Casa. Un singolo proprietario
può portare modifiche migliorative a proprie spese
I diritti del condomino sulle parti comuni
Il condominio è troppo spesso arena di lotte
intestine, motivate più da inconfessabili invidie, rancori e antipatie che da
concreti motivi. I più litigiosi considerano un delitto di lesa maestà
soprattutto il fatto che uno dei proprietari utilizzi, o peggio, trasformi una
delle parti comuni a suo esclusivo vantaggio, senza l’accordo di tutti. Per
esempio apra una porta nel muro comune, un lucernario nel tetto, o pianti un
albero in giardino.
Hanno torto. E’ vero, le parti comuni appartengono a tutti i condomini. Ma non per questo il singolo condomino deve sempre ottenere il loro assenso per servirsene.
L’articolo 1102 e le modifiche possibili. Anzi, in certi casi, ha perfino diritto di apportarvi, a proprie spese naturalmente, delle modifiche. Lo stabilisce l’articolo 1102 del codice civile, che dice;"Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”. E aggiunge:"Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno agli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo in suo possesso”.
Le norme sul condominio. Purtroppo questa norma è sconosciuta non solo ai condomini ma
perfino a molti amministratori: altrimenti sarebbero inconcepibili molte liti,
finite anche in tribunale. Forse il motivo di tanta ignoranza sta nel fatto che
l’articolo 1102 appena citato non rientra direttamente nelle norme del codice
civile sul condominio (dall’articolo 1117 all’articolo 1939).Vi è però
richiamato dall’articolo 1139 che dice:
“Per quanto non espressamente previsto da questo capo si osservano le norme sulla comunione in generale”. E, appunto, il 1102 è uno degli articoli che regolano la comunione.
Il principio non vale solo per i condomini, ma anche per i loro
inquilini che, in un certo senso, “ereditano” i loro diritti.
Norma derogabile. L’articolo 1102 resta comunque una norma di legge derogabile, e
pertanto si applica solo nel caso in cui il regolamento contrattuale non vi
faccia espressa eccezione. Cosa che, a dire il vero, capita molto raramente.
L’articolo 1102 riguarda le opere che hanno lo scopo di:
q
migliorare
i beni comuni;
q usarli più comodamente;
q farli rendere meglio.
Tali migliorie possono essere portate anche da un solo condomino, a
proprie spese.
I divieti. Sono vietate però dall’articolo 1102 certi tipi di innovazioni, che non possono essere neanche approvate con maggioranze speciali in assemblea (maggioranza dei condomini e due terzi delle quote millesimali di proprietà).
Non bisogna, in particolare :
q alterare la destinazione del bene comune
q impedire agli altri condomini di fare ugualmente
uso della cosa comune
q estendere il diritto sulla cosa comune in danno
agli altri partecipanti, a meno che si muti il titolo di possesso.
Altri divieti. A
questi divieti l’articolo 1120 secondo comma ne aggiunge altri, previsti da
diversi articoli del codice. E cioè il divieto a:
q pregiudicare la stabilità e la sicurezza del
fabbricato;
q pregiudicarne il decoro architettonico
q arrecare danni alle proprietà individuali dei
condomini.
La giurisprudenza si è data da fare per chiarire il concetto di
“alterazione della destinazione”. Ha affermato che si deve fare riferimento
alla funzione originaria del bene. Ha precisato però che l’alterazione deve
essere “rilevante” e che non è alterazione l’aggiunta di una nuova funzione a
quella originaria.
Un esempio. Facciamo
un esempio molto concreto: quello della costruzione da parte solo di alcuni
condomini di un ascensore nuovo, a proprie spese, opera che i giudici hanno
spesso ritenuto lecita (Cassazione. 1781/93, 4152/94, 3508/99). Non vi è
dubbio che vi sia un mutamento di destinazione della tromba d’aria delle scale,
occupata dall’ascensore. Tuttavia rispetto alla funzione originaria è offerto
un godimento migliore, anche se di tipo diverso. In concreto non vi è alcun
serio pregiudizio o grave sacrificio da parte degli altri condomini (Cass. n.
4152/94, Tribunale di Milano, 9 settembre 1991).
Inoltre l’ascensore è divenuto, con l’evoluzione delle necessità,
un impianto quasi indispensabile (Tribunale Napoli, 16 novembre 1991). La legge
n. 13 del 1989 sull’abbattimento delle barriere architettoniche a favore dei
disabili ha dato una mano nell’ampliare la tolleranza dei tribunali, che hanno
spesso consentito anche il taglio di gradini per alloggiare il vano corsa
dell’apparecchio.
Nessun utilizzo personale se limita la facoltà di
altri.
