Protagonista assoluto il canone libero
Sette i motivi possibili per la disdetta
Le locazioni a canone libero sono quasi sinonimo
di contratto di affitto abitativo. Nonostante
il fatto che esistano, sulla carta, molti altri tipi di contratto, i numerosi
vincoli delle altre formule hanno indotto quasi tutti i proprietari immobiliari
a sceglierle in massa.
Durata. Formalmente è di 4 anni, ma nella maggioranza
dei casi, di 8. Infatti, in caso di mancanza di disdetta motivata da ben
precise ragioni , imposte dalla legge, il periodo di
locazione è automaticamente rinnovato, per la prima volta, di altri 4 anni..
Canone. E’ completamente libero e, di fatto, deciso dal
proprietario. E’ quindi determinato dal mercato: ovviamente se il padrone di
casa chiede troppo, non troverà inquilini. Il canone non può essere però né
incrementato nel corso della locazione, se non secondo regole
di adeguamento già previste nel contratto. L’alternativa,
molto rara, è la risoluzione da parte di entrambi del contratto in corso e la
conclusione di un nuovo contratto.
Aggiornamento del canone. La legge di riforma
delle locazioni (n. 431/98) ha abrogato l’articolo 24 della legge sull’equo
canone, che prevedeva l’adeguamento del canone in misura pari al 75%
dell’indice Istat del costo della
vita. Pertanto, se nel contratto non è previsto alcun tipo di
aggiornamento (cosa piuttosto rara), l’incremento periodico non è
dovuto. Se invece è contemplato, si applica. In teoria
è possibile stabilire ogni quanto tempo aggiornare il canone (per esempio, ogni
anno), nonché decidere squali meccanismi applicare
(per esempio, un aumento nella stessa percentuale dell’inflazione) e con quale
procedura (per esempio, dietro richiesta del padrone di casa all’inquilino con
lettera raccomandata, o in modo automatico). E’ sconsigliabile, per il
proprietario, inserire nel contratto formule che
prevedano incrementi del canone in misura eccessiva o comunque utilizzando
parametri fantasiosi. Si potrebbe infatti andare a
contraddire l’articolo 13, comma 1 della nuova norma che così recita: “E' nulla
ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione
superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato”.
Modalità della disdetta. Va inviata almeno sei
mesi prima della scadenza del contratto, tramite
raccomandata. Se il proprietario intende interrompere il contratto alla prima scadenza quadriennale, deve essere motivata. Se l’inquilino
intende andarsene prima della scadenza contrattuale,
può farlo solo se riesce a dimostrare che ha gravi motivi (trasferimento in
un’altra città, impossibilità economiche sopravvenute, acquisto di un
immobile). La disdetta anticipata dell’inquilino può essere esclusa nel
contratto. Il rinnovo del contratto alle stesse condizioni è automatico, se non
c’è disdetta.
Disdetta dopo il primo
quadriennio. L’articolo 3 della legge 431/1998 elenca sette particolari motivi per
cui il proprietario di casa può dar disdetta alla prima scadenza
quadriennale. Essi sono:
1) quando intende destinare l'immobile a uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale
proprio del coniuge, dei genitori, dei figli e dei parenti entro il secondo
grado;
2) quando il locatore è una società o ente di utilità pubblica e offre in cambio all’inquilino un altro
immobile idoneo;
3) quando l’inquilino ha la piena disponibilità
di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune (secondo interpretazioni,
esso può anche essere offerto in locazione dallo stesso proprietario);
4) quando l'immobile è compreso in un edificio
gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere
assicurata la stabilità e la permanenza dell’inquilino costituisca un ostacolo
al compimento di indispensabili lavori;
5) quando l’unità immobiliare si trova in uno
stabile del quale è prevista l'integrale
ristrutturazione o la demolizione o la sopraelevazione e sia necessario lo
sgombero;
6) quando l’inquilino non occupa
continuativamente l'immobile senza giustificato motivo;
7) quando il locatore intende vendere l'immobile
a terzi e non ha la proprietà di altri immobili ad uso
abitativo oltre a quello adibito a propria abitazione. In tal caso l’inquilino
ha diritto di prelazione.
In caso di opere
edilizie, presupposto resta il possesso dei titoli abilitativi rilasciati dal
comune (denuncia di inizio attività o permesso di costruire). La loro validità
decorre comunque dal momento in cui si ha l’effettiva
disponibilità dei locali (in ciò facendo eccezione a quanto disposto dal Testo
Unico dell’edilizia che, per esempio, da validità triennale alla Dia).
Naturalmente è punito l’esercizio illegittimo
della facoltà di disdetta. In tutti i casi l’inquilino
può chiedere un risarcimento pari a 3 anni di canone. Se poi motivo della
disdetta è la necessità del trasferimento proprio o dei familiari, ed esso non
avviene entro un anno da quando i locali sono liberi, l’inquilino può in alternativa anche pretendere il ripristino del contratto
alle medesime condizioni precedenti.
Condizioni contrattuali libere. Possono espressamente
essere convenute per iscritto condizioni in deroga a
quelle fissate dalle norme ancora in vita dell’equo canone. La più importante è
senz’altro una diversa ripartizione delle spese tra proprietario e inquilino
(vedi pagina xXX) ma non va
trascurata neanche la possibilità di stabilire un deposito cauzionale
differente da tre mensilità (magari attraverso la firma di una polizza
assicurativa) oppure quella di non concedere all’inquilino di partecipare alle
assemblee di condominio per quanto attiene la gestione del riscaldamento o i
servizi comuni, come prevede l’articolo 10 della legge n. 392/1978 (clausola
che sarebbe sconsigliabile, dal punto di vista dell’equità).
Locazioni a canone libero.
L’identikit
Durata del contratto. Minimo 8 anni (4 anni + 4 di rinnovo automatico). “Solo” 4 anni, in casi particolari, stabiliti dalla legge 431/98, con disdetta motivata.
Canone. Completamente
libero, secondo accordi tra proprietario e inquilino.
Aggiornamenti
del canone. Si possono decidere
contrattualmente:
a) ogni quanto tempo
farli (per esempio, ogni anno);
b) secondo quale
meccanismo;
c) con quale procedura
(per esempio, richiesta del padrone di casa all’inquilino con lettera
raccomandata).
La percentuale di aggiornamento non deve essere comunque fissata con
criteri illogici o eccessivamente onerosi: è d’uso stabilirla pari al 100%
dell’indice Istat del costo della vita.
Deposito cauzionale alla firma del contratto. Massimo tre mesi di canone anticipato. Sulla
cauzione il proprietario deve versare ogni anno all’inquilino un interesse pari
al tasso legale, attualmente uguale al 2,5% annuo. E’ dubbio che questa norma
sia derogabile contrattualmente..
