Impresa e il fotovoltaico: opportunità e rischi
Per alcuni è un
business vincente. Per altri è una bufala, anche per colpa delle nuove norme
del “conto energia”. Stiamo parlando del fotovoltaico applicato all’industria,
piccola, media o grande che sia. La verità, come spesso accade, sta
probabilmente nel mezzo: occorre a mente fredda farsi i conti in tasca,
valutandolo come un’opportunità da cogliere con le dovute cautele.
I sostenitori del cosiddetto “FV” ricordano
che l’industria, ha larga disponibilità di superfici di tetto su cui disporre i
pannelli solari: spesso centinaia se non migliaia di metri quadrati, niente a
che vedere con quelle che ricoprono villette o anche condomini. Poi la
possibilità di disporre di una fonte energetica a
prezzo zero, preziosa soprattutto se i consumi, quali per esempio quelli di una
fabbrichetta metalmeccanica, sono un’importante voce
nel passivo aziendale. Da non trascurare inoltre il fatto che il costo
dell’impianto è ammortizzabile in bilancio e l’Iva sull’acquisto detraibile,
fattori positivi che i privati che installano gli
impianti a fonti energetiche rinnovabili non possono mettere in conto. Infine
con un mutuo pensato ad hoc (o con un leasing) è
pensabile di installare l’impianto a costi vicini allo zero, godendo sin da
subito di forti sconti sulla bolletta.
I detrattori insistono innanzitutto su fatto
che le tariffe incentivanti sono sottoposte alla tassazione del reddito
d’impresa, anche quando gran parte dell’energia viene autoconsumata.
Sottolineano poi per gli impianti oltre i 20 kilowatt
la vendita del surplus di energia è un fatto obbligato, a tariffe minime che
partono da 0,098 euro al kilowatt (e ancor meno per le produzioni più alte, si
veda la tabella) contro gli 0,11-0,14 al kW a cui
l’imprenditore
Entrambe le due tesi sono
hanno del vero. Portano però a tre conclusioni molto semplici
(evidenziate nei due esempi in pagina). La prima è che, se si paga di tasca
propria l’impianto, la redditività dell’investimento è piuttosto bassa, che
oscilla da un minimo del 4% (piccola industria al Nord con alti costi di installazione) all’8% (grande industria al Sud). In
compenso, si guadagna sulla bolletta, trasformando un costo operativo in
investimento. La seconda è che, è per chi ricorre a un
mutuo o a un leasing le tariffe incentivanti fanno in buona parte da copertura
al credito concesso e il risparmio dei costi energetico è garantito. E’
quest’ultima scelta quella di gran lunga privilegiata
dalle Pmi, in parte per i minori rischi insiti in
questa soluzione, in parte perché non rientra nella mentalità dell’imprenditore
destinare la liquidità di cassa a un business, quello energetico, diverso da
quello a cui si è destinata la propria attività principale.
La terza considerazione è che tutto o molto
cambierà quando, come è previsto dalla finanziaria
2008, un decreto ministeriale sancirà il passaggio da un massimo di 20 kW a uno di 200 kW del regime
dello scambio sul posto. Afferma Luigi Oliva, consulente di Sviluppo Valore,
società che con Assolombarda ha lanciato lo
“Sportello Fotovoltaico” per le imprese: “La conseguenza sarà che un
imprenditore che consuma molta energia (per esempio perché proprietario di
un’officia metalmeccanica) opterà senz’altro per lo
scambio sul posto, anziché per la vendita
privilegiando gli sconti sulla bolletta rispetto alla vendita, che tra
l’altro lo costringe a specializzare la propria attività in un ambito
sconosciuto e caratterizzato da forti oscillazioni dei prezzi derivate anche da
crisi internazionali e difficilmente pianificabili nel futuro”.
