I contratti di vendita di immobili di nuova costruzione, o integralmente ristrutturati, riassumono in sé tutte le occasioni di ospitare clausole vessatorie tipiche dei normali contratti di compravendita e di quelli di appalto. Infatti comprendono non solo la promessa d’acquisto (la cosiddetta prenotazione), il compromesso e il rogito ma anche il capitolato della costruzione e della finiture.
E’ purtroppo difficile
rintracciare sentenze significative che riguardino le clausole vessatorie di
questi contratti: é passato troppo poco tempo, dal recepimento della direttiva
comunitaria perché le liti siano giunte in Cassazione e non si è ancora creata
una “cultura” giurisprudenziale sia da parte dei legali del cittadino sia da
parte dell’associazioni dei consumatori, tradizionalmente più impegnate su
altri fronti.
Penali per
inadempienza. E’ il caso delle penali o dei risarcimenti del
danno eccessivi nell’ipotesi di recesso dal contratto o di ritardo nella
stipulazione del rogito da parte del consumatore. Si va a cozzare con il punto
6 dell’articolo 1469-bis (penali esagerate). Spesso manca la previsione di
analoghe penali a carico dell’impresa in caso di danni da ritardata consegna
dell’immobile: una carenza che contrasta con il comma 1 dell’art. 1469-bis
(significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto)
e, talora, anche con il punto 7 (riconoscere al solo professionista la
facoltà di recedere dal contratto).
Sia
la giurisprudenza italiana, che quella estera, riservano al giudice di merito
la valutazione se una clausola penale va ritenuta inefficace, a seconda delle
circostanze concrete. Talora (Tribunale di Milano, sentenza 2/3/2000) il
giudice ha preferito far ricorso
all’articolo 1384 del codice civile, che permette la riduzione della penale
stessa. In una sentenza francese, in un caso di appalto da parte di un unico
committente, si è valutata come abusiva la clausola che prevedeva la fermata
del cantiere per un ritardo di pagamento superiore a 20 giorni. La corte
d’appello di Grenoble ha infatti affermato che si trattava di un periodo troppo
ristretto, perché si impediva al committente di criticare in tempo cattive
esecuzioni dei lavori o non conformità al progetto.
Vi sono poi le
variazioni del prezzo nel corso dei lavori, non motivate da richieste di
prestazioni aggiuntive da parte dell’acquirente. Possono essere giustificate da
una miriade di motivi (per esempio, scioperi del personale, incrementi del
prezzo dei materiali, dell’onere delle concessioni, del costo di acquisto del
terreno).
Capita che gli
incrementi futuri siano giustificati da voci non previste nel capitolato, ma
che evidentemente avrebbero dovuto essere comprese perché il fabbricato sia
adatto all’uso. Un esempio tipico è il mancato inserimento nel prezzo proposto
degli oneri necessari per l’allacciamento alle utenze o per l’impianto di
costose opere di urbanizzazione primarie (per esempio, le fognature). Va notato
che in Germania la giurisprudenza , in parte basate sulle nostre stesse norme
comunitarie, vieta ogni incremento del prezzo per opere indispensabili, ma non
comprese nel capitolato di costruzione.
Infine, può succedere
che il prezzo delle modifiche al capitolato delle finiture richieste
dall’acquirente (voglio il parquet invece delle piastrelle, le porte in legno anziché
in tamburato) sia di fatto determinato dal costruttore, senza che il
consumatore abbia la possibilità di esserne preavvertito. E talora le modifiche
divengono indispensabili, dati i materiali scadenti previsti o le finiture
approssimative (piastrelle in bagno a un solo metro di altezza, giardini
abbandonati a scarico di macerie, solai non coinbentati). A seconda dei casi,
ciascuna di queste situazioni potrebbe entrare in conflitto con varie clausole
vessatorie o abusive (n. 10, 11, 12,. 13, 20,
articolo 1469-bis). Sempre in Germania, è all’indice ogni formula vaga
che consenta aumenti non predeterminati in caso di opere in più eseguite dietro
richiesta del consumatore.
