Risparmio energetico e sicurezza, binomio complesso
Struttura edile e
impianti a suo servizio: questi i due elementi che compongono un fabbricato,
che si tratti di una villetta, di un condominio multipiano o del castello delle
favole di Biancaneve. Per ciascuno dei due (o per entrambi, nel loro complesso)
sono state varate sia norme sulla sicurezza che norme sul risparmio energetico,
di cui parliamo in queste due pagine. Più di recente, anche norme sulla
sostenibilità ambientale, su cui invece sorvoleremo (per esempio,
l’insonorizzazione, la bonifica dall’amianto, l’uso di materiali il cui
processo di produzione o smaltimento sia eco-compatibile).
Va subito chiarito
che sicurezza e risparmio sono trattate da norme diverse, anche perché talora
sono in contraddizione l’una con l’altro: una finestra sigillata è l’ideale per
evitare il freddo ma causa pericoli per la mancata ventilazione in caso di
riscaldamento a gas e inquinamento indoor, un ascensore con tanti dispositivi
anti-infortuni consuma più elettricità, eccetera.
Di leggi tecniche
sulla sicurezza delle strutture ne esistono diverse (per esempio quelle
statiche sulle costruzioni di cemento armato, di cui c’è anche un Catasto, o
quelle sulle edificazioni in zone sismiche), ma interessano più le ditte edili
che il comune proprietario di un immobile esistente. Per lui sono invece di
grande rilievo quelle sulla sicurezza degli impianti, soprattutto perché gli
impongono continui adeguamenti a tutela dell’incolumità propria e dei vicini di
casa. Norma base è, da quest’anno, il decreto del Ministero dello Sviluppo 22
gennaio 2008, n. 37, che ha come campo d’azione tutti gli impianti singoli e
collettivi (elettricità, gas, riscaldamento, ascensori, antenne, acqua,
fognature, antifurto, antincendio, radiotelevisivi, cancelli automatizzati,
citofoni). Il decreto, ovviamente, non ha la pretesa di prescrivere quali
accorgimenti e requisiti adottare per la sicurezza: essi sono demandati a norme
tecniche di dettaglio, diverse per ogni impianto, di cui diamo un elenco
sintetico nella prossima pagina. Tuttavia il decreto fissa quattro principi
chiave:.
1) l’installazione,
la manutenzione straordinaria e ordinaria degli impianti devono essere affidati
a persone abilitate, nel ramo di competenza.
2) ogni intervento
che non sia di mera manutenzione ordinaria prevede che chi lo esegue rilasci
un’apposita “dichiarazione di conformità”. Attenzione: con essa viene
certificata la conformità alle norme dei lavori eseguiti, non tutto l’impianto.
3) E’ previsto un
progetto per la manutenzione straordinaria e l’installazione.
4) Chi non si
adegua, è sottoposto a sanzioni.
Le norme sul
risparmio energetico sono invece di due diversi tipi. Quelle che riguardano
solo gli impianti termici e di condizionamento dell’aria in genere, cioè i
principali “colpevoli” delle bollette salate, e quelle sui rendimenti e
l’efficienza energetica in edilizia, che invece coinvolgono in un tutt’unico
impianti e strutture (queste ultime soprattutto in termine di coibentazione di
pareti e infissi), dando una certificazione energetica della macchina-immobile nel
suo complesso.
Le prime sono
inquadrate soprattutto nella legge n. 10/1991 e nel suo decreto di attuazione
(Dpr n. 412/1993). Si occupano, in realtà, anche di certe prescrizioni di
sicurezza, oltre che dell’esercizio e della manutenzione delle caldaie. Le
seconde sono dettagliate dei decreti legislativi n. 192 del 2005 e n. 115 del
2008 e prescrivono, da certe date, fabbisogni energetici ridotti per gli
immobili nuovi o totalmente ristrutturati e una “fotografia” dello stato di
fatto di quelli pre-esistenti.