Ciò vale anche per chi da oggi gode del “conto energia” ma è costretto, volente o nolente,
a vendere il proprio surplus:salvo sorprese il passaggio dal regime di
alienazione a quello dello scambio sul posto dovrebbe essere possibile a ogni
scadenza del contratto annuale.
Mutui e tariffe vendita: le principali variabili nella scelta
Le considerazioni sui pro e contro del
fotovoltaico sono condizionate da due variabili decise: disponibilità dei mutui
e tariffe di vendita del surplus prodotto.
I mutui. Sulla carta
sono molte, e in crescita numerica, le
banche che garantiscono mutui al 100% del costo per l’installazione di impianti con fonti rinnovabili, prendendo a garanzia o le
tariffe incentivanti del conto energia oppure i certificati verdi destinanti a
fonti diverse dal FV. Molte di esse giungono fino a
promettere prestiti chirografari (senza quindi la necessità e il costo di
ricorrere a ipoteche sugli immobili). Come abbiamo già premesso, lo sviluppo di
questo tipo di crediti è condizione imprescindibile senza il
quale il fotovoltaico nelle Pmi sarebbe
destinato a restare nel pio limbo dei desideri.
Il guaio è che non
sempre ai buoni propositi corrisponde la realtà. Molti prodotti offerti per
ragioni di immagine non corrispondono a effettive
disponibilità di erogare finanziamenti reali. Inoltre la proverbiale ritrosia delle banche italiana al
capital financing, porta di fatto a non accontentarsi
facilmente della garanzia ventennale delle tariffe
incentivanti, ma a puntare su altri ammortizzatori del rischio: fideiussioni,
analisi dell’effettiva solidità industriale della Pmi,
ipoteche, cambiali Anche quando, sulla
carta, l’industria avrebbe la possibilità di ottenere il mutuo, rischia di
consumare la sua “capacità di attirare credito” per l’impianto, non potendo
avere altro denaro fresco utile per il suo core business, una situazione
inaccettabile.
La vendita
dell’energia. L’alienazione del surplus di energia,
come alternativa allo scambio sul posto, è, a detta di Francesco Trezza
del Gse, più interessante di quel che pare: “Fatta la
premessa che lo scambio sul posto è più favorevole per chi consuma molto”dice Trezza, “anche chi fa il contrario, perché dispone di
grandi superfici su capannoni adibititi a semplici magazzini, ha i suoi vantaggi. Non bisogna dimenticare
che le tariffe minime garantire per la vendita sono, appunto, minime. Nella
vendita si fa riferimento ai prezzi del mercato locale, che variano
a seconda delle ore di consumo. Quelle nella fascia attorno a mezzogiorno,
quando ci sono i picchi di insolazione, sonio i più alti e perciò e probabile che chi ospita il
fotovoltaico possa spuntare tariffe più alte di quelle alle quali acquisterebbe
l’energia, rendendo interessante a lungo periodo l’investimento”.
Novità sul conto energia
Ogni discorso sulla
convenienza economica del fotovoltaico non avrebbe senso se non esistesse una spinta decisiva all’installazione: il cosiddetto
conto-energia, cioè la possibilità di essere pagati per ogni kilowatt di
energia solare “pulita” prodotta, anche per il proprio autoconsumo.
E, in caso di forti surplus, la possibilità di vendere quel
che non si utilizza, a tariffe minime garantite, non di molto inferiori a
quelle di mercato. Si tratta di un incentivo indispensabile per
giustificare il costo davvero elevato di installazione
di questo tipo di impianto, una scelta che nasce da motivazioni
politico-culturali, giustificata come l’unico modo per rendere possibile
l’espansione dell’energia solare “evoluta”, quella che utilizza l’irradiazione
del sole direttamente per la produzione di elettricità e non, come accade per i
pannelli solari termici, per scaldare un liquido da utilizzare solo per usi
igienico sanitari.
