Risparmio idrico obbligatorio nei nuovi edifici

 

La Finanziaria 2008 (art. 1, comma 288) ha disposto che dal 2009 il rilascio del permesso di costruire sia subordinato, oltre che alla certificazione energetica dell’edificio, anche alle “caratteristiche strutturali dell’immobile finalizzate al risparmio idrico e al reimpiego delle acque meteoriche”.

La norma è terribilmente vaga e quindi è, come troppo spesso accade, inapplicabile. Tuttavia alcune Regioni hanno legiferato in modo ben più preciso, presupponendo due ipotesi di risparmio idrico quello obbligatorio, previsto in caso di nuovi interventi, e quello volontario, in caso di opere con standard edilizi molto elevati, che possono perciò avere diritto ad agevolazioni urbanistiche e a contributi, in base a un punteggio in cui il recupero delle acque da pioggia ha un suo peso, insieme ad altri fattori (per esempio risparmio energetico, materiali eco-compatibili, ridotto inquinamento dell’aria, eccetera)..

Tratteremo qui solo del risparmio idrico imposto dalle leggi regionali.

Lombardia (Regolamento n. 2/2006) I progetti di nuova edificazione e gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente debbono prevedere contatori di consumo e dispositivi per la riduzione del consumo di acqua, quali: frangigetto, erogatori riduttori di portata, cassetta di scarico a doppia cacciata. Negli edifici condominiali con più di tre unità abitative e nelle singole unità abitative con superficie calpestabile superiore a 100 metri quadrati bisogna realizzare la circolazione forzata dell’acqua calda potabile, anche con regolazione ad orario. Infine occorrono sistemi di captazione, filtro e accumulo delle piogge provenienti dai tetti nonché i vasche di invaso, possibilmente interrate e protette (per evitare incidenti).

Trento (legge n. 1/2008). Previsto (con regolamento) l'utilizzo delle acque piovane per gli usi compatibili attraverso la realizzazione di appositi sistemi di raccolta, filtraggio ed erogazione integrativi.

Toscana (Decreto presidente giunta n. 2/2007, art. 16-19). Gli strumenti di pianificazione territoriale, agli atti di governo del territorio e ai regolamenti edilizi già vigenti devono prevedere che nella costruzione di nuovi edifici e nell’ampliamento di quelli esistenti sia riservata una superficie di almeno il 25 per cento di quella superficie fondiaria “non impegnata da costruzioni fuori terra o interrate che consenta l’assorbimento almeno parziale delle acque meteoriche”. Anche i nuovi spazi pubblici o privati destinati a viabilità pedonale o meccanizzata devono essere realizzati in modo tale da consentire l’infiltrazione o la ritenzione anche temporanea delle acque. I regolamenti edilizi dovranno poi imporre la predisposizione di un contatore per ogni unità immobiliare. Il regolamento n. 15/2009 aggiunge che per le grandi strutture di vendita (da 5 a 15 mila mq), occorre assicurare la raccolta delle acque piovane con “ una vasca di recupero di dimensioni adeguate al fabbisogno di operazioni quali l’annaffiatura, il lavaggio delle aree ed ogni forma di riuso per la quale non sia richiesta l’acqua potabile”.

Marche (Regolamento Marche n. 2/2007). Negli alberghi il flusso di acqua dai rubinetti e dalle docce non deve superare i 12 1itri/minuto e nei campeggi i 10 litri/minuto. Le acque reflue devono essere adeguatamente trattate anche in caso di impossibilità di collegarsi alla rete fognaria.

Lazio (Legge n. 6/2008). Imposto nelle nuove costruzioni e nelle ristrutturazioni il recupero delle acque piovane e delle acque grigie ed il riutilizzo delle stesse per gli usi compatibili, tramite la realizzazione di appositi sistemi integrativi di raccolta, filtraggio ed erogazione, l’installazione di cassette d’acqua per water con scarichi differenziati; l’installazione di rubinetteria dotata di miscelatore aria ed acqua; l’impiego di pavimentazioni drenanti nel caso di copertura superiore al 50 per cento della superficie stessa.

