariffa a esso allegata (comma 1, lettera b, e comma 2 dell'articolo 69 in commento) - elimina l'imposta gravante, con aliquote progressive, sul valore globale netto dell'asse ereditario o della donazione di cui al precedente punto a); prevede l'applicazione generalizzata dell'imposta sulle sole quote ereditarie, sui legati e sulle donazioni, comprese quelle relative ai coniugi e ai parenti in linea retta; prevede aliquote non più progressive ma proporzionali, di misura contenuta e differenziate in relazione sia al grado di parentela con il dante causa che alla natura del trasferimento; in materia di imposta sulle donazioni sono disposte, inoltre, - al fine di stimolare la sistemazione dei patrimoni familiari quando il titolare degli stessi è ancora in vita - aliquote ancora più attenuate rispetto a quelle previste per i trasferimenti mortis causa; conferma l'esistenza di una franchigia - che rimane come mezzo di riduzione del prelievo - franchigia non più riferita al valore globale netto dell'asse ereditario bensì al valore delle singole quote. Più in particolare, relativamente all'imposta sulle successioni, le aliquote sono stabilite nelle misure del 4 per cento, se gli eredi o i legatari sono il coniuge o parenti in linea retta, del 6 per cento se sono parenti fino al quarto grado o affini in linea retta o, ancora, affini in linea collaterale fino al terzo grado, dell'8 per cento se sono parenti o affini di grado superiore o soggetti estranei. Per l'imposta sulle donazioni tali aliquote sono ridotte di un punto e quindi stabilite rispettivamente nelle misure del 3, 5 e 7 per cento in relazione ai predetti gradi di parentela o di affinità. A tali esplicite modifiche del sistema presumibilmente altre faranno seguito (vedi commi 13 e 14 dell'articolo 69), sia per esigenze di coordinamento della nuova normativa con quella preesistente - non tutte le norme preesistenti, infatti, sono state riviste alla luce delle nuove disposizioni - sia per l'esigenza di apportare quelle modifiche più marcatamente sostanziali, che i nuovi principi sottesi alla riforma rendono necessari: così, una volta che l'imposta è determinata in relazione alle attribuzioni dei singoli eredi - e quindi alle singole quote - derivandone debenze autonome, non sembra più trovare agevole spazio l'istituto della solidarietà tra gli eredi nel pagamento del tributo stabilita dall'articolo 36 del decreto legislativo n. 346 del 1990. 1.3 La franchigia. Resta ferma, sia per le successioni che per le donazioni la franchigia di lire 350 milioni, riferita però - come già accennato - non più al valore globale netto dell'asse ereditario o al valore della donazione nel suo complesso, ma alle singole quote di eredità e ai legati o/e donazioni spettanti a ciascun beneficiario; con la conseguenza che se per una successione vi sono più eredi, la franchigia opera tante volte quanti sono gli eredi e a vantaggio di ciascuno di essi. La franchigia è elevata a un miliardo di lire quando il beneficiario (erede, legatario o donatario) è un discendente in linea retta minore di età, anche chiamato per rappresentazione, o una persona con un handicap riconosciuto grave ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificata dalla legge 21 maggio 1998, n. 162. I suddetti importi devono poi essere aggiornati con cadenza quadriennale con decreto del ministro delle Finanze tenendosi conto dell'"indice del costo della vita", in sostanza della svalutazione monetaria del periodo considerato. Dell'importo della franchigia, nei rapporti tra le stesse parti, si può godere una sola volta e a tal proposito è soppresso, nell'articolo 57, comma 1, del decreto legislativo n. 346 del 1990, ai fini dell'ampliamento del valore dell'asse ereditario, con riguardo alle donazioni anteriori, il riferimento . Come invero esemplifica anche la circolare ministeriale n. 207/E, a proposito della franchigia per le donazioni, questa deve essere rapportata all'ammontare complessivo delle donazioni, anche se effettuate in diversi periodi di tempo, poste in essere da un donante a favore dello stesso donatario. In sostanza, se si è già fruito della franchigia in sede di donazione, la stessa non potrà operare, nei limiti in cui ci si è già avvalsi del beneficio, per le successive donazioni effettuate fra le stesse parti, né, come precisa sempre la circolare ministeriale, per la successione del donante relativamente alla quota di eredità o al legato spettante al soggetto già beneficiario della donazione. Il riportare la franchigia al valore della quota spettante ai singoli beneficiari invece che al valore globale netto dell'asse ereditario ha conseguenze anche sulla applicazione della presunzione disposta dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 346 del 1990, secondo