Dall'11 aprile 2002 burocrazia ridotta ai minimi termini per tutte le opere edilizie. La legge n. 443/2001 ha infatti varato la cosiddetta "Super-Dia",: che in parole povere consiste nel poter dare il via a quasi tutti i lavori edilizi senza bisogno di ottenere consensi o permessi. Basterà infatti presentare in Comune una Dia (denuncia di inizio attività) a firma di un professionista iscritto a un Albo (ingegnere, architetto, geometra), che garantisca il rispetto delle norme urbanistiche. Il Comune avrà 20 giorni di tempo (che saliranno a 30 giorni, dall'1 luglio 2002), per bloccare l'inizio dei lavori. Se non si farà sentire, si potranno iniziare le opere.

Incluse le nuove costruzioni. La Denuncia di inizio attività non è una novità: esisteva infatti già da tempo ma il suo campo d'azione era circoscritto agli interventi definiti dalla legge come di "manutenzione straordinaria, ristrutturazione edilizia, restauro e risanamento conservativo". Per fare alcuni esempi, poteva al massimo riguardare il rifacimento totale di un tetto o di una facciata, anche con materiali diversi, o l'installazione di un ascensore o di un impianto di riscaldamento nuovi di zecca.

Da aprile, invece, la Dia potrà riguardare anche le nuove costruzioni e gli ampliamenti di quelle esistenti, oltre, naturalmente, alla trasformazione delle soffitte in locali abitabili.. A certi patti, però.

Il primo è che la nuova costruzione o l'ampliamento siano già concessi non solo dal Piano regolatore del Comune, ma anche da un suo "strumento attuativo", cioè una serie di prescrizioni dettagliate che riguardano zone o singoli isolati. Per esempio limiti di densità edilizia (rapporto tra il terreno e i metri cubi costruibili) di altezza degli edifici, di distanza dai palazzi vicini, di tipi di tetti eccetera. La seconda condizione è che la Regione non decida di limitare il campo d'azione della Super-Dia, con un'apposita legge. Il che è improbabile: anzi, la Super-Dia è già da tempo una realtà in Lombardia e Toscana, regioni all'avanguardia nel togliere limiti all'edilizia.

Rischi della Super-Dia. Non è tutto oro quel che luce. Non è detto che sia sempre conveniente, anche quando si può, utilizzare la Super-Dia. Anzi, soprattutto in caso di nuove costruzioni, può darsi che sia meglio ottenere una concessione edilizia (che dall'1 luglio 2002 cambierà nome in permesso a costruire), cioè un consenso esplicito da parte del Comune. A costo di dover attendere e di logorarsi nel far la spola negli uffici comunali. Vediamo perché.

Utilizzando la Denuncia di inizio attività, infatti, il cittadino e il professionista che lo assiste non hanno garanzie, nemmeno dopo che sono passati 30 giorni da quando hanno presentato la documentazione. Infatti, se gli uffici dell'Urbanistica giudicano che siano state infrante delle norme, possono bloccare in ogni momento il cantiere e, addirittura, imporre la demolizione dell'opera anche dopo anni che è stata terminata. Insomma, la super-Dia rimane un mezzo con cui la burocrazia comunale si scrolla dalle spalle ogni responsabilità, affibbiandole tutte ai cittadini.

Vantaggi del permesso a costruire. Viceversa, ottenendo un permesso a costruire, il Comune è in qualche modo responsabile: se infatti l'opera edilizia è giudicata in seguito abusiva, il cittadino può chiedere (ed ottenere) i danni dall'amministrazione pubblica.

Per le opere più importanti, anzi, la legge stabilisce che la "concessione-permesso a costruire" sia rilasciata entro 60 giorni dalla richiesta. Il guaio è che questo termine non viene quasi mai rispettato, e troppo spesso occorre attendere perlomeno 6 mesi prima di ottenere una risposta.

Altre novità. La legge n. 443/2001 incasella nella definizione di "ristrutturazione edilizia", anziché (come accadeva prima), in quella di nuova costruzione, anche la demolizione integrale e la fedele ricostruzione di un fabbricato con lo stesso. Ciò potrà portare al cittadino che esegue un'opera di questo tipo risparmi nel pagamento del contributo di costruzione e, soprattutto, eviterà che si debba dimostrare la coerenza dell'intervento con i piani urbanistici attuativi.

Tipi di permessi edilizi. A partire dall'1 luglio 2002, l'iter degli assensi comunali verrà ridotto a due soli tipi: la Dia e il permesso a costruire. Si dovrà valutare caso per caso se il cittadino dovrà, o non dovrà pagare una certa somma al Comune, a titolo di "contributo di costruzione".

Denuncia di inizio attività. Insieme alla Dia va depositata una dettagliata relazione tecnica a firma di un progettista abilitato che si prende la responsabilità di garantire il rispetto delle norme urbanistiche, igieniche e di sicurezza esistenti. Quando è il caso, vanno allegati anche i disegni progettuali.

