Lotta al rumore: quali difese
Le tutele-base
contro il chiasso sono quattro, talora imboccabili
contemporaneamente, talaltra no.
- La prima è il
ricorso al Giudice, appellandosi all’articolo all'articolo
844 del codice civile (immissioni di rumore che superano la normale
tollerabilità).
- La seconda è un
esposto amministrativo con richiesta di sopralluogo all'Agenzia regionale
dell'ambiente in base alla legge n. 447/95 sull'inquinamento acustico.
- La terza è la
richiesta di intervento della forza pubblica (Polizia,
Carabinieri o Vigili Urbani), in base all’articolo 659 del codice penale
(Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone).
- La quarta è la citazione in giudizio del
costruttore dell’immobile, che non abbia rispettato le
norme sull’isolamento acustico degli edifici.
Ne vedremo, una per una, vantaggi
e limiti. Occorre però ricordare che, a seconda del
caso in questione, ci possono essere altre strade percorribili. Tanto per fare
qualche esempio a caso, ci si può appellare a un
regolamento condominiale, se per esempio vieta che il palazzo ospiti certe
attività. Oppure alle norme sulle distanze legali delle
costruzioni, se possono essere utili per risolvere un caso. O anche fare
un ricorso amministrativo apposito se un locale
affollato alla sera ha messo dei tavolini all’esterno senza autorizzazione
comunale o se un officina è attiva dove non può. O infine
richiamarsi al codice della strada, per altre violazioni sulle distanze o
sull’apposizione di semafori in luoghi inadatti. E
via elencando.
IL RICORSO AL
GIUDICE
L’articolo 844 del codice civile vieta le “immissioni di
fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti” che superino la normale tollerabilità. Afferma però anche che il
Giudice “deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della
proprietà”.
Ma qual è la “normale
tollerabilità”? Nel giudizio civile, la giurisprudenza
concorda sul fatto che un singolo rumore è intollerabile quando supera di 3
decibel il rumore di fondo dell'ambiente. La nostra
percezione del rumore è legata infatti alla differenza
di un suono da quelli di sottofondo. Per esempio, in una notte in campagna il
cri cri dei grilli si sente benissimo, in città non
riusciremmo a percepirli. I decibel differenziali sono rilevati attraverso una
misura istantanea, da cui sono escluse altre fonti eccezionali di disturbo
(classico il caso del passaggio di un camion, di un tram o del rumore di una
sirena).
Procedure
Le procedure possibili sono quattro. Eccole.
Ricorso al
tribunale senza procedura cautelare
Ci si attiene all’articolo 844
del codice civile e si fa una causa ordinaria, della durata media di 6 a 7 anni.
Inutile sprecar parole: non si fa mai.
Ricorso al
tribunale con procedura cautelare.
Oltre che all’articolo 844
del codice civile ci si rifà alla procedura d’urgenza garantita dall’articolo
700 del codice di procedura civile, che rende possibile un provvedimento
provvisorio del Giudice Unico a tutela di chi è minacciato da un “pregiudizio
imminente e irreparabile”. Poiché, per giurisprudenza
unanime, il danno da rumore è un danno alla salute, tutelata dalla
Costituzione, che i lunghi tempi del giudizio ordinario non potrebbero
preservare, il giudice può farsi una sommaria idea della fondatezza del ricorso
in base alle “carte” disponibili ed emettere, anziché una sentenza,
un’ordinanza in cui si stabiliscono le misure più adatte. E’ poi necessario
continuare la causa con il giudizio ordinario.
Questa procedura era
fino a ieri di gran lunga la più utilizzata, anche se
ora le cose stanno lentamente cambiando.
Tempi. Pur essendo il modo più rapido
disponibile, i tempi sono comunque lunghi, anche in
ragione della necessità di perizia preventive.: “In media, a Milano, siamo
sugli 8-9 mesi” stima Giorgio Campolongo, tecnico
acustico e presidente dell’associazione “Missione Rumore”
(www.missionerumore.it).
Modi. L’iter consigliabile? Prima di
rivolgersi a un avvocato, coinvolgere un tecnico in
acustica riconosciuto negli appositi elenchi regionali. Quest’ultimo valuterà
la situazione e stenderà una prima perizia dello stato dei fatti, con eventuali
misurazioni sull’intensità e la frequenza del rumore, che potrà essere
consegnata al proprio legale. Dal momento che il ricorso costa, va ben preparato, collezionando tutte le
testimonianze possibili (vicini, vigili urbani, oltre un'eventuale perizia
dell'Agenzia regionale).
