Le norme nazionali e
regionali
Obblighi di fonti rinnovabili nelle nuove costruzioni
Le Finanziarie 2007
e 2008 hanno introdotto nel testo unico dell’edilizia un novo obbligo per gli edifici
di nuova costruzione, ai fini del rilascio del permesso di costruire: nei
regolamenti edilizi comunali deve essere introdotta, una norma che
l’installazione di impianti per la produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili, in modo tale da garantire una
produzione energetica non inferiore a 1 kW per ciascuna unità abitativa,
compatibilmente con la realizzabilità tecnica dell’intervento. Per i fabbricati
industriali, di estensione superficiale non inferiore
a 100 metri quadrati, la produzione energetica minima è di 5 kW. Quasi sempre si tratterà di porre in opera pannelli solari
fotovoltaici, perché il ricorso ad altre fonti rinnovabili (per esempio
l’eolico oil geotermico) sarà abbastanza raro. La legge n. 14/2009 ha prorogato
di un anno (all’1º gennaio 2010) il termine di
decorrenza della norma.
Alcune leggi
regionali hanno ripreso il nuovo dettato del Dpr n.
380/2001, introducendo però alcune variazioni. Esse valgono sempre e comunque per gli edifici di nuova costruzione nonché per le
ristrutturazioni e/o gli aumenti volumetrici.
Piemonte (Legge n. 13/2007). Almeno
il 60% del fabbisogno annuale di energia primaria
richiesto per la produzione di acqua calda sanitaria dell'edificio deve essere
assicurata da pannelli solari
termici integrati nella struttura edilizia.
Liguria (Legge n. 22/2007).
Negli edifici di nuova costruzione deve essere prevista l’installazione di impianti solari termici per la produzione di acqua calda,
salvo comprovati impedimenti tecnici. Essi debbono
essere dimensionati in modo da garantire la copertura del fabbisogno annuo di
acqua calda ad uso sanitario non inferiore al 50 % (percentuale innalzata, dal
30%, dalla legge n. 16/2009). Per i nuovi edifici a qualunque uso adibiti è
verificata in via prioritaria l’opportunità del ricorso a fonti di energia rinnovabile per il soddisfacimento dei fabbisogni
energetici per il riscaldamento, il condizionamento, l’illuminazione e la
produzione di acqua calda.
Lombardia (Dgr n. 8475/2008).
Metà dell’acqua calda deve provenire da fonti rinnovabili oppure da una rete di
teleriscaldamento, che sia alimentata anche da
combustione di rifiuti e/o biogas, o da reflui energetici di un processo
produttivo. Le eccezioni debbono essere giustificate
da relazione tecnica.
Trento (Legge n. 1/2008).
Va soddisfatto almeno il 50 per cento dei fabbisogni di acqua
calda per usi igienico-sanitari e almeno il 20 per cento per il riscaldamento
dell'edificio e la produzione di energia elettrica con fonti energetiche
rinnovabili o con la cogenerazione-rigenerazione. Previsto regolamento di attuazione.
Emilia Romagna (Deliberazione assemblea legislativa n.
156/2008). La regione riproduce in toto
il dettato della Finanziaria. In caso di impossibilità
tecniche, si apre anche, però, l’alternativa del collegamento ad una rete di
teleriscaldamento; l’adozione di impianti di micro-cogenerazione;
il collegamento a impianti di fonti rinnovabili comunali. L’Emilia Romagna prevede, infatti, di realizzare piattaforme fotovoltaiche diffuse
nel territorio. Nel caso di edifici di
costruzione/ristrutturazione/ nuova installazione di impianti termici,
l’impianto di produzione dell’energia termica dovrà essere progettato in modo
che almeno il 50% del fabbisogno di acqua calda sanitaria sia coperto da fonti
rinnovabili.
Umbria (Legge n. 17/2008). Nessun
obbligo di fonti rinnovabili nei centri
storici e sono fatti salvi i limiti per gli edifici con vincoli architettonici
o paesaggistici. Altrove é ripreso il dettato della norma nazionale per nuove
costruzioni e ristrutturazioni edilizie, con in
aggiunta quello della necessità di
pannelli solari termici con copertura del 50% del fabbisogno di acqua
calda, sia per residenze che per altre attività.
Lazio, (Legge n. 26/2007).
I comuni che favoriscono l’impiego di energia solare
termica e la diminuzione degli sprechi idrici negli edifici entro il 30/4/2008
hanno titolo preferenziale nella assegnazione dei fondi previsti. Legge (n.
6/2008) Fonti rinnovabili debbono soddisfare il 50%
del fabbisogno di acqua calda sanitaria
Campania (Legge n. 1/2008)
I comuni debbono inserire nei regolamenti disposizioni
per l’utilizzo di pannelli solari termici e fotovoltaici.
Puglia (Legge n. 3/2009) Si riprende
la norma nazionale, ma il termine di decorrenza è anticipato all’1
gennaio 2009.
