Vendita
di box pertinenziale e obblighi del venditore
Se un box è
gravato da un vincolo pertinenziale che ne impedisce la vendita, il venditore
ha l’obbligo di comunicare all’acquirente l’esistenza di tale vincolo. .Infatti un regolamento comunale può anche non imporre che le
autorimesse di nuova costruzione siano sottoposte a tale vincolo. Inoltre non
esiste un sistema di pubblicità delle autorizzazioni relative
alla costruzione di box. Non può dunque addossarsi all’acquirente
l’onere di verificare l’esistenza del vincolo, né si può pretendere che
l’acquirente, controlli la DIA o eventuali altri
documenti urbanistico - amministrativi.
Questo è il
contenuto della sentenza del Tribunale di Milano, 31
agosto 2007, numero 9911, Giudice unico la dottoressa Formica.
Va premesso
che il caso oggetto del contendere riguardava una
vendita attuata quando era ancora in vigore una
vecchia versione dell’articolo 41 sexies della
Legge urbanistica 17 agosto 1942, numero 1150, così come introdotto
dall’articolo 18 Legge 6 agosto 1967, numero 765. In essa
si imponeva la destinazione una certa
superficie a posti auto ad uso diretto
dei proprietari delle unità immobiliari comprese nell’edificio, e dei loro
aventi causa, con vincolo di inalienabilità ad altri. Tuttavia anche a quei
tempi era possibile realizzare posti auto liberamente commerciabili, se oltre
lo standard minimo imposto dalla legge.
In seguito
l’articolo 12, comma 9, della Legge 28 novembre 2005, numero 246 ha aggiunto
all’articolo 41 sexies, un ulteriore
comma, che recita: “gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma
non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d’uso a favore
dei proprietari di altre unità pertinenziali e sono trasferiti autonomamente da
essi”.
Un box che si
mette in vendita oggi può essere però ancora gravato dal vincolo di limitata
alienabilità, riportato per esempio in una Convenzione. In essa
per esempio si può imporre che l’acquirente abiti nello stesso isolato o
in isolati contigui al parcheggio realizzato su suolo pubblico
Nel casi in esame nel
Tribunale il il promissario
acquirente di un box aveva convenuto in giudizio il proprio promittente
venditore, chiedendone la condanna alla restituzione degli acconti versati,
oltre al doppio della caparra. Il notaio incaricato si era
infatti rifiutato di rogitare l’atto di
trasferimento.
Dal canto suo,
il promittente venditore aveva obiettato che
l’acquirente, usando l’ordinaria diligenza, avrebbe dovuto o potuto sapere che
l’immobile era soggetto a vincolo pertinenziale, posto che ciò era desumibile
dalla Dichiarazione di inizio attività (Dia) richiamata
nel contratto preliminare.
Il tribunale
ha stabilito che la responsabilità dell’acquirente esiste solo ove si provi che
quest’ultimo sia stato messo in condizione di conoscere che il box era stato
costruito con un regime di parcheggio pertinenziale, almeno mediante rinvio
alla normativa di riferimento, contenuta nel contratto preliminare, oppure
mediante la disponibilità di una copia della Dia,
contenente il richiamo a quella normativa. La semplice indicazione degli
estremi della Dia (individuata con la data di presentazione e il numero di
registrazione al Comune) non consente invece di conoscere la normativa edilizia
di cui la costruttrice si sia avvalsa, ma solo che la
costruzione del bene oggetto del preliminare era dotata di regolare
autorizzazione amministrativa.
D’altra parte,
è naturale che la dichiarazione circa la regolarità urbanistica dell’immobile
sia anticipata al momento della stipula del contratto
preliminare, essendo preciso onere a carico del venditore, al rogito
definitivo. Tanto più che, nel preliminare, la società
venditrice aveva dichiarato di garantire la piena commerciabilità del box.
Non sussiste, invece, un onere a carico del promissario
acquirente – si legge nella motivazione del Tribunale di Milano - “di
attivarsi per verificare la regolarità urbanistica e la libera commerciabilità
del bene in assenza di vincoli pubblicistici, potendo ragionevolmente confidare
sulla dichiarazione in tal senso della promittente
venditrice. Al contrario, è obbligo di quest’ultima di informare la controparte
circa l’esistenza di vincoli sul bene e, secondo il principio di correttezza e
buona fede, deve farlo in modo non equivoco, non potendo limitarsi a fornire
qualche indizio, tale da indurre la controparte ad avviare ricerche per
acquisire i dati occorrenti”.
Matteo
Rezzonico
www.studiolegalerezzonico.it