Suddivisione spese tra proprietario e inquilino. Quella
stabilita dal codice civile e dagli articoli sopravvissuti della legge
sull’equo canone (n. 392/78), salvo che
non si siano raggiunti differenti accordi contrattuali.
Spese di registrazione
del contratto. Salvo diversi
accordi, al 50% tra inquilino e proprietario.
Disdetta
senza motivazione. Almeno sei mesi prima degli otto anni di scadenza
del contratto.
Disdetta
motivata.
Per l’inquilino:. per gravi motivi, almeno 6
mesi prima di quando vuole andarsene, con lettera raccomandata. E’ improbabile
che la prescrizione sia derogabile a sfavore dell’inquilino.
Per il proprietario. Almeno sei mesi prima dei
primi quattro anni di contratto. Si può dare se il locatore o i suoi
parenti più stretti destinano l’immobile
a proprio uso, se lo ristrutturano interamente, se lo vendono, se l’inquilino
ha un altro alloggio o non occupa continuamente quello locato.
Rinnovo del contratto. Automatico, se non c’è disdetta motivata alla
prima scadenza quadriennale, per altri 4 anni. Alla fine degli 8 anni di contratto, se manca
disdetta, il rinnovo è per altri 4 anni + 4
Prelazione all’acquisto dell’inquilino. Solo se
è data disdetta motivata per vendita a terzi o se concessa contrattualmente.
Sublocazione ad altri. Salvo assenso del proprietario, la
sublocazione totale è vietata. A meno che sia escluso
contrattualmente (come spesso accade) , resta possibile sublocare parzialmente
l'immobile, previa comunicazione al locatore con lettera raccomandata che
indichi le generalità del subconduttore, la durata
del contratto ed i vani sublocati.
Sconti
fiscali..
Per il proprietario. il
15% del canone, da denunciare sulla dichiarazione dei redditi, a titolo di forfait di spese (25% per la laguna di Venezia).
Per l’inquilino. nessuno
sconto, tranne norme locali.
Fonte: Ufficio studi Confappi-Federamminstratori
Accordi territoriali: non decolla il canone agevolato.
Chi affitta una casa da destinare ad abitazione principale è, spesso anche se non sempre, una famiglia a
basso reddito che non può permettersi di acquistarne una. Questa considerazione
è alla base del tentativo della legge n. 431/1998 di dar vita a una formula di locazione che riuscisse a spingere i
proprietari di casa a locare a canoni “calmierati”, ottenendo in cambio alcuni
vantaggi: il primo è una durata del contratto minore, il secondo alcuni
risparmi fiscali (di cui parliamo a pagina XXX). Nel varare
questa sorta di nuovo “equo canone” riveduto e corretto, si erano voluti
evitare alcuni errori della vecchia legge, che stabiliva rigidamente
l’ammontare del canone su tutto il territorio nazionale, con parametri che poco
tenevano conto del mercato, che varia non solo da comune a comune, ma anche da
quartiere a quartiere, tenendo in considerazione anche le caratteristiche
dell’alloggio. Si è perciò deciso che i criteri fossero fissati in
“Accordi territoriali” stipulati comune per comune dalle organizzazioni di
proprietari e inquilini, destinati ad essere rinnovati periodicamente per
adeguarne il contenuto al mercato reale. Si è infine deciso che gli stessi
accordi regolassero anche le locazioni di breve durata, per evitare che si
trasformassero, come era accaduto in passato, in
comode scorciatoie per evitare le norme nazionali sugli affitti abitativi.
Durata. Anziché di 4
anni più 4, i contratti a canone agevolato vedono ridotta la loro durata a tre
anni più due di rinnovo automatico. Resta la possibilità di dar disdetta
motivata dopo i primi tre anni, alle stesse identiche condizioni previste per i
contratti a canone libero, quelle per intendersi che abbiamo
elencate nell’articolo XXXXX.
Canone e suoi meccanismi. Il canone non è
prefissato rigidamente, ma bensì liberamente determinabile in accordi tra
proprietario e inquilino entro una fascia, che oscilla tra un minimo e un
massimo. Le fasce di canone sono poi puntualmente elencate negli accordi,
soprattutto in base a due criteri: la dislocazione
degli appartamenti, che tiene conto del
valore immobiliari dei quartieri o degli isolati in cui l’accordo suddivide i
singoli comuni e il pregio dell’edificio e del singolo appartamento,
determinato in base a criteri di mercato (piano, singola o doppia esposizione,
impianti, finiture, eccetera). Vengono poi applicati
alcuni correttivi: per esempio, percentuali di incremento per gli appartamenti
più piccoli e per quelli ammobiliati, che hanno proporzionalmente alla loro
grandezza un maggiore valore di mercato.
Contratti. Condizione perché un contratto
agevolato sia valido è l’utilizzo di un certo tipo di modulo contrattuale che è
stato predefinito per tutt’Italia dal Decreto ministeriale 30 dicembre 2002. Più
precisamente, ne esistono per tutti i contratti
convenzionati (di 3+2 anni o di breve periodo) due tipi: uno per la piccola
proprietà edilizia e uno per la grande (più di 100 appartamenti posseduti). Ulteriore condizione è che i contratti siano regolarmente
registrati. La ripartizione delle spese tra proprietario e inquilino è
rigidamente fissata, da un allegato al contratto.
Quest’ultimo prevede anche che l’aggiornamento del canone possa avvenire annualmente, al 75% del costo della vita come
rilevato dall’Istat, ma solo dietro
richiesta con raccomandata del proprietario e che la cauzione che l’inquilino
anticipa al momento della firma a copertura di eventuali danni sia pari a tre
mesi del canone stesso.
Raggio di azione.
Inizialmente, condizione indispensabile perché un contratto a canone concordato
fosse possibile, era che fosse stato firmato un Accordo territoriale nel
proprio comune (alcuni comuni di minori dimensioni si erano anche coordinati
per concluderne uno valido per tutti). Posto però
il dato di fatto che in Italia i comuni sono più di 8.100, che le
agevolazioni fiscali ai proprietari sono concesse solo nei comuni ad alta
tensione abitativa (attualmente solo 717) e infine
che non dappertutto esistono
organizzazioni di proprietari e inquilini rappresentative, nei fatti gli
accordi hanno riguardato solo le entità amministrative più importati. A por
riparo a questa carenza ci ha pensato il decreto
Infrastrutture 14 luglio 2004 che ha
stabilito che si potesse fare riferimento all’accordo vigente nel comune
“demograficamente omogeneo di minore distanza territoriale anche situato in
altra regione”. Un’indicazione piuttosto oscura che ha comunque
creato più dibattiti astratti che problemi concreti, dal momento che
l’interesse nei comuni minori (dove i canoni hanno scarsa necessità di essere
calmierati) parrebbe inesistente.
