ASSEMBLEA FNA
PAVIA 30 SETTEMBRE 2006
INTERVENTO DEL PRESIDENTE
FRANCO PAGANI
PREMESSA:
Il
bilancio di questo quadriennio di attività della
Federazione Nazionale Amministratori che ho cercato di tracciare in queste
annotazioni è anche il bilancio del mio secondo mandato di presidenza.
Di tutto questo periodo di attività,
non sono a vantare di aver fatto tutto alla perfezione, ma di aver fatto quello
di cui ero capace, nella concretezza del modesto lavoro, e con spirito
collegiale.
Di
tutta l’attività svolta, è evidente che debba lasciare ai colleghi il giudizio
da dare ma, qualunque esso sia, ritengo doveroso, e
comunque giusto, ringraziare tutti gli amici del direttivo, e dell’esecutivo
che mi hanno affiancato in tutti questi anni con saldezza ed amicizia, vero
premio delle mie fatiche; un particolare riconoscimento è dovuto al
preziosissimo e costante ausilio del vice presidente Silvio Rezzonico, che,
anche per motivi logistici, è sempre stato presente nella sede nazionale di Milano consentendomi così di operare agevolmente anche dalla
sede di Firenze.
Un
quadriennio molto duro
Quelli trascorsi sono stati anni molto intensi e molto
difficili, sia perché la già gravosa situazione della società economica in
generale e del mondo delle professioni tutte, nel nostro paese si è
ulteriormente inasprita e confusa, sia perché l' attività di tutti gli
organismi, contrapposti al vento liberale al quale da tempo abbiamo aderito con
l’organismo di rappresentanza nazionale COLAP, ha registrato un fortissimo incremento
delle attività di lobby.
Nel contempo abbiamo dovuto registrare
la nascita di ulteriori nuove iniziative associative,
segno dell’ancora eccessiva frammentazione del nostro segmento professionale,
che hanno, se mai ce ne fosse stato bisogno, indebolito ulteriormente il peso
professionale nelle sedi istituzionali e non.
L’iniziativa di dialogo che avevo
proposto ed era stata condivisa dal nostro ultimo congresso, si è arenata nelle
secche della individualità nonostante gli sforzi e le
“aperture” che abbiamo concesso.
La condivisione delle stesse finalità,
la necessità sentita di essere compatti, pur restando
ognuno nei limiti delle singole organizzazioni, nonostante la nostra dichiarata
disponibilità, affermata anche pubblicamente con una espressa dichiarazione
“sono molte più le cose che ci uniscono che quelle che ci dividono”, non ha
prodotto gli effetti desiderati. Il risultato non può essere letto come una
sconfitta, ma come un momento di stallo e di riflessione, dal quale, bene o
male, dovremo uscire noi e le altre organizzazioni, se vorremo portare avanti
una vera politica della professione di amministratori
immobiliare. La nostra grandezza non è nei meri numeri, ma nel saper aspettare
che anche le altre realtà siano mature, come noi riteniamo di esserlo, per intraprendere
un vero dialogo, paritetico e prescindente dalle anacronistiche divisioni
campanilistiche associative. Basterà solo aspettare, e nel frattempo lavorare
nel segno della correttezza e della serietà sino ad oggi seguito
rettamente.
Per una retrospettiva interna dura e
implacabile, come ritengo sia giusto fare per poter poi migliorare eventuali
aspetti non idonei, osservo come l’associazione sia
andata in linea con l’andamento generale italiano, con timide riprese nel
volgere della conclusione del mandato quadriennale.
Ritengo che sia mancata una spinta maggiore che poteva venire dai giovani e dalle nuove
leve, che invece, non ho riscontrato. La “vecchia guardia”, della quale anche
io faccio parte, ha subito troppo l’incalzare delle difficoltà, e ha tardato a
reagire. Fortunatamente la tempra dei dirigenti di lungo corso, l’esperienza e
la compattezza, hanno consentito, dopo un primo
impatto (chiamiamolo effetto euro…), una ripresa della vivacità associativa che
negli ultimi tempi sta dando i suoi buoni frutti.