Il Comune può interrompere il termine di 30 giorni prima dell'inizio dei lavori, richiedendo documenti mancanti. Esso slitterà a partire dalla data della presentazione dei documenti stessi. Se , infine, il Comune rifiuta il permesso, deve motivare in modo convincente il suo veto.. Ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, con il quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato. La Dia ha validità triennale.

Permesso a costruire. Il permesso a costruire sostituirà, a partire da luglio, la concessione edilizia. Consiste in un assenso esplicito da parte del Comune reso attraverso lo Sportello Unico dell'Edilizia (in via di costituzione), che accentra in un solo ufficio i rapporti tra il cittadino e la burocrazia. Può essere concesso solo se l'intervento è conforme agli strumenti urbanistici adottati e se sono esistenti o previste le opere di urbanizzazione primaria. La richiesta del permesso non ha una forma precisa: essa dipenderà dall'opera che si intende realizzare e dalle previsioni comunali. L'inizio dei lavori non può avvenire oltre un anno dal rilascio e il termine non può prorogarsi oltre tre anni, salvo proroga motivata.

Nessun permesso. Vi sono opere che non hanno bisogno di richieste burocratiche, né del pagamento di somme al Comune. Sono quelle di manutenzione ordinaria (per esempio la tinteggiatura di finestre e pareti interne, la sostituzione di caloriferi, la ricostruzione dei pavimenti, la sostituzione dei sanitari senza agire su tubature e scarichi). La legge include da luglio anche l'eliminazione delle barriere architettoniche, per esempio la realizzazione di un ascensore adatto agli handicappati o di rampe interne all'edificio .

Il contributo di costruzione. Quando l'opera é di un certo rilievo (nuove costruzioni, ampliamenti e ristrutturazioni edilizie), occorrerà versare una certa somma al Comune: il contributo di costruzione. Esso è ripartito in due quote, la prima riguarda gli "oneri di urbanizzazione", la seconda invece relativa al "costo di costruzione". Gli oneri di urbanizzazione rappresentano i costi (fissati con delibere comunali) che il Comune dove affrontare per fognature, strade, reti idriche , impianti sportivi, scuole, eccetera, e vanno versati in genere al momento della presentazione della Dia o del permesso. E' possibile che il privato si metta d'accordo con il Comune per realizzare direttamente alcune di queste opere e non pagare gli oneri. Il contributo sul costo di costruzione è corrisposto invece in corso d'opera, secondo meccanismi stabiliti dal Comune, e il suo importo è fissato dalla Regione.

I nuovi sconti fiscali per le ristrutturazioni.

Anche per tutto il 2002 i cittadini potranno godere dello sconto fiscale sulle opere di ristrutturazione negli edifici. Si tratta della possibilità di poter detrarre, a rate costanti, il 36% dei costi affrontati per opere edili dalla Dichiarazione dei Redditi (midollo 730 o Modello Unico). Le opere concesse sono quelle praticamente tutte quelle eseguite nei condomini, mentre nei singoli appartamenti la detrazione è concessa solo per quelle più importanti (piccole riparazioni e manutenzione ordinaria escluse, quindi). Per poter godere di questo beneficio bisogna non solo farsi rilasciare regolare fattura (ma l'Iva, per il 2002, resta "solo" al 10%), ma anche pagare con un particolare tipo di bonifico bancario e presentare agli uffici fiscali un'apposita dichiarazione. Il tetto massimo di spesa su cui applicare il36% è di 150 milioni di lire (77.468 euro) per ciascuna persona e per ciascun immobile su cui si eseguono i lavori.

Le novità sul 36%. Vi sono però, rispetto agli anni scorsi, due novità. La prima è nel numero di rate concesse. Per i lavori eseguiti fino all'anno scorso, infatti, era possibile scegliere liberamente tra 5 o 10 rate annuali. In pratica, si poteva decidere se era meglio scontare ogni anno dalla dichiarazione dei redditi il 7,2% dei costi sopportati, per cinque anni, oppure il 3,6% dei costi, per dieci anni. Viceversa per i lavori eseguiti nel 2002 sono imposte le 10 rate. Si sarà perciò costretti a ricordarsi per 10 anni di scontare il 3,6%.

La seconda novità è che, nel caso in cui i lavori eseguiti nel 2002 siano una prosecuzione di quelli fatti nel 2001 (o negli anni precedenti), il tetto massimo di 150 milioni vale per tutti gli anni. Meglio fare un esempio: se nel 2001 i lavori sono iniziati lavori costati 100 milioni, nel 2002 si potrà godere della detrazione solo sui 50 milioni rimanenti (100+50=150 milioni).

 

A cura di Giovanni Tomassoli, segretario Fna-Confappi (Confederazione piccola proprietà immobiliare)