Piccola guida al condominio
(della
guida,s i riportano solo gli articoli elaborati dall’Ufficio
studi Confappi-Federamministratori)
Assemblea: quali
poteri e come deve svolgersi
Nullità e annullabilità: casi
concreti
Regolamento:
perché serve e quando è obbligatorio
La differenza tra assembleare e contrattuale
Chi
abita in un appartamento in palazzo multipiano, pur
essendo proprietario dei suoi locali, è costretto a spartire con i vicini delle
parti comuni: per esempio l’androne dell’edificio, i muri portanti, il cortile,
il tetto, le scale.
Costituzione
automatica. L’esistenza di tali parti comuni porta
all’esistenza del condominio, un ente che non ha nessun bisogno di essere creato
per decisione comune, ma esiste di per sé, in quanto,
appunto, esistono delle parti necessariamente comuni. Il discorso cambia quando
il complesso non è “verticale”, ma orizzontale: per esempio si tratta di un
gruppo di villette che hanno in comune una recinzioni,
una portineria, un giardino, una piscina. Allora si parla di semplice
“comunione”, regolata da norme del codice differenti da quelle previste per il
condominio. In tal caso costituire un condominio, e accettare le regole che lo
organizzano, diviene una semplice scelta e non un obbligo.
Organi.
Il condominio ha degli organi interni: l’assemblea, che è una sorta di
parlamento, e l’amministratore, che si potrebbe paragonare al capo del governo.
L’assemblea esiste sempre, perfino quando il condominio è composto da due soli appartamenti. Eleggere l’amministratore è invece
una scelta, ma solo se i condomini sono più di quattro: altrimenti la nomina si
deve comunque fare. Infine il condominio può avere un
suo codice di leggi, il regolamento.
Condominio parziale.
In linea di principio tutti i proprietari degli
appartamenti hanno diritto di decidere sulle cose comuni. Questa regola ha però
un eccezione: il cosiddetto condominio parziale.
Sopratutto se il palazzo è grande, possono infatti
esistere parti comuni che sono utili solo a certi proprietari: se per esempio
un condominio ha più scale, i relativi ascensori possono servire solo a una
parte dei condomini. Oppure se ha un garage, possono
esistere condomini che sono privi di posti auto. Infine, nella stessa scala due
tubi fognari il primo può servire solo gli appartamenti sul lato sinistro e l’altro
solo quelli sul lato destro. In tal caso si potranno tenere assemblee a cui
partecipano e decidono solo i condomini interessati: solo loro sopporteranno le
relative spese.
Supercondominio
Un caso estremo di condominio parziale è quello definito dalla giurisprudenza
come “supercondominio”: si tratta di un complesso di edifici
singoli o multipiano che hanno in comune solo certe
parti comuni: per esempio un giardino, una portineria o anche un riscaldamento
centralizzato. E’ possibile che ciascun palazzo abbia un diverso amministratore
e tenga autonome assemblee. Allora esisterà anche un’assemblea, un
amministratore e un regolamento del supercondominio, che decideranno relativamente ai problemi di competenza di tutti.
Anomalie.
Per finire occorre ricordare che esistono altre situazioni di confine. La prima
è il minicondominio, quello tipico per esempio delle villette bifamiliari. Si forma quando i due appartamenti sono
sovrapposti e hanno in comune, per necessità, , per
esempio i muri portanti e il tetto. Viceversa due villette adiacenti, che spartiscono
solo un muro, hanno una semplice comunione sulla parete di separazione. La
seconda è il complesso in multiproprietà, in cui più persone dividono lo stesso
appartamento avendo il diritto di usarlo solo certe settimane nel corso
dell’anno. Se esso è ospitato in un palazzo condominiale
si avrà una comunione (sull’appartamento) e un condominio (sul palazzo).
Condominio e comunione:
differenze. Diversamente che nel condominio, nella
comunione le quote dei partecipanti si presumo uguali
(salvo patto contrario), ciascuno conta come gli altri nelle decisioni e tutti
partecipano nella stessa misura alle spese. Viceversa nel condominio esistono
dei millesimi di proprietà, proporzionali in genere alla grandezza dei locali
di ciascuno. Quindi le decisioni si prendono con due
diverse maggioranze: quella dei proprietari e quella dei millesimi. Le spese si
dividono invece in base ai millesimi.