Le sedi che avevamo nel 2002 sono comunque cresciute tutte, (chi più chi meno), e, sono state
costituite nuove realtà provinciali, come Pistoia, ove prima la nostra
associazione era rappresentata solo istituzionalmente.
Nel corso delle molteplici attività che
ci hanno impegnato, è degna di nota quella con l’Università di Firenze per un
corso di formazione congiunto con altre associazioni e la costituzione con
accettazione di due nostri membri del centro studi Condominio e Locazione del
Dipartimento di Diritto dell’Economia dell’università di Economia
e Commercio di Firenze. Sull’argomento, avrei piacere che più tardi
intervenisse il collega Marseglia che ha organizzato
in prima persona l’iniziativa.
Sul fronte formativo è proseguita la
collaborazione anche con altre istituzioni anche estere per corsi di formazione
curati dal collega Giorgio Granello di Treviso, e sulla cui attività, potrà relazionare successivamente.
Nell’insieme delle iniziative che sono state comunque licenziate nel corso di questo mandato è
significativa quella congiunta con Confappi della associazione di consumatori
che, potrebbe essere ottimo parter nel futuro che
vede nelle organizzazioni di tutela degli utenti finali uno sviluppo scontato,
sull’ottica europea del consumatore in generale e nello specifico di servizi
professionali.
La
pratica professionale dell’amministratore condominiale
Il confronto con il mercato, è comunque l’emergenza che affiora dai tumulti della diminuita
qualità generale della vita, nella perdita di competitività del sistema paese
con risvolti diretti sulle disponibilità economiche e dalle crescenti
difficoltà che i cittadini hanno nel quotidiano affannarsi. E’ lamentela comune
dei colleghi il riuscire a dare seguito nel migliore dei modi alle loro
attribuzioni codicistiche quando si tratta di
riscuotere i tributi condominiali e pagare i fornitori dei condomini, tanto
che, i primi sono sempre in maggiore difficoltà e crescono numericamente tra le
schiere dei morosi, gli altri sono sempre più solerti negli incassi e generalmente
poco disponibili a dilazioni, tanto da “comprimere” il professionista gestore
della cosa comune.
In una tale situazione, che penso sia benevolo
definire di “ristagno dell’economia”, gli Amministratori condominiali sono fra
i primi a risentirne anche sotto un profilo di difficoltà maggiori
nello svolgimento dell’attività professionale.
Lo spirito del buon padre di famiglia,
in una situazione del genere, e con i volumi che un amministratore movimenta,
che facilmente possono sfuggire di controllo ad una gestione non oculatissima
ed attenta, si scontra con quello più attuale del manager.
Il professionista quindi deve essere
allo stesso tempo imparziale, equo, moderato, aiutare i propri clienti
amministrati nelle scelte idonee, e attento gestore delle risorse non solo in
termini totali, ma in particolare temporale, divenendo talvolta feroce
esecutore a tutela della collettività rappresentata.
Dal punto di vista pratico, la sfida
degli studi professionali è nella innovazione
tecnologica e nella strutturazione in realtà di maggiori dimensioni rispetto a
quelle del passato anche più recente.
Per competere, e non solo, proprio per
poter garantire quelle attenzioni e tutele di cui parlavo, l’effetto dell’organizzazione
e strutturazione è direttamente proporzionale al
fenomeno della minore disponibilità economica, o se vogliamo, nella minore
liquidità delle famiglie italiane.
A questo deve aggiungersi la necessità
di costante aggiornamento e qualificazione continua dell’Amministratore che si
trasforma in dispendio di tempo e risorse umane che devono essere ritrovate con
apporti di maggiori entità lavorative.
L’aggregazione
di studi professionali o comunque la crescita di quelli monotitolari
è una necessità per la sopravvivenza stessa dell’attività.
