Incarichi di vendita all'agente immobiliare, contratti con la ditta fornitrice di gasolio o con quella che effettua la manutenzione dell'ascensore, appalti per la manutenzione straordinaria dello stabile o per lavori negli appartamenti, polizze assicurative sulla casa (in caso danni, incendio o furto), acquisti di immobili in costruzione da un'azienda edile, forniture di elettricità, gas, acqua e telefono: ecco i principali casi in cui un proprietario di casa si trova a firmare un contratto con un'impresa o un'azienda.
Quasi sempre questi contratti sono predisposti, e magari
prestampati su moduli, dall'impresa o dalla società che fornisce il prodotto o
il servizio, che spesso tenderà a tutelare più i propri diritti che quelli del
consumatore. Quest'ultimo, per mancanza di competenze, non è in grado di
discutere le condizioni, e finisce per firmare. Per accorgersi poi, di essere
stato ingannato.
Protetti dalla legge
Non c'è più nulla da fare? Non è così. Sin dal 1996 una legge
(la n. 52) ha introdotto nel Codice civile cinque articoli a protezione del
cittadino che, come persona privata, sottoscrive contratti con persone che
esercitano una qualsiasi attività, definite con una sola parola come
"professionisti” (si tratta degli articoli dal 1469-bis al 1469 sexies).
Questi articoli prevedono che una serie notevole di clausole
siano valutate come "vessatorie": il contratto serba valore ma la
clausola no, diviene "inefficace".
Una sentenza della Cassazione(la n. 10086 del 24 luglio 2001 )
ha compreso nell'ambito di legge anche i contratti firmati dall'amministratore
con i fornitori per conto del condominio.
La legge riguarda i rapporti contrattuali tra “consumatore” e
“professionista”. Con consumatore si definisce il singolo cittadino, preso come
persona fisica che ha concluso un contratto per scopi estranei alla sua
attività lavorativa : la definizione è la stessa quindi che ne dà la lingua
italiana. Con “professionista”, invece, si intende non solo il “libero
professionista”, ma qualsiasi persona, società, istituzione o azienda che, per
motivi di lavoro, sottoscriva un contratto con il consumatore. Per esempio, la
banca, la compagnia di assicurazione, l’impresa edile, l’avvocato, l’agente
immobiliare, la compagnia dei telefoni o quella del gas.
Quindi la legge non si applica per i rapporti tra
professionisti: per esempio quello che intercorre tra un fornitore e
un’azienda, o per l'affitto di uno spazio a un negoziante.
Un codicillo contrattuale è considerato dalla legge “vessatorio”
quando crea un esagerato vantaggio a favore del professionista e un
corrispondente svantaggio del consumatore. Il codice civile elenca una serie di
casi di clausole vessatorie, tendendosi, come è logico, molto sulle generali.
Da questo elenco è infatti possibile trarre una serie pressoché infinita di
patti contrattuali che possono a buon diritto essere accusati di vessatorietà.
La valutazione in concreto dovrà farla il giudice.
Una clausola che di per sé è vessatoria può, nonostante ciò,
essere valida. Lo è quando è frutto di una trattativa individuale tra
consumatore e professionista. Quando cioè la clausola favorevole al solo
professionista è bilanciata da un’altra clausola, che avvantaggia il solo
consumatore. Meglio fare un esempio. Poniamo che il consumatore, in un contratto
con una ditta edile, abbia convenuto che qualsiasi controversia sarà decisa dal
tribunale dove è situata la ditta edile stessa (una tipica clausola vessatoria,
perché sede del tribunale dovrebbe essere quella di residenza del consumatore).
Se, però, esiste un’altra clausola che presta una garanzia di dodici anni per i
gravi difetti della costruzione (anziché di dieci, come dice il codice civile),
può darsi che il giudice ritenga che le due clausole si controbilancino l’una
con l’altra.
Non sono invece vessatorie le clausole che riguardano il costo
di oggetti o servizi: per esempio se il consumatore decide di pagare troppo una
vasca da idromassaggio o un armadio sono fatti suoi. Stesso discorso,
naturalmente, per le clausole imposte da norme di legge.
In presenza di clausole vessatorie, è probabile che il
professionista affermi che c’è stata una trattativa. C’è quindi da chiedersi:
come si fa a saperlo? E, soprattutto, chi deve provare che la trattativa c’è
stata o non c’è stata? La legge risponde alla domanda così: se il contratto
consiste in un modulo o formulario prestampato è sempre il professionista che
deve dimostrare che la trattativa c’è stata. Viceversa, se il contratto è stato
predisposto per l’occasione, è il consumatore a doverlo fare. Gli basterà
sottolineare che, se esiste una clausola vessatoria, non ne esistono altre che lo avvantaggino in modo particolare.
Molto spesso esistono clausole ambigue o volutamente mal
scritte, che è possibile interpretare in molti modi. In tal caso, l’articolo
1469-quater del codice civile afferma che “prevale l'interpretazione più
favorevole al consumatore”.
Una clausola vessatoria, se
non compensata da altre, diviene inefficace. Il contratto, quindi, resta
valido ma è come se la clausola non fosse mai stata scritta.
Il cittadino consumatore ha, naturalmente, la possibilità di
rivolgersi al giudice per chiedere l’inefficacia delle clausole. Ciò è
conveniente se le somme in ballo sono alte: altrimenti le spese legali da
anticipare e i tempi della giustizia possono spaventare.