Il 2008 è il
secondo, e più importante, anno di svolta, per questo tipo di
energia. I primo è stato il 2006, quando si è
passati dai contributi, erogati dalle regioni, al conto energia, che lascia
all’investitore tutto il peso del costo d’installazione, ma in compenso lo
premia con il pagamento di ogni kilowatt prodotto, a suo favore sé o per gli
altri, nel corso di vent’anni. Il secondo, il 2008,
ha dato il via libera a un flusso quasi illimitato di
finanziamenti, garantito da un’addizionale apposita (A3) sulle bollette
energetiche pagate dagli italiani. Ricordiamo che, invece, fino all’anno scorso ottenere le cosiddette “tariffe agevolate”
era un bel match: file interminabili al primo giorno di apertura degli
sportelli per l’accoglienza delle domande (l’1 marzo), e fondi esauriti nel
giro di pochi giorni.
Per slacciare i
cordoni della borsa è bastato escludere dalla componente
tariffaria A3 delle bollette le centrali che producono energia dai rifiuti o
dai combustibili fossili, che da marzo 2008, come dispone la nuova Finanziaria
(art. 2 commi 136-138), non riceveranno più fondi, tutti dedicati alle vere
fonti rinnovabili. Ciò ha tra l’altro permesso di abolire del tutto la
cosiddetta “fase istruttoria” delle domande, e quindi le file dei questuanti.
Oggi la richiesta di incentivi va presentata al Gse (il Gestore dei servizi elettrici che sovrintende a
questo settore) solo dopo l’entrata in esercizio dell’impianto e, in sostanza,
è automaticamente accolta se l’impianto è in regola. Una procedura davvero
snella, anche se nasconde alcune insidie (vedi articolo in pagina). Il limite
di potenza agevolabile (passato via via da 100
megawatt a 1.200 megawatt più altri 100 per impianti che impiegano tecnologie
innovative) dovrebbe essere più che sufficiente ad
adempiere alla richieste, ed è comunque flessibile perché permette una proroga
di 14 mesi dopo che è stato raggiunto, per gli impianti entrati in esercizio in
quel periodo.
Va poi aggiunto che
quello che il “nuovo conto energia” (come è ormai
chiamato) introduce diverse altre novità. Tra le altre un
premio per impianti fotovoltaici abbinati all’uso efficiente dell’energia.
Poi un altro premio a chi sostituisce coperture contenenti amianto (il
famigerato Eternit) con quelle integrate nel tetto
dell’edificio (che, già da sole, hanno incentivi maggiori). Infine il
superamento sia del limite di 1000 kW,
quale potenza massima incentivabile per un singolo impianto, sia di quello che
impediva l’utilizzo della tecnologia fotovoltaica a
film sottile, molto usata nell’ambito dell’integrazione architettonica dei
pannelli nelle coperture. Le ultime due misura sono
decisive per favorire soprattutto gli impianti nella grande industria.
Quanti impianti per l’industria
Il recente rapporto
sull’andamento del settore fotovoltaico,
diffuso a gennaio 2008 ma con dati riferiti a
settembre 2007, ha scatenato forti polemiche nel settore.
All’indice
soprattutto il fatto che le cifre riportate fanno balzare all’occhio come il
settore dei medi e grandi impianti sarebbe in
tendenziale declino, con conseguente calo della produzione elettrica in futuro:
dei 53,6 megawatt entrati in esercizio, solo 12 sono ascrivibili agli impianti
costruiti nell'ambito delle regole del nuovo conto energia, mentre il resto
sarebbe frutto di quelle applicate nel vecchio conto. Per ora, insomma, si vive
di rendita, ma in futuro le cose cambieranno in peggio, dal momento che le
nuove norme penalizzano le installazioni medio grandi.
Ne abbiamo chiesto conto a Francesco Trezza, responsabile del Gestore dei servizi elettrici per
il settore del F.T:
D. C’è del vero nelle polemiche scatenate dal vostro
rapporto?
