Un'opera eseguita in modo superficiale o, peggio, un lavoro così malfatto da causare incidenti o pericoli per il committente sono alla base di numerose controversie tra il committente (privato o condominio), e le ditte edili o impiantistiche.
Come difendersi? Il codice civile dedica sette articoli, dal 1667 al 1673, specificamente al problema delle responsabilità civili (a cui possono aggiungersi, naturalmente, anche quelle penali). Vi si afferma che l'appaltatore è tenuto a dar garanzia per le difformità e i vizi dell'opera eseguita. Unica eccezione il caso in cui tali vizi siano conosciuti o riconoscibili dal committente, purché non sia dimostrabile che sono stati taciuti in mala fede dall'appaltatore.
Garanzia biennale. Tale garanzia si prescrive in due anni dalla consegna dell'opera stessa e i vizi debbono essere denunciati entro sessanta giorni dalla loro scoperta. La denuncia non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciuto questi vizi, oppure ha agito in modo tale da nasconderli.
Garanzia decennale Quando però l'opera, come accade nel caso di immobili, è per sua natura di lunga durata, la garanzia dell'appaltatore viene estesa a un periodo di dieci anni dal compimento dell'opera stessa, per gravi difetti, rovina o pericolo di rovina dell'edificio causati da vizio del suolo o difetto di costruzione. In tal caso il termine di decadenza sale ad un anno dalla scoperta del vizio: no basta però una semplice denuncia, occorre agire in giudizio.
La Cassazione (sentenza n. 1655/1986) ha chiarito che il momento della "scoperta del vizio" non coincide con quello in cui il committente si accorge che esiste una qualsiasi anomalia, ma quello in cui ragionevolmente si consolida la certezza che il vizio o difetto è causato da una responsabilità dell'appaltatore nell'esecuzione dell'opera. In successive sentenze, ha affermato che la consapevolezza decorre nel momento in cui una perizia di un tecnico dà forti indizi sulla responsabilità dell'appaltatore.
Come difendersi Cosa può chiedere il committente? Ha tre possibilità. La prima è pretendere l'eliminazione del vizio, naturalmente a spese della ditta edile. Non è detto che debba essere la stessa ditta che ha sbagliato a dover eseguire i lavori (Cassazione, sentenza n. 5103/1995) e il risarcimento può riguardare anche nuove, e più costose opere rispetto a quelle previste (Cassazione n. 1948/1989).La seconda possibilità è chiedere la riduzione del prezzo da pagare o pagato e il risarcimento degli eventuali danni. La terza scelta, imboccabile se l'opera ha vizi così gravi da renderla adatta al suo scopo, è pretendere la risoluzione del contratto.
Gravi difetti. Ma cosa si intende per gravi difetti, per i quali vale la garanzia decennale? La giurisprudenza ha dato diverse definizioni. Per esempio quelli causati da metodi non idonei o nel compimento dell'opera non a regola d'arte (Cassazione n. 1948/1989), o i vizi che pregiudicano la funzione dell'immobile e ne limitano notevolmente il godimento o impediscono la funzione a cui l'opera destinata (Cassazione, n. 3301/1996 , n. 1256/1995, n. 1081/1995, n. 13112/1992). Andando su situazioni concrete, è stato giudicato grave difetto il fatto che un tetto o un terrazzo siano stati malamente impermeabilizzati e abbiano provocato infiltrazioni d'acqua nell'appartamento sottostante (Cassazione n. 1312/1992 e n. 2431/1986).
Responsabilità dei professionisti Non è solo la ditta edile, ad avere delle responsabilità: le hanno naturalmente anche i professionisti. Essi possono rivestire un ruolo di semplice consulenza, oppure avere una funzione (tipica quella del progettista o del direttore di lavori), che ha come fine ultimo la realizzazione di un'opera materiale (edificio e sua ristrutturazione, impianto).
.Il primo caso è quello in cui il professionista (ingegnere, architetto, geometra, perito impiantistico) offre solo una perizia, una stima, uno studio di fattibilità, un collaudo. Allora trovano applicazione le regole del contratto di prestazione d'opera intellettuale, compreso l'articolo 2236 del Codice civile, che, nei casi di speciale difficoltà, limita la responsabilità ai soli casi di dolo e colpa grave del professionista stesso. Per il direttore dei lavori, nominato dal committente, si applica l'articolo 2226 del codice civile, che prevede la denuncia della difformità dell'opera entro 8 giorni dalla scoperta, e la prescrizione a un anno della consegna. Per il progettista, valgono infine le spesse norme previste per l'appaltatore: quindi garanzie biennali o decennali e corresponsabilità insieme all'appaltatore stesso.
Giovanni Tomassoli, segretario nazionale Confappi (Confederazione piccola proprietà immobiliare)