Scarsa diffusione. E’ voce comune che i contratti a canone
concordato, pur restando un lodevole tentativo, siano
ben poco diffusi. I motivi possono essere molti. Per esempio, in certe città
(ad esempio Milano), si sono stabiliti canoni troppo lontani da quelli di
mercato,come ammettono anche alcune organizzazioni
degli inquilini. I meccanismi di calcolo dei canoni sono talmente astrusi che
l’assistenza dei sindacati, per quanto non obbligatoria, è praticamente
indispensabile. La stessa esistenza del “canale concordato” è sconosciuta ai
più. Il boom delle quotazioni degli
immobili ha fatto schizzare in alto anche i canoni. Infine i tempi
esageratamente lunghi degli sfratti rendono la locazione un investimento speculativo,
che molti proprietari vedono ripagato solo a patto di tentare di incassare
canoni elevati in cambio del rischio di vedersi la casa occupata per anni oltre
loro scadenza contrattuale (che reputano comunque
esagerata). La scarsa fiducia ha
contagiato anche i sindacati del settore, tanto che non tutte le città hanno
varato i nuovi accordi territoriali previsti dal decreto 30 dicembre 2002.
Durata del contratto. Minimo 5 anni (3 anni più 2
di rinnovo automatico). In casi particolari, previsti dalla legge, anche
solo 3 anni, con disdetta motivata .
Canone. Il canone massimo che è possibile richiedere è stabilito
dai sindacati dei proprietari e degli inquilini locali, in appositi
accordi territoriali, incrementato del 75% del costo della vita dalla data
dell’accordo. Dipende essenzialmente dalle zone dei comuni, dall’ampiezza
dell’alloggio e dalle sue condizioni
Aggiornamenti del canone. Stabiliti contrattualmente
in misura massima annuale del 75% dell’indice Istat
del costo della vita per operai e impiegati.
Cauzione alla firma del contratto. Massimo tre mesi di canone anticipato. Il proprietario deve
versare ogni anno all’inquilino un interesse pari al tasso legale, attualmente uguale al 2,5% annuo (salvo che il contratto sia di 6 anni o più)
Suddivisione spese tra proprietario e inquilino.. Quella stabilita
dall’allegato G al Dm Infrastrutture 30
dicembre 2002.
Spese di registrazione
del contratto. Al 50% tra inquilino e proprietario.
Disdetta
senza motivazione.
Almeno sei mesi prima degli
cinque anni di scadenza del contratto.
Disdetta
motivata.
Per l’inquilino:
per gravi motivi, almeno 6
mesi prima di quando vuole andarsene, con lettera raccomandata.
Per il proprietario:
Almeno sei mesi prima dei
primi tre anni di contratto. Si può dare se il locatore o i suoi parenti più
stretti destinano l’immobile a proprio
uso, se lo ristrutturano interamente, se lo vendono, se l’inquilino ha un altro
alloggio o non occupa continuamente quello locato.
Prelazione all’acquisto dell’inquilino. Solo
se è data disdetta motivata per vendita a terzi o se concessa contrattualmente.
Rinnovo del contratto. Automatico,
se non c’è disdetta motivata alla prima scadenza
triennale, per altri 2 anni. Alla fine dei 5 anni, se manca disdetta, il
rinnovo è per altri 3 anni + 2.
Sublocazione ad altri. .Vietata, salvo assenso del
proprietario, la sublocazione totale o parziale.
Sconti
fiscali.
Previsti per il proprietario solo nei comuni ad alta tensione
abitativa. Consistono in uno “sconto” del canone imponibile sulla
dichiarazione dei redditi;del 40,5% (47,5% per la
laguna di Venezia); in una riduzione del 30% dell’imposta di registrazione del
contratto e nella possibilità di godere un’aliquota Ici
più bassa a chi affitta come prima casa, se il comune lo decide.
Per l’inquilino: detrazione di 495,80 euro
(reddito complessivo che non supera euro 15.493,71), e di euro
247,90( reddito complessivo fino a 30.987,41 euro).
Fonte: Ufficio studi Confappi-Federamminstratori
Per chi valgono . Il proprietario o l’inquilino debbono
avere necessità momentanea di affittare un alloggio.
L’esigenza transitoria va
dichiarata nel contratto e quella dell’inquilino va comprovata attraverso apposita documentazione da allegare al contratto.
Condizioni per la transitorietà. Quelle previste in
genere per i proprietari sono il fatto di dover destinare l’immobile ad
abitazione o ad attività propria o dei familiari, di doverlo presto vendere,quello di dover eseguire a breve opere edili o quello di
essere in via di divorzio o separazione legale. Per l’inquilino
il fatto di aver un contratto o un trasferimento di lavoro a carattere
temporaneo, la necessità di cure o di assistenza per sé o a familiari in luogo
diverso dalla propria residenza, l’esecuzione di lavori nella propria casa che
la rendano temporaneamente inutilizzabile, l’essere in attesa della
disponibilità effettiva di un immobile acquistato oppure assegnato da un ente
pubblico. Comunque, vale qualsiasi altra esigenza
specifica collegata ad un evento certo a data prefissata, espressamente
indicata nel contratto e documentata.
Durata del contratto. Minimo 1 mese, massimo 18 mesi .
Canone. Nei capoluoghi di provincia, nonché
nei comuni circostanti Roma, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli,
Torino, Bari, Palermo e Catania, secondo gli accordi territoriali .i canoni
potranno essere superiori, fino al 20%, rispetto a quello del contratto
concordato di 3+2 anni, purchè tale possibilità sia
prevista nel relativo accordo territoriale. Altrove il canone è libero.
Aggiornamenti del canone. Di regola, esclusi,
salvo diversi accordi locali..
Cauzione alla firma del contratto. Tre mesi al massimo. Se
esiste la cauzione, il proprietario deve versare ogni anno all’inquilino un
interesse pari al tasso legale, attualmente uguale al 2,5% annuo
Suddivisione spese tra proprietario e inquilino.. Quella stabilita
dall’allegato G al Dm Infrastrutture 30 dicembre 2002.
Spese di registrazione
del contratto. Al 50% tra inquilino e proprietario.
Disdetta. Criteri stabiliti liberamente, per contratto, tra
proprietario e inquilino In genere la disdetta è automatica, senza bisogno di
comunicazione.
Rinnovo del contratto. Possibile, purché il proprietario e l’inquilino
confermino il permanere dell’esigenza transitoria tramite lettera raccomandata
da inviarsi prima della scadenza del termine stabilito
nei contratto. Se la lettera non viene inviata o vengono
meno le sue esigenze di transitorietà, il
proprietario è costretto a ricondurre il contratto alla durata degli affitti a
canone libero. Cioè ad applicare una durata di
quattro anni più altri quattro di rinnovo automatico. In caso di dichiarazioni
non veritiere, deve risarcire all’inquilino 3 anni di canone o ripristinare il
contratto.
Prelazione
all’acquisto dell’inquilino. Solo se concessa contrattualmente.