R. A parte il fatto
che quei 12 megawatt sono già saliti a 19, è noto che oggi, a differenza di un
tempo, siamo costretti a tener conto solo degli impianti effettivamente in
funzione, ed anche di essi dopo un lasso di tempo in media di 3 mesi, necessario per la firma
della convenzione. Pur non potendo fare cifre, abbiamo comunque
il polso della situazione e possiamo garantire che il boom del fotovoltaico con
il nuovo conto energia non si è affatto esaurito, oppure limitato alle utenze
domestiche. Anzi, ci sono operatori internazionali del settore, soprattutto
tedeschi, che ventilano, l’interesse a investire in installazioni a terra nel sud della
Penisola,che avrebbero addirittura dai 100 ai 200 megawatt di potenza, con
estensioni che si avvicinano al chilometro quadrato. Sono attirati dagli
incentivi più interessanti in Italia che da loro. Ad esser ottimisti, ci vorrà però almeno un
anno prima che passino dalle parole ai fatti.
D. Ma c’è chi dice che si scontreranno con
a dura realtà e molleranno la presa…
R. Difficoltà ci sono, inutile negarlo. Primo, trovare ettari ed ettari di
terreno disponibile, sufficientemente pianeggiante, orientato bene verso il
sole, che sia connettibili senza costi stratosferici alla rete. Poi ottenere l’assenso delle amministrazioni locali, scontrandosi
con inevitabili polemiche, da quelle ambientaliste a quelle interessate,
superando scogli burocratici a cui non sono abituati nei loro Paesi d’origine.
Qualche progetto fallirà sul nascere, ma resto ottimista.
D. A parte i mega-impianti, come va con le richieste della
piccola e media industria?
R. Il tempo è
galantuomo, e mi sento di dire che il trend di crescita non è affatto esaurito,
e che non solo il 2008 ma anche gli anni successivi vedranno una robusta
crescita degli impianti da 50 chilowatt di potenza in su.
Il nuovo conto energia, a differenza di quello
vecchio, tien conto dell’a collaudata efficienza
energetica degli impianti e della loro effettiva realizzazione, quindi si regge
su un terreno molto più solido.
Le
regole
La misura dei
contributi versati dallo Stato muta a secondo di due
variabili. La prima è appunto il grado di integrazione
architettonica (inesistente, parziale o totale). La seconda è la potenza
teorica dell’impianto (sono più agevolati quelli piccoli, che costano
proporzionalmente di più). Ecco come.
Tariffe per il 2007 e il 2008
Potenza (kW) |
Impianto non integrato (euro per kW/ora prodotto) |
Impianto integrato parzialmente (euro per kW/ora
prodotto) |
Impianto integrato (euro per kW/ora prodotto) |
Da |
0,4 |
0,44 |
0,49 |
Da 3 a 20 |
0,38 |
0,42 |
0,46 |
Più di 20 |
0,36 |
0,40 |
0,44 |
Sono considerati
“parzialmente integrati” i pannelli sovrapposti al tetto e non integrati quelli
posti, per esempio, sul suolo.
Chi installa subito
è agevolato: infatti queste tariffe verranno ridotte
del 2% nel 2009 e di un altro 2% dal 2010. Poi si vedrà. L’incentivo resta
costante per vent’anni, uguale a quello che si è
riscosso la prima volta,senza aggiornamenti al costo
della vita o dell’energia. Dal ventunesimo, niente più agevolazioni.
L’effettiva
produzione di energia dipende da due fattori: il
numero di pannelli che si installa e il grado di insolazione. Per esempio con
64 pannelli installati a Cuneo (zona fredda) si produce probabilmente circa gli
stessi kilowatt/ora che con 46 installati a Palermo (zona calda).
Oltre
al contributo va tenuto conto, naturalmente, dei risparmi energetici
conseguiti, come minori somme sulla bolletta.
