Divorzio e separazione
legale hanno come effetto la cessazione della convivenza. Quindi uno dei due
coniugi deve inevitabilmente subire un trauma: quello di lasciare la casa dove
fino ad ora ha abitato, cioè la casa di famiglia.
Quando ci sono figli. A chi va, però questa casa? In mancanza di un accordo tra i
due, la legge afferma che la casa familiare spetta "di preferenza" e
"ove sia possibile" al coniuge cui sono affidati i figli. Questo
diritto comprende anche gli arredi
necessari per il normale uso dell'abitazione, elettrodomestici compresi, con
l'esclusione certa solo dei beni strettamente personali del coniuge che se ne
va. I figli infatti, non debbono subire il trauma di privarsi non solo
dell'abitazione ma anche dell'ambiente che li circonda (Cassazione sentenza
6706/2000). Va chiarito che con casa di
famiglia si intende solo ed esclusivamente l'abitazione principale: non lo è
infatti tale una casa di villeggiatura anche se utilizzata per lunghi periodi
durante l'anno e perfino se è l'unico immobile di proprietà, perché la coppia
viveva in una locali in affitto.
Figli maggiorenni e
famiglie di fatto. La legge ha
equiparato ai figli minori anche quelli maggiorenni che continuino a convivere
con uno dei genitori e non siano economicamente indipendenti. Inoltre anche il contratto di affitto o
l'assegnazione di un alloggio popolare possono essere trasferiti, senza che il
padrone di casa, anche se è "terzo" rispetti ai due coinvolti, possa fare obiezioni.
Viceversa se la casa
appartiene ad altri (per esempio al genitore di uno dei due sposi), ed è
abitata dalla famiglia a titolo gratuito, non può essere assegnata dal giudice
a nessuno dei due.
La regola del genitore affidatario
non è comunque assoluta. Per esempio la Cassazione ha stabilito che una moglie
separata a cui era stati dati i figli
non avesse diritto alla casa, ma solo a una somma mensile pari a un canone
medio di locazione: il marito era
infatti un handicappato e viveva in locali già attrezzati e idonei per le sue
necessità (Cassazione 8705/1990).
La Corte Costituzionale
ha esteso anche alle famiglie di fatto l'assegnazione al genitore affidatario.
Un diritto che deriva direttamente dall'articolo 30 della Costituzione e dagli
articoli 147 e 148 del Codice civile, che impongono il mantenimento e
l'assistenza anche alla prole naturale.
Separazione legale e
abitazione Vi è un principio, valido per tutta la disciplina della
separazione. Non esiste né accordo tra coniugi (nel caso della separazione
consensuale) né sentenza (nel caso di quella decisa dal giudice) che sia
immutabile nel tempo. Ciascuno dei due può quindi richiedere, con giustificati
motivi, che vengano rivoluzionati i rapporti stabiliti, perché sono intervenute
nuove circostanze. Per esempio perché uno dei due coniugi ha aumentato o
diminuito le sue entrate . Inoltre è
impossibile rinunciare, anche con accordo scritto, al diritto di pretendere la
modifica dei rapporti stabiliti.. Perciò la casa assegnata non è liberamente
disponibile: non può essere affittata ad altri, deve essere effettivamente abitata e non può essere venduta.
Inoltre,, se cambiano le circostanze (per esempio i figli diventano indipendenti),
deve essere riconsegnata al legittimo proprietario. Una volta
"liberata", se appartiene ad entrambi i coniugi, potrà essere
spartita o venduta.
L'assegnazione in caso di
divorzio. Quanto vale per
l'assegnazione al coniuge separato, vale anche per quello divorziato. Con
alcune, importanti distinzioni. La prima è che il divorzio prevede sempre una
decisione del giudice. Egli può perfino rifiutare un accordo tra coniugi, se
uno dei due è evidentemente danneggiato.