In più varie e
diverse norme si occupano delle fonti rinnovabili, che vengono ovviamente
agevolate (pannelli solari termici e fotovoltaici, eolico, geotermico,
biomasse, idroelettrico, eccetera).
Condomini e certificazione energetica
Si avvicina la
scadenza (1 luglio 2009) entro cui tutti gli appartamenti compravenduti
dovranno essere dotati di certificazione energetica. Se sono in condominio, non
è per niente chiaro come potranno farlo. Ecco perché.
Con la certificazione
si valutare innanzitutto la permeabilità al freddo delle strutture, cioè di
pareti, soffitti, pavimenti e finestre (la cosiddetta “trasmittanza termica” ).
Poi occorre stimare l’efficienza dell’impianto di riscaldamento.
Per quanto riguarda
la trasmittanza è evidente che, novantanove volte su cento, le pareti di un appartamento
sono dello stesso materiale e dello stesso spessore di quelle dell’appartamento
di sopra o di quello di sotto. Quindi, per spartirsi i costi di certificazione,
converrebbe che il condominio facesse una certificazione unica dello stabile.
Per pavimenti e soffitti, invece, le cose non stanno esattamente così. Infatti
un appartamento all’ultimo piano è in genere più esposto al freddo proveniente
dal tetto o dal lastrico solare di uno a un piano intermedio. Stesso discorso
per un appartamento al primo piano o al terreno che sovrastano uno scantinato o
un androne non riscaldato.
Infine le finestre:
Se sono quelle originali, la certificazione potrebbe essere condominiale, se
invece qualcuno ha installato doppi o tripli vetri, le cose cambiano. Passiamo
ora all’impianto di riscaldamento. Se è autonomo, niente da dire. Se è invece
centralizzato, il condomino che vende dovrebbe ottenere tutte le informazioni a
proposito dall’amministratore o dalla ditta che gestisce la caldaia comune.
Ma cosa dice la
legge? Il Dlgs n. 192/2005 (copiato dalle norme di Liguria, Piemonte ed Emilia)
afferma che per gli appartamenti termoautonomi in condominio può essere fatta
singolarmente oppure “basarsi sulla valutazione di un altro appartamento
rappresentativo dello stesso condominio e della stessa tipologia”. E’ evidente
l’ambiguità dell’espressione “della stessa tipologia”. Occorre che i due
appartamenti siano di uguale estensione? Allo stesso piano? Entrambi con
semplice o doppia esposizione? Mah. Comunque si apre in teoria due possibilità.
La prima è che la certificazione venga fatta singola, ma per incarico di tutto
il condominio. La seconda è che l’acquirente di un immobile (o chi lo aliena) rivendano,
magari a prezzo scontato. la propria certificazione a un altro proprietario
dello stabile, che intenda in seguito alienare il suo appartamento.
E quando la caldaia
è centralizzata? Il decreto, in questo caso, ammette una certificazione comune
dell'intero edificio (quindi condominiale), a prescindere dalla tipologia
dell’appartamento. Il che sarebbe davvero un bel risparmio per tutti, se si
riesce a convincere l’assemblea a pagarla. Tuttavia, due regioni pongono dei
limiti. La Lombardia ammette la certificazione condominiale “solo nel momento
in cui tutte le unità immobiliari che costituiscono l’edificio abbiano la
medesima destinazione d’uso”. Quindi, secondo la lettera della legge lombarda,
basta un negozietto al piano terra perché la certificazione condominiale non
risolva il problema. La Val d’Aosta esclude invece dalla certificazione comune
gli stabili con impianto centralizzato dotato di “sistema per la
contabilizzazione individuale dei consumi”, in cui è possibile regolare il
calore o spegnere i caloriferi appartamento per appartamento. E così rende meno
conveniente l’installazione di un impianto che è avvantaggiato dalle norme sul
risparmio energetico.