Naturalmente il
giudice non si accontenterà delle perizie dei consulenti tecnici di parte, quello di chi promuove la causa e quello di chi vi
è coinvolto), ma nominerà a sua volta un Ctu (consulente
tecnico d’ufficio) e poi riconoscerà ufficialmente il perito, sotto le vesti di
Ctp (consulente tecnico di parte).
Costi. I costi da
anticipare sono consistenti. “Grossomodo”, stima Capolongo,
“Si parte da 500-2.500 euro (a seconda delle difficoltà
di rilevazione) per la prima relazione tecnica. Poi c’è il coinvolgimento
dell’avvocato (3-4.500 euro). Quindi la presenza in tribunale del perito di
parte, cui magari verrà chiesta una perizia
integrativa, una volta diventato Ctp (1.000-2500 euro). Poi le spese del Consulente tecnico
d’ufficio (1.000-2.500 euro). Infine le ulteriori
spese di causa. Insomma, è da mettere in conto un investimento di circa 10 mila
euro”. E se si vince la causa? C’è da sperate di vedersi rimborsare la maggioranza delle spese
affrontate, ma difficilmente tutte. In
genere, solo dal 70 all’80%. Questo perché le spese di
causa per la soccombenza vengono
spesso compensate dal Giudice a metà tra le due parti in giudizio, se non
addossate per intero al ricorrente. Inoltre spesso la prima visita del perito
in casa non rientra nel conto. Infine anche il proprio avvocato ha diritto di
richiedere un compenso a parte per le spese dette “non repetibili”
oltre a quello liquidato dal Giudice.
Naturalmente, in caso di soccombenza,
bisognerà farsi carico anche dei costi di periti e avvocati della parte
avversa.
Talora chi vince si incassa
di più, quando un avvocato non incapace, o una situazione molto compromessa,
permettono di far valere danni biologici o esistenziali. Ma il motivo per cui la maggioranza dei cittadini imbocca la strada del
giudizio, sobbarcandosi rischi e spese, è innanzitutto la cessazione del
rumore, e non un guadagno economico che resta aleatorio. Inoltre il danno
esistenziale, venuto di moda in tempi abbastanza recenti, sta già perdendo
smalto presso i giudici, che lo guardano con cresciuto sospetto..
L’accertamento
tecnico preventivo.
E’ una vecchia strada quasi mai percorsa, che però si
è di fatto “aperta” dal marzo 2006, con le integrazioni
apportate al codice di procedura civile dalla legge n. 80/2005 (articolo 696
e nuovo articolo 696-bis). Spiega Campolongo: “Consiste
nella possibilità di richiedere al Presidente del Tribunale una perizia da
parte di un tecnico da lui incaricato, prima che si instauri
il giudizio. Naturalmente perché essa sia concessa occorrerà dimostrare di
avere fondate ragioni per ottenerla”. Bisognerà comunque
presentare una relazione redatta da un tecnico di parte e rivolgersi a un
avvocato, sopportando spese analoghe a quelle di cui abbiamo già parlato nel
precedente paragrafo. Cosa cambia, allora? Il nuovo
ruolo affidato ai periti che, di fatto anche se non in
teoria, finiscono per sostituirsi al giudice. A differenza di quest’ultimo, che
si basa solo su documenti cartacei, il perito del Tribunale entra nella vita
famigliare del ricorrente e visita i luoghi dove abita. Spesso, con un colpo
d’occhio, ancor prima di effettuare misurazioni, può
capire molte cose: se il ricorso sul rumore è un pretesto che nasconde altre
ragioni profonde di lite, se l’inconveniente è eliminabile con spese ben
inferiori a quelle che si affronterebbero con la causa, se il diverbio è
insanabile o meno. In questa fase al perito del tribunale è imposto dalla legge
di tentare una conciliazione, che potrà essere ratificata in un verbale con efficacia
di titolo esecutivo dichiarata dal Giudice. Solo se la conciliazione fallisce,
il Ctu effettuerà le
misurazioni e, subito dopo, sia i periti che gli avvocati delle parti si
renderanno conto da che parte tira il vento. A questo punto raramente la causa
prosegue il suo iter o viene comunque instaurata: gli
avvocati delle parti avverse si telefonano e raggiungono un accordo.