In questo contesto
ritengo che l’associazione abbia svolto un utile ruolo di supporto ai propri
iscritti, con servizi di aggiornamento costante anche telematici, basti pensare
al sito web ormai colonna portante della comunicazione in tempo reale dell’FNA,
oltre naturalmente alle altre attività tipiche svolte fin dalla costituzione
dell’associazione (corsi di aggiornamento, incontri etc,).
La
professione e la riforma del sistema
Le iniziative Regionali in materia di
professioni alle quali anche noi abbiamo partecipato o ne siamo stati
promotori, sono in genere naufragate o sono state censurate per rilievi
costituzionali.
Il quadro normativo concorrenziale è
stato motivo di scontro anche politico sulle teste delle professioni tutte,
anche ordinistiche.
Al volgere della scorsa legislatura
sono stati dettati dei principi, dichiarati “ricognitivi”,
e comunque fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell'articolo 1 della legge 5 giugno
2003, n. 131 di riforma costituzionale, con il Dlgs
del 2 febbraio 2006 n. 30.
La potestà legislativa regionale ne è uscita a mio giudizio più limitata, anche se con
contorni quantomeno più delineati. Infatti, anche se il principio affermato è
che le regioni esercitano la potestà legislativa in materia di professioni
individuate e definite dalla normativa statale, questo deve essere comunque nel rispetto dei principi fondamentali di cui al
Capo II del Dlgs stesso, e fatta salva la formazione
professionale universitaria; la disciplina dell'esame di Stato previsto per
l'esercizio delle professioni intellettuali, nonche'
i titoli, compreso il tirocinio, e le abilitazioni richiesti per l'esercizio
professionale; l'ordinamento e l'organizzazione degli Ordini e dei collegi
professionali; gli albi, i registri, gli elenchi o i ruoli nazionali previsti a
tutela dell'affidamento del pubblico; la rilevanza civile e penale dei titoli
professionali e il riconoscimento e l'equipollenza, ai fini dell'accesso alle
professioni, di quelli conseguiti all'estero.
In nessun caso, è
quindi consentito alle regioni
adottare provvedimenti che ostacolino l'esercizio
della professione, e possono riconoscere le associazioni nel cui ambito territoriale si esauriscono le relative
finalità statutarie rappresentative di professionisti che non esercitano
attività regolamentate o tipiche di professioni disciplinate ai sensi
dell'articolo 2229 del codice civile, in possesso dei requisiti e nel rispetto
delle condizioni prescritte dalla legge per il conseguimento della personalità giuridica.
Il Dlgs, ha
quindi delegato rispetto alle attività ordinistiche
alle regioni, le funzioni per quelle associative, per professioni libere come
la nostra, limitandone però il raggio di azione al
mero riconoscimento nell’ambito delle finalità regionali associative.
A mio giudizio si poteva, per
similitudine paragonare le attività associative al campionato dilettantistico
di calcio, regionale e dire, che la serie A è solo per
gli ordini!
Naturalmente, nulla osta che a livello
locale si possa adoperarsi per ottenere almeno quanto
ad oggi è concesso, che è un passo avanti rispetto al “nulla” che sino ad oggi
ci è stato attribuito, ma che si possa adagiarsi, no, questo sarebbe un grave
errore.
Il lavoro anche di lobby, da soli non
potremmo farlo, ecco che soccorre il coordinamento delle libere associazioni
professionali COLAP che ha una rappresentanza tale da poter ottenere
unitariamente dei maggiori risultati di qualunque singola realtà associativa.
E’ singolare comunque
che proprio sul finire della legislatura sia stato varato il provvedimento di
cui vi ho parlato che, stride con la precedente impugnativa su tutto il testo,
fatta alla corte costituzionale della legge Regionale Toscana n. 50/2004, che
istituiva un organismo presso la regione delle professioni, che proprio io,
quale coordinatore regionale del Colap Toscana avevo
fortemente voluto ed ottenuto dal parlamento regionale. Se non altro sarà servita per accelerare i tempi dell’iniziativa
statale!
