Un regolamento condominiale contrattuale, cioè firmato da tutti i condomini, può avere clausole non valide, e quindi non applicabili? Certamente sì, se tali clausole sono in contrasto con norme di legge inderogabili. statali o locali. Ed anche In particolare, quando le clausole sono si scontrano con quegli articoli sul condominio del codice civile, a cui non è possibile fare eccezione. L'elenco è contenuto nell'articolo 1138 del codice e nell'articolo 72 delle disposizioni di attuazione del codice. Per esempio, un condomino non può rinunciare alla proprietà delle parti comuni per non pagare le spese, o non si può decidere di convocare l'assemblea con un preavviso di due giorni anziché di cinque.
Rimane però una questione "nuova", non ancora affrontata dalla giurisprudenza. Si può parlare di clausole abusive nei contratti anche nei confronti del regolamento condominiale contrattuale? O meglio di quel regolamento che è predisposto dal costruttore dell'edificio, che vende ai singoli un appartamento?
La domanda è lecita da quando è stata varata la Legge n. 52 del 1996, che regola i rapporti tra consumatore-utente e "professionista"(inteso dalla legge come la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale, utilizza il contratto). A fondamento del regolamento, infatti, dovrebbe esserci esservi un consenso un contratto tra le parti di per determinarne il contenuto, ai sensi dell'articolo 1322 del codice civile. Che non sia così, è risaputo: nei fatti il regolamento predisposto da costruttore-venditore è tendenzialmente vincolato dalla volontà di una parte "più forte" delle altre, l'originario e unico proprietario del palazzo. Quest'ultimo è nella condizioni di imporre clausole favorevoli ai suoi interessi. Si pensi ad esempio a quella in cui sia previsto l’esonero dalle spese condominiali, sino a quando il costruttore non abbia venduto tutti gli appartamenti. Ma anche ai codicilli che impongano limitazioni rispetto alla possibilità di impugnare i vizi della costruzione. Oppure all'obbligo al compratore di accettazione preventiva del regolamento condominiale. O, infine, alla clausola in cui si dà mandato al costruttore di redigere il regolamento con facoltà di definire in seguito quali sono le parti, gli impianti e i servizi comuni.
Rispetto a questo tipo di patti non sembrava fino a poco tempo fa possibile invocare la nullità del contratto, a norma dell’art. 1354 C.C. (condizione illecita o impossibile), o dell’art. 1355 C.C. (clausola condizione meramente potestativa) o invocare si la risoluzione per onerosità sopravvenuta (art. 1467 C.C.), norma del tutto inapplicabile al caso in questione.
Viceversa grande rilievo possono oggi assumere gli articoli dal 1469 bis al 1469 sexies, introdotti a tutela del consumatore dalla legge n. 52 del 1996. Infatti il venditore-costruttore può considerarsi "professionista", ai sensi della Legge 52/96 e parallelamente il condomino acquirente della casa può rivestire i panni del consumatore.
La vessatorietà di questi patti può facilmente ricavarsi dall'articolo 1469 ter, primo comma che così recita: "La vessatorietà di una clausola é valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione e alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende." E' ovvio che le circostanze esistenti al momento dell'accettazione di un regolamento contrattuale sono di forte pressione psicologica sul soggetto che è costretto ad accettarlo, per poter acquistare l'appartamento. Questa ipotesi è rafforzata da quanto dispone il quarto comma dello stesso articolo: " Nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l'onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore". Ebbene è evidente che parlare di trattative al momento dell'accettazione del regolamento è quantomeno solo una finzione assolutamente risibile.
Silvio Rezzonico, presidente Confappi (Confederazione piccola proprietà immobiliare)