la quale si considerano compresi nell'attivo ereditario denaro, gioielli e mobilia per un importo pari al dieci per cento del valore globale netto imponibile dell'asse ereditario. Infatti, ancorché per un difetto di coordinamento, la disposizione non sia stata modificata e continui pertanto ad assumere come parametro l'asse ereditario invece che le singole quote attribuite a ciascun erede o legatario, è da ritenere, come precisa la circolare ministeriale, che il parametro di riferimento debba ormai essere rappresentato dal valore imponibile della singola quota, al netto, quindi, della franchigia spettante a ciascun beneficiario; ne consegue che per le successioni con più eredi o legatari, più frequentemente rispetto al passato si verificherà che la presunzione avrà un'incidenza minore (o in alcuni casi sarà di nessun effetto). 1.4 Nuovi criteri di determinazione della base imponibile. Per quanto riguarda più specificamente i criteri di determinazione della base imponibile, si è disposta l'esclusione dell'avviamento dal computo del valore delle aziende cadute in successione (o donate), con la conseguenza che per tali cespiti l'imponibile è ora costituito dal valore complessivo dei beni e diritti che ne fanno parte, al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie, senza considerare il valore di avviamento. Si è in tal modo eliminato un elemento che ha dato sempre luogo a contestazioni con l'amministrazione finanziaria e, quindi, a incertezze sull'onere tributario gravante sui trasferimenti di azienda. Analoga esclusione dell'avviamento dalla determinazione della base imponibile è stata prevista in relazione al valore da assumere con riferimento alle azioni di società non quotate in borsa, né negoziate al mercato ristretto, alle quote di società non azionarie, comprese le società semplici e le società di fatto, e ai titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società. Pertanto, come evidenzia la circolare ministeriale n. 207/E, nel determinare il valore da assumere quale base imponibile con riferimento ai titoli o alle quote sopra indicati non si dovrà più tener conto dell'avviamento. Sempre in materia di determinazione dell'imponibile, è stata abolita la presunzione contenuta nell'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo n.346 del 1990 secondo la quale si presumono appartenere interamente al de cuius - salvo che per i beni che formano oggetto di comunione legale fra coniugi - i beni contenuti in cassette di sicurezza intestate al defunto e a eredi e legatari, le azioni e altri titoli e i crediti originati da depositi bancari o postali cointestati al de cuius e all'erede o legatario. In questi casi pertanto opera adesso l'altra presunzione di carattere generale disposta dal medesimo articolo 11, comma 2, secondo la quale le quote dei suddetti beni appartenenti a ciascun intestatario si considerano uguali se non risultano diversamente determinate. Conseguentemente, si considera compresa nell'attivo ereditario solo la quota di spettanza del defunto. Si è infine abolita la presunzione di appartenenza all'attivo ereditario dei beni alienati a titolo oneroso dal defunto negli ultimi sei mesi di vita, disposta dall'articolo 10 del decreto legislativo n. 346 del 1990; tale disposizione, che intendeva contrastare l'erosione dell'attivo ereditario con conseguente sottrazione di imponibili alla tassazione progressiva, appariva particolarmente vessatoria in special modo nei casi di morte improvvisa nei quali può sicuramente escludersi qualsiasi intento elusivo nei trasferimenti in questione: essa è, comunque, divenuta incompatibile con il nuovo sistema di determinazione dell'imposta dovuta ora con applicazione di aliquote non progressive ma proporzionali. Non sono state soppresse e restano quindi a tutt'oggi operanti i limiti alla deducibilità dei debiti contratti dal defunto negli ultimi sei mesi di vita previsti dall'articolo 22 dello stesso decreto e la computabilità, ai fini della determinazione del saldo dei conti correnti bancari, degli addebitamenti dipendenti da assegni emessi e da operazioni fatte negli ultimi sei mesi (con esclusione, com'è noto, delle operazioni fatte e degli assegni emessi nell'esercizio di imprese o di arti e professioni). 