Il quasi condominio: le situazioni limite
Nella puntata di
domenica scorsa abbiamo parlato delle differenze tra
condominio e comunione, importantissime per stabilire come avvengono le
decisioni, come si dividono le spese, come si regolano i rapporti con il Fisco,
chi paga quando accade un incidente o un guasto, quando è obbligatorio nominare
un amministratore e quando non lo è. Ma, come vedremo
ora, le cose possono essere ben più complesse di quanto abbiamo finora
raccontato. Oltre a condominio e comunione, infatti, esistono
altre possibilità, quando diversi proprietari di immobili singoli hanno
qualcosa in comune tra di loro. Alcune di esse sono
“creazioni” dei giudici, che sono stati costretti ad affinare l’ingegno dal
momento che il codice civile, che risale al lontano 1943, non si è mai adeguato
alla concreta realtà di un mondo in evoluzione. Non per questo contano meno,
perché queste interpretazioni sono divenute talmente consolidate da funzionare
come una legge vera e propria.
Il condominio parziale
Anche
quando si costituisce un condominio. Resta possibile
che esistano beni comuni solo a una parte dei
proprietari (per esempio un ascensore che serve solo una scala). Ciò crea il
cosiddetto"condominio parziale". L’amministratore ne dovrà tener
conto per una giusta ripartizione delle spese che troppo spesso vengono accollate anche a quei condomini che sono
considerati proprietari di tutte le parti comuni, ma che non traggono alcuna
utilità da certi beni.
In mancanza di un
preciso accordo contrattuale (per esempio il regolamento condominiale allegato
ai rogiti) è solo cercando di capire chi può usare il bene, che si riesce a individuare chi ne è proprietario e che ne deve, quindi,
pagare i costi.
In un immobile con
due scale;, l’ascensore della scala A non può essere utile ai condomini della
scala B, e viceversa, così come un’occlusione del tubo di fognatura posto nella
scala A non coinvolge i condomini della scala B.
La definizione
di"condominio parziale" è forse più vasta di quella
di"supercondominio", che prevede più edifici autonomi, anche se magari
con muri portanti divisori in comune.
Le persone coinvolte
in un condominio parziale sono, ovviamente, le uniche che possono decidere in
merito alle spese che riguardano solo loro, dal momento che debbono
pagarle. Quindi è ben possibile che in un complesso condominiale si tenga
un’assemblea di una sola scala, per decidere, per esempio, la riparazione di
gradini o corrimani, o quella dell’ impianto dei
citofoni o la sostituzione dei lampadari sui pianerottoli.
Molto spesso per
stabilire quanti millesimi fanno capo a ciascun condomino in una di queste
assemblee, occorrerà che l’amministratore li “riparametri”, in modo da escludere i proprietari delle
altre scale dal calcolo. Si tratta di un’operazione matematica abbastanza
semplice, basata su un’equazione di primo grado.
Piccoli edifici: sono condominii?
Una situazione
anomala, nel distinguere condominio da comunione, è quella degli edifici molto
piccoli.
Prendiamo due tipi
di villette bifamiliari. Nella prima le due famiglie
risiedono una al pian terreno, l'altra a quello superiore, anche se hanno
ingressi distinti. Di fatto, siamo in
presenza di una struttura verticale, con tetto e pareti portanti in
comune. Insomma un minuscolo condominio. Anche se i
piani sono solo due, potrebbero essere di più. Nella seconda villetta, invece,
i due appartamenti sono confinanti di lato, e hanno in comune solo un muro (in
genere anche i due giardini sono autonomi). In questa situazione non sai applicheranno le norme sul condominio, ma solo quelle sulla
comunione.
Il supercondominio
Vi sono poi
particolari condizioni in cui coesistono condominio e comunione: per esempio in
gruppo di palazzi condominiali che hanno lo stesso giardino, la
stesso recinzione o un garage o infine un impianto di riscaldamento
unico. E’ il cosiddetto super-condominio. Normalmente la sua costituzione è
varata dal costruttore che edifica il complesso e che ne redige il relativo
regolamento, comprensivo di tabelle millesimali. In linea di principio, ogni
singolo condominio sarà gestito da un amministratore, e a sua volta il
supercondominio sarà retto da un altro amministratore.
Capita talora che il
supercondominio si formi in seguito, perché palazzi autonomi decidono di avere
una cosa in comune (per esempio un impianto di riscaldamento o un garage). In
tal caso, i criteri di divisione dei millesimi sono ricordati da una sentenza
della Cassazione (16 febbraio 1996, n. 1206). Devono esistere due tabelle. La
prima riguarda i millesimi supercondominiali, e stabilisce la spartizione della
spesa non tra i singoli condomini, ma tra gli edifici che costituiscono il
complesso. Per esempio, 400 millesimi all’edificio A, 320
all’edificio B e 280 all’edificio C. Ovviamente l’edificio A sarà il più vasto e l’edificio C il più piccolo. La seconda
tabella è quella normale interna ad ogni edificio. Una volta stabilito che
all’edificio A tocca il 40% della spesa, questo 40% sarà suddiviso tra i suoi
condomini in proporzione alla tabella millesimale
interna a quel particolare edificio condominiale.
Conta lo stesso
discorso che vale per il condominio: se non tutti sono
d’accordo sulla ripartizione, ci si rimette al giudice.
La servitù
Non sempre le
relazioni tra palazzi diversi con usi di cose in comune sono inquadrate sotto
la categoria del super-condominio: talora infatti uno
solo dei palazzi ha la proprietà, mentre gli altri godono di una servitù (per
esempio il diritto di passaggio in un cortile). Poiché
le norme sulla spartizione delle spese in caso di rapporti supercondominiali
sono differenti da quelle in caso di servitù, occorre chiarire con attenzione
in quale situazione ci si trova: il che può essere davvero complicato.
Bisognerebbe che una riforma del codice civile affronti
con serietà questo problema.
Infatti
la servitù prevede che sia il proprietario gravato dalla servitù stessa che
quello che ne gode possano portare miglioramenti alle parti coinvolte, senza
per questo essere costretti a mettersi d’accordo prima.
Facciamo un esempio,
per intendersi: quello di un cortile che è di proprietà del palazzo
A, ma su cui ha diritto di passaggio per accede al proprio immobile il
proprietario di una villetta B. Se il pavimento del cortile è malmesso, i
proprietari del palazzo A non solo possono lastricarlo
di nuovo, senza sentire il proprietario della villetta B, ma addirittura sono
costretti a farlo, perché altrimenti il diritto di passaggio della villetta è
gravemente compromesso. Se le opere si limitano a mantenere e conservare il
cortile così come è, non sarà nemmeno possibile
chiedere un rimborso delle spese. Se però le opere
portano a miglioramenti e vantaggi per la villetta B, il rimborso spese potrà
essere richiesto e sarà proporzionale ai vantaggi ottenuti dalla villetta B stessa
(articolo 1069 del codice civile, ultimo comma). Ovviamente in caso di
contrasti sulla suddivisione, sarà necessario rivolgersi al giudice, che
deciderà in base alla situazione concreta.
La servitù porta ad
altri limiti, sconosciuti ai rapporti condominiali. Per esempio quello del
divieto di aggravamento della servitù stessa (art.
1067 del codice). Per esempio, se il diritto di passaggio esiste su una strada
percorribile da automobili, è impossibile che essa venga
ristretta fino a diventare solo pedonale e può anche essere vietato chiuderla
con un cancello, se ciò rende particolarmente scomodo o faticoso per chi gode
del diritto di servitù il fatto di utilizzarla.