L’accertamento tecnico preventivo permette spesso,
quindi, di tagliare i tempi e una parte delle spese (quelle di causa e,
parzialmente, quelle delle perizie). Si scende a quattro-cinque
mesi, se la conciliazione prima o post perizia ha buon esito. Il discorso
cambia solo se il ricorrente, quando capisce che gli si darà ragione intravvede la possibilità di guadagni economici maggiori,
derivanti da danno biologico o esistenziale(magari spinto a forza dal suo
avvocato).
Il giudice di
Pace.
E’ competente al posto di quello ordinario per le
cause da immissioni da fumo e rumori tra residenti in abitazioni, ma non ha la
possibilità di ricorrere alla procedura di urgenza.
Dopo anni e anni di rodaggio della formula, i giudici di Pace sono diventati
più abili e hanno tracciato una concreta via alternativa alla giustizia
tradizionale.
I costi sono un po’, ma
non troppo, ridotti, anche perché i giudici di pace sono più “avari” nel
concedere onorari elevati ai periti.
I periodi di attesa
durante il ricorso sono più lunghi di quelli del procedimento cautelare.
Azzardiamo una stima di un anno-un anno e quattro
mesi in media, che sono comunque un’inezia rispetto al
calvario della giustizia ordinaria. La principale controindicazione a resta il fatto che chi non è contento della sentenza, può
tranquillamente fare ricorso al giudice ordinario. In tal caso, si perde solo
tempo, senza concludere nulla. Quindi il ricorso al
Giudice di Pace è consigliabile solo a patto che i contendenti non siano irrimediabilmente l’un contro l’altro armati.
IL RICORSO
AMMINISTRATIVO
Fondato su la legge 447/95
sull'inquinamento acustico e sui suoi numerosi decreti applicativi, il ricorso
amministrativo non è ammissibile nei rapporti di convivenza tra vicini e in
condominio. Pertanto non è una scelta praticabile contro le lezioni di piano o
la Tv ad alto volume del vicino, ne tanto meno contro
i rumori della caldaia o dell’ascensore in condominio.
Negli altri casi
invece è un’alternativa praticabile al ricorso in
giudizio e, anzi, percorribile in congiuntamente ad esso.
Ha un grosso vantaggio e tre forti debolezze.
Il vantaggio è
economico. Il ricorso non costa niente, salvo il caso di
certe realtà locali in cui, in mancanza del rumore, può essere imposto
il versamento di un “ticket” poco salato.
Il primo handicap
sono invece i tempi di intervento talvolta addirittura
“storici da parte delle autorità, e cioè le Arpa, le agenzie regionali per
l’ambiente. Il personale è poco, non molto pagato e in certe Regioni c’è
perfino carenza di disponibilità di apparecchiature di
rilevamento. Difficile anche ottenere l’intervento nel corso
della notte, per rumori rilevabili solo allora e particolarmente
fastidiosi in estate, quando le finestre restano aperte (discoteche, forni di
panetterie, camion dell’immondizia).
La seconda
contro-indicazione è data dai metodi di rilevamento del rumore, che sono di fatto meno rigidi di quelli in uso in Tribunale. I
criteri base sono due (fatte salve le norme particolari su strade, ferrovie
discoteche, eccetera). Il primo è l’intensità di un rumore: il livello massimo
di baccano “legale”(valore limite di immissione) nelle
zone residenziali è valutato pari a 55 decibel medi di giorno e a 45 decibel di
notte (vedi tabella su Dpcm 14/11/1997). Il secondo
criterio è una differenza di 5 decibel di giorno e di 3 decibel di notte dal
rumore "residuo". Ma i 3 o i 5 decibel non
si misurano istantaneamente (come accade per le cause civili), bensì per un
lungo periodo, 5 minuti. Ciò fa includere tutte le fonti eccezionali di
disturbo che alterano la quiete nel periodo di misurazione.
Infine è da mettere
in conto l’esiguità delle sanzioni. Esse variano da i
516 a 5.164 euro in caso di emissioni e 1.033 a 10.329 in caso di mancato
adempimento al provvedimento dell’autorità che intima la cessazione del rumore
o l’adozione di misure (per esempio pannelli fonoassorbenti), per mitigarlo.
Troppo poco per spaventare il gestore di una sala da ballo o il piccolo
imprenditore con officina che causano il disturbo.
