Ristrutturazioni: come scegliere l’impresa e i tecnici giusti
I matematici l’anno sempre
detto: per risolvere un problema occorre prima saperlo impostare con esattezza,
stabilendo i dati conosciuti,identificando le
incognite, delineando l’obiettivo da raggiungere e infine decidendo quali formule e metodologie
utilizzare.
Progettista la nomina. Lo stesso accade per le opere edili: la
figura chiave è quella del progettista, cioè del
professionista (in genere ingegnere, architetto, o geometra) che sa fotografare
con occhio esperto la situazione presente, scovare le magagne, suggerire in modo
organizzato le soluzioni. Del resto, ormai, la grande
maggioranza delle opere edili di un certo peso prevede a presentazione di una
pratica in Comune (Dia o permesso di costruire) che va redatta
obbligatoriamente da un professionista abilitato che si assuma la
responsabilità della rispondenza alle norme di quanto realizzato e che esegua
un collaudo finale . E’ comune che tale tecnico, il progettista, si assuma
anche un altro compito: quello della direzione dei lavori. E’ cioè quello di chi controlla che essi siano eseguiti come
richiesto.
Basta un po’ di
buonsenso per capire che il progettista e/o il direttore dei lavori non dovrebbero mai essere nominato dalla ditta che esegue le
opere, per evitare che il controllore e il controllato siano la stessa persona.
Quando le opere sono eseguite su un palazzo con più appartamenti,sarebbe prudente quantomeno creare alternative ai direttori
dei lavori e alle imprese esecutrici proposte dall’amministratore condominiale:
altrimenti si rischia di trovarsi di fronte a falsi preventivi, proposti al
solo scopo di far vincere l’impresa favorita dal direttore dei lavori o
dall’amministratore stesso.
Confronto tra preventivi: il metodo.
Il ruolo del progettista è centrale anche perché sia materialmente possibile il
confronto di più preventivi. Il metodo migliore è stilare un capitolato il più
possibile dettagliato delle opere stesse. Il capitolato dovrà prevedere tutte i lavori previsti, con, per ciascuno, il computo
metrico delle superfici o delle volumetrie coinvolte e con specificati
esattamente i materiali che si prevedono di utilizzare. Solo così, infatti, si
potrà facilitare l’analisi tra un preventivo e l’altro, chiedendosi il perché,
voce per voce, siano proposte da un’impresa cosi
elevati e dall’altra costi bassi. Il cliente potrà poi sollecitare dalle
imprese osservazioni e critiche sul capitolato che, se univoche, lo renderanno
consapevole che il progettista non è all’altezza del compito che si è assunto.
Nel richiedere i
preventivi attraverso il capitolato, sono opportune alcune cautele. La prima è
quella di impedire che ciascuna impresa prenda visione
del preventivo di un’altra. In tal caso, prevedibilmente, si assisterà a un appiattimento delle voci di costo sulla base del
preventivo di cui l’impresa ha conoscenza, con limitati sconti volti a
riservarsi l’appalto. L’ideale (cosa non sempre possibile) è che le buste con
le offerte siano consegnate direttamente al cliente-committente, e non al
direttore dei lavori o al progettista, e aperte tutte insieme.
Preventivo e subappalto. Non
tutte le evidenti differenze di costi della stessa voce, tra un preventivo e
l’altro, debbono allarmare: per esempio vi sono
imprese che hanno in dotazione i ponteggi e altre che li affittano, imprese più
specializzate, rispetto ad altre, nelle opere statiche, nella pittura o
nell’impiantistica, e imprese che si vedono costrette a prendere artigiani o
addirittura altre imprese in subappalto perché non sono in grado o non hanno
l’organizzazione per fare tutto.
Non sempre, per
tutte le voci, sarà possibile stimare con esattezza le giuste metrature: per
esempio in caso di ristrutturazione di una facciata ammalorata
ricoperta di lastre di marmo, può darsi che solo nel corso dei lavori si possa
verificare quali lastre occorre sostituire e quali è
sufficiente rinsaldare con opportuni tasselli chimici. In tal caso si eseguirà
una stima di base, richiamandosi per il resto al costo metrico.
Clausole contrattuali.
Particolare cura va posta al contratto che accompagna il capitolato che deve
specificare dettagliato la tempistica di ogni fase di
lavoro, le eventuali penali per ritardi o inadempienze, il possibile aggancio
alle variazioni sui costi di costruzione nel tempo (esistono indici Istat). Se l’immobile è abitato, sono opportune precauzioni
perché i lavori non si protraggano durante le vacanze, perché i ponteggi non
rappresentino una comoda entrata per i ladri, quando pochi o nessuno è presente (gli antifurti possono non bastare).
