Porticato chiuso e condonato: salvi i diritti dei condomini

 

Abito da circa 13 anni al piano rialzato di un fabbricato composto di 5 unità abitative; il condominio non è dotato di regolamento, né di tabelle millesimali sin dall’acquisto avvenuto nel Novembre del 1992 mediante atto pubblico (il mio preliminare risale a Gennaio 1992).

La mia abitazione originaria era composta da un appartamento e da un attiguo porticato che nel dicembre 1992 trasformai in ambiente abitabile (senza che alcuno dei quattro condomini  sollevasse eccezione) opera questa successivamente condonata (concessione in sanatoria del 3/98 per un abuso realizzato nel dicembre 1992).

Nel marzo 2004 uno dei condomini mi ha fatto convocare da un suo legale per risolvere bonariamente un illecito che il sottoscritto avrebbe compiuto nell’effettuare i lavori nel porticato, ritenuti illegittimi ed abusivi, minacciando di ricorrere all’autorità giudiziaria, al fine di ottenere la demolizione delle opere realizzate, sostenendo che le stesse erano in contrasto con la normativa urbanistica vigente (si tenga presente che nel mio atto di compravendita è scritto: la parte acquirente si riserva, in caso di cambiamento di destinazione urbanistica della zona, di rendere abitabile il porticato acquistato senza necessità di autorizzazione da parte degli altri condomini e senza il versamento di alcuna indennità), che l’intervento è stato effettuato senza l’autorizzazione degli altri condomini e che lo stesso avrebbe subito un danno per il fatto che sono aumentate le unità abitative passate da cinque a sei (non è vero, in quanto la mia è rimasta un’unica abitazione, anche se più ampia, con una parte del porticato che verrà adibita a studio medico, come risulta dal certificato di accatastamento e di abitabilità rilasciato dal comune a Maggio 2004.). Nel 2003, peraltro, ho effettuato lavori di adeguamento funzionale con relativa DIA, preavvisando verbalmente gli altri condomini, di cui uno è anche amministratore.

Non essendoci regolamento di condominio né tabelle millesimali (per la ripartizione delle spese sin dal 1992 abbiamo convenuto all’unanimità di ripartirle in 5 quote uguali) dovendo affiggere sulla porta d’ingresso la targhetta di studio medico specialistico (corredato di tutte le autorizzazioni ASL e comunali previste), occorre l’autorizzazione dell’assemblea? E se sì, con quale quorum?

Il condomino (il cui atto preliminare risale a Febbraio 1993 e l’atto pubblico è stato stipulato nel Gennaio 1994) che intende aprire una vertenza di natura civilistica, ha diritto ed azione oggi per richiedere la riduzione in ripristino per quella parte di appartamento ricavato dal porticato condonato, tenuto conto che dal punto di vista urbanistico tutto è stato regolarizzato da diversi anni, come si evince dal certificato di abitabilità rilasciato dal Comune?

Preciso che all’epoca il porticato fu chiuso e le opere realizzate dalla società costruttrice e proprietaria dell’intero stabile. Carmine Ferrara (San Paolo Belsito-NA)

 

 

Le concessioni in sanatoria sono sempre rilasciate fatti salvi gli eventuali diritti di terzi. Pertanto occorre innanzitutto verificare se la chiusura del porticato ha riguardato una parte comune a tutti e se è sostenibile da parte degli altri condomini il mancato rispetto del decoro architettonico dell’edificio (non rilevando il fatto che il condominio non sia formalmente costituito). In tali casi infatti, potrebbe anche accadere che venga richiesta la cosiddetta “riduzione in pristino”, cioè l’abbattimento delle opere eseguite, in quanto non ancora trascorso il periodo dell’usucapione ventennale.

Quello che non ci è chiaro è come mai Lei affermi prima che nel 1992 trasformò il porticato in ambiente abitabile e poi dichiari che “il porticato fu chiuso e le opere realizzate dalla società costruttrice e proprietaria dell’intero stabile”. Se è vera la prima affermazione, vale quanto sopra detto. Se è vera la seconda (che al momento delle opere la società costruttrice era proprietaria dell’intero stabile condominiale, e che quindi il condominio non esisteva ancora), il problema non si pone.

Infine i vicini potrebbero effettivamente imporre, anche tramite il giudice, la revisione (o meglio, la determinazione) dei millesimi di proprietà .

Non vi è alcun dubbio sulla  possibilità per Lei, anche senza assenso degli altri condomini, di apporre la targa dello studio professionale. La giurisprudenza ha più volte ribadito come l’affissione di targhe sia un uso lecito delle parti comuni da parte del singolo ai sensi dell’articolo 1102 del codice civile.