Valori limite di immissione
Classi di
destinazione d'uso del territorio |
valori limite di immissione* |
valori limite assoluti di immissione* |
valori di qualità* |
|||
Diurno |
Notturno |
Diurno |
Notturno |
Diurno |
Notturno |
|
I aree particolarmente protette |
45 |
35 |
50 |
40 |
47 |
37 |
II aree
prevalentemente residenziali |
50 |
40 |
55 |
45 |
52 |
42 |
III aree di tipo
misto |
55 |
45 |
60 |
50 |
57 |
47 |
IV aree di intensa attività umana |
60 |
50 |
65 |
55 |
62 |
52 |
V aree
prevalentemente industriali |
65 |
55 |
70 |
60 |
67 |
57 |
VI aree
esclusivamente industriali |
65 |
65 |
70 |
70 |
70 |
70 |
* Misurati in decibel (Lq
in Db(A))
Legenda: Valori limite di
emissione: il valore massimo di rumore che può essere emesso da una
sorgente sonora, misurato in prossimità della sorgente stessa; Valori limite
assoluti di immissione: il valore massimo di rumore immesso nell'ambiente
esterno dall'insieme di tutte le sorgenti; Valori limiti differenziali di
immissione: sono riferiti alla differenza tra il rumore residuo e quello di
una sorgente di rumore.
Fonte: Elaborazione
Confappi su Dpcm 14 novembre 1997
Casi
particolari.
Strade. Il il Dpr
30/3/2004, n. 142 lega i limiti di immissione a una o
due fasce di distanza dalle strade, calcolati a un metro dalla facciata degli
edifici, nei punti di maggior esposizione all’inquinamento acustico. I limiti
sono diversificati a seconda se la strada è di nuova
realizzazione o esistente e variano a seconda dell’importanza dell’arteria. Per
quelle di nuova realizzazione sono pari a 65 decibel
diurni e a 55 notturni. Per quelle esistenti, possono salire fino a 70 diurni.
Oltre le fasce valgono comunque i limiti di immissione
stabiliti dal Decreto 14/11/1997 (vedi).
Per le strade
esistenti, l’adeguamento ai limiti prevede piani di risanamento pluriennali,
con scadenze fissate dal Dm Ambiente 29/11/2000, che
sono in sostanza di quindici anni dalla data di adozione dei piani stessi, e
possono slittare ancor di più secondo le decisioni delle regioni.
Discoteche e
pubblici esercizi. Norma regolatrice è il Dpcm n. 215 del 1999 (che esclude però i concerti mobili).
Oltre a stabilire livelli massimi sonori degli impianti di amplificazione,
obbliga i gestori al controllo degli impianti non solo all’attivazione, alle
modifiche o alle riparazioni, ma anche annualmente: infatti il gestore deve
inviare ogni dodici mesi una relazione redatta da un tecnico competente. E’
quest’ultimo che deve eventualmente indicare gli interventi necessari perché i
limiti prescritti non siano superati.
Ferrovie. I limiti dipendono,
oltre che dalle ore diurne e notturne, dalla velocità raggiungibile dei
convogli, e si valutano più rigidamente in una fascia di 250 metri misurata dal
centro dei binari esterni e per ciascuno dei lati.
Aeroporti. Il
controllo delle emissioni dei singoli aerei è sottoposto a verifiche biennali
dell'Ente nazionale per l'aviazione civile.
E’ posto il
principio di massima che i voli notturni, dalle 23 alle 6 di mattina, siano vietati. Valgono eccezioni per gli aerei postali, per quelli
in ritardo e per gli apparecchi, nel caso in cui in certe zone non si superi il rumore di 60 decibel. Esistono tre “zone di
rispetto” attorno agli aeroporti. Nelle due più vicine non è superabile il
livello di rumore di 75 decibel, nella più lontana quello di
65 decibel, mentre altrove gli aerei non debbono comunque provocare suoni
superiori a 60 decibel.
Altro. Decreti particolari riguardano le
manifestazioni motoristiche, le navi, le industrie, i macchinari all’aperto.
ALTRE TUTELE
L’intervento
della forza pubblica
E’ senz’altro, l’arma più spuntata, ma è anche
l’unica disponibile in certe situazioni. Consiste nel rivolgersi a polizia,
carabinieri o vigili urbani in applicazione dell’articolo 659 del codice penale
che dovrebbe tutelare le occupazioni o il riposo delle
persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici. La
punizione è l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a 310
euro. Ovviamente la forza pubblica ha spesso ben altro da fare.
Il caso classico sono gli
schiamazzi notturni per strada che, in certi quartieri, possono essere
ricorrenti. Ma la maggior parte dei giudici civili tende a ritenersi
incompetente anche nel caso di stazionamento di capannelli di persone vocianti fuori da locali notturni, discoteche e ristoranti (solo
qualcuno, ultimamente, sta cambiando idea ed identifica l’esistenza di
responsabilità del gestore dei locali).