Sconti
fiscali.
Per il proprietario:
il 15% del canone, da
denunciare sulla dichiarazione dei redditi
Per l’inquilino: nessuno.
Fonte: Ufficio studi Confappi-Federamminstratori
Dove. Nei Comuni
sedi di università o di corsi universitari distaccati
ovvero di specializzazione nonché nei Comuni limitrofi, individuati dagli
accordi territoriali
Per chi valgono . Per chi affitta a
studenti universitari o comunque a studenti che
seguono corsi di perfezionamento o aggiornamento a livello universitario. Si può affittare anche a un gruppo di studenti.
Durata del contratto. Minimo 6 mesi, massimo 3 anni, con rinnovo
automatico per lo stesso periodo, alla prima scadenza,
salvo disdetta dell’inquilino.
Canone. Il canone massimo che è possibile richiedere è stabilito
dai sindacati dei proprietari e degli inquilini locali,in
appositi accordi territoriali. Dipende essenzialmente dalle zone dei comuni,
dall’ampiezza dell’alloggio e dalle sue condizioni.
Aggiornamenti del canone. Di regola, esclusi,
salvo diversi accordi locali.
Cauzione alla firma del contratto. Massimo tre mesi di
deposito cauzionale. Se esiste, il proprietario deve versare ogni anno
all’inquilino un interesse pari al tasso legale, attualmente
uguale al 2,5% annuo
Suddivisione spese tra proprietario e inquilino.. Quella stabilita
dall’allegato G al Dm Infrastrutture 30
dicembre 2002.
Spese di registrazione
del contratto. Al 50% tra inquilino e proprietario.
Disdetta.
L’inquilino può recedere dal contratto per gravi motivi, con lettera
raccomandata inviata almeno tre mesi prima della scadenza.
In caso di pluralità di inquilini, ciò è consentito
anche ad uno solo firmatari ed in tal caso, dal mese dell'intervenuto recesso,
la locazione prosegue nei confronti degli altri, ferma restando la solidarietà
del conduttore recedente per i pregressi periodi di affitto.
Prelazione all’acquisto dell’inquilino. Solo se concessa
contrattualmente.
Rinnovo del contratto. Rinnovo automatico, salvo disdetta. Alla prima scadenza è possibile solo la disdetta dell’inquilino.
Sconti
fiscali.
Previsti per il proprietario solo nei comuni ad alta tensione
abitativa. Consistono in:
a)
“sconto” del 40,5% sul canone da denunciare sulla dichiarazione dei redditi
(47,5% per la laguna di Venezia);
b) riduzione del 30%
dell’imposta di registrazione del contratto.
c) a partire dal 1999 i comuni possono (ma non
sono costretti) concedere un’aliquota Ici più bassa a
chi affitta come abitazione principale.
Per l’inquilino:
Nessuno, salvo norme
locali.
Fonte: Ufficio studi Confappi-Federamminstratori
Affitti completamente liberi: niente regole fisse nelle case vacanza
Per chi
valgono . Per chi da in locazione:
a)una casa per le
vacanze, per breve periodo;
b) un box auto;
c) una casa classificata
dal Catasto come di lusso (cioè inserita nella
categoria A/1);
d) una casa classificata
dal Catasto come villa (cioè inserita nella categoria
A/8);
e) una casa vincolata
dalla Soprintendenza come bene storico, artistico o culturale, ai sensi delle
leggi statali .
Gli immobili vincolati o
classificati in A/1, A/8 o A/9 possono essere
affittati anche con il canone concordato.
E’ fonte di discussione
se tra gli affitti liberi rientrano le foresterie, che comunque
prevedono la locazione per periodi brevi da parte di società ai propri
dipendenti.
Durata del
contratto.
Massimo 30 anni, minimo libero.. Quando non è
specificata nel contratto:
a) se l’immobile non è
arredato, un anno;
b)se l’immobile è
arredato, quella a cui si riferisce il pagamento del canone (cioè
se si è pagato un affitto mensile, è un mese).
Canone. Completamente libero, secondo accordi tra proprietario e inquilino.
Aggiornamenti
del canone. Si possono decidere liberamente:
a)ogni quanto tempo farli
(per esempio, ogni anno);
b) secondo quale
meccanismo (per esempio, aumentare il canone ogni anno della stessa percentuale
dell’inflazione);
c) con quale procedura
(per esempio, richiesta del padrone di casa all’inquilino con lettera
raccomandata).
Cauzione alla firma del contratto. Libera.
Suddivisione spese tra proprietario e inquilino. Quella stabilita dal
codice civile, e cioè al proprietario le spese di
manutenzione straordinaria a all’inquilino le piccole riparazioni, salvo
che non si siano raggiunti altri accordi contrattuali Negli affitti a
uso vacanze è comune anticipare un forfait a titolo di copertura delle spese.
Disdetta. Automatica, senza bisogno di comunicazione da parte del
proprietario o dell’inquilino, ma solo se vi è termine di scadenza.
Rinnovo del contratto. Non è automatico. Può essere stabilito per un
periodo liberamente deciso da proprietario e inquilino.
Sconti
fiscali.
Per il proprietario:
il 15% del canone, da
denunciare sulla dichiarazione dei redditi. Per le foresterie
a favore dei dipendenti, deduzione totale per tre anni dall’Ires del canone e
delle spese.
Per l’inquilino: nessuno.
Fonte: Ufficio studi Confappi-Federamminstratori
Foresterie: giudizi contrastanti
sull’abrogazione
La foresteria è ancora
un uso consentito, sganciato dalle regole della legge n. 431/1998
e sottoposto solo a quelle del codice civile? Alla domanda non si può
dare una risposta definitiva, dal momento che la giurisprudenza è ancora
divisa. Il sospetto che "l'uso foresteria" fosse stato
abolito deriva dall'articolo 1della legge 431/98. Al comma 3 si
stabilisce infatti espressamente che le disposizioni
della norma di riforma non si applicano " ai contratti di locazione
stipulati dagli enti locali in qualità di conduttori per soddisfare esigenze
abitative di carattere transitorio". Questa espressa esclusione è parsa ad
alcuni una limitazione, che suonava un po' come dire: "la
riforma si applica sempre e comunque, fatta esclusione per i casi espressamente
stabiliti". Ed altri hanno poi aggiunto che non
vi è possibilità di locazioni transitorie se non stipulando un contratto ai
sensi dell'articolo 5 della legge 431/1998 che presuppone la partecipazione al
contratto di un normale padrone di casa e di un normale inquilino (terzo
escluso).