La seconda differenza è che il divorzio può regolare i rapporti
economici sia in modo provvisorio che in maniera definitiva. Spieghiamoci
meglio. Il giudice può decidere in base alla situazione attuale, come per la
separazione, riservandosi il diritto di
rivedere le regole nel tempo. Oppure può, se i coniugi lo decidono, fissare delle
ripartizioni dei beni definitive. Per esempio, invece di imporre di versare
periodicamente del denaro, è possibile forfettizzare, una volta per tutte in un
un'unica cifra l'assegno di divorzio.
Cosa c 'entra, la casa di
famiglia, in tutto ciò? C'entra: è possibile assegnare definitivamente la casa
di famiglia al coniuge affidatario dei figli, perfino se era di proprietà per
intero del coniuge non affidatario.. Ovviamente, dato il valore ingente degli
immobili, l'assegno di divorzio verrà
cancellato o ridotto.
Quando non ci sono figli La regola generale è: a ciascuno il suo. Quando la casa è di
proprietà solo di uno dei due, resta sua. Se invece è di entrambi, in comunione
o comproprietà, bisognerà spartirsela, innalzando un tramezzo, o venderla
dividendosi il ricavato. Se gli ex coniugi non riescono ad intendersi, decide
il giudice che farà valutare l'immobile da un esperto e lo metterà all'asta.
Non è invece chiaro se il
giudice possa tutelare il coniuge economicamente più debole imponendo all'altro
coniuge di cedergli la casa, di cui egli ne era l'unico proprietario (magari
decidendo una somma a conguaglio). La giurisprudenza si è infatti più volte
contraddetta. In certe sentenze
l'assegnazione della casa è valutata come uno dei metodi per favorire il
coniuge più sfavorito. In altre si sottolinea che a tutela del coniuge più
debole è previsto l'assegno di divorzio e che l'assegnazione resta una misura
eccezionale, prevista solo per la tutela della prole. Quest'ultima sembra oggi
la scelta imboccata dalla maggioranza dei tribunali.
L'eredità al coniuge
separato Sono in molti ad essere
convinti, a torto, che tra separazione
e divorzio non esistano grandi differenze. Non è così: la separazione è un
fatto provvisorio, tant'è vero che i due coniugi possono riconciliarsi e
decidere di rimettersi insieme. Ma, soprattutto, il coniuge separato ha
esattamente gli stessi diritti ereditari di quello che convive tranquillamente
(salvo il caso, molto raro, dell'addebito della separazione). Questo principio
ha importanti conseguenze, anche rispetto alla casa. Per esempio, il coniuge
sopravvissuto, anche se separato, non solo serba tutti i suoi diritti su una
quota dell'eredità, ma ha anche un
diritto in aggiunta, quello di abitare vita natural durante la casa di
famiglia, arredi compresi, perfino se nel frattempo si era stabilito altrove.
Quindi, se il disaccordo tra coniugi è
definitivo, è sempre meglio tramutarlo in divorzio. Così non si danneggerà
altre persone,come un'eventuale altro compagno o compagna di una coppia di
fatto, o gli stessi figli nati dalle vecchia o dalla nuova coppia, che
potrebbero avere minori diritti ereditari.
Box:
Cosa dice la legge e cosa
dicono i giudici
Principio
affermato |
Leggi o sentenze |
La casa familiare
spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale
i figli convivono oltre la maggiore età. |
Legge 1 dicembre 1970,
n. 898, art.. 6. |
Anche in caso di
persone conviventi, vale lo stesso principio |
Corte Costituzionale,
n. 166/1998 |
Se il figlio convive,
ma è maggiorenne e economicamente indipendente, la casa va restituita al
legittimo proprietario |
Cassazione,.n.6559/1997 |
Sono escluse le seconde
case |
Cassazione, n. 8667/92 |
La casa di famiglia può
essere assegnata al coniuge economicamente più debole anche se non ci sono
figli |
Cassazione n.
8699/1990, Cassazione n. 2411/1991, Tribunale di Milano 25/3/1993 |
No, se non ci sono
figli non può essere mai assegnata |
Cassazione n.
11696/2001, Sezioni Unite Cassazione n. 11297/1995, Cassazione n. 1315/1989,
Cassazione 3100/1989, Corte d'Appello di Milano 8/9/1992 |