Strade consortili – meglio sbarazzarsene
Il
vicolo in cui abitiamo è consortile e solo in un suo
tratto il Comune ha collocato l’illuminazione e le fogne. Da notare, altresì,
che in qualche nostro contratto edilizio (non siamo a conoscenza di tutti), non
risulta la divisione del vicolo in modo tale da
ritenere che esso sia esclusiva proprietà privata, sia pure in una sua piccola
parte.
Se
ciò fosse infondato, si può far valere il diritto di
proprietà e impedire qualsiasi lavoro, compreso il transito?
Il
comune si è dichiarato disponibile a trasformare il vicolo da consortile a
comunale al fine di effettuare i necessari e urgenti
lavori di sistemazione stradale, ma una minoranza degli interessati si è
opposta. In caso di persistente rifiuto, il comune potrebbe procedere
all’esproprio?
I
disagi che sopportano da tanto tempo alcune famiglie attigue al vicolo sono pesanti e pressoché costanti:
1.
L’umidità:
la disposizione del suolo stradale del vicolo in alcuni tratti è tale da
impedire uno sgrondo sufficiente dell’acqua, per cui
l’umidità, e talvolta l’acqua stessa, penetrano all’interno di alcune
abitazioni.
2.
Il
tratto stradale del vicolo è dissestato e può creare problemi di sicurezza per
l’incolumità delle persone che vi transitano.
3.
In
caso di infortunio, di chi sarebbe la responsabilità?
4.
La
polvere che si solleva è quasi sempre presente ed è
causa di problemi non solo d’igiene, ma può nuocere alla salute delle persone
che vi abitano, in particolare ai bambini e agli anziani.
Non
si può fare proprio nulla?
Che cosa può fare il Comune? Può intervenire?
Come?
E noi cosa possiamo fare?
La
minoranza, che è contraria, a quale titolo può opporsi?
Salvo
un auspicabile accordo fra le parti, a quale normativa si può fare riferimento:
nazionale o regionale?
Provinciale
o comunale?
COSA CI SUGGERISCE DI FARE? Diego Moretti (udine)
Prima di rispondere, va
fatto un passo indietro, e chiarire cosa sia un Consorzio del vostro tipo. I
consorzi sono in genere imposti alla nascita dai
costruttori–venditori nei contratti di compravendita di ciascun lotto,
particolarmente per le spese che riguardano le strade di collegamento, la loro
illuminazione e le fognature. Includono vasti complessi residenziali,
costituiti da più condomini e magari da altri fabbricati (industrie, villette,
palazzi ad ufficio, supermercati). La loro diffusione risale alle
legge-ponte urbanistica, n. 765/1967.
I consorzi di questo
tipo fanno riferimento solo dal punto di vista formale alle norme sugli altri
consorzi, che prevedono organi quali l’assemblea, il consiglio di amministrazione, il collegio sindacale e quant’altro. Dal
punto di vista pratico, secondo una giurisprudenza ormai unanime, sono regolati
dalle norme su condominio e comunione (codice civile, articoli 1110-1139). Si
tratta, in altre parole, di veri e propri “super-condomini”.
Le loro norme, previste
dallo statuto, sono imposte ed accettate negli atti di compravendita da tutti
gli acquirenti. Sono per esempio valide per la
manutenzione delle strade destinate a pubblico passaggio, anche quando siano
strade private gravate da servitù di uso pubblico. Lo statuto consortile è
vincolante anche per il pagamento dei servizi non usufruiti o non usufruibili,
anche se le norme condominiali prevedono che in questo caso sia possibile
l'esonero dalle spese.
Spesso le strade consortili, pur essendo private, sono destinate dal
Comune a pubblico passaggio. Ciò è da una parte una limitazione della
proprietà, dall’altra è un vantaggio, perché il Comune resta comunque responsabile dell’efficienza e della sicurezza
della sede stradale. Risponde infatti di incidenti o
danni (sentenza della Cassazione 4 novembre 1991, n. 11677).
Se
i proprietari della strada privata non eseguono le necessarie opere di
manutenzione o ricostruzione della strada, è il Comune a doversi rimboccare le
maniche (salvo poi chiedere i soldi indietro ai proprietari). Ecco perché è
possibile tentare di convincerlo a firmare una convenzione con i proprietari,
in cui il Comune partecipi in modo consistete alle
spese di manutenzione in cambio di certezze sul fatto che il manto stradale
resti in ottime condizioni.
Il Comune, comunque, è già tenuto a concorrere a queste spese, in
misura variabile tra un quinto e la metà dell’importo, a seconda
dell’importanza della strada stessa. Lo stabilisce una legge ancora valida,
nonostante che risalga al 1918 (la n. 1446).
Ampliamo un po’ il
discorso. Una norma un po’ più recente, ma non troppo, l’articolo 14 della
legge 126/58 prevede la costituzione obbligatoria di consorzi per la
manutenzione e ricostruzione delle strade vicinali di uso
pubblico, a cui partecipa anche il Comune. In assenza di iniziativa
da parte degli utenti o del Comune, alla costituzione del consorzio provvede di
ufficio il prefetto.
Se
l’ente locale si rifiuta di pagare o di far parte del consorzio, si può
ricorrere al giudice civile per ottenere un titolo esecutivo con il quale
procedere all’esecuzione forzata (quindi anche al sequestro di beni). Il
termine di prescrizione di questa azione, dal momento
in cui questo diritto poteva essere fatto valere, è di dieci anni.
La nostra esperienza ci insegna che i condomini appartenenti al Consorzio, invece
di essere felici del loro diritto di proprietà, fanno in genere di tutto per
sbarazzarsene, regalandolo al Comune. E hanno ragione, al momento che esso è più
fonte di noie che di soddisfazioni . E ‘in genere il Comune a rifiutare tale dono: quindi se nel vostro
caso non è così, non si capisce perché non cogliere al volo l’occasione:
convincete i recalcitranti. Talora il diritto di proprietà è più una
seccatura che un vantaggio.
Purtroppo la donazione
è possibile solo a patto che tutti i comproprietari della strada siano d’accordo. L’atto va fatto con l’assistenza di un
notaio e trascritto nei Registri Immobiliari.
Certo è possibile che
il Comune decida di espropriare la strada: potrebbe appellarsi al pubblico
interesse. Ma non c’è da illudersi che lo faccia. A
che scopo, infatti, accollarsi altre spese?