1.5 Pagamento anticipato dell'imposta di successione. Una innovazione di particolare rilievo è poi prevista dall'articolo 69: il nuovo sistema impositivo, caratterizzato dalla determinazione dell'imposta con aliquote proporzionali, consente di pagare in vita l'imposta di successione per beni e diritti che potrebbero far parte dell'attivo ereditario, con l'effetto di lasciare in eredità beni e diritti per i quali non sussisterà il relativo onere tributario. Per tale ipotesi il nuovo comma 1-bis) dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 346 del 1990 prevede che l'imposta sul valore dei beni e dei diritti per i quali s'intende fare tale "affrancamento" si applica con aliquote inferiori di un punto rispetto a quelle stabilite per l'imposta di successione. Queste ultime, peraltro, sono diverse a seconda del grado di parentela o di affinità che lega il de cuius con l'erede o il legatario; ne consegue che per la corretta applicazione delle aliquote (del 3, del 5 e del 7 per cento)oltre al valore dei beni e dei diritti che si intende "affrancare" dal tributo successorio occorre tener conto del grado di parentela o di affinità dei soggetti che successivamente, in qualità di eredi o legatari, saranno i destinatari di tali beni e diritti, soggetti che la circolare ministeriale n. 207/E definisce appunto . Al venir meno del soggetto che si è avvalso della facoltà in parola i beni e i diritti per i quali il tributo successorio è stato già pagato in vita non concorreranno a formare l'attivo ereditario. Qualora, successivamente all' i beni e i diritti siano, invece, oggetto di una donazione, il valore degli stessi concorrerà a formare il valore globale della donazione, ma dall'imposta dovuta dovrà detrarsi quella già pagata dal donante per "l'affrancamento", imposta che ben potrà risultare di ammontare inferiore a quella dovuta in sede di donazione, sia per effetto del mutato valore dei beni donati rispetto all'epoca della liquidazione dell'imposta volontariamente applicata, sia per effetto del grado di parentela del donatario che potrebbe rendere operante un'aliquota più elevata se il donatario è un soggetto diverso da quello considerato in sede di applicazione anticipata dell'imposta di successione come futuro beneficiario, in qualità di erede o legatario, dei beni e dei diritti "affrancati". La possibilità da parte del titolare dei beni di pagare anticipatamente l'imposta di successione risolve delicati problemi in quanto non infrequentemente gli eredi, privi di liquidità, non sono in grado di far fronte alle 6 debenze tributarie relative alla successione. La normativa, peraltro, dovrà essere completata in quanto nulla si è disposto per i casi di cessione a terzi a titolo diverso dalla donazione (a esempio compravendita o pignoramento, espropriazione eccetera) dei beni e dei diritti in questione: in questi casi, poiché l'imposta pagata per "affrancare" i beni e i diritti è un'imposta che deve imputarsi a quella dovuta a seguito del trasferimento dei beni e diritti stessi "mortis causa" o per donazione, e tenuto conto che i beni e i diritti in parola non entreranno a far parte dell'asse ereditario del soggetto che ha pagato anticipatamente l'imposta di successione, l'ammontare del versamento già effettuato, perdendo lo stesso la natura di pagamento anticipato dell'imposta, dovrebbe essere rimborsato; dovranno inoltre essere regolate le ipotesi di premorienza del futuro beneficiario o di successione a favore di altra persona per la quale sarebbe applicabile un'aliquota diversa nonché quelle in cui il bene per il quale è stata pagata anticipatamente l'imposta non cada in successione per precedente distruzione ovvero, all'atto dell'apertura della successione, abbia caratteri diversi da quelli considerati in precedenza: ad esempio terreno agricolo divenuto edificabile, eccetera. Con apposito regolamento, da adottarsi con decreto ministeriale a norma dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, saranno comunque stabilite le modalità per garantire la pubblicità del pagamento anticipato dell'imposta di successione.1.6 Abolizione dell'Invim e dell'imposta sostitutiva dell'Invim. Per quanto riguarda i tributi applicati per le donazioni e per le successioni aventi per oggetto beni immobili, la normativa in esame dispone la soppressione, rispettivamente, sia dell'Invim che dell'imposta sostitutiva dell'Invim, dovute in presenza di immobili acquistati anteriormente al 1^ gennaio 1993 e successivamente donati o caduti in successione, anticipando in tal modo la definitiva soppressione dell'Invim (e della relativa imposta sostitutiva) che sarebbe altrimenti rimasta ancora applicabile fino al 1^ gennaio 2003 (vedi articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504). 