Non è poco, con l’incremento costante dei costi energetici, che ultimamente
hanno avuto una forte impennata. .
Non
è finita: queste tariffe possono essere aumentate del 5%, a favore di privati
cittadini, in questi casi:
a)
per
gli impianti non integrati di potenza superiore a 3 kW,
quando si consuma almeno il 70% dell’energia prodotta;
b)
per
gli impianti integrati in cui il vengono sostituiti i tetti che contengono
amianto.
Infine è previsto un premio aggiuntivo per chi
garantisce una riduzione minima del 10% del fabbisogno energetico degli edifici, proporzionata tale riduzione (con un massimo
del 30% in più della tariffa).
Vendita
Attualmente
gli impianti oltre 20 kW sono costretti alla vendita dell’elettricità prodotta in
più, a tariffe minime garantite più basse di quelle a cui la acquistano:circa
0,098 euro al kilowatt (e ancor meno per le produzioni più alte, si veda la
tabella) contro gli 0,11-0,14 kW a cui
Impianti
di potenza nominale fino a 1 MW. Tariffe di vendita
KW h annui |
Cent di Euro a KWh
(scaglioni) |
fino a 500.000 |
9,8; |
da 500.000 a 1.000.000 |
8,26 |
da 1.000.000 a 2.000.000 |
7,22 |
parte eccedente 2.000.000 di kWh annui |
prezzo pari a quello di cessione dall’Acquirente Unico alle imprese
distributrici per la vendita al mercato vincolato |
•
nel caso di impianti fotovoltaici di potenza superiore
ad 1 MW all’energia immessa in rete viene riconosciuto il prezzo di cessione
dall’Acquirente Unico alle imprese distributrici per la vendita al mercato
vincolato.
Le
tariffe sopra indicate sono valide per l’anno 2008; esse vengono
aggiornate annualmente dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas in misura
pari al 40% del tasso di variazione annuale dei prezzi al consumo per le
famiglie di operai e impiegati rilevato dall’Istat..
Scambio sul posto oppure vendita dell’energia
Tutti gli impianti fotovoltaici
vanno connessi alla rete locale dell’elettricità. Per due motivi. Il primo è
che possono esserci dei momenti (per esempio di notte o nelle giornate
invernali) in cui non si produce energia e se ne ha comunque
bisogno (e si deve prelevarla dalla rete). Il secondo è perché vi sono anche
momenti in cui se ne produce troppa, e quindi si usa la rete come accumulatore
(altrimenti bisognerebbe avere delle specie di “batterie” in casa che
immagazzinino l’energia.
Ma come si fa a
capire quando si cede elettricità e quando la si
prende? Semplice esistono tre contatori,. Il primo calcola quanta energia ci
produce il nostro fotovoltaico, il secondo quanta ne cediamo
alla rete e il terzo quanta ne prendiamo
Seconda domanda: come si fa il conguaglio tra energia immessa e ceduta,
anche ai fini del pagamento delle bollette?
Esistono due
possibilità alternative l’una con l’altra: il regime detto dello “scambio sul
posto” e quello della vendita ad altri.
Del primo fino a ieri potevano usufruire solo gli impianti medio-piccoli (fino a 20 kW di
potenza). In sostanza viene fatto un conguaglio
annuale tra l’energia prelevata per autoconsumo e
quella ceduta alla rete: se si consuma di più di quello che si produce verranno
addebitati degli importi, se invece si consuma di meno, si ha un “credito di
energia”, che va consumato però entro i tre anni successivi. La Finanziaria
2008 (art. 2, comma 150), però, ha previsto che il limite sia
moltiplicato per dieci, da 20 a 200 kW) anche se
l’efficacia di tale misura è legata all’emanazione di un decreto che, in questi
tempi, non si sa quando verrà varato..
