Le spese condominiali
prima della dismissione sono a carico del gestore delle case popolari
L’acquirente
di un immobile di edilizia residenziale pubblica che
acquisti all’asta - a seguito della rinuncia dell’assegnatario - deve essere sgravato
dall’ente pubblico che ha alienato il bene, dalle spese straordinarie
deliberate dall’assemblea, prima dell’acquisto dell’immobile. Questo il
contenuto della interessante sentenza del Tribunale di
Milano, 14 gennaio 2008, numero 413, estensore Vallescura.
Nel
caso esaminato dal Tribunale, un condomino – acquirente all’asta di un alloggio
di edilizia residenziale pubblica - aveva chiamato in
giudizio l’Aler di Milano (l’ente che gestisce le
case popolari), per sentir dichiarare che nulla era da lui dovuto al condominio,
frattanto costituito, per le spese straordinarie, deliberate dall’assemblea
condominiale, prima del trasferimento dell’immobile; con conseguente condanna
dell’Aler al versamento dei rispettivi importi al
condominio, oltre al rimborso degli importi già versati. Subordinatamente, il
condomino chiedeva la riduzione del prezzo di acquisto
dell’alloggio e/o comunque il rimborso, da parte dell’Aler,
per le somme richieste dal condominio, a titolo di spese straordinarie,
deliberate dall’assemblea prima dell’acquisto.
L’Aler eccepiva la carenza di giurisdizione
del Tribunale adito – a suo dire competente essendo il Tar
– e chiedeva il rigetto delle domande del nuovo condomino.
Sgomberato
il campo dall’infondata eccezione di carenza di
giurisdizione - vertendosi nella specie in materia di
diritti soggettivi, quali quelli attinenti alle spese condominiali - il
Tribunale ha accolto la domanda di rimborso del condomino nei confronti dell’Aer.
Ha infatti osservato il Tribunale che, se è vero che a norma
dell’articolo 63, comma 2, delle Disposizioni di Attuazione al Codice Civile
“chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo
al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente”, è
anche vero che il principio vale solo nei rapporti con il condominio e non
anche nei rapporti tra venditore e acquirente. Si tenga presente che, per la
più recente giurisprudenza, le spese necessarie per la conservazione e il
godimento delle parti comuni condominiali costituiscono obbligazioni “propter rem”, in
quanto conseguenza della contitolarità di un
diritto reale su beni e servizi comuni, sicchè l’obbligazione
di ciascun condomino di contribuire alle spese per la conservazione dei beni
comuni nasce nel momento in cui è necessario eseguire le relative opere, mentre
la delibera dell’assemblea di approvazione della spesa - che ha la funzione di
autorizzarla – si limita a rendere liquido il debito, di cui in sede di
ripartizione viene determinata la quota a carico di ciascun condomino. Conseguentemente,
in caso di compravendita di una unità immobiliare,
sita in un edificio soggetto al regime del condominio, tenuto alla spesa è
colui che è condomino al momento in cui si rende necessario effettuare la spesa
(vedi Cassazione 18 aprile 2003, numero 6.323).
Sulla
scorta di tali principi, una volta accertato che, nel momento in cui è insorta
la necessità di eseguire le opere, la proprietà dell’immobile faceva capo all’Aler e che la delibera di approvazione
dei lavori e di ripartizione delle spese è stata assunta prima che il condomino
acquistasse l’appartamento, il Tribunale ha ritenuto consequenziale la condanna
dell’ALER a rimborsare il nuovo condomino delle spese richieste dal condominio.
Si legge, nella motivazione della sentenza: “se è vero
infatti che il nuovo acquirente di un appartamento sito in condominio è tenuto
nei confronti del condominio stesso al pagamento delle spese comuni scaturenti
da una delibera assembleare antecedente all’acquisto, è altrettanto vero che il
predetto può rivalersi sulla parte venditrice per ottenere il rimborso di
quanto pagato, a meno che gli importi deliberati non siano stati oggetto di
contrattazione sulla vendita”.
La
pronuncia, del tutto nuova per quanto ci consta, è da condividere ed è conforme,
tra l’altro, ai principi già fatti propri dallo stesso Tribunale di Milano,
secondo cui la responsabilità solidale di cui all’articolo 63 delle
Disposizioni di Attuazione al Codice Civile è
finalizzata a favorire il condominio e la sua gestione, ma non anche ad esimere
da responsabilità il dante causa, sicché “per le spese vi sarà una
responsabilità solidale, ma poi vi potrà essere una rivalsa totale
dell’acquirente nei confronti del venditore” (Tribunale di Milano, 14 settembre
2006, numero 10.141).
La
sentenza del Tribunale non si è occupata, non richiedendolo il caso, della
diversa fattispecie relativa all’acquisto
dell’assegnatario, ma il principio enunciato dalla sentenza – salvo contrario
patto contrattuale contenuto nel rogito notarile – deve ritenersi applicabile anche
a quest’ultima fattispecie e non solo alla fattispecie dell’acquisto all’asta.
Matteo
Rezzonico
www.studiolegalerezzonico.it