ISOLAMENTO
ACUSTICO DEI PALAZZI
In molte costruzioni, soprattutto se risalenti agli
anni ’50 e ’60, pareti e pavimenti “di carta velina” fanno percepire ai vicini
anche rumori e vibrazioni piuttosto lievi, come conversazioni al tavolo, tv a
medio volume, spostamento di sedie. Una prima barriera contro questi disturbi è data dal Decreto del presidente del consiglio dei ministri
5 dicembre 1997, che stabilisce i requisiti acustici passivi gli edifici
(quelli costruiti di recente, naturalmente). I metodi
di calcolo sono dati da complesse formule per pavimenti e pareti, ma sono
fissati anche limiti (25 decibel) per gli impianti tecnologici a ciclo
continuo, e cioè gli impianti di riscaldamento e
condizionamento, ed altri limiti (35 decibel) per quelli a ciclo discontinuo,
cioè ascensori, scarichi idraulici, i bagni, i servizi igienici e la
rubinetteria.
Gli edifici ancor
più recenti beneficiano indirettamente delle norme sul risparmio energetico, e
in particolare del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 che fissa anche
limiti di trasmittanza termica delle strutture e degli infissi nei palazzi di
nuova costruzione. Infatti le coibentazioni e i doppi
vetri hanno il vantaggio di attutire anche il rumore, raggiungendo spesso
obiettivi di contenimento più virtuosi di quelli decretati del Dpcm 5/12/97 (per quanto esistano materiali più efficienti
dal punto di vista energetico che da quello dell’insonorizzazione).
Tutele. Se la
mancata in sonorizzazione è causa di diniego dell’agibilità da parte del
comune, si può chiedere la risoluzione di un eventuale contratto di
compravendita, con la restituzione del prezzo versato più interessi e danni. I
vizi di in sonorizzazione dell’edificio sono in
alternativa coperti, per la maggioranza della giurisprudenza, dalla garanzia
decennale prevista dall’articolo 1669 del codice civile. Il termine per la
denuncia è di un anno dalla scoperta che il vizio è da imputarsi al mancato rispetto delle leggi sull’insoinorizzazione,
sempre che non si agisca giudizialmente entro 1 anno
dalla denuncia. Dopo la denuncia si ha un anno di tempo
per intraprendere un’azione legale. Entro i 12 mesi, se si invia
un’ulteriore raccomandata, si avrà un ulteriore periodo, di pari durata
Rimedi. Il
cliente dell’impresa ha due possibilità. La prima è pretendere l'eliminazione
del vizio, oltre ai danni. La seconda, più pratica nel caso in questione, è
chiedere la riduzione del prezzo da pagare o pagato e il risarcimento degli
eventuali danni. La scelta se preferire l’uno o l’altro rimedio va in genere
fatta una volta per tutte. Si può pretendere che sia
la stessa impresa a riparare al mal fatto. Più spesso si cercherà di ottenere
un’autorizzazione dal Giudice per fare eseguire i lavori ad altri, naturalmente
a spese dell’impresa che ha sbagliato.
Arpa: le funzioni
Varate dalla
legge 21 gennaio 1994, n. 61 e istituite, in tutte le regioni e province
autonome, da apposite leggi, le Arpa (Agenzia
regionali per l’ambiente) hanno i compiti a loro attribuiti dalla legge stessa,
nonché quelli, ulteriori, delegati dalle Regioni. Per la norma nazionale, hanno
almeno quattro funzioni: quella di raccogliere ed elaborare dati ambientali,
quella di fornire pareri sulla congruità normativa nonché
consulenze tecniche alle Regioni, quelle di eseguire i controlli sul rispetto
della legge e quello di fare rilevamenti ambientali (per esempio su i vari tipi
di inquinamento).
Le
Arpa mettono anche a disposizione delle
associazioni delle imprese e dei cittadini i risultati delle attività di
controllo e monitoraggio e forniscono a pagamento consulenze, secondo appositi
tariffari.
Certe regioni
(come la Sicilia o il Veneto) hanno finito per dar loro perfino il compito di
redigere norme, nell’ambito di apposite deleghe.
Oltre al
campo dell’inquinamento acustico, sono attive nei settori dell’inquinamento
delle acque, dell’aria, dell’ambiente marino e dell'ittiofauna,
elettromagnetico, da radon, da amianto, sull’analisi di salute delle piante e
degli alimenti, sulla prevenzione delle malattie ambientali.