Regime fiscale
Il regime fiscale
del conto energia per le imprese è affrontato dalle circolari Entrate n. 46 e
n. 66 del 2007, che così lo determinano. I contributi (inesattamente definiti,
dal punto di vista fiscale, come “tariffa incentivante”)
che si ricevono sono esenti da Iva. Tuttavia sono una componente
del reddito imponibile, sia che l’energia sia utilizzata per autoconsumo, sia che sia usata per la vendita.
In compenso gli
impianti divengono beni ammortizzabili ed è possibile scontarne anche i costi
di manutenzione e l’Iva sull’acquisto (determinata al 10%), secondo le regole
previste per l’impresa.
Un caso particolare,
affrontato dalle Risoluzioni delle Entrate 28/1/2008 n. 22 e 22/2/2008, n. 61,
e quello dell’impresa installatrice che resta proprietaria dell’impianto,
destinataria diretta degli incentivi, e si limita a garantire ai proprietari
del fabbricato che ospita i pannelli energia gratis, per poi vendere sul mercato
quella eccedente.
Le Finanze
chiariscono che il contratto in essere non è di comodato, ma di locazione, in quanto l’ospitalità dell’impianto è offerta in cambio di
un corrispettivo, che è pari al consumo di energia che l’ospitante si riesce ad
ottenere dal sole. Pertanto l’utilizzatore dell’impianto ne ricava un reddito
di locazione tassabile, pur se variabile nel tempo a seconda
dei suoi consumi effettivi. Viceversa l’impresa proprietaria
dell’impianto si trova esattamente nella situazione di qualsiasi altra impresa
(imponibilità degli incentivi, detrazione dell’Iva sull’acquisto, detraibilità
dei costi, ammortamento possibile del bene). Benché la tariffa incentivante sia
un contributo pubblico, quando viene ceduta ad altri
diviene una somma come un’altra: pertanto in questo caso il suo importo è
soggetto a Iva, al 10% Pertanto l’impresa o la banca che incassa il contributo
dovrà emettere regolare fattura con Iva (a meno che il contributo venga versato
in un conto intestato all’impresa presso la banca al solo scopo di servire da
garanzia a copertura di un prestito dato dalla banca stessa)..
Infine per quanto
riguarda la ritenuta, il soggetto attuatore (G.S.E.) é come sempre tenuto ad effettuare
la ritenuta sul contributo erogato a titolo di tariffa incentivante alle
imprese o agli enti non commerciali se gli impianti attengono all'attività
commerciale esercitata, mentre non é tenuto ad effettuare la ritenuta nei
confronti di soggetti che non svolgono attività commerciale.
Misure prudenziali
Il boom del fotovoltaico ha avuto numerosi
effetti indesiderabili. Il primo è l’incremento esponenziale degli operatori
addetti, passati da 30-40 di alcuni anni fa a
centinaia e centinaia: sono quelli che
con la loro professionalità dovrebbero assistere il cliente dalla progettazione
e realizzazione dell’impianto, ai conti economici sui costi benefici al
recupero dei finanziamenti. In una sorta di corsa dell’oro, si sono
improvvisati alle gestione dei pacchetti “chiavi in
mano” impiantisti, mediatori di crediti, commercialisti, semplici affaristi del
momento. Gli effetti si vedono sul campo. Innanzitutto rendimenti energetici
futuri degli impianti gonfiati del 15-20% (magari calcolati in
base a norme Uni, come la 10349, pensate per situazioni ottimali di
edilizia bioclimatica),. Poi documentazione passata
al Gse insufficiente e mal fatta, che fa slittare di
mesi la firma delle necessarie convenzioni (sta divenendo la regola, anziché
l’eccezione, dicono all’organo preposto). Quindi
business-plan improvvisati da persone che sanno poco calcolare costi e
detrazioni fiscali in bilancio e
ammortamenti futuri, che non tengono conto delle polizze assicurative,
che standardizzano annualmente gli esborsi per la manutenzione o il
decadimento dei rendimenti termici.