1.7 Agevolazioni per il trasferimento a titolo gratuito di case di abitazione. Il comma 3 dell'articolo 69 della legge in esame prevede l'applicazione delle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa (lire 250.000) invece che proporzionale nel caso in cui il trasferimento a titolo gratuito, "mortis causa" o " inter vivos", abbia a oggetto la proprietà di case di abitazione non di lusso ovvero la costituzione o il trasferimento, allo stesso titolo, di diritti immobiliari su immobili della medesima tipologia, e in capo ai beneficiari (erede, legatario o donatario) sussistano i requisiti per l'applicazione delle agevolazioni cosiddette "per la prima casa" previste sinora per i soli acquisti a titolo oneroso dall'articolo 1, quinto periodo, della parte prima della tariffa allegata al Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro approvata con il Dpr n. 131 del 1986 (vedi nostra circolare n. 38 del 1996). Nel caso, peraltro, in cui i beneficiari (eredi, legatari o donatari) di un trasferimento immobiliare siano una pluralità di soggetti la norma consente l'applicabilità dell'agevolazione allorquando i requisiti e le condizioni previste dalla richiamata normativa in materia di imposta di registro ricorrono in capo almeno ad uno di tali beneficiari. Considerato poi che il comma 3 della nota II-bis) del suddetto articolo 1 della parte prima della tariffa allegata alla legge di registro estende le agevolazioni cosiddette "per la prima casa" agli acquisti delle pertinenze, anche se contenuti in atti separati da quelli aventi a oggetto la casa di abitazione, la circolare ministeriale n. 207/E conferma l'estensione dell'agevolazione recata dall'articolo 69 in esame alle pertinenze degli immobili il cui trasferimento sconta le imposte ipotecaria e catastale nella suddetta misura fissa. In relazione alle dichiarazioni che deve rendere il contribuente per attestare la sussistenza delle condizioni per la spettanza dell'agevolazione in parola (l'intenzione di stabilire la residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile, la dichiarazione di non possedere altra abitazione nel Comune medesimo, la dichiarazione di non possedere altro immobile acquistato godendo delle agevolazioni cosiddette "per la prima casa") - dichiarazioni che per gli atti a titolo oneroso devono essere rese nell'atto di acquisto della casa di abitazione (nota II-bis all'articolo 1 della tariffa) - il quarto comma dell'articolo 69 stabilisce che le stesse devono essere rese nell'atto di donazione, se trattasi di atti di acquisto a titolo gratuito "inter vivos", mentre, in caso di acquisto "mortis causa", mancando un "atto di acquisto", deve utilizzarsi all'uopo la dichiarazione di successione. 1.8 Tassazione degli atti di donazione formati all'estero. A fronte del sostanziale alleggerimento degli oneri tributari gravanti su successioni e donazioni, l'articolo 69 in esame, affida il recupero del gettito ad un ampliamento della rilevanza fiscale degli atti di liberalità prevedendo disposizioni tendenti, sia a consentire la tassazione di operazioni considerate territorialmente rilevanti ai fini del tributo, sia ad assoggettare a tassazione le operazioni che realizzano nella sostanza trasferimenti patrimoniali a titolo gratuito, sia a contrastare comportamenti elusivi. Sotto il primo degli anzidetti profili assumono rilevanza gli atti di donazione formati all'estero. É previsto - dal nuovo comma 1-bis inserito nell'articolo 55 del decreto legislativo n. 346 del 1990 dalla lettera n) del comma 1 dell'articolo 69 - l'obbligo della registrazione degli atti di donazione - compresi gli atti che realizzano le donazioni indirette - formati all'estero i cui beneficiari siano soggetti residenti in Italia. Poiché i criteri di territorialità dell'imposta stabiliti dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 346 del 1990, prendono in considerazione la residenza del donante - assoggettandosi all'imposta le donazioni fatte da soggetti residenti in Italia anche se relative a beni esistenti all'estero nonché, trattandosi di donazione effettuata da soggetto non residente in Italia, il luogo in cui si trovano i beni e i diritti donati, considerandosi in tal caso soggette al tributo le donazioni di beni e diritti esistenti in Italia e dettandosi i criteri in base ai quali un determinato cespite si considera esistente in Italia - la nuova disposizione dovrebbe riguardare atti di donazione che - ancorché il donante sia residente nel territorio dello Stato - per i limiti derivanti dai principi regolanti la territorialità agli effetti dell'imposta di registro (si veda articolo 2 del Dpr 26 aprile 1986, n. 131), per il solo aspetto formale della formazione all'estero, non sarebbero soggetti a registrazione in Italia. In sostanza si "prevede l'obbligo di registrazione per gli atti effettuati all'estero, contenenti donazioni dirette o indirette a favore di residenti, finora esclusi dall'ambito applicativo di tale tributo, per alcune peculiarità della legge di registro" (così, Marongiu G., relatore del provvedimento presso la Camera dei deputati). Dall'obbligo di registrazione degli atti di donazione formati all'estero discende l'assoggettamento del valore dei beni donati all'imposta sulle donazioni; dall'ammontare dell'imposta, determinata