Focus sulle autorizzazioni in Calabria
La Calabria ha di
recente dettato, con la legge 29 dicembre 2008, n. 42, le procedure per
l’autorizzazione degli impianti che producono energia elettrica da fonti
rinnovabili, e in particolare del fotovoltaico.. Sono interventi di manutenzione ordinaria, e
non necessitano quindi di alcuna autorizzazione, ma di una semplice
comunicazione al Comune, gli impianti fotovoltaici aderenti o integrati nei
tetti degli edifici con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della
falda e che non sporgano dal tetto stesso. Identico discorso
per quelli eolici con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri e diametro
non superiore a 1 metro. Qualora non ricorrano questi requisiti, sono comunque sottoposti a semplice Dia (denuncia di inizio
attività) gli impianti eolici di potenza fino a 60 kW, quelli fotovoltaici fino
a 20 kW, quelli idraulici fino a 100 kW, quelli a biomasse fino a 200 kW e
quelli a gas di discarica fino a 250 kW.
La Dia può bastare
(anche per impianti di potenza superiore, fino a 600 kW,
in casi ben specifici: per esempio impianti per autoproduzione, fotovoltaici
parzialmente integrati in strutture edilizie industriali, commerciali,
agricole, idroelettrici, o a biomassa posti all’interno dello stesso tipo di
edifici, idroelettrici. In tal caso però sono fatte salve le norme in materia
di valutazione di impatto ambientale e di. valutazione di incidenza.
Sia per gli impianti
soggetti a comunicazione che per quelli sottoposti a Dia
i proprietari debbono comunicare l’eventuale cessazione dall’attività ed a
fornire indicazioni sulle tipologie di smaltimento previste per i materiali e
le attrezzature.
Solo
gi impianti più grandi restano quindi sottoposti alla più gravosa procedura
dell’Autorizzazione unica. I loro proponenti debbono
possedere i requisiti previsti per le società industriali e commerciali dalla
legislazione vigente, devono espressamente avere come oggetto sociale
l’installazione di impianti di produzione di energia proveniente da fonte
rinnovabile o comunque di attività ad essa connessa ed essere in possesso dei
requisiti previsti dalla legislazione sulla liberalizzazione del mercato
elettrico. La legge definisce poi la documentazione necessaria da
allegare.
Le regole del fotovoltaico
I vantaggi
dell’installazione di pannelli solari fotovoltaici non stanno solo nel
risparmio d’ energia elettrica e nella riduzione
dell’inquinamento dell’aria. Si è infatti pagati, per vent’anni per produrre energia solare “pulita”, anche per
il proprio autoconsumo. Ecco perché
gli impianti questi pannelli sono in
rapidissima diffusione rispetto al passato. Altrimenti, occorre essere
chiari, il fotovoltaico non avrebbe oggi
chanches: i costi di installazione
sono troppo elevati.
Il meccanismo è
quello del cosiddetto “conto energia”. Mentre in
precedenza i costi dell’installazione di questo tipo di pannelli erano in parte
rimborsati da contributi regionali, oggi non è più così. Chi decide di
scegliere il solare deve sborsare di tasca sua il
denaro per posizionare i pannelli e per connettervi gli apparecchi che li
servono (a meno che faccia un mutuo). In compenso, via via
che produce elettricità, oltre a goderne abbattendo i costi della bolletta, si
vede rimborsare, a una certa tariffa, i kilowatt
prodotti per sé e, a certe condizioni, anche quelli prodotti in eccesso, che
vengono venduti alla rete elettrica. Tali “tariffe incentivanti” sono
parametrato al tipo di collocazione dei pannelli: se
sono integrati nel tetto sono più elevate, se sono solo appoggiati, un po’ meno
e ancora meno se sono disposti a terra.
Gli impianti fotovoltaici sono comunque
connessi alla rete distributiva dell’elettricità e, in tal modo, tale rete
funziona come una sorta di enorme “batteria”: incamera l’energia prodotta in
surplus (in genere durante i mesi in cui c’è maggiore insolazione, quelli
estivi) e la cede durante i mesi freddi.
Controindicazioni?
La principale è ovviamente il costo
iniziale da affrontare, che non è certo indifferente. Per un piccolo impianto
sono da mettere in conto grossomodo 7 mila euro a
kilowatt prodotto: il che, in soldini, significa che per garantire 3kw standard
di potenza occorre stanziare 21 mila uro tondi tonti. Ma una soluzione c’è:
quella di ricorrere a un particolare tipo di mutuo le cui rate sono pari agli incentivi
statali, riuscendo così a coprire le forti spese iniziali.
Gli incentivi sono
incrementati del 5% per gli impianti di potenza superiore a 3 Kw, ), quando si consuma almeno il 70% dell’energia
prodotta e per gli impianti integrati in cui vengano sostituiti tetti che contengono amianto.
Infine è previsto un premio aggiuntivo per chi garantisce una riduzione minima
del 10% del fabbisogno energetico degli edifici,
proporzionata tale riduzione (con un massimo del 30% in più della tariffa. *