Secondo Trezza del Gse poi l’eccesso di domanda rispetto all’offerta a fatto
lievitare in modo ingiustificato i prezzi del pannelli:
“Facendo riferimento a un medio impianto, per
i produttori che installano per sé sono poco più di 4 mila euro a
kilowatt prodotto, mentre salgono a oltre 6 mila euro per gli utilizzatori
finali “, afferma il responsabile del Gse.
Prima di optare per
l’installazione bisogna inoltre essere consapevoli di alcuni rischi, che chi
cerca di venderci l’impianto o il finanziamento prende, alcune volte,
sottogamba, per superficialità o anche per dolo. Avverte Luigi Oliva,
consulente Sviluppo Valore: “Si possono buttar via i
soldi, pagati per il progetto, se la Dia o il permesso di costruire incocciano
con vincoli di tipo ambientale o costruttivo (riguardanti per esempio il tipo
di tetto da adottare nella zona), per mancato rispetto delle distanze legali,
per servitù di veduta, per polemiche ambientaliste. Ancor più spesso la rete
dell’elettricità può essere troppo lontana e risultare
quindi troppo costoso il collegamento o necessaria la costruzione di una cabina
di trasformazione bassa / media tensione”.
La situazione può essere ancor più grave
quando l’impianto è già realizzato, ma non rispetta le normative o ha un
collaudo inefficiente (ed è di scarsa soddisfazione il fatto di aver diritto di
chiedere i danni all’ impresa inefficiente che ha
avuto l’appalto).
Esempio 1 – piccola impresa, Nord
Italia
Scambio sul posto.
Produttività primo anno 1.150 kWh/kWp, 80% di potenza minima garantita alla fine del 25°
anno. Tetto a falde, utilizzata solo quella orientata sud
– sud-est , al netto di aree di servizio e parti ombreggiate.
|
Senza mutuo |
Con mutuo chirografario di 14
anni al 100% |
Superficie occupata da impianto |
280 mq |
|
Potenza nominale |
35 kWp |
|
Energia consumata |
45.000 kWh
annui |
|
Energia prodotta da impianto FV (primo anno) |
40.250 kWh
annui |
|
Costo energia elettrica in bolletta |
0,135 €/kWh (1) |
|
Tariffa incentivante |
0,40 €/kWh |
|
I conti dopo 25 anni |
||
Investimento impianto (con Iva al 10%) |
-242.550 € |
0 (finanziato da istituto di credito) |
Detrazione Iva |
22.250 € |
0 |
Incentivi lordi in 20 anni |
291.300 € |
+ 81.800 € (2) |
Risparmio energetico conseguito |
118.200 € |
118.200 € |
Manutenzione impianto netto Iva |
-37.500 € |
-37.500 € |
Polizza assicurativa netto Iva |
-25.000 € |
-25.000 € |
Ammortamento impianto in 9 anni al 12% |
-242.550 € |
-242.550 € (3) |
Imposte sul reddito 31,4 % |
-32.800 € |
- 25.500 € |
Rimborso capitale al netto degli incentivi
ceduti alla banca |
0 |
- 11.000 |
Interessi al netto del credito d’imposta |
0 |
- 70.000 (4) |
Somma flussi di cassa |
||
Dopo 5 anni |
-121.700 € |
14.000 € (5) |
Dopo 10 anni |
-33.700 € |
- 3.200 |
Dopo 15 anni |
23.800 € |
- 46.800 |
Dopo 20 anni |
78.200 € |
8.200 |
Dopo 25 anni |
89.800 |
19.800 |
Periodo in cui i costi si ammortizzano (pay
back) |
14 anni |
- |
Fonte: Elaborazione Sviluppo
Valore per Il Sole 24 ore
Esempio
2 – impresa con impianto fv per vendita energia sul
tetto di un proprio capannone ceduto in affitto a terzi, Sud
Italia
Vendita energia.