Tuttavia questa tesi non convince. La nuova legge si
preoccupa di tutelare gli inquilini per le loro reali esigenze abitative di
prima casa, tra cui non rientra l'uso foresteria Ed anche perché ipotizzare
espressamente un uso foresteria in favore degli Enti Locali, che destinano
immobili in godimento di particolari categorie di cittadini (in genere, gli
sfrattati), non significa per forza escludere altre forme di foresteria ma, al
contrario, rafforzarne la validità. Così
come in passato, quindi, se nel caso singolo l'uso foresteria si dovesse dimostrare come uno stratagemma per aggirare le
norme sulle locazioni abitative, vorrà dire che il relativo contratto sarà
nullo con le conseguenze previste dall'articolo 13 della legge 413/98.
Del resto, la Finanziaria 2001, ha
concesso l’integrale deduzione dall’Ires “dei canoni di locazione anche finanziaria e le spese relative al funzionamento di strutture recettive, qualora
i fabbricati siano concessi in uso a dipendenti che abbiano trasferito la loro
residenza anagrafica per esigenze di lavoro nel comune in cui prestano
l'attività, per il periodo d'imposta in cui si verifica il trasferimento e nei
due periodi successivi”. Ciò finisce indirettamente per riconoscere che l'uso a
foresteria non è stato affatto abrogato dalla legge 431/98.
Infatti non si vede davvero in quale
"categoria", prevista dalla legge 431 potrebbe essere inquadrata
l'ipotesi della locazione da parte dell'azienda
di un immobile concesso in uso al dipendente. Non di certo in quella
delle "locazioni temporanee", che prevede espressamente che siano
l'inquilino o il proprietario ad avere bisogno di locare per un periodo di
tempo limitato l'immobile.
È ancora rebus la durata
per i «vecchi» contratti
Nonostante siano passati più di sette anni dal
varo della riforma degli affitti abitativi, resta da
chiarire un punto rimasto oscuro, sul quale dati i tempi lunghi della giustizia
non si è espressa ancora la Cassazione, ma solo alcuni tribunali: quale durata
anno i contratti che erano in essere con le vecchie formule (equo canone o
patti in deroga) al 30 dicembre 1998, se rinnovati tacitamente? Il problema non
è da poco, perché coinvolge non solo proprietari e inquilini che sono finiti in
passato in causa per stabilirlo, ma anche chi, avendo un “vecchio” contratto
ancora in essere, deve stabilire oggi quando verrà per legge a termine.
La legge n. 431/1998 è, su questo punto, ambigua.
Da una parte, infatti, recita: “ai contratti per la
loro intera durata e ai giudizi in corso continuano ad applicarsi ad ogni
effetto le disposizioni normative in materia, vigenti prima di tale data”.
Leggendo questa dichiarazione alla lettera, se ne dedurrebbe che, se un
contratto concluso prima del 1998 era ad equo canone, in mancanza di disdetta
esso si rinnova di quattro anni in quattro anni, e non di otto
in otto (salvo interruzione motivata). Quindi se concluso per esempio nel 1996,
le scadenze saranno il 2000, il 2004, il 2008 e così
via. Se invece
il contratto allora vigente era un “patto in deroga”, esso dura solo per la
prima volta otto anni, ma in seguito si rinnova solo di quattro in quattro.
Quindi, riprendendo l’esempio del 1996, le scadenze
naturali sarebbero il 2004, il 2008, il 2012, e via elencando.
D’altra parte il comma 1 dell’articolo 1 della
legge recita: “. I contratti di locazione di immobili
adibiti a uso abitativo, … sono stipulati o rinnovati, successivamente alla
data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dei commi 1 e 3
dell'articolo 2. Cioè, se sono rinnovati, lo devono
essere per quattro più quattro anni. Di conseguenza, una diversa
interpretazione stabilirebbe che alla prima scadenza
di rinnovo senza disdetta del vecchio contratto, scattino gli otto anni. Perciò
un contratto stipulato nel 1996 avrebbe invece come scadenze
naturali il 2000, il 2008 e il 2016 , se di equo canone, e il 2004, il 2012 e
il 2020 se patto in deroga.
Sulla prima linea (rinnovo di 4 anni, più
favorevole ai proprietari) si sono espressi i Tribunali di Genova, il 30/4/2002
e di Milano, il 25/10/04, n. 12257. Sulla seconda (otto anni)
i Tribunali di Palermo, il 12/7/2002; di Bergamo il 23/1/2003, di Torino, il
27/10/04 e di Bari il 7/4/2005.
Patti chiari per gli oneri accessori
Per la ripartizione fra proprietario e inquilino
si fa riferimento a un Dm
La spartizione delle spese tra proprietario e
inquilino è ancora regolamentata dall’articolo 9 della
legge n. 392/1978 (il cosiddetto equo canone) che la riforma delle locazioni
non ha abrogato, nonché dal codice civile (articoli 1576-1578). Tuttavia si
tratta di norme divenute derogabili nelle locazioni a canone libero (quelle,
per intenderci, di 4 anni più 4 di durata), purchè vi
si faccia eccezione espressa. Perciò è possibile
allegare al contratto una ripartizione differente da quella prevista dalle
leggi e dalla giurisprudenza che le ha interpretate. Al
limite, secondo interpretazioni caldeggiate soprattutto dalle
associazioni dei proprietari, è possibile imporre all’inquilino anche il
versamento delle spese di manutenzione straordinaria. Prassi comune è comunque quella di
far “rivivere” l’articolo 23 della legge sull’equo canone (ora abrogato
per le locazioni abitative) , che prevedeva un incremento del canone pari all’interesse legale in caso di riparazioni
straordinarie le cui spese fossero sopportate dal proprietario.
Per tutte le locazioni a canone concordato,
viceversa, la suddivisione delle spese tra proprietario e inquilino è stata rigidamente prescritta in una tabella allegata al decreto del ministero delle
infrastrutture 30/12/2002 (che tra l’altro ha sostituito radicalmente quelle
approvate negli accordi territoriali delle varie città) . La riproduciamo
sinteticamente in questa pagina, anche
perché essa è divenuta autorevole fonte interpretativa sui criteri di
spartizione anche per i giudici, anche quando è in ballo una locazione a canone
libero, per la quale non sia stata regolamentata per
iscritto una suddivisione con diversi criteri.
Naturalmente, qualsiasi spartizione serba dei
margini di ambiguità. Per esempio, è spesso fonte di
lite a chi tocchi la riparazione di un guasto. Occorre infatti stabilire se esso è dovuto
da un logoramento dato dalla vecchiaia di un impianto o di una struttura (nel
qual caso toccherebbe al proprietario) o da un cattivo uso o da una cattiva
piccola manutenzione da parte dell’inquilino, che ha l’obbligo di custodia
dell’immobile locato e dei suoi accessori. Tanto per fare un esempio, un
cattivo uso di un lastrico solare (disponendo piante con vasi pesanti e facendo
stagnare l’acqua utilizzata per annaffiare), può causare gravi e soprattutto
costosissimi problemi di infiltrazioni in fessure che
si creano nel manto di copertura.