Una sostanziale mezza riforma del sistema professionale è avvenuta poi con un
decreto in piena estate di quest’anno, noto come decreto Bersani,
convertito in legge il 05 agosto 2006.
L’art.2 DL 223/2006 convertito con legge 248/2006, ha di punto
in bianco, dopo quelle che apparivano come
inascoltate, censure europee all’italia, ed una
direttiva sulla liberalizzazione dei servizi denominata
Per i servizi professionali dunque parcelle ‘negoziabili’
tra le parti e legate al risultato della prestazione. I liberi professionisti possono
far conoscere agli utenti i servizi offerti (caratteristiche del servizio
offerto, prezzo delle prestazioni) attraverso la pubblicità informativa.
L’utente potrà d'ora innanzi rivolgersi anche a societa’
multidisciplinari e non più a singoli professionisti monocategoriali.
Il duro colpo, di provenienza attribuibile all’europa, ha colpito quindi essenzialmente le professioni ordinistiche.
Per quello che ci riguarda nulla cambia, se non la
possibilità di competere per i settori di concomitante interesse agli iscritti
negli albi professionali ad armi pari se non altro in termini di remunerazione
delle prestazioni. Del resto, la nostra categoria da sempre si è liberamente
confrontata sul mercato ed ha operato con offerte di prestazioni, spesso
dettagliate nei minimi particolari, preventive al ricevimento del mandato;
ritengo dunque positivo che questa sorta di privilegio
sia venuto a cadere anche per le altre categorie che continuavano a godere di rendite di posizione o comportamenti ormai
secolari, che rendevano anche meno facile il ricambio con le nuove generazioni
e intralciavano la competizione.
Come ha
osservato in un recente intervento il presidente del Consiglio, “La libertà
di mercato, la concorrenza, come la libertà di opinione,
sono il bene più prezioso che ci è stato donato dalle democrazie occidentali. Se vogliamo che il nostro Paese competa con il mondo e con
il mondo si confronti a viso aperto è dalla difesa di questi valori culturali
che dobbiamo partire".
Inutile sottolineare come sia condivisibile e
vero quanto affermato dal nostro presidente, ma come allo stesso modo non possa
essere scevro da critiche quando si limiti a “tagliare per liberalizzare” e non
“disporre per difendere la competizione” a tutela in particolare delle “altre
professioni” che, come la nostra, necessitano di riforme strutturali e dunque complete
del settore e non a metà. In particolare, osservo come il richiamo “alla
colonizzazione” obiettivamente oggi sia maggiore, senza che sia stata posta alcuna innovazione culturale nella organizzazione del
sistema liberale esistente delle professioni: quello associativo, che, al più
può, in ipotesi ottenere riconoscimenti (tra l’altro indefiniti nella sostanza)
dalle singole regioni con effetti pericolosissimi di perdita di competitività
con analoghe organizzazioni europee di carattere nazionale.
In sostanza il rischio è di fare la fine dei negozi con le catene di
supermercati internazionali!, con effetti a lungo
termine non necessariamente positivi neanche sui cittadini-consumatori.
Ritengo quindi che le recenti liberalizzazioni,
se armonizzate con idonei strumenti completativi per la riorganizzazione
strutturale del tessuto professionale italiano in particolare per il segmento
che ci riguarda delle associazioni professionali,che
possano certificare sul mercato la qualità dei propri iscritti, porteranno
vantaggi e maggiore tutela ai cittadini senza costi né per loro né per lo Stato
e inizieranno a sgretolare molti ingiusti privilegi e inutili vincoli alla
competitività, a tutto vantaggio dell’interesse generale e non più solo
corporativo.
La
riforma del condominio
In questi anni un altro grande tema di interesse, primario per la nostra categoria,
è stato affrontato, dibattuto e quasi licenziato dal parlamento: la riforma
dell’istituto condominiale. Alla ripresa della legislatura, anche con una
maggioranza di governo diversa, è ripartita immediatamente l’iniziativa
legislativa in questo senso, segno della trasversalità dell’interesse sul tema.