Le norme condominiali
sono immutate da oltre sessant’anni. Solo ora il
Parlamento sta provando ad adeguarle ai nostri tempi
con un progetto governativo di riforma all’esame in questi giorno al Senato, le
cui possibilità di successo apparivano piuttosto alte (ma ora è dubbio che sia
approvato prima della fine della legislatura). Questi in estrema sintesi i
punti più importanti:
Assemblea.
1. Viene
prevista una particolare assemblea, da convocare quaranta giorni prima, per
decider sulla sostituzione o la modifica dell’uso delle parti comuni, con
l’assenso della maggioranza dei condomini che possiedano 2/3 dei millesimi;
2. Vengono
dati poteri all’assemblea in merito alla modifica dell’uso degli appartamenti
privati;
3. Le deleghe ce
ciascun condomino può portare sono limitate a un
quinto dei condomini e dei millesimi;
4. L’assemblea può
essere riconvocata successivamente, se l’ordine del
giorno non è stato esaurito;
5. La maggioranza per
deliberare opere di innovazione cala: passa a quella
degli intervenuti in assemblea che possiedano almeno metà dei millesimi;
6. E
regolata la costituzione del consiglio di condominio;
7. Se
l’amministratore si rifiuta, ciascun condomino può dare esecuzione alle
delibere;
8. Viene
riconosciuta l’esistenza dei supercondomini, formati da palazzi separati; Sulle
loro parti comuni deciderà un assemblea di delegati dei singoli palazzi.
Amministratore
9. E’ prevista la
possibilità di chiedere all’amministratore garanzia
per le somme gestite, che devono transitare da un conto intestatati al
condominio;
10. Viene
istituito un elenco degli amministratori condominiali presso la Camera di
commercio, in cui sono annotati anche gli stabili gestiti. E’ escluso che lo
sia chi ha subito certe condanne penali;
11 L’incarico
all’amministratore passa da uno a due anni.
12. E’ regolata, anche
dal punto di vista degli onorari, la revoca anticipata dell’amministratore;
13. L’amministratore ha
l’obbligo di pretendere dai morosi il pagamento tramite decreto ingiuntivo. Se non lo fa entro 4 mesi, risponde di persona.
Morosità
14. I debitori del
condominio debbono richiedere il pagamento prima ai
morosi e poi agli altri;
15. Il moroso che vende
un appartamento risponde dei debito solo fino a quando
non ha fatto pervenire all’amministratore copia autentica del rogito.
Altro
16. Viene
fatto sì che il regolamento contrattuale e le tabelle dei millesimi siano
trascritti nei registri immobiliari;
17. Viene
imposto l’adeguamento egli impianti alle norme di sicurezza, consentendo
all’amministratore e ai tecnici di accedere agli appartamenti privati;
18. L’installazione di antenne Tv private è sottoposta alla comunicazione
dell’assemblea, che può proporre cautele o modalità alternative di esecuzione.
La riforma non affronta
comunque nodi importanti, come quello del rendere meno
rigido il regolamento contrattuale o quello della suddivisione delle spese di
manutenzione straordinaria degli ascensori.
ASSEMBLEA
Quali poteri e come deve svolgersi
L’assemblea è l’organo di autogoverno del condominio. Tra i suoi compiti
l’articolo 1135 del codice civile elenca: la nomina, la revoca e il
rinnovo dell’incarico all’amministratore, l’approvazione del rendiconto
preventivo e consuntivo delle spese e la decisione di eseguire opere di
manutenzione straordinaria.
Tuttavia sia il codice
che la giurisprudenza le attribuiscono diverse altre
funzioni. Per esempio, la votazione del regolamento condominiale assembleare (vedi articolo in fondo), rappresentanza del
condominio rispetto a terzi (per esempio una richiesta fatta dal comune al
condominio), il consenso alla locazione dei locali comuni e, in genere, ogni
atto che preveda una discussione e un assenso o un dissenso da parte dei
proprietari, purché riguardi le parti comuni a tutti e o il regolamento.
Tra assemblea ordinaria
e straordinaria non esistono differenze marcate (anche se la prima si tiene una
volta all’anno, alla fine dell’anno di bilancio). .Non
sta in piedi l’obiezione di certi amministratori che non si possa
discutere in quella straordinaria del suo incarico o di voci del rendiconto.