Un buon capitolato
deve escludere il più possibile le sorprese: se lo fa è ragionevole imporre
alla ditta di assumersi un rischio d’impresa in caso di imprevisti
che saltino fuori durante i lavori, senza modificare la cifra concordata o
comunque contenendo l’aumento entro una percentuale prefissata. Vanno sempre
inclusi nelle responsabilità dell’impresa gli eventi atmosferici più comuni
(una pioggia a dirotto, quando è stato scoperchiato il tetto, per esempio), che
del resto la stessa giurisprudenza è solito
accollarle.
Lavoro nero. Il committente,
infine, deve sempre essere consapevole che ha piena responsabilità per il
lavoro nero in edilizia: dovrà quindi far chiedere al direttore il Durc (documento unico di regolarità contributiva), che di
recente prevede anche la regolarità dei versamenti fiscali. Altrimenti, rischia
grosso.
Le tutele contro i difetti di realizzazione
Risparmiare
significa anche non pagare in più e soprattutto sapere bene quali sono i propri
diritti, facendoli valere nei tempi e nei metodi giusti. Quali garanzie ha, insomma, il cittadino contro la cattiva esecuzione di un
lavoro da parte di una ditta edile o di un artigiano?
Esistono due
occasioni in cui è possibile un controllo dei lavori:
mentre vengono svolti e al loro termine.
Verifiche in corso lavori.
Chi paga l’opera può sempre pretendere di fare un’ispezione al cantiere, purché
a proprie spese e purché non metta i bastoni tra le ruote a chi lavora.
Motivando le ragioni di scontento, si può chiedere all’impresa di correggere i
propri errori in un periodo di tempo ragionevole. Se
tale termine scade, il committente ha il diritto di risolvere il contratto per
grave inadempimento e chiedere il pagamento dei danni.
Controlli dopo l’esecuzione.
Finita l’opera, il committente può controllare come è
stata eseguita. Se non dice nulla e paga le, fatture,
senza sollevare obiezioni, è come se l’avesse accettata. Se
l’opera e accettata, ma ha dei difetti o non segue il progetto e il capitolato,
i casi sono due. Il primo è che tali “vizi”(così li chiama la legge) siano
evidenti o riconoscibili. Allora, non c’è più nulla da fare. Il secondo è che,
invece, i vizi siano “occulti”, cioè sia difficile
accorgersene. Se così accade, scattano le garanzie di
legge.
Vizi evidenti e nascosti. Infissi
sconnessi, rubinetti mal funzionanti, porte installate dove non devono essere,
sono alcuni esempi di vizi palesi. Viceversa, un tetto riparato durante
l’estate può perdere acqua al momento delle piogge autunnali, scarichi fognari
mal saldati possono produrre infiltrazioni, fondamenta
possono cedere. anche dopo qualche anno. Tutti
questi sono, perciò, vizi occulti. Sono stimati come “occulti” anche i vizi
taciuti in mala fede, a patto che si possa provare..
L’impresa è
costretta dal codice civile a offrire due diverse
garanzie contro questi vizi. La prima vale per due anni e copre le opere di
minor durata. La seconda è decennale, ed è prevista dal codice per gli edifici
o comunque per “le altre cose immobili destinate per
loro natura a lunga durata”.
Garanzia biennale. Dura
due anni dalla consegna delle opere. Il committente deve presentare
denuncia entro 60 giorni dalla scoperta del vizio. Tale termine non coincide
però con quello in cui il committente si accorge che esiste qualcosa che non va. Parte anzi dal momento in cui si ha una qualche
certezza che la colpa e dell’appaltatore, magari dopo una perizia eseguita da
un tecnico. Se poi l’appaltatore ha agito per
nascondere il vizio, o lo ha ammesso (anche affermando di non essere lui il
responsabile), non si ha più bisogno di denunciarlo entro due mesi.
Garanzia decennale. Funziona quando
l’opera “per vizio del suolo o per difetto della costruzione rovina in tutto o
in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti” (art.
1669 del codice civile). Per i giudici, vanno compresi nel concetto di
"gravi difetti" anche quelli che, pur non compromettendo la statica
del fabbricato, limitano in modo grave la funzione cui esso è destinato. Per
esempio, le infiltrazioni d’acqua causate da insufficiente impermeabilizzazione.