Attenzione, infine:
tutte le norme (comprese quelle dell’Unione europea) affermano che la
certificazione energetica ha una validità massima di dieci anni. Perciò dopo
questo periodo diviene necessario rifarla (e ripagarla).
Certificazione degli edifici esistenti: quando
Zona(provvedimento) |
|
A
partire dal… |
Italia (Dlgs 192/2005)* |
Edifici fino a 1.000 mq compravenduti |
1/7/2008 |
Singole unità immobiliari |
1/7/2009. |
|
Lombardia (D.g.r. 31 ottobre 2007 - n.
8/5773, art. 6) |
Compravendite di interi edifici, anche con
appartamenti termoautonomo (in tal caso certificazione energetica per ciascuna
unità) |
1/9/2007 |
Compravendite di singole unità immobiliari |
1/7/2009 |
|
Locazioni di interi edifici o unità
immobiliari |
1/7/2010 |
|
Liguria, legge 29/5/2007, n. 22, art. 28 |
Compravendite o locazioni di edifici
superiori a 1.000 metri quadrati |
8/5/2008 |
Compravendite o locazioni di edifici
inferiori a 1.000 metri quadrati |
8/11/2008 |
|
Compravendite o locazioni di singole unità
immobiliari |
8/5/2009 |
|
Emilia Romagna, legge 23/12/2004, n. 26,
art. 25; Deliberazione assemblea legislativa n. 156/2008, art. 5 (1) |
Compravendite di interi edifici,, con
esclusione delle singole unità immobiliari |
1/7/2008 |
Compravendite singole unità immobiliari |
1/7/2009 |
|
Locazioni edifici e singole unità
immobiliari |
1/7/2010 |
|
Piemonte, legge 28 maggio 2007, n. 13, art.
2 e 21 |
In tutti i casi di compravendita e locazione |
1/7/2009 |
Toscana, Legge 24/2/2005, n. 39, art. 23,
Dgr 28/2/2005, n. 322 |
In tutti i casi di compravendita e locazione |
n.d. (3) |
Prov. autonoma Trento (legge 4/3/2008, n. 1,
art. 84) |
In tutti i casi di compravendita e locazione |
n.d. (3) |
Val d’Aosta, legge 18/4/2008, n. 21 |
Compravendite di interi edifici o singole
unità immobiliari |
n.d. (3) |
Locazione di interi edifici o singole unità
immobiliari |
*
Norma valida se la regione non stabilisce diversamente
Fonte:
Ufficio Studi Confappi-Federamministratori
Il riscaldamento dipende dalla zona termica
Le norme sul
risparmio sul riscaldamento si imperniano sul principio di responsabilità: due
funzioni, quella della manutenzione e quella dell’esercizio della caldaia sono
affidate in prima battuta all’utilizzatore dell’impianto e, in seconda battuta,
possono essere o meno delegate a tecnici specializzati, i cosiddetti “terzi
responsabili dell’impianto calore”. Utilizzatore è, per gli impianti
termoautonomo, chi occupa i locali, proprietario o inquilino in locazione che
sia. Per quelli centralizzati, invece è il condominio, rappresentato
dall’amministratore. La delega al terzo responsabile è di fatto molto rara
quando la caldaia e individuale: in genere chi se ne serve, anche per
risparmiare, finisce per evitarla. Viceversa è molto comune quando l’impianto è
centralizzato: l’amministratore, infatti, non vede perché debba assumersi il
rischio, anche perché spesso non ha le competenze tecniche per farlo.
Obblighi di manutenzione. Ogni
impianto di riscaldamento deve essere dotato di un documento essenziale, il libretto,
su cui vanno annotati non solo le caratteristiche dell’impianto stesso, ma
anche tutti gli interventi di controllo e manutenzione effettuati. Ciò
significa che in qualsiasi momento gli enti preposti al controllo (in genere i
Comuni sopra i 40 mila abitanti e le province negli altri casi) potranno
pretendere di dare uno sguardo a questo libretto verificando la data di ogni
intervento e la congruità dei controlli.