Inoltre le organizzazioni dei proprietari e degli
inquilini non sono mai riuscite a mettersi d’accordo
su a chi toccassero certe spese,non a caso non elencate nella tabella allegata
al decreto ministeriale. Per esempio, se l’onorario dell’amministratore
condominiale e le polizze globali fabbricato
competano al 50% al conduttore oppure
per intero al locatore. Ma anche chi paga l’eventuale tassa del passo carraio, le ispezioni e i
collaudi periodici dell’ascensore e la sostituzione delle funi logorate
dall’uso,la riparazione delle colonne montanti delle fognature e via elencando. Ambiguità generano anche i contratti “a forfait” stipulati con ditte
che si occupano degli impianti (terzo responsabile del riscaldamento, o
dell’ascensore), quando il contratto stesso comprenda garanzie di riparazioni
straordinarie con spese a carico
dell’installatore-manutentore.
Competono invece sicuramente all’inquilino,
perché a lui imputate dal Dpr n. 412/1993 di attuazione della legge sul risparmio energetico, gli
obblighi di esercizio, manutenzione e verifiche periodiche degli impianti
termici (nonostante il fatto che la tabella non vi faccia cenno). Il che
significa che è lui che deve pagare le verifiche eseguite periodicamente da un
manutentore specializzato nonché i costi di eventuali
controlli, che sono ancora oggi gestiti dai comuni oltre i 40 mila abitanti o
dalle province negli altri casi. Ovviamente è l’inquilino ad assumersi le
responsabilità derivanti dall’accensione, fuori dalle
ore e dai periodi consentiti, della caldaia individuale.
Per il
locatario è “un rimborso”
I rapporti tra inquilino
in affitto e condominio sono spesso fonte di grande
confusione. Va chiarito che, tranne alcune eccezioni, il proprietario resta
l’unico referente del condominio: in particolare, se l’inquilino non paga le
spese è il proprietario a doverne rispondere, salvo poi chiederne in seguito il
rimborso.
Ricordiamo poi che
l'articolo 10 della legge 392/78 (ancora in vigore con la riforma delle
locazioni) stabilisce che l’inquilino ha diritto di voto, al posto del
proprietario, sulle delibere che riguardano le spese e le modalità
di gestione dell’impianto di riscaldamento. Aggiunge poi che "il conduttore ha inoltre diritto di
intervenire, senza diritto di voto, sulle delibere relative
alla modificazione degli altri servizi comuni".
Anche a quest’articolo, però,
si può fare espressa eccezione in un contratto a canone libero. Se l’eccezione
non c’è, sarà l’inquilino ad avere non solo il diritto di voto, ma anche quello
di impugnazione delle delibere condominiali a
proposito, nonché eventuali responsabilità civile delle scelte. Ci si può
chiedere “Se l'inquilino ha contrattualmente a suo carico spese di riparazione o
manutenzione straordinaria, ha diritto a dire la sua sulla loro approvazione
nell'assemblea condominiale?”. Formalmente no: comunque
sarebbe buona regola che tale eventualità sia espressamente prevista nel
contratto di locazione, così come la delega del proprietario a rappresentarlo
in questo tipo di decisioni.
Chi paga
La ripartizione degli
oneri accessori fra locatore/proprietario (L) e conduttore/inquilino (C)
TABELLA
ONERI ACCESSORI RIPARTIZIONE
FRA LOCATORE E CONDUTTORE |
L = Locatore C = Conduttore |
AMMINISTRAZIONE |
|
Tassa passo
carrabile |
C |
Tassa
occupazione suolo pubblico per lavori |
L |
ASCENSORE |
|
Manutenzione
ordinaria , piccole riparazioni, consumi energia,
ispezioni e collaudi |
C |
Installazione,
manutenzione straordinaria e adeguamento norme di legge |
L |
AUTOCLAVE |
|
Installazione
e sostituzione integrale 'impianto o componenti
primari (pompa, serbatoio, elemento rotante, avvolgimento elettrico ecc.),
imposte e tasse |
L |
Manutenzione ordinaria,
Forza motrice, Ricarico pressione del serbatoio, Ispezioni e collaudi |
C |
IMPIANTI DI
ILLUMINAZIONE , DI VIDEOCITOFONO E SPECIALI |
|
Installazione
e sostituzione impianti illuminazione, suoneria e allarme,
citofoni e videocitofoni, allarme e sicurezza |
L |
Manutenzione
ordinaria impianti |
C |
IMPIANTI DI
RISCALDAMENTO, CONDIZIONAMENTO, PRODUZIONE ACQUA CALDA, ADDOLCIMENTO ACQUA |
|
Installazione,
sostituzione e adeguamento leggi degli impianti |
L |
Manutenzione
ordinaria impianti, compreso rivestimento refrattario, pulizia e lettura
contatori. Acquisto combustibile, consumi dl forza motrice, energia elettrica
e acqua |
C |
IMPIANTI
SPORTIVI |
|
Installazione
e manutenzione straordinaria |
L |
Addetti
(bagnini, pulitori, manutentori ordinari ecc.). Consumo acqua per pulizia e
depurazione: acquisto materiale per manutenzione ordinaria (es.: terra rossa) |
C |
IMPIANTO
ANTINCENDIO |
|
Installazione
e sostituzione impianto, acquisto estintori |
L |
Manutenzione
ordinaria, ricarica estintori, ispezioni e collaudi |
C |
IMPIANTO
TELEVISIVO |
|
Installazione,
sostituzione o potenziamento 'impianto televisivo centralizzato |
L |
Manutenzione
ordinaria impianto televisivo centralizzato |
C |
PARTI COMUNI |
|
Manutenzione
straordinaria tetti , lastrici solari, rete
fognaria. Sostituzione di grondaie, sifoni, colonne di scarico, marmi,
corrimano, ringhiere. Installazione di caselle postali, cartelli segnalatori,
bidoni, armadietti per contatori, zerbini, tappeti, guide e altro materiale di arredo. Installazione e sostituzione di serrature |
L |
Manutenzione
ordinaria tetti, lastrici solari, rete fognatura, compresa disotturazione condotti e pozzetti ,
pareti, corrimano, ringhiere di scale e locali comuni, caselle postali,
cartelli, segnalatori, bidoni, armadietti contatori, zerbini, tappeti, guide
e altri arredi, grondaie, sifoni e colonne scarico. Manutenzione aree verdi,
compresa riparazione attrezzi utilizzati |
C |
Consumo di acqua ed energia elettrica per le parti comuni |
C |
PARTI INTERNE
ALL'APPARTAMENTO LOCATO |
|
Sostituzione
integrale pavimenti e rivestimenti, manutenzione straordinaria impianto riscaldamento |
L |
Manutenzione
ordinaria pavimenti e rivestimenti, infissi e serrande, impianti di
riscaldamento e sanitario, apparecchi e condutture
elettricità e cavo e impianto citofonico e videocitofonico.