Oltre alla garanzia,
portata da due a dieci anni, viene prorogato anche, da
due mesi a un anno il termine per la denuncia (da presentare, sempre, solo dopo
che si ha la sicurezza delle responsabilità dell’impresa)..
Dopo la denuncia si
ha un anno di tempo per intraprendere un’azione legale. Entro i 12 mesi, se si invia un’ulteriore raccomandata, si avrà un ulteriore
periodo, di pari durata.
Rimedi e risarcimenti.
Il cliente
dell’impresa ha due possibilità. La prima è pretendere l'eliminazione del
vizio, oltre ai danni. La seconda è chiedere la riduzione del prezzo da pagare
o pagato e il risarcimento degli eventuali danni. La scelta se preferire l’uno
o l’altro rimedio va in genere fatta una volta per tutte.
Si può pretendere che sia la stessa impresa a riparare al mal fatto. Più spesso
si cercherà di ottenere un’autorizzazione dal Giudice per fare eseguire i
lavori ad altri, naturalmente a spese dell’impresa che ha sbagliato.
Una possibilità
estrema è quella della risoluzione del contratto, con la restituzione di quanto
si è pagato. E’ una scelta imboccabile solo in casi particolarissimi: quando, cioè,, siano stati eseguiti lavori del tutto inutili e non
previsti, che rendano l'opera vizi così gravi da renderla inadatta al suo
scopo. Secondo la Cassazione (sentenza n.
9239/2000) la domanda di risoluzione del contratto può essere presentata in
unico giudizio con in subordine la domanda per
riduzione del prezzo oppure quella per l’eliminazione dei vizi. In tal caso,
infatti, non è necessario scegliere sin da subito quale sia
il rimedio richiesto.*
* Tagliabile
I TERMINI DI DECADENZA E DI PRESCRIZIONE |
||
Vizi non gravi |
Denuncia |
Entro il termine
di decadenza di 60 giorni dalla scoperta |
Prescrizione |
Entro 2 anni dalla
consegna |
|
Gravi difetti o
rovina immobile |
Denuncia |
Entro il termine di
decadenza di un anno dalla scoperta |
Azione legale |
Prescrizione entro
1 anno dalla denuncia o comunque da ogni atto interruttivo della prescrizione (per esempio, sollecito
per raccomandata) |
|
Prescrizione |
Entro 10 anni
dalla consegna |
Fonte: Ufficio Studi
Confappi-Federamministratori
Direttori dei lavori e progettisti: responsabilità
Quando, come è prudente, è il committente a incaricarli, direttore
dei lavori e il progettista hanno precise responsabilità verso di lui. Il progettista soprattutto quello della rispondenza della sua opera
alle norme tecniche e funzionali, il direttore dei lavori della corretta
esecuzione dei lavori, per realizzare l’opera, così come prevista dal progetto.
In linea di
principio, a entrambi non si applicano le norme
sull’appalto, ma quelle previste per le prestazioni d’opera. Perciò, come
dispone l’articolo 2226 del codice civile, la denuncia dei difetti nel loro operato va fatta entro otto giorni dal momento in cui sia ha
certezza che li abbiano commessi, e si ha tempo un anno dalla consegna
dell’opera per fare azione legale.
Tuttavia, i giudici
hanno sempre ammesso che questi due professionisti possano
essere corresponsabili insieme all’appaltatore e tenuti a risarcire il cliente
integralmente, anche in alternativa all’appaltatore stesso (salvo poi rivalersi
su di lui). Accade nei casi di cattiva esecuzione dell’opera e, soprattutto, di errata progettazione. Se,
infatti, il comportamento del progettista o del direttore dei lavori è stato
tra le cause che hanno portato alla cattiva esecuzione, quest’ultimo dovrà
risponderne secondo le norme previste per l’appalto. D’altra parte, neanche
l’impresa titolare dell’appalto può scaricare sul direttore dei lavori o sul
progettista tutte le responsabilità, affermando di essere stata costretta a ubbidire a ordini che non aveva la competenza necessaria
per discutere. Quindi, professionisti e impresa
possono essere corresponsabili. Infine, quando sono incaricati dall’impresa
edile, è lei a rispondere del loro cattivo operato.
Essi, infatti, non assumono responsabilità dirette rispetto al committente, ma
solo verso l’impresa che li ha nominati.