Le nuove leggi regionali stanno rendendo sempre più libere da vincoli rigidamente prefissati non solo l'edificazione di nuovi edifici ma anche l'elevazione di un piano di quelli esistenti. Quali sono le regole, però perché la costruzione sull'ultimo piano di un edificio condominiale sia possibile? Sul piano urbanistico, esistono dei rapporti, detti "limiti di densità edilizia" e "standards a servizi" che limitano di fatto le nuove edificazioni e i cosiddetti "sopralzi". Con densità, si intende un rapporto tra i metri quadrati di superficie e i metri cubi di costruzioni realizzati su questa superficie. Con standard, si intende invece un rapporto tra metri cubi di costruzione e metri cubi di edifici servizio della collettività (scuole, servizi sociali, impianti sportivi) ed anche i metri quadrati di verde pubblico. Quest'ultimo rapporto è ancorato anche al numero dei residenti nella zona, in pianta stabile e non. La logica è semplice: tanti più abitanti vi sono, tanto più c'è bisogno di servizi.
Le nuove tendenze all'urbanistica contrattata e al decentramento hanno reso meno rigidi tali rapporti, attribuendo sempre più spazio d'azione ai comuni e permettendo, a certe condizioni, degli scambi: per esempio, io privato do a te comune dei soldi con cui realizzare servizi e tu mi permetti il sopralzo.
Dal punto di vista strettamente condominiale l'articolo 1127 assicura il diritto di sopralzo al proprietario dell'ultimo piano, o al proprietario esclusivo del lastrico solare (il tetto piano che copre l'edificio). A certe condizioni, naturalmente: che tale diritto non trovi limiti nel regolamento condominiale contrattuale o in altri titoli, che lo consentano la situazione statica dell'edificio, che non sia pregiudicato l'aspetto architettonico del palazzo e che non si diminuisca "notevolmente" l'aria o la luce ai piani sottostanti. Perché vi sia lesione al decoro deve esserci una concreta diminuzione del valore, anche economico, dell'edificio o del suo aspetto esteriore. Se il sopralzo non si vede o si vede solo in piccola parte, l'estetica non è compromessa (Cassazione sentenze n. 4804/78, n. 8861/87, n. 1947/89).
Il codice avverte che chi fa la sopraelevazione deve però corrispondere un'indennità pari al valore di mercato dell'area che si occupa. Tale importo va diviso per il numero dei piani (compreso quello da edificare) e detratto l'importo spettante a chi fa l'aggiunta edilizia.
Molti casi finiscono in tribunale, sia perché possono esistere discordanze sul valore da dare all'indennità, sia perché ci si richiama alla lesione del decoro dell'edificio.
A decidere per l'indennità è il Giudice Unico. L'azione non è di competenza dell'amministratore condominiale, ma di ogni singolo condomino, che può agire per ottenere la propria quota (o, se preferisce, non far nulla, perché non è obbligato a partecipare al giudizio da una delibera assembleare). E' stato anche affermato dalla Cassazione (sentenza n. 493/1967), che chi agisce per la demolizione di un sopralzo che giudica illegittimo non può contemporaneamente anche pretendere l'indennità. Le azione relative alla demolizione del sopralzo si prescrivono in vent'anni.
Attenzione: anche la chiusura del lastrico solare con superfici vetrate abitabili rette da strutture leggere (legno, alluminio), può costituire nei fatti un sopralzo.
Franco Pagani, presidente Federamministratori Confappi