Per questo motivo, abbiamo ritenuto di dedicare la tavola rotonda del
pomeriggio con relatori estremamente competenti sull’argomento,
alla riforma del condominio, con particolare attenzione alla figura dell’amministratore.
Del resto,l’iniziativa
per un soffio naufragata nella scorsa legislatura, era stata in parte emendata
a seguito di nostri interventi ed iniziative, in parte recepite, che tuttavia
lasciavano una legge che non soddisfaceva i più, ed a detta dei maggiori
esperti nazionali, anche oggi presenti, non certo priva di alcune incongruenze
rispetto alla giurisprudenza che si è stratificata e consolidata nel tempo
sulla materia condominiale. Come è noto, la vetustà
dell’impianto normativo codicistico vigente del 1942
è stato solo in parte superato dall’orientamento della giurisprudenza che, in
numerose occasioni, si è fatta carico di affermare interpretazioni innovative
rispetto alla norma, ma necessarie per tentare di arginare il notevolissimo
contenzioso che interessa la sfera dei rapporti condominiali. Il lato negativo
è che purtroppo ormai la disciplina della materia trova spesso fondamento più
nelle pronunce giurisprudenziali che nelle norme del codice civile, e in alcune
occasioni, le prime pur date per consolidate, mutano e trasmigrano così da
ingenerare confusione e spazi talvolta anche maggiori
per le liti. In sostanza quando tutto può essere il contrario di tutto, la via del giudizio pare essere una sorta di
roulette russa da tentare comunque!
Una normativa organica, che tenga conto delle norme pregresse, senza stravolgerne
eccessivamente il contenuto, atteso comunque, nella sostanza, il loro grande
valore dimostrato nel tempo, integrate e modificate con gli orientamenti
giurisprudenziali ad oggi ritenuti consolidati, tratte le necessarie
indicazioni pratiche del vissuto quotidiano della categoria di riferimento, sarebbe
auspicabile e necessaria.
Conclusioni
L’iniziativa odierna vuole quindi
essere anche propositiva e spero ispiratrice, con gli interventi che seguiranno,
di una discussione che possa portare a definire una nostra
proposta concreta, frutto della maturata esperienza sul campo di tutti noi,
così che, le nuove norme generali ed astratte, interessino effettivamente tutti
e siano tratte da comportamenti il cui modello è quello, sia pur teoricamente,
identificato nella società di riferimento, e non in mere idealizzazioni impraticabili.
L’auspicio è che nel prossimo futuro,
che ci chiama ad elevare sempre di più il nostro grado di professionalizzazione
e dunque di preparazione e costante aggiornamento, sia anche quello nel quale,
serenamente e con certezza sulle fonti di diritto alle quali ci riferiamo, si possa lavorare.
Ritengo che, assieme alla riforma
generale delle professioni, questo sia il paritetico obbiettivo
primario sul quale la nostra associazione dovrà confrontarsi ed operare nel
prossimo periodo.
Per l’importanza e la delicatezza del
momento di interesse primario per la nostra categoria,
e non solo associativo, per mantenere intatto e se possibile accrescere il
livello di rappresentanza nei vari organismi e nelle istituzioni pubbliche, per
continuare omogeneamente il lavoro in corso, ho deciso di ripropormi per un
altro mandato, sempre che questa mia disponibilità sia ritenuta utile per la
nostra associazione.
Naturalmente, dovremo anche pensare a
formare nuove leve di rappresentanza, che potranno continuare e speriamo fare
anche meglio di noi per il futuro, viste che al termine di questo
ulteriore mandato (il terzo e quindi dopo 12 anni), riterro’
in ogni caso conclusi il mio percorso, così che, altri possano avere il
privilegio che mi avete concesso.
Grazie e buon lavoro