I libretti sono in
realtà due: uno detto “d’impianto” per le caldaie fino a 35 kw di potenza (in
genere, quelle individuali a metano), e uno, più complesso (di caldaia) per
quelle sopra i 35 kw. Sono facsimili di originali approvati con decreto del
ministero delle attività produttive in data 17 marzo 2003. Contengono le
caratteristiche dell’impianto, i risultati dei controlli eseguiti
periodicamente (temperature fumi, aria comburente, indice di Bacharach, ossido
di carbonio e verifiche visive), e le annotazioni sugli interventi di
manutenzione ordinaria e straordinaria eseguiti.
Le scadenze per la
manutenzione (che prevederà sempre o comunque la pulizia degli ugelli) fanno
fatte in osservanza alle norme del suo costruttore o a quelle regionali dettate
a proposito. In genere sono almeno biennali per le caldaiette termoautonome e
annuali, con ulteriore controllo semestrale del rendimento di combustione, per
quelle centralizzate.
L’utente può inviare
una sorta di verbale di effettuato controllo ai supervisori degli enti locali:
così ridurrà la probabilità di una loro visita in casa e, se mai questa dovesse
comunque avvenire, la pagherà molto meno (infatti, anche se l’impianto e in
regola, si paga per la supervisione). Naturalmente la manutenzione va
obbligatoriamente affidata a personale specializzato.
Obblighi di esercizio. Esistono
limiti a scopo di risparmio energetico, alle temperature dei locali chiusi.
Essi sono di 18 gradi (più 2 di tolleranza) per gli edifici adibiti ad attività
artigianali o industriali e di 20 gradi (più 2 di tolleranza) per tutti gli
altri edifici (abitazioni, uffici, negozi, eccetera). Attenzione: le
temperature indicate vanno intese come media aritmetica di quelle esistenti nei
vari ambienti dello stesso alloggio. Per esempio può essere consigliabile avere
23 gradi in soggiorno e 17 gradi nelle camere da letto. La media è comunque
rispettata.
Esistono poi limiti
di periodi di accensione nel corso dell’anno. Essi variano (vedi tabella) a
seconda della zona energetica a cui appartiene il comune. Ciascuno degli oltre
8.100 municipi italiani, infatti, si è visto attribuire una delle sei zone
energetiche (dalla A alla F). Nella F (la zona più fredda, corrispondente in
genere ai comuni montani) si può però, in teoria, scaldare tutto l’anno.
Esistono infine limiti
di orari di accensione durante il giorno, validi per gli impianti tradizionali.
Anch’essi dipendono dalla zona energetica. Tuttavia, se l’impianto è servito da
un generatore di calore molto efficiente ed è dotato di una centralina
climatica che permetta di programmare due diversi livelli di temperatura nel
corso delle 24 ore (uno più alto, in genere durante il giorno, e uno più basso,
di 16°C, durante la notte), si può riscaldare anche 24 ore su 24. Secondo
studi, l’accensione continua di un impianto efficiente consente in effetti
risparmi energetici e minor inquinamento dell’aria
Ecco quale rapporto esiste tra periodi
di accensione e zona energetica in cui è situato il comune:
Zona energetica |
Max ore-giorno |
Periodo |
|
A |
6 |
1 dicembre-15
marzo |
|
B |
8 |
1 dicembre -31
marzo |
|
C |
10 |
15 novembre- 31
marzo |
|
D |
12 |
1 novembre-15
aprile |
|
E |
14 |
15 ottobre-15
aprile |
|
F |
nessuna
limitazione |
Altre
regole sono:
·
tranne che nella zona F, l’impianto va
acceso dopo le 5 di mattino e chiuso dopo le 23;
·
le ore giorno permesse possono essere
frazionate in due o più periodi, a seconda delle necessità.