secondo le norme previste dal decreto legislativo n. 346 del 1990, come modificate dall'articolo 69 in esame, si devono tuttavia detrarre le imposte pagate all'estero in dipendenza degli stessi atti di donazione, ma limitatamente a quelle relative ai beni donati esistenti all'estero, salva l'applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni. Il termine per la registrazione degli atti di donazione formati all'estero è individuato dalla circolare ministeriale n. 207/E in quello posto dal comma 1 dell'articolo 13 del Testo unico delle disposizioni in materia di imposta di registro di cui al Dpr n. 131 del 1986, che stabilisce appunto in sessanta giorni dalla data dell'atto il termine fisso per la richiesta di registrazione degli atti formati all'estero. 1.9 Donazioni indirette. Con il nuovo articolo 56-bis del decreto legislativo n. 346 del 1990, aggiunto dal suddetto articolo 69, è stata prevista la possibilità di accertare "liberalità indirette" da assoggettare all'imposta sulle donazioni quando la loro esistenza risulti da dichiarazioni rese dall'interessato nell'ambito di procedimenti relativi ad accertamenti tributari e a condizione che tali liberalità abbiano determinato, da sole o unitamente a quelle già effettuate a favore dello stesso beneficiario, un incremento patrimoniale per quest'ultimo superiore a 350 milioni di lire, soglia della franchigia. Si tratta, in sostanza, di attribuzioni patrimoniali - non avversate dall'ordinamento giuridico che non trova necessario imporre per ogni liberalità il ricorso al contratto tipico di donazione (arg. ex articolo 809 del Codice civile) - determinate da spirito di liberalità e realizzate al di fuori di formali atti di donazione, mediante negozi o atti che in concreto attuano arricchimenti patrimoniali a titolo gratuito (a esempio rinunce a crediti, confessioni giudiziali di un debito inesistente, assunzione o pagamento di debiti altrui, eccetera). A queste liberalità, una volta accertate nei modi anzidetti dall'ufficio - e cioè evitandosi l'accertamento diretto della fattispecie e dell'imposta da parte dell'ufficio, ma rimettendosene l'applicazione a dichiarazioni dello stesso contribuente che abbia necessità di spiegare, a esempio in relazione ad accertamenti sintetici, la propria situazione patrimoniale (si confronti la relazione dell'onorevole Marongiu alla Commissione Finanze e Tesoro della Camera dei deputati del 10 maggio 2000, di cui di seguito trascriviamo il testo) - si applica, sulla parte dell'incremento patrimoniale del donatario eccedente i 350 milioni di lire, l'imposta di donazione con un'aliquota unica (7 per cento) invece delle aliquote, differenziate in relazione al grado di parentela o di affinità, stabilite per le donazioni vere e proprie; queste ultime aliquote tornano però applicabili quando le liberalità in parola formino l'oggetto di una registrazione volontaria. É poi previsto, in via transitoria, che fino al 31 dicembre 2001 le liberalità indirette volontariamente registrate siano assoggettate all'imposta con la più tenue aliquota del 3 per cento. Agli effetti operativi il comma 11 dell'articolo 69 prevede l'approvazione, con decreto dirigenziale, di un apposito modello per la registrazione volontaria in argomento; con il medesimo decreto saranno anche stabilite le modalità di versamento dell'imposta. L'ambito delle liberalità soggette a imposta sulle donazioni, comprese quelle indirette in esame, è stato peraltro opportunamente circoscritto, tenendosi conto delle prassi e consuetudini nazionali, dalla disposizione di cui al comma 4-bis - inserito nell'articolo 1 del decreto legislativo n. 346 del 1990 dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 69 - che esclude dal tributo le "donazioni e le altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l'atto sia prevista l'applicazione dell'imposta di registro, in misura proporzionale, o dell'imposta sul valore aggiunto": è il caso a esempio della compravendita di un immobile per la quale il relativo prezzo viene pagato da un soggetto diverso dall'acquirente. Come evidenzia la circolare ministeriale n. 207/E la nuova disposizione mira principalmente a rendere trasparenti nei confronti dell'amministrazione i rapporti economici connessi agli acquisti di beni immobili, soprattutto quelli all'interno di gruppi familiari (si pensi al caso della dazione di somme denaro dal padre al figlio o, come già detto, a quello del pagamento del prezzo di acquisto di un immobile da parte del padre a favore del figlio). Rimangono in ogni caso escluse dall'ambito di applicazione della disposizione, come espressamente precisa l'articolo 5-bis, le liberalità remuneratorie o in conformità agli usi, quelle di modico valore, nonché quelle relative al mantenimento, all'educazione, alle