Solo l’assemblea è
titolata a fare delle scelte, fatte salve le limitate prerogative
dell’amministratore. Pertanto non è possibile
demandarle ad altri, anche se si tratta di un gruppo di condomini più
volenterosi ed esperti, magari eletti nel consiglio di condominio. E’ perciò
illegittima la prassi di far scegliere ai consiglieri tra diversi preventivi di
lavori. Diciamo piuttosto che il lavoro del consiglio di condominio (organo preziosissimo,
riconosciuto nella prassi e nei regolamenti, ma non previsto per legge, almeno
finché non verrà approvata la riforma) è quello di
controllare l’operato dell’amministratore e preparare l’assemblea stessa,
orientando le scelte affinché non ci siano troppe perdite di tempo.
Lo svolgimento
dell’assemblea è coordinato dal suo presidente, nominato al suo inizio tra i
condomini. E’ il presidente che deve accertare la validità deleghe. In caso di
comproprietà di un appartamento, deve scoprire chi ha diritto di voto (se non
c’è accordo, lo estrae a sorte). E’ lui il “guardiano” dell’ordine del giorno,
e può togliere la parola a chi divaga su argomenti estranei o cerca di
affrontare per primo un argomento all’ultimo punto. Durante il corso degli interventi il segretario deve compilare il verbale
(normalmente a questo compito è delegato l’amministratore). Alla fine
dell’assemblea il verbale dovrebbe essere letto ad alta voce e controfirmato
dal presidente. Nel verbale stesso debbono essere
identificabili le persone che hanno votato a favore di una delibera e quelli
che hanno votato contro o si sono astenuti (due scelte che si equivalgono al
fine del calcolo dei dissenzienti). Ciascuno ha diritto di dare motivazioni di
voto e di pretendere che siano annotate sul verbale stesso.
Tutte queste sono
precisazioni molto utili: infatti è comunissimo il
caso che queste regole non siano per niente rispettate. Spesso infatti l’amministratore non compila il verbale in
assemblea ma solo dopo, reinterpretando quel che è accaduto:
una grave mancanza perché quel che vi è scritto rappresenta il succo di quanto
si è deciso e provare il contrario può essere difficile. Inoltre sono purtroppo
comuni le dizioni tipo: “la delibera è stata assunta a
larga maggioranza”, che sono illegittime, perché ai fini delle impugnazioni in
tribunale è necessario avere la certezza che chi impugna sia uno che ha votato
contro.
All’assemblea devono
essere invitati tutti i proprietari, gli usufruttuari o i nudi proprietari. La convocazione degli eventuali inquilini, se non esclusa dal
contratto di locazione, è compito del proprietario dell’immobile locato
e non dell’amministratore. La convocazione va spedita per posta, meglio se con
ricevuta di ritorno o quantomeno consegnato dal portiere, con firma di
ricevuta. Qualsiasi altro mezzo è lecito ma deve essere dimostrato che i
partecipanti hanno avuto modo di sapere (cosa non facile).
L’avviso contiene data,
ora e luogo della prima convocazione, ordine del giorno e allegati che permettano di esaminare i punti in discussione. E’ d’uso
fissare anche li riferimenti per la seconda
convocazione, se l’assemblea in prima è deserta. E’ quanto succede il più delle
volte, perché esiste un tacito accordo tra amministratore e condomini perché ci
si rechi solo alla seconda convocazione, in cui si abbassano le maggioranze per
le delibere. Tra il recapito dell’avviso
e l’assemblea debbono passare almeno 5 giorni, che
decorrono dal quello seguente il ricevimento. In prima convocazione debbono essere presenti di persona o per delega 2/3 dei millesimi e 2/3 dei partecipanti al
condominio. In seconda convocazione (che non
deve essere tenuta lo stesso giorno o più di dieci giorni dopo) bastano
1/3 dei condomini che possiedano 1/3 dei millesimi.
Vi sono casi in cui
l’assemblea può essere indetta non
dall’amministratore, ma dai condomini. Il primo è quando l’amministratore
manca: può non essere mai stato nominato o essere gravemente malato.