Un vantaggio goduto da una persona non può pregiudicarne uno simile
da parte di altri. Per esempio non sarà possibile per un solo condomino porre
vasi lungo tutto un ballatoio comune, impedendo ad altri di scegliere piante
diverse. Tuttavia, la Cassazione ha spiegato che l’uso che non si deve impedire
non deve essere necessariamente identico. Nello stesso ballatoio, quindi, se
non si altera il decoro architettonico, uno metterà delle piante e un altro un
armadietto.
La Cassazione ha quindi valutato come lecito che un commerciante
ponesse delle vetrinette sull’androne per reclamizzare i propri prodotti, anche
se occupava gran parte dello spazio: gli altri condomini non avrebbero avuto la
necessità di porre a loro volta vetrinette oppure oggetti altrettanto
ingombranti, ma al massimo targhe, caselle postali o oggetti simili (Cassazione
1499/98, 1554/1997).
L’uso a cui si fa riferimento non è solo quello attualmente
possibile, ma quello puramente potenziale. Un esempio : la Cassazione ha
affermato che se una strada o accesso serve solo alcuni condomini, niente vieta
che un altro condomino apra una porta nel muro comune per accedervi anche lui
(Cassazione 10453/2001). Infatti non si muta né la destinazione della strada né
quella del muro.
Va subito chiarito un equivoco: il decoro architettonico non è,
come spesso condomini litigiosi ritengono, il valore estetico dell’edificio.
Tant’è vero che perfino stabili di edilizia popolare, di qualità artistica
molto discutibile, hanno un loro decoro architettonico.
Al contrario si tratta di un dato abbastanza oggettivo: è l’insieme
delle linee e delle strutture ornamentali che danno al palazzo nel suo insieme
una armonica fisionomia. In questo senso, anche una vetrata piombata di
altissimo pregio, realizzata da un’artista di grido, può essere considerata
lesiva del decoro architettonico, anche quando è inserita nella facciata di un brutto
edificio. E nello stesso senso, un lucernaio sul tetto, anche se di qualità
discutibile, non lede il decoro se non è visibile. Starà piuttosto ai
regolamenti del comune, all’esistenza di vincoli sul tipo di materiale
all’esterno e all’accoglimento o meno dei pareri della locale commissione
edilizia, stabilire se quella particolare opera è lecita.
La lesione del decoro, deve essere rilevante e può causare un
deprezzamento economico dell’edificio. E’ quindi più facile che sia rilevata
sulla facciata esterna di un edificio piuttosto che su quella che dà sul
cortile, che spesso,soprattutto negli edifici recenti, è di qualità inferiore e
utilizzata per varie funzioni (scarichi, canne fumarie esterne e via
elencando).
Per esercitare i diritti garantiti dall’articolo 1102 il singolo
condomino non ha alcun bisogno di rivolgersi all’amministratore o all’assemblea
condominiale per avere il loro consenso, se il regolamento condominiale non lo
impone.
Riflessione. Tuttavia
i pro e i contro del farlo vanno soppesati caso per caso: motivi di opportunità
e di quieto vivere possono indurlo comunque a farlo.
Se comunque l’amministratore è interpellato, resta opportuno che
riporti in assemblea la richiesta. Qualora ritenga che esistano seri motivi di
opposizione sarà prudente che si munisca di una seria relazione tecnica per
sostenere la sua opposizione: in caso contrario rischia di trascinare il
condominio in una causa perdente.
L’applicabilità o meno dell’articolo 1102 è stato tema di infuocati
dibattiti quando i lavori fatti dal singolo comportanoil mancato rispetto di
altri articoli del codice civile (e di altre leggi) sulle distanze legali tra
le costruzioni o sulle vedute.
La giurisprudenza più consolidata dà una sorta di diritto di
predominio alle norme su comunione e condominio (e quindi all’articolo1102) su
quelle sulle distanze legali. Con limiti ben definiti, però. Le distanze legali
prescritte dal codice civile e dalle altre leggi (Decreto ministeriale 1444 del
1968, norme regionali e comunali) vanno applicate anche in condominio.
Tuttavia, se l’esecuzione di un opera diviene impossibile senza infrangere le
norme delle distanze, e tale opera è utile o necessaria, le norme sulle
distanze non si applicano. Un caso del genere raramente si verifica quando un
singolo condomino, sfruttando l’articolo 1102 del codice civile, crea un
vantaggio non necessario solo per sé. Le distanze legali, infine, devono
comunque essere rispettate tra le proprietà esclusive in condominio.
La Cassazione è ancor più rigida se è in gioco il diritto di
veduta, cioè il divieto a costruire a meno di un metro e mezzo da una finestra
sui cui ci si può sporgere (75 cm per la veduta laterale o obliqua).
Tradizionalmente si è affermato infatti che il diritto ad usare la cosa comune
soccombe di fronte a quello di veduta.