Rifacimento chiavi e serrature, tinteggiatura pareti, sostituzione vetri,
verniciature opere in legno e metallo |
C |
PORTIERATO |
|
Trattamento
economico portiere ed eventuale alloggio (pari all'indennità sostitutiva
prevista nel c.c.n.l). Manutenzione ordinaria guardiola |
L 10% C 90% |
Materiale per
pulizie |
C |
Manutenzione
straordinaria guardiola |
L |
PULIZIA |
|
Spese assunzione addetto o conferimento appalto a ditta.
Acquisto e sostituzione macchinari per pulizia. Acquisto bidoni. trespoli e contenitori |
L |
Trattamento
economico addetto, spese per pulizie appaltate a ditta, materiale per pulizie
e manutenzione ordinaria macchinari per pulizia. Spese sgombero
neve, compresi materiali. Derattizzazione e disinfestazione locali
immondizie, disinfezione contenitori rifiuti, sacchi per raccolta rifiuti. Tassa rifiuti o tariffa sostitutiva |
C |
Per le voci
non previste si rinvia alle norme di legge vigenti e agli usi locali |
Fonte: elaborazione Confappi su allegato G a Dm
30 dicembre 2002.
LE TASSE Oneri e adempimenti a carico del proprietario
al momento del contratto e ogni anno
Il registro si divide a metà con il conduttore
La registrazione del contratto è prevista per
tutte le locazioni, di durata superiore ai 30 giorni. La prima annualità
d'imposta di registro va versata entro 30 giorni dalla firma del contratto.
Alla scadenza di ogni anno in cui il contratto resta
in vigore, e anche all'eventuale rinnovo, va ancora versata la rata di rinnovo
dell'imposta, sempre con 30 giorni di tempo.
I costi della registrazione sono sopportati a
metà da proprietario e inquilino (salvo diversi accordi) ma entrambi sono responsabili dell'eventuale mancato versamento" in
solido" , per l'intera cifra. I costi ammontano al 2% del canone annuo
senza spese, con un minimo di 51,65 euro, per il primo anno e senza tale minimo
per gli anni successivi. Esistono però due casi in cui si ha diritto a uno sconto. Il primo è quando si decide di pagare per più
anni tutti in una volta. Per esempio per quattro per i
contratti a canone libero e 3 per quelli a canone concordato. Si ha così diritto a una riduzione d'imposta rapportata
all’interesse legale vigente e al numero di anni (attualmente del 5% per i
contratti a canone libero e del 3,75% per quelli a canone regolamentato).
Un altro sconto del 30% sulla tassa di registro è
previsto se proprietario e inquilino si mettono d’accordo per un affitto a
canone regolamentato. Entrambi gli sconti sono cumulabili per chi registra per
più anni una locazione di questo tipo.
Il pagamento Non è semplice: va fatto il calcolo di
quanto dovuto, arrotondato all'unità di euro (il
minimo, 51,65 euro, è senza arrotondamento). Bisogna poi recarsi in posta o in
banca, chiedendo il modello F23, ed effettuare il
versamento. Nel modello vanno compilate le generalità dei contraenti, i codici
fiscali, e il codice d'ufficio (l'elenco è reperibile presso banche e poste) , riportata come causale del versamento la sigla RP (al
punto 9), riportato l'anno di stipula del contratto (punto 10), e gli eventuali
estremi di registrazione (solo per i rinnovi contrattuali) e scritti i codici
tributo (vedi tabella).
La registrazione del contratto. Poi bisogna consegnare
all'Ufficio del Registro il contratto in originale e in fotocopia, almeno due
marche da bollo da 14,62 euro (da applicare su originali e copie ogni quattro
facciate scritte e comunque ogni cento righe), e la
ricevuta del versamento. Verrà chiesto di compilare un
modulo, il modello 69. Un esemplare del contratto timbrato con numero e data di
registrazione viene restituito come ricevuta. La
prescrizione per l’accertamento del Fisco è di 5 anni.
I codici tributo da riportare sull’F23
-
115 T: 1ª annualità delle locazioni;
-
112 T: annualità successive;
-
107 T: intero periodo locativo (versamento pluriennale);
-
114 T: proroghe (anche tacite) del contratto;
-
108 T: affitto fondi rustici.
-
113 T: risoluzione di contratti di locazione e affitto
Tipo contratto |
Tassa di registro (pagamento annuale) |
Tassa di registro (pagamento a forfait pluriennale)* |
Esempio: 10.000 euro di canone annuo |
|
anno |
forfait pluriennale* |
|||
Contratto a canone libero (4 anni + 4) |
2% del canone annuo |
1,9 % del canone annuale, in caso forfait 4 anni |
200 euro |
190 euro per 4 anni = 760 euro |
Contratto a canone regolamentato (3 anni più 2 di rinnovo) |
1,4% del canone annuo |
1,26% del canone annuale, in caso forfait 3 anni |
140 euro |
126 euro; per 3 anni = 378 euro |
Affitto di fondo rustico |
0,5% del canone annuo |
non previsto |
50 euro |
non previsto |
Fonte: Ufficio studi Confappi-Federamministratori
Ici ridotta a patto che lo decida il comune per il canone
agevolato
Per l’Irpef
mini sconto del 15%
Per le locazioni a canone
libero e per quelle transitorie, il reddito imponibile è il canone di locazione
annuo percepito, ridotto del 15% a titolo di forfait per le spese sopportate
(del 25% per Venezia laguna, Giudecca, Murano e Burano).
Per le locazioni a canone concordato di 3+2 anni
e per quelle a studenti universitari vi è un’ulteriore
riduzione del 30%, applicabile però solo nei comuni ad alta tensione abitativa
elencati nella delibera Cipe 13/11/2003, n. 87
(Gazzetta Ufficiale n. 40/2004) . Quindi il forfait da
detrarre dal canone sale quindi al 40,5% (47,5% per la laguna di Venezia).
I canoni riscossi per i box o comunque
per le pertinenze di un’abitazione locata che abbiano una rendita catastale
autonoma, vanno denunciati a parte.
Casi particolari Nel caso (più unico che raro) in cui la rendita
catastale rivalutata superi il canone su cui siano
state applicate le detrazioni, diviene essa stessa l’imponibile.
Infine, quando l’inquilino è moroso, è possibile
non dichiarare i canoni, ma solo dopo che si è concluso
un processo di convalida di sfratto per morosità (attenzione, non, per esempio,
per fine locazione). Si potrà chiedere in seguito indietro le imposte versate
sui canoni precedentemente non incassati, sotto forma
di credito d’imposta, purché il fatto che non siano stati effettivamente pagati
sia riconosciuto dal giudice nel procedimento di sfratto stesso.
