Il parere dell’Alta Corte
La
vendita a corpo e a misura: cosa dice la Cassazione
In genere nei contatti con l’agenzia, nei
compromessi di acquisto e nei rogiti l’immobile è
proposto “a corpo e non a misura”, cioè come un tutt’unico,
per evitare contestazioni sul calcolo dei metri quadrati. Questa abitudine è un
po’ meno praticata quando si ha a che fare con la vendita di terreni o di
giardini di pertinenza all’immobile, soprattutto se si procede a dei
frazionamenti e divisioni al momento dell’atto.
Ci si può chiedere. quando
sia indicata la misura dell'immobile, è possibile la rettifica del prezzo (in
diminuzione o incremento) , se la misura risulta inferiore o superiore a quella
promessa? La Cassazione ha risposto in modo un po' contraddittorio. Per esempio,
con la sentenza n. 7238 del 1995 ha sostenuto che l'indicazione della misura è
di per sé condizione per la possibile applicazione della rettifica. Non conta
se non si sia fatto cenno, nel rogito, di un prezzo al
metro quadrato, ma solo di un prezzo totale. L'indicazione della misura non ha
importanza solo quando il giudice possa provare in
modo convincente che le parti abbiano volutamente fatto eccezione alla norma
che prevede la rettifica, perché consideravano del tutto irrilevante la
effettiva estensione dell'immobile. Altre sentenze (Cassazione n. 3985/1998)
hanno preferito sottolineare la piena autonomia dei
Tribunali nell'interpretare se l'indicazione della misura aveva solo lo scopo
di identificare meglio, per esempio, un terreno non ancora censito
catastalmente o se il venditore aveva, con altri comportamenti, dimostrato la
sua buona fede.
Come si calcola la superficie
commerciale
La misura di una casa varia da provincia a provincia
Siccome il metro
quadrato è il riferimento base per il prezzo (anche se nel rogito poi la
vendita avviene a corpo e non a misura) una buona norma di comportamento per il
potenziale acquirente quando visita un appartamento è di farsi dare una
piantina dell’alloggio e verificarne la scala e l’aderenza alla realtà. Ma, prima ancora, si potrebbe agire in maniera più empirica,
portandosi dietro un metro (di quelli tarati sulla barra di platino di
Parigi…) e prendendo direttamente in loco le misurazioni.
Qui entra in gioco un aspetto davvero importante: le case
non si misurano sulla base della superficie “calpestabile”, ovvero sugli
spazi effettivamente utilizzabili per
abitare, ma bensì sulla base della cosiddetta “superficie commerciale”. Come si
calcola? Oggi non è possibile dare una risposta univoca, perché in materia
valgono gli usi provinciali, raccolti dalle camere di commercio. In alcuni casi
gli usi prevedono norme molto dettagliate.
Nella pratica però si adotta uno schema un po’ più semplificato.
La superficie commerciale si ottiene addizionando i
vari elementi in questo modo:
1.
La superficie totale
dell’unità immobiliare comprensiva dei muri interni considerata al 100%;
2.
La superficie dei
muri perimetrali confinanti con altri immobili o con parti comuni dell’edificio
al 50% ed al 100% quella dei muri perimetrali non
confinanti. I muri delle case indipendenti vengono
sempre stimati al 100%;
3.
Il 50% della
superficie dei balconi e, generalmente, 1/3 della superficie del terrazzo;
4.
Il 10% dei giardini di proprietà
esclusiva.
In genere cantine e solai non rientrano nel computo,
mentre i box e i posti auto vengono stimati a corpo e
non a misura. Conta molto anche il piano e l’affaccio. Un terrazzo al primo
piano che dà su un parco condominiale può al limite
valere più dello stesso terrazzo a piano alto, mentre al contrario un terrazzo
basso che affaccia su cortile in cemento circondato da altre costruzioni o da
box ha valore molto basso.