Produttività primo anno 1.400 kWh/kWp, 80% di potenza minima garantita alla fine del 25°
anno. Tetto piano, pannelli orientati a sud e inclinati a 30°, superficie
utilizzata al netto al netto di aree di servizio e
parti ombreggiate.
|
Senza mutuo |
Con mutuo chirografario di 11
anni o leasing 100% |
Superficie occupata da impianto |
686 mq |
|
Potenza nominale |
85 kWp |
|
Energia consumata |
0 Kw |
|
Energia prodotta da impianto FV |
119.000 kWh
annui |
|
Prezzo minimo garantito di cessione |
0,098 €/kWh (6) |
|
Tariffa incentivante |
0,40 €/kWh |
|
I conti dopo 25 anni |
||
Investimento impianto (con Iva al 10%) |
-532.950 € |
0 (finanziato da istituto di credito) |
Detrazione Iva |
48.450 € |
0 |
Incentivi lordi in 20 anni |
861.400 € |
+ 430.700 € (5) |
Risparmio energetico conseguito |
253.700 € |
253.700 € |
Manutenzione impianto netto Iva |
-98.000 € |
-98.000 € |
Polizza assicurativa netto Iva |
-35.400 € |
-35.400 € |
Ammortamento impianto in 12 anni al 9% |
-484.500 € (3) |
-484.500 € (3) |
Imposte sul reddito 31,4 % |
-156.100 € |
-156.100 € |
Somma flussi di cassa
(4) |
||
Dopo 5 anni |
-255.100 € |
2.200 (5) |
Dopo 10 anni |
-16.800 |
- 46.300 |
Dopo 15 anni |
160.300 |
41.000 |
Dopo 20 anni |
313.800 |
194.500 |
Dopo 25 anni |
341.000 |
221.800 |
Periodo in cui i costi si ammortizzano (pay
back) |
11 anni |
- |
Fonte: Elaborazione Sviluppo
Valore per Il Sole 24 ore
Note
(entrambe le tabelle):
(1) costo
medio parte variabile in bolletta (la fissa è costituita da contatori, dispacciamento, tasse da pagare comunque
per impianti grid connected)
(2)
ultimi 6 anni
(3) non
costituendo un’effettiva uscita di cassa, gli ammortamenti influiscono sui
flussi di cassa incrementando il credito d’imposta
(4)
considerate detraibili imposte pari al 27,5% (IRES), nell’ipotesi che gli
interessi passivi, per la parte eccedente l’ammontare degli interessi
attivi, non superino
il 30% del Reddito Operativo Lordo (vedi Finanziaria 2008)
(5) il preammortamento del mutuo deve consentire di iniziare il
rimborso dopo l’entrata in esercizio dell’impianto e in corrispondenza
dell’incasso della prima tariffa incentivante
(6)
tariffa stabilita per il 2008 dall’AEEG, valida fino a 500.000 kWh/annui prodotti, in base alla
Delibera n. 280/07
(7)
ultimi 9 anni
Commento alle tabelle
Ecco due esempio di impianti, il primo più piccolo e situato a nord della penisola, con energia
prodotta per autoconsumo, e il secondo più grande a
sud con energia prodotta solo per la vendita in capannoni affittati. Balza
all’occhio come sul breve periodo il mutuo convenga di
più ementre sul lungo è l’investimento in proprio a
vincere il match. Le durate dei mutuo sono parametrate
al momento in cui i costi iniziali si
ammortizzano.
Nel primo esempio il
tasso di rendimento è basso (4%, simile a quello di un Cct)
ma in realtà l’installazione del fotovoltaico va vista come trasformazione di
un costo operativo in investimento per
il risparmio energetico. Nel secondo è un po’ più elevato (6%, simile a quello
di un investimento immobiliare). In
realtà l’installazione del fotovoltaico va vista come trasformazione di un costo operativo in investimento per il
risparmio energetico..