Detrazioni per gli inquilini. Gli inquilini con
contratto di locazione a canone concordato di 3 + 2 anni di durata a titolo di abitazione principale hanno diritto a una detrazione di
495,80 euro, quando il reddito complessivo del nucleo familiare non supera 15.493,71
euro, che scende a euro 247,90 quando reddito complessivo è fino a 30.987,41
euro.
Una diversa detrazione è prevista per tre
anni, per qualsiasi contratto di
locazione ad abitazione principale, favore dei lavoratori dipendenti che hanno
trasferito o trasferiscono la propria residenza nel comune di lavoro o in uno
di quelli limitrofi nei tre anni antecedenti quello di richiesta della
detrazione stessa, puechè il contratto sia concluso in un comune distante non meno di 100 chilometri di
distanza da quello di residenza e comunque al di fuori della propria regione,.
Essa è pari a 991,60 euro se il reddito familiare non supera 15.493,71 euro e a
495,80 euro se va da questa cifra a 30.987,41 euro.
Ici. In caso di locazioni a
canone concordato i comuni possono decidere di applicare aliquote ridotte
dell’imposta comunale sugli immobili, come del resto stabilisce la legge
431/1998 stessa. Dal momento che questo non è certo un
obbligo, ma una facoltà che le amministrazioni possono decidere, anno dopo
anno, di esercitare o meno, le organizzazioni dei proprietari hanno talora
ottenuto che fosse introdotta una clausola negli accordi territoriali sulle
locazioni che prevede la revisione delle fasce di canoni nel caso in cui il
comune decidesse di togliere questa agevolazione. Alcuni comuni, oltre ad
applicare l’aliquota agevolata (nel caso di Bologna, lo 0 per mille, con
l’esenzione di fatto dall’Ici),
concedono anche una detrazione, pari a quella prevista per l’Ici prima casa.
Il primo
appuntamento al commissariato
Ogni contratto di locazione che duri per più di
un mese prevede che il proprietario di casa inoltri al
più vicino Commissariato di pubblica sicurezza una comunicazione, conosciuta
come “anti-terrorismo” Si tratta di una disposizione che all’inizio del 2005 si
era creduta abrogata, ma che resta ancora in vigore: vedremo più avanti il
perché.
La comunicazione consiste in un modulo precompilato in carta semplice, disponibile presso tutti i
commissariati o inviabile via raccomandata, in cui il proprietario dell’immobile
denuncia entro 48 ore dall’inizio della locazione le proprie generalità, quelle
dell’inquilino (con gli estremi del suo documento d’identità), nonché l’ubicazione dell’immobile. In caso di violazione si
applica la sanzione da 103,29 euro a 1.549,27 euro.
Le legge finanziaria 2005 (n. 311/2004, commi
344-345), pur non abrogando espressamente la comunicazione, aveva stabilito che
in caso di registrazione del contratto di locazione, il proprietario non
dovesse più provvedere al suo inoltro, dal momento che
le informazioni erano acquisite direttamente dall’ufficio finanziario
dall’anagrafe tributaria tramite la registrazione del contratto. Un nuovo
obbligo di comunicazione telematica era comunque posto
a carico delle agenzie immobiliari. La comunicazione restava comunque
necessaria se l’inquilino o l’acquirente erano extra-comunitari (anche
statunitensi e svizzeri, per intendersi), anche in caso di locazioni di pochi
giorni.
Tuttavia, in seguito, l’articolo 4 del successivo
decreto legge 14 marzo 2005, n. 35 - entrato in vigore il 17 marzo 1995 - aveva
corretto il tiro, stabilendo che tale regola valeva solo a decorrere dalla data
indicata nel decreto di approvazione del modello
telematico per la comunicazione. Poiché, finora, di
tale modello non si è vista traccia, nulla è ancora cambiato.
Aliquota separata sui canoni, una promessa dell’Unione
Tassazione separata per i canoni di locazione. La
proposta, entrata nel programma dell’Unione e che, a detta di molti, dovrebbe concretizzarsi
in norma di legge in tempi medio-brevi, prevede
un’aliquota forfait , sul modello di quella prevista per le rendite
finanziarie, che dovrebbe oscillare da un minimo del 12,5% a un massimo del
20%, come “premio fiscale” per chi loca a canoni calmierati. Ovviamente anche
le Regioni dovranno essere coinvolte nella defiscalizzazione,
dal momento che verrebbero a perdere una parte, per
quanto piccola, dell’addizionale regionale sui redditi Irpef
e Ires: la Lombardia si è già dichiara disponibile.
“Le alternative”, spiega
Carmela Rozza, segretario del Sunia di Milano, “sono
due: o limitarsi a correggere la legge n. 431/1998 chiedendo questo ulteriore
incentivo solo per i proprietari che locano a canone convenzionato oppure, come
noi auspichiamo, rifondare tutta la legislazione delle locazioni pubbliche e
private in una sorta di “Testo Unico”, che regoli oltre al mercato libero uno
protetto, che noi chiamiamo a “canone amministrato”. Si tratta di amministrare
al meglio le scarse risorse pubbliche che è
impensabile investire tutte per
costruire nuove case popolari (si edificherebbero ben pochi alloggi, rispetto
alle attuali necessità sociali), creando piuttosto un bilanciato meccanismo di
incentivi anche per i privati, sul
modello di quanto si fa per esempio in Francia o Finlandia”.
La commistione tra norme locative pubbliche e
private non è comunque una novità: la legge n. 431 del
1998 è stata più volte utilizzata per regolare locazioni di enti o delle stesse
azienda autonome per l’edilizia residenziale, soprattutto quando si è trattato
di dare in locazione alloggi per periodi transitori oppure destinati a famiglie
con redditi medio bassi.
Si tratterebbe
inoltre di coinvolgere gli operatori immobiliari (ma al limite anche i
piccoli proprietari privati) in operazioni di riqualificazione o nuova
costruzione con aree concesse a prezzi ragionevoli, oneri di urbanizzazione
ridotti, incentivi fiscali, non solo a favore dei ceti economicamente
svantaggiati (per i quali potrebbero essere previsti aiuti pubblici per pagare
il canone), ma anche dei ceti medi non in grado di sopportare gli alti prezzi
dell’acquisto del mattone. I canoni amministrati avrebbero dei massimi fissati
dalla Regione ogni cinque anni. Utopie elettorali? “Prima di affermalo”,
ribatte Rozza, “ci si spieghi come quale altra strategia la mano pubblica può
affrontare il problema della carenza di alloggi, che tra l’altro ha una serie
di gravi ripercussioni sul mercato del lavoro (mancanza di mobilità della mano
d’opera, immigrati regolarizzati che non trovano abitazione ). Del resto siamo
convinti che molti, anche nell’ambito del centro-destra, la pensino come noi. E
siamo confortati dal fatto che le proposte dell’Ance,
l’Associazione nazionale costruttori, navigano sostanzialmente nella stessa
direzione”.