Una strada molto meno costosa e più rapida è rivolgersi allo
Sportello di Conciliazione presso tutte le Camere di Commercio italiane: qui ci
sono specialisti il cui compito è trovare una via di mezzo tra gli interessi
del consumatore e quelli dell'azienda, per risolvere il problema. I tempi medi
di risoluzione della lite sono a Milano di 30 giorni. La Conciliazione prevede
però che i due litiganti siano disposti a mettersi d'accordo e, per la sua
stessa natura, non vedrà mai riconoscere per intero i diritti di una delle due.
Un'arma spuntata
La legge sulle clausole vessatorie prevede anche un formidabile
strumento a vantaggio del consumatore:
la cosiddetta “azione inibitoria” che può essere esercitata da due
soggetti: e cioè le “associazioni rappresentative dei consumatori e dei
professionisti” e le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura,
che possono agire anche nel caso in cui il contratto non sia impugnato da
nessun consumatore.
L’azione inibitoria consiste nel vietare al professionista di
utilizzare le clausole che sono state messe all’indice in tutti i suoi
contratti. Il giudice può perfino ordinare che il provvedimento sia pubblicato,
come dice la legge “ in uno o più giornali, di cui uno almeno a diffusione
nazionale”.
L'Ufficio Studi della Confappi ha però compiuto una rapida
indagine tra alcune associazioni dei consumatori (Codacons, Lega dei Consumatori,
Adoc ) e presso le Camera di Commercio di Milano e di Bologna, per vedere se
l'inibitoria funziona. La risposta è sconsolante: per complessi motivi
(economici, soprattutto), le inibitorie sono assai rare. Perdipiù non è
risultato che le Camere di commercio abbiano sportelli aperti al cittadino, per
la verifica se una clausola è corretta o no. Associazioni e Camere sono state
attive solo sul fronte della grandi utenze (Banche, assicurazioni, telefonia,
forniture municipali, Poste), ma raramente per quel che riguarda situazioni
singole.
Un consiglio in più
Il ricorso alle Associazioni dei consumatori o a quelle della
Proprietà Immobiliare può essere comunque consigliabile per avere un giudizio
sul contratto, o una consulenza tecnica di parte. Se redatti per scritto,
possono essere mostrato per una trattativa con il fornitore o allegato agli
atti in caso di lite in Tribunale.
Ecco un elenco delle clausole considerate come “vessatorie” dal
codice civile, raggruppate a seconda del loro tipo. Comunque sono considerate
vessatorie tutte le clausole che "determinano a carico del consumatore un
significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal
contratto", anche diverse da queste.
Esclusione o limitazione della responsabilità
del professionista, (se esiste):
1)
in caso di danno o morte del consumatore;*
2)
per contratti firmati da persone incaricate
dal professionista;
3)
se non sono rispettate particolari formalità;
4)
eccezioni al contratto determinate solo dalla
volontà del professionista.
Obblighi esagerati del consumatore:
1)
Penali evidentemente eccessive, se il
contratto non è rispettato;
2)
Disdetta in tempi troppo anticipati per
evitare il rinnovo del contratto.
Diritti eccessivi del professionista
1)
Accettazione del consumatore di nuove clausole
che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del
contratto;*
2)
Modifica unilaterale delle clausole del
contratto, o delle caratteristiche del prodotto o del servizio fornito, senza
giustificato motivo previsto nel contratto stesso;
3)
Possibilità per il professionista di stabilire
se il bene venduto o il servizio prestato è proprio quello previsto dal
contratto;
4) Solo il professionista può interpretare le clausole;
5)
Possibilità per il professionista di
sostituire a sé un'altra persona o ditta nei rapporti contrattuali, se ne
consegue minore tutela dei diritti del consumatore;
6)
Limitazione della possibilità di compensare i
debiti con i crediti del consumatore ;
7)
Obblighi del professionista subordinati a
condizioni che dipendono solo dalla sua
volontà.
Recessi dal contratto
1)
Possibilità solo per il professionista di
recedere dal contratto;
2)
Recesso del professionista senza ragionevole
preavviso, tranne il caso di giusta causa:
Incrementi prezzi
1)
Prezzo del prodotto o del servizio stabiliti
al momento della consegna del prodotto o della prestazione;
2)
Aumento del prezzo del bene o del servizio
senza che il consumatore possa recedere se é eccessivo.
Caparre
1)
Caparra da parte del consumatore, a garanzia
dell’esecuzione del contratto, senza che il professionista sia costretto a
restituire il doppio della caparra, se a sua volta non adempie alle sue
obbligazioni;
2)
Possibilità per il professionista che recede
dal contratto di trattenere anche solo in parte la caparra per prestazioni non
ancora adempiute.
Cause legali
1)
Limitazione della possibilità di citare per
inadempienza in giudizio il professionista, quando vi sia una sua
responsabilità ;*
2)
Decadenze, limitazioni della facoltà di
opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria,
limitazioni all'allegazione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere
della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, a
carico del consumatore;
3)
Sede del foro competente sulle controversie in
località diversa da quella di residenza o domicilio del consumatore.
* Queste clausole sono comunque nulle, anche se c’è stata una
trattativa.
Ecco alcune clausole molto comuni, che sono state valutate
vessatorie dai Tribunali o dalle Camere di Commercio ispirandosi alla legge.
a) Obbligo di recedere dal contratto con tre mesi o più di
preavviso
b) Obbligo di accettare la decisione di un Arbitro o di una commissione di arbitri sulla
controversia;
c) Esclusione dalla responsabilità per i danni causati da un
dipendente dell'impresa;
d) Incarico di vendita in esclusiva all'agente immobiliare, se
non controbilanciato da altri vantaggi per il cliente.
e) Penali eccessive se il cliente recede dal contratto;
f) Accettazione, senza che sia allegato al rogito di acquisto,
del regolamento condominiale (il venditore era un impresa edile).