Puglia (Legge n. 13/2008). Richiesto l’utilizzo delle acque piovane per gli usi compatibili tramite la realizzazione di appositi sistemi di raccolta, filtraggio ed erogazione integrativi negli interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione degli edifici esistenti. Fanno eccezione quelli per cui sia stata richiesta motivata e circostanziata di esclusione specificamente assentita dal comune. I criteri saranno definiti con apposito regolamento (non ancora emanato, però).

Abruzzo, legge n. 17/2008. Lo scarico sul suolo, su strati superficiali del sottosuolo o in corpi idrici superficiali prevede l’autorizzazione dell’amministrazione provinciale competente. Per gli scarichi di abitazioni civili l’autorizzazione è tacitamente rinnovata con le regole previgenti. Gli impianti di depurazione esistenti sono vagliati dal Gestore del servizio idrico integrato che presenta alla Provincia l'eventuale progetto esecutivo di adeguamento, qualora non siano a norma. Per le acque da pioggia vanno previste reti fognarie separate, di cui una può essere dotata di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di “prima pioggia”, che sono le più inquinanti, e l’altra canalizza le altre acque reflue. Esse sono soggette a comunicazione alla Provincia. *

 

 

Norme dettagliate in Umbria

 

L’Umbria è stata tra le prime regioni decretare che le acque piovane vengano riciclate ed è anche quella che detta criteri tecnici più dettagliati ai comuni. Essi debbono imporre nei piani attuativi dei nuovi insediamenti o nella ristrutturazione urbanistica di quelli esistenti l’obbligo del recupero delle piogge, sia quando il tetto dell’edificio supera i cento metri quadrati di superficie (basta una villetta), sia quando i giardini di pertinenza sono superiori a 200 metri quadrati. In casoi di  i tetti fino a 300 mq di estensione, le vasche di accumulo debbono avere una capacità di 30 litri al mq, con un minimo di 3 mila litri. Quando le coperture sono ancor più ampie, la capacità minima è di 9 mila litri e il rapporto di 3 litri al mq può essere alternativamente rapportato alla superficie del tetto oppure a quella delle aree a verde.

L’acqua piovana va riutilizzata per uso pubblico che privato per la manutenzione del verde, l’alimentazione (integrativa) delle reti antincendio e lavaggi delle auto, anche di quelle private. Per l’uso domestico occorre invece l’autorizzazione dell’Azienda Sanitaria locale, anche perché occorrerà predisporre una doppia rete, una per l’acqua utilizzabile per il consumo umano e l’altra per quello sanitario (lavandini, docce, vasche e lavatrici).

Affrontato anche il problema della permeabilità dei suoli, troppo spesso coperti da pavimentazioni e asfalto che impediscono il filtraggio delle acquee le disperdono nelle fogne. Sono tracciati due diversi regimi: una relativo ai comuni con piani attuativi dei nuovi insediamenti e uno per quelli che ne siano privi.  Nel primo caso la superficie permeabile non deve essere inferiore al 60% (residenziale) o al 40% (aree produttive o a servizi). Nel secondo, le due percentuali sono ridotte rispettivamente al 50 e al 30%. Sono possibili deroghe motivate sono nei centri storici o nei lotti di completamento di interventi già avviati.

Per i parcheggi fino a 50 posti auto occorre incanalare le acqua in tombini oppure permettere la dispersione nel terreno, ma in quest’ultimo caso solo se si sia realizzato uno strato filtrante adatto alla natura e alla permeabilità del terreno stesso. Viceversa per quelli con capacità superiore occorre comunque incanalare le acque nella rete fognaria, prevedendo in più filtri per la raccolta degli oli inquinanti.