Espropri: dalla proposta di vincolo alla dichiarazione di
pubblica utilità
Rinviato, all’1 gennaio 2003, il varo del
Testo unico degli Espropri: da allora si volterà pagina e scadrà anche il
termine entro il quale i comuni dovranno predisporre uno specifico Ufficio a
cui cittadini e professionisti potranno indirizzarsi per le pratiche.
Tutto cambierà anche per le centinaia di
migliaia di persone che hanno in corso da anni un iter di esproprio: le nuove
regole, recita in Testo unico,si applicheranno infatti anche “agli espropri in
corso per le fasi procedimentali non ancora concluse". Quindi sin da oggi
i Comuni dovranno tener conto delle nuove disposizioni.
Cosa
cambia? Quali accorgimenti può mettere in campo il cittadino, per difendersi
dallo strapotere della pubblica amministrazione? Per rispondere, occorre tener
conto che l’iter dell’esproprio è scandito in tappe ben precise, a ciascuna
delle quali corrisponde un’azione di auto-tutela da parte dell’espropriato.
Diviene quindi indispensabile, per chi intende far valere i suoi diritti,
conoscere e seguire, passo dopo passo, le varie fasi del procedimento.
Dalla proposta di Prg al vincolo. Il primo passo verso l’esproprio è il
progetto di Piano regolatore o di una sua variante, che prevede quasi sempre
l’utilizzo di aree di proprietà di privati (per esempio per costruire una strada,
una scuola, un deposito rifiuti, un parco pubblico). Il proprietario deve
essere avvertito del progetto di variante e ha 30 giorni di tempo per fare le
sue osservazioni e sollevare eccezioni.
Segue la delibera di approvazione del
Consiglio Comunale, e il Prg o la sua variante divengono definitivi.
Contemporaneamente, viene posto un vincolo di esproprio sull’area, di cinque
anni di durata. Il vincolo può essere riproposto ogni quinquennio, anche con le
stesse motivazioni.
Il risarcimento per il vincolo Ovviamente il proprietario è danneggiato dal
vincolo .per esempio diverrà impossibile costruire su un’area che prima era
edificabile. Ciò nonostante, in passato, il vincolo di esproprio non era mai
considerato indennizzabile, se non quando diveniva definitivo, perché aveva una
durata limitata nel tempo (Consiglio di Stato, n. 159/10994, n. 451/1995). Il
proprietario rimaneva a bocca asciutta perfino se questa “durata limitata” si
prolungava per decenni, grazie a continue proroghe . La novità, positiva, del
Testo Unico è che d’ora in poi, se il vincolo è riproposto dopo i primi cinque
anni, il proprietario ha diritto a un risarcimento. Di quanto? La proposta
viene dalla Pubblica Amministrazione e, in caso di contrasti, decide la Corte
di Appello.
Dal progetto definitivo alla dichiarazione di
pubblica utilità.
La terza tappa dell’iter di esproprio è l’approvazione del progetto,
dettagliato e definitivo dell’opera prevista dal Prg. Nel corso di questa fase,
il proprietario ha due occasioni per intervenire. La prima è quando riceve
notifica della visita, nella sua area, dei tecnici incaricati alla
progettazione. Ha diritto di essere presente e di fare obiezioni e
osservazioni. La seconda occasione è quando viene stesa la bozza di progetto
definitivo, in cui devono essere indicate le spese previste, i dati degli altri
espropriati e quelli del funzionario responsabile. Ancora una volta il
proprietario può presentare osservazioni al responsabile del procedimento ed
eventualmente chiedere che siano espropriate (e quindi indennizzate) anche le
cosiddette “aree residue”, cioè gli appezzamenti privi ormai per lui di una
qualsiasi utilità.
Con l’approvazione del progetto definitivo
viene varata anche la cosiddetta “dichiarazione di pubblica utilità”, un atto
che ha lo scopo di precisare in dettaglio i limiti dell’esproprio.
Il Testo unico chiarisce infine, ponendo fine
a decenni di polemiche, che tutte le controversie sono demandate al Tar
(Tribunale amministrativo regionale), eccezion fatta per quelle sulla misura di
indennità e risarcimenti, per cui sono competenti le Corti di Appello.