Allora ciascun condomino è titolato a convocarla, sia essa ordinaria o
straordinaria. Inoltre almeno due condomini, che
possiedano un sesto dei millesimi, possono fare
richiesta all’amministratore di convocazione di un’assemblea
straordinaria, fissando l’ordine del giorno, meglio se con raccomandata con
ricevuta di ritorno. Se l’amministratore si rifiuta, o non provvede entro dieci
giorni, i condomini che l’hanno proposta possono comunque
autoconvocarla.
L’autoconvocazione
sottintende spesso un contrasto con l’amministratore in carica. Vale quindi la
pena chiarire due concetti. Il primo è che se l’amministratore si rifiuta di
fornire l’indirizzo dei proprietari, non è detto che sia richiedibile la sua revoca
per giusta causa da ciascun condomino (non si tratta di “grave irregolarità”
prevista dall’articolo 1129 del codice civile). Resta
possibile una citazione per danni. Non è comunque
obbligatorio che l’amministratore partecipi all’assemblea: se i condomini
debbono discutere su un’eventuale ritiro dell’incarico, possono decidere di
chiedergli di non essere presente.
Le delibere che si
possono contestare si dividono in due grandi categorie: quelle annullabili e
quelle nulle.
Delibere
annullabili. Sono impugnabili solo da chi in assemblea ha
votato contro o si è astenuto, oltre che da chi non ha partecipato
all’assemblea (purché non abbia delegato qualcuno che ha votato a favore). Non
è finita: possono essere impugnate solo in giudizio, entro 30 giorni da quando
se ne è avuto conoscenza. Cioè
dalla data dell’assemblea, per chi era presente di persona o per delega, o
dalla comunicazione del verbale di assemblea, per chi era assente. Infine,
l’impugnazione delle delibere annullabili non sospende la loro esecuzione. La
sospensione anticipata può essere solo decisa dal giudice. Trenta giorni per
l’impugnazione sono molto pochi e molti li sprecano inviando raccomandate
all’amministratore e attendendo la risposta. Bisogna invece incaricare un
avvocato per far causa. Ci si può difendere da soli solo se ci si rivolge al
giudice di pace, in genere per le controversie di modesto valore (516,46 euro).
Delibere
nulle. Possono invece essere impugnate in qualsiasi
momento,anche anni dopo che sono state prese, e da
chiunque, anche se ha votato a favore. In quanto
nulle, è come se non fossero state mai prese e, nel caso in cui avessero avuto
degli effetti, va per quanto possibile ripristinata la situazione precedente
(un po’ come girare la moviola di un film all’incontrario).
Nel
caso in cui l’assemblea decida di cancellare o modificare la delibera
contestata, il giudice dichiara cessata la materia del contendere e si limita a
decidere sulle spese della causa. E’ una prassi diffusa
dei giudici compensare le spese tra i contendenti (anche se chi aveva impugnato
la delibera aveva ragione). Il risultato è che l’impugnazione può trasformarsi comunque in un esborso di denaro.
Quali sono annullabili. Alcuni
anni fa la Cassazione, con sentenze che sono divenute costanti, ha finito per
includere quasi tutte le delibere illegittime nel campo di quelle annullabili. In particolare quelle prese in assemblee irregolarmente convocate, quelle assunte con maggioranze insufficienti, oppure che
riguardano argomenti che non erano stati compresi nell’ordine del
giorno.
Ciò significa che un
amministratore ben informato o dei condomini accorti possono oggi far votare
delle decisioni assolutamente contestabili, fidando sul fatto che difficilmente
saranno impugnate in tempo utile, trascorso il quale diverranno
pienamente valide.
Va aggiunto che anche
per i provvedimenti dell’amministratore presi senza il necessario assenso è possibile il ricorso all’assemblea e, in
caso di esito negativo, l’impugnazione in giudizio.
Quali sono nulle. Sono nulle le delibere
prese a maggioranza e che invece prevedevano l’unanimità dei consensi. In
particolare, quelle che modificano disposizioni
contrattuali del regolamento condominiale (che hanno previsto l’assenso di
tutti), quali ad esempio la spartizione dei millesimi di proprietà o i limiti
all’uso delle cose comuni o alla proprietà singola contenuti validamente nel
regolamento . Sono poi nulle le decisioni prese a maggioranza che sconfinano
nei diritti del singolo proprietario (per esempio il divieto di tenere in casa animali o quello di ospitare troppa gente in casa).