cure sanitarie, nuziali eccetera di cui all'articolo 742 del Codice civile. Il sistema sin qui descritto di tassazione delle liberalità indirette appare, comunque, nel complesso piuttosto incerto e scarsamente sensibile rispetto alla tradizione e alla cultura nazionale relativa ai rapporti patrimoniali nell'ambito della famiglia; appare inoltre di difficile comprensione nei suoi principi informatori e ciò sia per l'occasionalità del presupposto, sia per la misura del prelievo (7 per cento), inspiegabilmente superiore a quelle previste per le donazioni vere e proprie (3, 5, e 7 per cento). Tale maggiore onerosità lascia intravedere una natura in un certo senso sanzionatoria del prelievo per comportamenti che peraltro l'ordinamento né, come si è visto, contrasta, né tanto meno vieta. La previsione poi di una "registrazione volontaria" delle liberalità stesse, con applicazione di aliquote inferiori, rende il sistema piuttosto incoerente e comunque censurabile là dove consente trattamenti ingiustificatamente differenziati. 1.10 Disposizioni antielusive. A proposito di disposizioni spiccatamente "antielusive", è da rilevare come il comma 5 dell'articolo 69 della legge in esame abbia esteso l'ambito della presunzione di liberalità degli atti a titolo oneroso posti in essere fra coniugi o parenti in linea retta - stabilita dall'articolo 26 del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al Dpr n. 131 del 1986 per i trasferimenti immobiliari se l'ammontare complessivo dell'imposta di registro e di ogni altra imposta dovuta per il trasferimento è inferiore a quello dell'imposta applicata in caso di trasferimento a titolo gratuito - operando ora tale presunzione anche per i trasferimenti aventi per oggetto partecipazioni in società quando il valore della partecipazione o la differenza tra valore e prezzo siano superiori all'importo di 350 milioni di lire. La presunzione, peraltro, da assoluta diventa relativa, essendosi soppresso l'inciso che escludeva la possibilità di superare la presunzione mediante "prova contraria". Ciò costituisce adeguamento ad una recente pronuncia della Corte costituzionale che (si veda sentenza n. 41 del 25 febbraio 1999) ha ritenuto la presunzione contrastante con il principio della capacità contributiva (articolo 53 della Costituzione) in quanto - escludendosi la possibilità di provare l'effettiva onerosità di un atto - assoggetta gli atti fra coniugi ad un prelievo più gravoso solo per una qualità soggettiva delle parti e non già per la differente capacità contributiva espressa dall'atto medesimo. Il comma 7 dell'articolo 69 in parola estende poi all'imposta sulle successioni e donazioni l'applicabilità delle disposizioni antielusive già previste in materia di imposte sui redditi (articolo 37-bis del Dpr n. 600 del 1973), quelle cioè con le quali si rendono inopponibili all'amministrazione finanziaria atti, fatti e negozi privi di valide ragioni economiche diretti ad aggirare obblighi e divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere indebite riduzioni di imposte o rimborsi. Per quanto concerne i poteri di accertamento degli uffici, si è ampliata - con l'aggiunta della lettera d-bis) al primo comma dell'articolo 47 - la possibilità di utilizzare presunzioni gravi, precise e concordanti, per comprovare la sussistenza, l'insussistenza, la simulazione, la dissimulazione di fatti o atti rilevanti ai fini della determinazione dell'imponibile e dell'imposta. 1.11 Disposizioni transitorie e finali. L'articolo 69, comma 8, demanda a regolamenti da adottarsi con decreto del ministro delle Finanze la disciplina dei procedimenti relativi alla liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi successori (e quindi sia l'imposta sulle successioni e donazioni, sia le imposte ipotecaria e catastale e in genere i prelievi connessi ai trasferimenti a titolo gratuito). I regolamenti dovranno conformarsi sia ai criteri direttivi stabiliti dall'articolo 20 della legge n. 59 del 1997, che prevede la delegificazione delle norme concernenti i procedimenti amministrativi (criteri ispirati essenzialmente a finalità di semplificazione), sia ai criteri stabiliti dallo stesso comma 8 dell'articolo 69, e cioè l'introduzione del principio dell'autoliquidazione dei tributi - peraltro già introdotto per le imposte ipotecaria e catastale, l'imposta di bollo e le tasse ipotecarie relative alle successioni (si veda l'articolo 11 del decreto legge n. 79 del 1997, convertito con la legge n. 140 del 1997) - la riduzione e la semplificazione degli adempimenti dei contribuenti, l'efficienza e l'efficacia dell'attività amministrativa. Come già accennato, è invece demandata, dal comma 11 dell'articolo 69, ad un decreto dirigenziale l'approvazione dei modelli relativi