Multiproprietà e condominio
Il rapporto tra multiproprietà e condominio è, tuttora, un problema molto dibattuto. Gli edifici in multiproprietà possono infatti essere, a tutti gli effetti, edifici condominiali, oppure non esserlo.
Non lo sono, infatti, gli edifici in multiproprietà azionaria: si tratta di una formula (quasi completamente scomparsa in Italia e, per alcuni, di dubbia validità), che prevede che degli immobili sia titolare una società . I multiproprietari sono titolari di azioni privilegiate che garantiscono loro il godimento a turno dei beni sociali .
Non si formerebbe il condominio, inoltre, se la multiproprietà è organizzata secondo la formula del "trust" di diritto estero (attualmente ancora agli inizi, ma in espansione). In questo caso, infatti, a detenere l'immobile è un unico soggetto, il trust, appunto.
Viceversa, la grande maggioranza delle multiproprietà esistenti in Italia, al di là delle loro diverse formule, prevedono nei fatti la commistione tra due regimi, quello della comunione e quello del condominio. Questo perché il singolo appartamento è in comunione tra più persone, mentre le parti comuni sono a loro volta di proprietà di tutti i titolari di diritti sugli appartamenti stessi. In conseguenza di ciò, dopo lunghi dibattiti (di cui non faremo menzione), la giurisprudenza si è orientata verso la certezza che si applichino, alla multiproprietà, sia le norme sulla comunione che quelle sul condominio.
Più esattamente si renderebbe necessaria l'esistenza, oltre del regolamento condominiale della multiproprietà (che riguarda le parti comuni), anche di un regolamento della comunione per ciascuno degli appartamenti, che detti regole precise per quel che riguarda i rapporti tra i comproprietari di ogni singola unità immobiliare.
Naturalmente il regolamento della comunione detterà i criteri dei turni settimanali delle presenze negli appartamenti e delle regole da serbare (per esempio la pulizia preventiva, l'impossibilità di prelevare oggetti e mobilio destinati all'uso comune, le penali in caso di danneggiamenti). Il regolamento di condominio, invece, oltre alle sue usuali attribuzioni (disciplina delle parti comuni, suddivisioni delle spese, diritti e doveri del multiproprietario), fisserà invece anche il diritto di voto. Sorge infatti un problema: nel condominio di multiproprietà tutti debbono essere convocati alle assemblee condominiali, ma solo uno dei comproprietari del singolo appartamento ha diritto di voto, che non può essere frazionato tra di essi. Di conseguenza, in mancanza di disposizioni del regolamento del condominio, occorre accordarsi su chi vota. Se l'accordo non c'è è il presidente dell'assemblea condominiale che estrae a sorte chi ha diritto.
Sul piano pratico, queste eventualità sono più teoriche che reali: in realtà i multiproprietari, che risiedono in genere a centinaia di chilometri di distanza dal complesso in multiproprietà, partecipano assai raramente alle assemblee, e delegano compatti il loro diritto di voto all'amministratore condominiale, che è di fatto una "creatura" della società di gestione, il cui operato dovrebbe invece controllare.
A sua volta l'amministratore condominiale potrà (o non potrà) identificarsi con la figura dell'amministratore delle comunioni dei singoli appartamenti. Vale comunque la pena ricordare che mentre non esistono limiti alla durata dell'incarico dell'amministratore della comunione, il codice civile prevede inderogabilmente che l'amministratore condominiale decada dal suo ruolo dopo un anno, salvo rinnovo. Quindi le clausole che impongono la sua permanenza in carica per periodi più lunghi o, peggio, costringono alla scelta di una determinata persona, sono radicalmente nulle.
Ma non è solo il rapporto tra amministratore e società di gestione ad essere ambiguo. Anche quest'ultima ha un ruolo poco chiaro. Resta possibile che si tratti di un'azienda che ha firmato un contratto di appalto, di durata pluriennale. Tuttavia, soprattutto nel caso della multiproprietà alberghiera, tale contratto finisce per essere imposto insieme all'acquisto della quota di multiproprietà ed avere la stessa durata del diritto di proprietà acquisito. Siamo quindi nell'ambito di una possibile impugnazione delle clausole del contratto stesso, perché vessatorie, anche se resta pur sempre possibile chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento da parte della società. Non è finita: la società di gestione (che può identificarsi o meno con il costruttore del complesso in multiproprietà), si riserva spesso il diritto di proprietà di locali o impianti necessari per erogare i propri servizi (bar e ristorante, locali lavanderia, spogliatoi e servizi per il personale, portineria e atrio), trasformandosi così nei fatti a sua volta in un condomino del complesso. E' evidente come dietro l'angolo si annidi il rischio di conflitti di potere, perché vi è identificazione tra chi gestisce e uno dei suoi amministrati.
Altri ostacoli non da poco si annidano in prassi ormai costanti della multiproprietà, ma non per questo per forza legittime. Tra queste l'abitudine a cedere l'uso di appartamenti e villette a persone che hanno firmato solo un preliminare di acquisto, rimandando la conclusione del rogito sine die e nel, frattempo, imponendo ai sottoscrittori del preliminare di pagare in prima persona le quote di spese condominiali all'amministratore.
E' invece evidente che il primo responsabile del versamento delle spese resta il proprietario dell'appartamento, anche se egli ha a sua volta legittimamente imposto al promissario acquirente di rimborsarlo. Pertanto l'assemblea dei condomini deve chiedere il versamento degli oneri al proprietario, che nel 90 per cento dei casi sarà il costruttore del complesso in multiproprietà, il quale spesso si identifica con il gestore del complesso stesso. In definitiva, siamo di fronte a un vero pasticcio giuridico.
Parimenti illegittime sembrano altre clausole, anche se imposte nel regolamento condominiale contrattuale o negli atti di acquisto. Per esempio quella in cui il gestore, in caso di morosità, si riserva di destinare a terzi l'uso dell'appartamento nel periodo prefissato, di cambiare chiavi o serrature o di far decadere il multiproprietario dai diritti sull'uso dei locali comuni.
Franco Pagani, presidente Federamministratori (Federazione nazionale amministratori condominiali)