Un contratto redatto
con tutti i crismi non è la sola cautela che l’acquirente sulla carta di un
immobile deve serbare. Può infatti essere coinvolto, con il fallimento
dell’impresa costruttrice, in una procedura in cui rischia di perdere non solo
il denaro anticipato e l’immobile, ma anche di trovarsi addossati debiti che non
immaginava di dover pagare. Tutta colpa di una legge fallimentare che tiene
scarso conto dei diritti del comune cittadino (un progetto di revisione giace
da tempo in Parlamento), nonché di norme che non prevedono tutele, come ad
esempio quella fidejussioria.
Ci si deve
inoltre confrontare con i comportamenti illegittimi dell’imprenditore (fuga con
la cassa, mancato adempimento degli obblighi di frazionare o a cancellare
l’ipoteca, abusi edilizi), con le norme di legge (che prevedono il credito
privilegiato da parte di banche e finanziarie sul fallimento), con i
comportamenti dell’amministrazione (concessioni edilizie venute a scadenza e
non rinnovate, modifica della destinazione urbanistica dell’area) e con infinti
altri problemi.
Quando poi parte
contraente è una cooperativa di abitazione, formalmente costituita dai soci
assegnatari ma che in realtà è stata predisposta dall’alto da un’impresa di
costruzione, le occasioni di truffa crescono. La democrazia interna può essere
formale: in realtà le scelte sono già prese e gli associati non hanno comunque
né le capacità tecniche, né il tempo di metterle in discussione. Costituendo
queste coop, se si è disonesti, si scaricano sulle spalle dei soci molte
responsabilità nelle scelte, che sono rinfacciabili a tutti, essendo
formalmente prese in assemblee dove ciascuno ha diritto di voto, compresa la
firma di contratti di appalto con condizioni leonine. Quindi l’impugnazione
della clausole vessatorie diviene un grosso problema.
Clausole
vessatorie e case sulla carta
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Accettazione del
regolamento condominiale “da intendersi integralmente richiamato nel presente
atto” |
art. 1469-bis, n. 10 |
Penale o risarcimento
del danno nell’ipotesi di ritardo nella stipulazione del rogito da parte del
consumatore, senza che sia prevista un’analoga penale da parte dell’impresa |
art. 1469-bis, n. 6 |
Limitazione delle
responsabilità del costruttore per danni provocati dalla sua opera o per
cattiva esecuzione, anche da parte del subappaltatore |
art. 1229, 1341, art.
1469-bis, n. 1, 14 e 17, 1667 al 1673 del codice civile, |
Limitazione delle
possibilità del consumatore di porre in atto azioni legali nel confronti del
costruttore |
art. 1341, art. 1469-bis, n. 2 e 16 |
Caparra o anticipo
versato dal consumatore a garanzia del contratto, senza che il costruttore
sia costretto a restituirne il doppio, se a sua volta non adempie alle sue
obbligazioni |
art. 1469-bis, n. 5 |
Variazioni del prezzo
al momento della consegna legate ad avvenimenti imprevedibili per il
consumatore (scioperi del personale, incrementi del prezzo dei materiali,
dell’onere delle concessioni, del costo di acquisto del terreno), non
conoscibili al momento del contratto o comunque evidentemente squilibrati a
favore del professionista. |
art. 1469-bis, n. 11, 13 e 20 |
Rateizzazione del
prezzo a scadenze fisse, non legate a quelle dell’esecuzione dei lavori |
art. 1469-bis, n. 4 |
Esclusione dal prezzo
degli oneri per l’allacciamento alle utenze e per la costruzione di costose
opere di urbanizzazione primarie (fognature eccetera) |
art. 1469-bis, n. 10 , 11, 12 e 13 |
Limitazione della
responsabilità dell'impresa o del professionista rispetto alle obbligazioni
derivanti dal contratto (per esempio non rispondere dei danni provocati dalla
ritardata consegna dell'immobile) |
1341, art. 1469-bis, n. 7 |
Incremento del prezzo
per modifiche richieste nelle finiture dell’appartamento non conoscibile al
momento della conclusione del contratto, determinato esclusivamente dal
costruttore e imposto comunque al consumatore. |
art. 1469-bis, n. 10 , 11, 12, 13 e 14 |
Clausola che lascia
la libertà all’impresa di subappaltare ad altri le opere |
art. 1469-bis, n. 17 |
Fonte:
Ufficio Studi Confappi-Fna