alle dichiarazioni di successione, ai prospetti di liquidazione ed alla registrazione volontaria delle liberalità indirette, nonché la disciplina relativa alle modalità di versamento dei tributi. Il comma 13 dell'articolo 69, infine, delega il Governo ad adottare con uno o più decreti legislativi disposizioni dirette a coordinare la normativa vigente con le nuove disposizioni di cui all'articolo 69 in esame. Il nuovo sistema impositivo delineato dall'articolo 69 in commento opera, in base al disposto del comma 15 del medesimo articolo, per le successioni per le quali il termine per la presentazione della dichiarazione scade successivamente al 31 dicembre prossimo - e quindi, di regola, (si veda l'articolo 31 del Testo unico dell'imposta sulle successioni e donazioni) per le successioni apertesi a decorrere dal 1^ luglio ultimo scorso - e per le donazioni fatte (più precisamente, per gli atti di donazione stipulati) a partire dal 1^ gennaio prossimo. Come conferma anche la circolare ministeriale n. 207/E, le nuove disposizioni trovano applicazione, non solo a tutte le dichiarazioni di successione che possono essere regolarmente presentate dopo il 31 dicembre 2000, nel rispetto dei termini previsti dall'articolo 31, commi 1 e 2, del Testo unico dell'imposta sulle successioni e donazioni, ma anche a quelle presentate prima di tale data, anticipatamente rispetto al termine di scadenza, in relazione a successioni apertesi a decorrere, di regola, dal 1^ luglio corrente anno, ovvero anche anteriormente a tale ultima data se il termine di presentazione della relativa dichiarazione scade successivamente al 31 dicembre prossimo venturo (a tal proposito vedansi le ipotesi indicate nel secondo comma dell'articolo 31 del decreto legislativo n. 346 del 1990 tra le quali di rilievo, per la sua frequenza, appare l'ipotesi di accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario). 2) Modifiche all'imposta di registro: nuovi termini per la registrazione ed il versamento dell'imposta di registro sui contratti di locazione e affitto di immobili (articolo 68). In materia di imposta di registro, con l'articolo 68 della legge si è differito (da venti a trenta giorni) il termine - previsto dal comma 1 dell'articolo 17 del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con il Dpr 26 aprile 1986, n.131 - per il pagamento dell'imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione e di affitto di beni immobili, nonché per le cessioni, risoluzioni e proroghe, anche tacite, degli stessi. Viene in tal modo concesso ai contribuenti un più lungo periodo per calcolare e versare l'imposta, imposta che, come è noto, a decorrere dal 1^ gennaio 1998, non è liquidata dall'ufficio, ma dagli stessi contribuenti. La legge 27 dicembre 1997, n. 449 (in nostra circolare n. 12 del 1998) ha invero modificato il sistema di liquidazione del tributo dovuto per i cennati contratti e, in deroga al principio secondo cui l'imposta di registro dovuta per gli atti e i contratti dei quali si chiede la registrazione è liquidata dall'ufficio, ha disposto che per i contratti di locazione e di affitto di beni immobili l'imposta è liquidata dalle stesse parti contraenti ed assolta entro venti giorni mediante versamento ad uno dei soggetti incaricati della riscossione. Conformemente, poi, al principio espresso dal primo comma dell'articolo 16 del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro - secondo cui la registrazione è eseguita successivamente al pagamento dell'imposta - anche dei contratti in parola i contribuenti possono chiedere la registrazione solo dopo aver eseguito il versamento dell'imposta dovuta (pagamento, peraltro, che per i contratti di durata pluriennale può essere effettuato successivamente alla registrazione in relazione alle annualità successive alla prima): per chiedere la registrazione, invero, deve essere presentato al competente ufficio del registro o, ove istituito, al competente ufficio delle entrate l'attestato di versamento dell'imposta rilasciato dal concessionario del servizio della riscossione, dalla banca o dall'ufficio postale presso cui il versamento è stato effettuato (si veda circolare ministeriale n. 12/E del 16 gennaio 1998, in nostra circolare n. 12 del 1998). Tenendo, dunque, conto del fatto che anche per i contratti in parola vige il richiamato principio secondo cui la registrazione è eseguita previo pagamento dell'imposta, con riferimento alla nuova norma la più volte citata circolare ministeriale n. 207/E precisa che, il termine per la registrazione dei contratti in parola - stabilito dall'articolo 13 dello stesso Testo unico - deve ritenersi anch'esso differito dal ventesimo al trentesimo giorno successivo alla data di formazione dell'atto, per i contratti scritti, ovvero alla data di inizio della loro esecuzione, per i contratti verbali. Diversamente accadrebbe che la richiesta di registrazione di tali contratti potrebbe non essere più accompagnata dall'attestazione dell'avvenuto pagamento dell'imposta, avendo i contribuenti a disposizione, in base alla nuova norma, altri dieci giorni, successivamente a tale richiesta, per versare il tributo. 