In presenza di clima
particolarmente freddo, è possibile che il periodo di accensione sia prolungato
(ma le ore di accensione vanno dimezzate). In genere è il Sindaco, con apposita
ordinanza, che dà il permesso: tuttavia il Dpr 412/93 non esclude che
l'iniziativa provenga dal singolo, o dall'amministratore condominiale (che
rischiano sanzioni, in caso di abuso)
Le agevolazioni si sdoppiano
Le agevolazioni sul
risparmio energetico sono di due tipi: fiscali e incentivanti (contributi di
vario tipo). Ecco le più importanti.
Detrazione fiscale del 36%. Valida
sia per gli interventi di risparmio che per quelli di adeguamento degli
impianti alle norme di sicurezza, consiste nel poter godere il 35% di
detrazione sulle spese sopportate, con un tetto di 48 mila euro rapportato a
intervento sull’ immobile. La detrazione è rateizzata in dieci anni e si gode,
al momento, peri pagamenti effettuati fino al 2010 tramite apposito bonifico.
Sono consentite sia le opere sulla singola unità immobiliare che quelli
condominiali.
Detrazione fiscale del 55%. Più
generosa, premia solo però gli interventi particolarmente efficienti. Dal 2008
è rateizzabile in un numero variabile da 3 a 10 rate annuali, a scelta del
contribuente. Sono quattro. 1)
Riqualificazione energetica dell’intero edificio (condominiale, se non si
tratta di una villetta), per il quale va raggiunto un fabbisogno energetico
pari a quello stabilito nell’allegato 1 del Decreto Sviluppo 11 marzo 2008 (i
parametri sono due, il primo valido per il biennio 2008-2009, il secondo, più
rigido, per il 2010). Spesa massima agevolata di 181.818 euro, pari a una
detrazione di 100.000 euro. 2)
Coibentazione di pavimenti o pareti o infissi ( o anche tutto,
contemporaneamente), raggiungendo certi obiettivi di "trasmittanza termica"
prefissati dallo stesso Decreto dello Sviluppo. La trasmittanza è una misura
del flusso di calore che passa attraverso una parete per metro quadrato di
superficie). Spesa massima agevolata di 109.091 euro, pari a una detrazione di 60.000
euro. 3) Installazione di pannelli
solari termici per il riscaldamento dell’acqua. Spesa massima agevolata sempre
di 109.091 euro,
pari a una detrazione di 60.000 euro. 4)
Rottamazione della vecchia caldaia e la sua sostituzione con un modello a
condensazione (54.545
euro il tetto di spesa) o con pompe di calore e impianti geotermici. Spesa
massima agevolata di 54.545
euro euro,
pari a una detrazione di 30.000 euro. In condominio i tetti massimi di
detrazione valgono per ciascun appartamento, salvo il caso della riqualificazione
globale dell’edificio. Le detrazioni per la riqualificazione globale sono le
uniche non cumulabili con le altre (fatta eccezione con l’installazione di
pannelli solari).
Conto energia. Favorisce
l’installazione di pannelli fotovoltaici. Si è pagati per vent’anni, tramite
una tariffa incentivante per produrre energia solare “pulita”, anche per il
proprio autoconsumo. Per impianti davvero grandi rende possibile anche la
vendita di energia. L’ammontare dell’incentivo per autoconsumo è calcolato in
base al kilowatt prodotto e decresce (da un massimo di 49 cent a un minimo di
36 cent a kilowatt) a seconda di due variabili. E’ più elevato se l’impianto è
integrato architettonicamente nel tetto e se l’impianto è di potenza ridotta.
Chi sostituisce il tetto in eternit (che contiene amianto) e chi consuma il 70%
di quel che produce ha un “premio” del 5% in più di tariffa. Un impianto ben
fatto ammortizza i i suoi costi in 12-13 anni: da quel momento si inizia a
guadagnare in termini di minori consumi e di incentivi.