Sono infine nulle le delibere che sono contrarie a norme imperative di legge (pensiamo
alla decisione di mettere in opera un abuso edilizio o a quella di vietare
l’acquisto di appartamenti a persone di razza o colore
della pelle diverso dal nostro).
Assemblea: quando è
annullabile
Voto: quando è
annullabile
Voto nullo (se non c’è
l’unanimità)
Voto sempre nullo
REGOLAMENTO
Perché serve e quando è
obbligatorio
Il condominio
riproduce, in piccolo, la società civile, e come questa fa, può dettare regole
per la convivenza. Alcune di esse sono stabilite,
volta per volta, da delibere assembleari, che hanno in genere lo scopo di
affrontare problemi singoli e di trovarne una soluzione immediata (per esempio,
la rottura e la sostituzione di una fognatura, oppure l’approvazione del
bilancio di un certo anno. Altre regole, invece, sono pensate per essere
“stabili”, valide per sempre (o almeno, fino a quando non verranno
cambiate, con le stesse maggioranze con cui sono state approvate). Queste
regole, sono riunite in un testo scritto, il regolamento.
Obblighi.
L’importanza di questo documento è sottolineata dalla
legge che impone di redigerlo quando i condomini sono più di dieci, e perciò la
vita comune diviene abbastanza complessa da giustificare norme interne.
Naturalmente nulla vieta che ci sia un regolamento anche quando i proprietari
sono in numero minore.
Più esattamente, si può
parlare di due tipi di regolamenti: Il primo è quello
detto “contrattuale”, che è il più importante, perché approvato da tutti e
modificabile solo se tutti sono d’accordo. Esso equivale a
un contratto multilaterale (tra più persone): fra le parti che lo hanno
sottoscritto acquista valore di legge. Vi è poi il regolamento detto assembleare, che può essere variato in assemblea anche da un
parte dei condomini, pur essendo valido per tutti.
Poteri.
Naturalmente, perché questa distinzione abbia un senso, il regolamento
contrattuale deve poter decidere cose che quello assembleare
non può determinare. E. in effetti, è così: esso può stabilire vere e proprie
limitazioni al diritto di proprietà sui singoli appartamenti imponendo certi
usi (per esempio solo ad abitazione o vietando gli studi medici o
professionali, oppure le attività artigianali).
Millesimi.
Inoltre insieme al regolamento contrattuale sono allegate le tabelle millesimali. Che possono essere ,
a loro volta di due tipi: quelle dei millesimi di proprietà e quelle dei
millesimi d’uso. Le tabelle di proprietà stabiliscono la quota di possesso
delle parti comuni, che è in genere proporzionale alla
grandezza dei singoli appartamenti e, talvolta, anche al loro pregio (più
millesimi per i locali all’ultimo piano con doppio riscontro d’aria, meno per
quelli al primo, affacciati solo sulla strada o sul cortile). I millesimi di proprietà
determina anche il “peso” del voto in assemblea (chi
ne ha di più decide di più) e, in genere, la partecipazione alle spese comuni
non spartite attraverso i millesimi d’uso. Questi ultimi
hanno un fine più limitato: definire la partecipazione a certe spese
particolarissime: per esempio quelle per le scale o l’ascensore, quelle per
l’acqua, quelle per il riscaldamento, quelle per la piscina, e così via.
Limiti.
Anche il regolamento contrattuale ha però limiti al
proprio campo d’azione. Innanzitutto quelli che gli derivano
da norme imperative dettate sia da leggi dello Stato che da leggi o regolamenti
locali. Poi quelli che provengono da norme del codice civile a cui non
si può far eccezione, comprese quelle sul condominio.
In parole povere, quindi, esistono norme condominiali contenute nel codice che
possono essere cambiate dal regolamento, ed altre, espressamente elencate, che
nemmeno un regolamento contrattuale può modificare. Per esempio, è impossibile
stabilire diverse regole per la tenuta delle assemblee, né differenti
maggioranze per le decisioni e nemmeno per la loro impugnazione in giudizio.
Non si può nemmeno rinunciare alla proprietà di una cosa comune rifiutandosi si
sopportare le spese per la sua conservazione (manutenzione ordinaria e straordinaria).
Multe.
