Quando
il deposito è trasformabile in piazza
Chiedo
un vostro parere in merito a un fabbricato costruito
negli anni 60-65 in frazione Caranzano, comune di Cassine (AL).
Previo
acquisto del terreno da un privato la cantina sociale di Cassine costruiva il
fabbricato di cui sopra, con lo scopo di farne il centro
raccolta delle uve.
La
costruzione consiste in una dozzina di pilastri supportanti un grosso vascone,
il tutto ricoperto da una calotta circolare rivestita con lastre di amianto. L’aspetto, dal punto di vista architettonico, è
orribile ma, tenuto conto dei tempi, aveva ragione di essere:
si voleva portare l’uva alla cantina (distante dal paese 5 km) con delle autocisterne anziché con carri
trainati dai buoi. L’uva veniva quindi portata al
centro di raccolta, pigiata e pompata nel vascone da cui avrebbero poi attinto
le autocisterne. Una necessità così sentita da rendere l’aspetto della
costruzione irrilevante.
La
storia di detta costruzione è riassunta
nell’allegato che abbiamo inviato al sindaco di Cassine e che vi prego di
leggere prima di procedere alle domande.
Premesso
che il desiderio della popolazione è di vedere abbattere il fabbricato e
realizzare al suo posto una piazza di cui il paese è sprovvisto, premesso
ancora che la popolazione sarebbe disposta a sobbarcarsi la spesa per
l’acquisto del fabbricato, vi domando:
C’è
la possibilità di impugnare la vendita con qualche espediente legale, per
esempio:
·
Il
fabbricato non avrebbe dovuto essere offerto al
vecchio proprietario del terreno?
·
Non
ci sono degli elementi per dubitare sulla legittimità della vendita quando la
Cantina, senza nessun altro offrire, ha venduto l’immobile, nel 2003, ad un
privato che, guarda caso, risulta essere il mezzadro del Vicepresidente della
cantina stessa?
·
E
ancora. Venendo meno allo scopo di costruzione (per cui
si era sorvolato sull’aspetto) non si sarebbe dovuto procedere alla
demolizione, anche in considerazione della dislocazione dell’immobile in pieno
centro storico?
A
chi dobbiamo rivolgerci, e come dobbiamo procedere se c’è la possibilità di
mettere in discussione la procedura di vendita e/o
operato del Comune?
Se non è possibile acquistare o procedere alla demolizione
dell’edificio cosa bisogna fare per avere l’area attorno al fabbricato in ordine?
Le
fotografie che allego mostrano qual è la situazione: vedete come lo spazio,
ridotto, tra casa e strada, sia pieno di materiale di ogni
tipo.
Le
travi in legno vengono tagliate per giorni e giorni,
non con una sega circolare, ma con una motosega, viene lavorato il ferro,
camion caricano e scaricano materiale edile.
Quello
che era un tranquillo paese di campagna è diventato un
inferno.
Tra
l’altro la licenza del comune prevede il recupero del fabbricato per farne uso
di deposito di attrezzature agricole.
C’è
un ENTE (provincia, Prefettura, TAR) a cui rivolgersi, perché possa imporre al
Comune (che ignora le nostre ripetute denunce) di far rispettare le
disposizioni di Polizia Municipale da lui stesso emesse? Gabetto
Ci pare che la
soluzione principale del problema sia di politica urbanistica, nel senso che il
comune potrebbe anche espropriare l’area per pubblica utilità data la sua
posizione centrale e posto l’indubbio interesse per la collettività. Quindi, se
davvero buona parte della popolazione sente questa come una necessità, credo
che pressioni sull’attuale giunta o l’elezione di una nuova al momento giusto possano avere un tale effetto.
Non ci pare peraltro
che la vendita al privato possa presentare alcun profilo di impugnazione.
Vale comunque
la pena esaminare la reale destinazione d’uso del fabbricato per vedere se non
contrasti , nei termini degli strumenti urbanistici comunali, con quella
effettiva .
I vicini circostanti
potrebbero anche chiedere al giudice un provvedimento d’urgenza per quanto
attiene all’inquinamento acustico. Per
poter chiedere il provvedimento d'urgenza, occorre aver fatto effettuare una perizia a un tecnico acustico di parte. Dal
momento che il ricorso costa, va ben preparato,
collezionando tutte le testimonianze possibili (vicini, vigili urbani, oltre
un'eventuale perizia dell'Agenzia regionale). Naturalmente, va coinvolto anche
un avvocato. Il giudice, che incaricherà un Consulente tecnico d'ufficio (Ctu),
un perito esperto in misurazioni acustiche, che si rifarà a parametri
del codice civile per valutare la tollerabilità del rumore .
I tempi di intervento possono essere di alcuni mesi .
Il giudice può, oltre a stabilire immediatamente misure per contenere il
disturbo, valutare nel singolo caso l'entità del danno subito, e il relativo
risarcimento.
Sono coinvolti a favore del ricorrente almeno tre
professionisti, il Consulente tecnico di parte, l'avvocato, e il Consulente
tecnico d'Ufficio nominato dal Giudice (le cui spese, al momento del ricorso
d'urgenza, sono in genere poste per il 50% a carico
delle due parti). In tutto, la spesa può essere dai 5
ai 10 mila euro. Ovviamente chi vince la causa avrà diritto a farsi rimborsare
quanto ha anticipato, comprese le perizie, fino
all'ultima lira.