Bene comune |
Decisione |
Sentenza |
Antenne telefoniche |
Le antenne telefoniche e i relativi cablaggi,
se di modeste dimensioni e non lesive del decoro architettonico, sono un uso
legittimo della cosa comune |
Tribunale di Venezia, 1224/2000, Tribunale di
Piacenza, 51/1998 |
Ascensore |
L'installazione a carico di un solo condomino
di un ascensore è lecita, anche in presenza di una delibera contraria
dell'assemblea |
Cassazione 3508/1999, 4252/1994 |
Autoclave |
Un autoclave, collocata in una parte non
altrimenti utilizzabile dell'androne comune e predisposta per l'utilizzazione
da parte di tutti gli altri condomini, non costituisce innovazione ma uso
lecito ai sensi dell’art. 1102 |
Cassazione 2746/1989 |
Canne fumarie |
L'installazione, in appoggio al muro
condominiale e vicino alla finestra di un condominio, della canna fumaria di
un locale di altro condomino (o del suo inquilino), e un'iniziativa lecita. |
Cassazione 2998/2001, 15394/2000 |
Caselle postali, campanelli |
E' nulla la delibera che, stabilendo di
modificare la pulsantiera e la dislocazione delle cassette postali impedisce
a un condomino di installare un campanello e una cassetta postale
supplementare a proprie spese |
Tribunale di Firenze 1003/1995 |
Cortile |
Non costituisce abusiva utilizzazione
dell'intercapedine comune di un edificio in condominio, accessibile soltanto
dal giardino del condomino interessato, la collocazione,di due serbatoi in
lamiera per il gasolio e di un vaso di espansione per l'impianto di
riscaldamento |
Cassazione, 12344/1997 |
Fabbricati singoli |
L'innesto sul muro perimetrale dell’edificio
comune di una costruzione di esclusiva proprietà di un condomino non è lecito
senza il consenso di tutti, in quanto non è volto al miglior godimento della
parte di fabbricato di proprietà esclusiva, ma non a favore di un immobile
distinto dall’edificio comune. |
Cassazione, 16117/2000 |
Finestre |
Non ci si può appellare all'articolo 1102 del
codice quando il regolamento condominiale vieti, pena il ripristino dello
stato di fatto, certe opere e in particolare una doppia finestra, mediante
installazione di un secondo telaio. |
Cassazione, 24509/1997 |
Impianti |
L'installazione di un impianto che debba
considerarsi indispensabile ai fini della effettiva abitabilità
dell'appartamento può derogare dalle distanze legali ma non dai divieti
stabiliti dall'articolo 1102 del codice civile.Un condomino non può eseguire
innovazioni sul tratto di pertinenza del proprio appartamento dell'impianto
comune di riscaldamento, interrompendo il percorso delle tubature, così da
impedire l'utilizzazione dell'impianto da parte degli altri condomini. |
Cassazione 13285/2001, 7752/1995, 4023/1996 |
Locazione |
L'articolo 1102 tutela l'uso diretto e non
quello indiretto dei beni comuni. Pertanto, in caso di impossibilità d'uso
dei beni comuni, è possibile locarli a terzi, preferendoli a condomini, anche
a condizioni economiche meno vantaggiose |
Cassazione, 4131/2001 |
Pianerottoli, scale |
L'apertura di una porta su un pianerottolo
avente le medesime caratteristiche di quella già esistente nella parete di
fronte è lecita. Viceversa è lesiva del decoro architettonico se è aperta a
un livello inferiore a quello del pianerottolo della scala condominiale. |
Cassazione 12413/2001, 5400/1998 |
Porte |
Un'apertura nel muro comune al fine di mettere
in comunicazione due unità immobiliari comprese nello stesso condominio è
legittima. Non lo è se mette in comunicazione locali di sua esclusiva
proprietà con altri estranei al condominio, |
Cassazione 6069/1998, 360/1995 |
Scarico |
E' possibile l'utilizzazione di uno scarico
comune senza alterarne la destinazione e senza impedirne il pari uso |
Cassazione 5660/2000 |
Servoscala |
L'installazione di un servoscala servizio di un
portatore di handicap non abbisogna di assenso assembleare |
Tribunale di Torre Annunziata 5/5/2000 |
Sottosuolo |
E' violato l'articolo 1102 con la costruzione
nel sottosuolo del fabbricato condominiale di un ampio vano destinato a un
solo condomino,impedendo agli altri condomini di fare simile uso del
sottosuolo |
Cassazione 6921/2001 |
Vetrine |
L'apposizione da parte di un commerciante di
una vetrina nell'androne condominiale è uso lecito della cosa comune, in
quanto la nozione di pari uso non va intesa nel senso di uso identico e
contemporaneo. |
Cassazione 1499/1998, 1554/1997 |
Fonte: Ufficio Studi Confappi-Fna