3) Modifiche all'imposta di bollo e alle tasse sulle concessioni governative (articolo 55). L'articolo 55 della legge contiene disposizioni concernenti l'imposta di bollo e le tasse sulle concessioni governative. In particolare si è disposta la redazione di nuove tariffe dei suddetti tributi, quella cioè degli atti soggetti all'imposta di bollo fin dall'origine o in caso d'uso, allegata al Dpr 26 ottobre 1972, n. 642, e quella degli atti soggetti alla tassa di concessione governativa, allegata al Dpr 26 ottobre 1972, n. 641. Entrambe tali tariffe vennero sostituite da quelle approvate con decreti del 20 agosto 1992 del ministro delle Finanze (in nostra circolare n. 155 del 1992) e quella delle tasse di concessione governativa venne di nuovo sostituita con decreto ministeriale del 28 dicembre 1995 (in nostra circolare n. 19 del 1996). I decreti del 1992 peraltro hanno formato oggetto di contestazioni per la mancata osservanza delle prescrizioni richieste dalla legge 20 agosto 1988, n. 400, per l'adozione di norme di contenuto regolamentare, quali sono considerate quelle contenute negli anzidetti provvedimenti i quali furono emanati in attuazione dell'articolo 10 del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito dalla legge 8 agosto 1992, n. 359. Le nuove tariffe, come precisato nella relazione governativa al provvedimento in esame, sono pertanto destinate a superare i vizi di forma di quelle precedenti; non è conseguentemente prevista alcuna modifica del loro contenuto. Le tariffe dovranno essere approvate entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, conformemente alle disposizioni dettate dall'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988 per l'approvazione dei regolamenti. Fin quando le nuove tariffe non saranno approvate, resteranno operanti le tariffe risultanti dai predetti decreti e dalle loro successive modificazioni. L'articolo 55 prevede anche disposizioni di contenuto sostanziale in materia di imposta di bollo e di tasse sulle concessioni governative. Quanto alla prima, sono state previste in particolare: - l'inapplicabilità dell'imposta per la legalizzazione delle fotografie per il rilascio di documenti personali prevista dall'articolo 2, comma 7, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (legge Bassanini); in base a tale disposizione le fotografie prescritte per il rilascio di documenti personali sono "legalizzate", a richiesta dell'interessato, dallo stesso ufficio ricevente, naturalmente se presentate di persona. La legalizzazione, come evidenzia la circolare ministeriale n. 207/E, è soggetta all'imposta di bollo di lire 20.000 rientrando nella previsione di cui agli articoli 1 e 4 della tariffa, approvata con il suaccennato decreto ministeriale 20 agosto 1992, allegata al Dpr n. 642 del 1972, articoli che disciplinano appunto gli atti rogati, ricevuti o autenticati da notai o da altri pubblici ufficiali e tutti gli atti rilasciati da organi pubblici a coloro che ne fanno richiesta; - la modifica dell'articolo 5 della tabella allegato B al Dpr n. 642 del 1972, relativamente agli atti dei procedimenti esecutivi per la riscossione dei tributi, al fine di precisare che l'esonero dal tributo riguarda in generale gli atti relativi ai procedimenti per la riscossione dei tributi, non soltanto se di natura esecutiva. Il riferimento agli esattori ed ai ricevitori è stato inoltre sostituito con quello ai "concessionari del servizio nazionale di riscossione"; - l'esonero dall'imposta periodica (annuale, semestrale, trimestrale o mensile) sugli estratti conto bancari di cui all'articolo 13, comma 2-bis, della tariffa, parte prima, annessa al Dpr n. 642 del 1972, di quelli relativi ai depositi di titoli emessi con modalità diverse da quelle cartolari e, comunque, oggetto di successiva dematerializzazione, il cui complessivo valore nominale o di rimborso posseduto da ciascuna banca sia pari o inferiore a mille euro. Quanto alle tasse sulle concessioni governative si è precisato, con norma di carattere interpretativo, che la tassa annuale sui passaporti prevista, dall'articolo 1 della tariffa introdotta con il decreto ministeriale 28 dicembre 1995, nella misura di lire 60.000 - che com'è noto non è dovuta qualora il titolare del documento non ne usufruisca durante l'anno - è dovuta soltanto per l'espatrio verso Paesi diversi da quelli che fanno parte dell'Unione europea.