Solo un regolamento contrattuale può, infine, sancire sanzioni delle norme
superiori a quelle fissate (nel 1942…) dall’articolo 70 delle disposizioni di attuazione del codice civile (100 lire, 5 centesimi di
euro). Se esse non esistono, in caso di
trasgressione l’unica strada resta rivolgersi a un
giudice, che imponga la sua osservanza.
In teoria il
regolamento contrattuale è votato nelle prime assemblee che si tiene dopo che è
stato costituito il condominio. Se davvero così fosse,
non si riuscirebbe mai a scriverlo, perché basterebbe il disaccordo di uno solo
dei condomini (che vuole, per esempio, pagare meno), perché sia impossibile
vararlo.
In pratica il
regolamento contrattuale è predisposto quasi sempre dal
primo costruttore dell’edificio e imposto a ciascuno degli acquirenti di un
appartamento al momento della sua vendita. In tal modo si riesce ad ottenere comunque l’unanimità dei consensi.
Ostacoli.
Questa prassi ha però gravi conseguenze. La prima è che esso non scaturisce da
una libera scelta degli interessati, che si trovano anzi impossibilitati a
modificarlo se non raggiungendo l’unanimità dei voti. La seconda è che il
regolamento predisposto dal costruttore può essere mal scritto. O peggio,
contenere delle regole che avvantaggiano l’impresa edile, per il periodo di
tempo in cui resta proprietario di appartamenti
invenduti e, talora, anche dopo.
Nullità.
Tipici i casi in cui il costruttore si auto-esonera
dal pagamento delle spese condominiali o quello in cui si riserva particolari
servitù sulle parti comuni (la possibilità di sovraelevare
l’immobile, l’utilizzo di parte del cortile o dei locali seminterrati, e così
via). Contro questo tipo di prepotenze, si può talora far ricorso alle norme
del codice del consumo (articoli da 33 al 38 ) che giudicano nulle quelle
clausole che riservano a una impresa professionale ingiustificati
vantaggi rispetto al cittadino firmatario del contratto di acquisto.
Modifiche.
Attenzione però: non è detto che tutte le prescrizioni contenute in un atto che
ha come titolo “regolamento contrattuale” siano
contrattuali esse stesse. Vi sono sentenze della Cassazione (la più importante
è quella delle Sezioni Unite, n. 943 del 30 dicembre 1999), che hanno chiarito
che i divieti che hanno come unico scopo di regolare la vita comune, e che avrebbero dovuto essere contenuti in un regolamento
assembleare (vedi articolo xxxx), sono da
considerarsi imponibili e modificabili con la semplice maggioranza dei
parteciparti all’assemblea e con 500 millesimi almeno E non all’unanimità). Perciò
se, per esempio, un regolamento contiene la regola di installare tende sui
balconi di un certo colore, è possibile cambiare idea in seguito senza che si sia tutti d’accordo.
La
differenza tra assembleare e contrattuale
Oltre al regolamento
contrattuale, quello approvato da tutti, ne esiste un
altro, detto assembleare o interno, che può essere appunto votato in assemblea.
Per approvarlo basta il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che
possieda almeno metà dei millesimi di proprietà.
Di cosa si occupa. Il regolamento assembleare ha un campo d’azione relativamente ristretto.
Quanto stabilito al sui interno, infatti, non può
andare i contraddizione con le norme del codice civile sul condominio, né
comunque creare limitazioni al diritto di proprietà.
Per esempio un
regolamento contrattuale può determinare che le spese di riparazione del
lastrico solare ad uso di un singolo siano sopportate
solo da lui, mentre uno assembleare dovrà tener conto della ripartizione
prevista dal codice (un terzo al singolo, i due terzi al condominio). Inoltre non potrà vietare l’uso dei locali di ciascuno a
qualsiasi attività.
Esempi.
Si possono invece creare regole di gestione delle parti comuni: classiche sono
le disposizioni che stabiliscono le ore in cui si possono sbattere i tappeti,
l’impossibilità per i bambini di giocare in cortile, la collocazione
possibile delle antenne tv, la composizione del consiglio di condominio, il
divieto a lasciare oggetti o appendere quadri sui pianerottoli. Ma questo tipo
di regolamento può anche spingersi oltre, se mancano nel regolamento
contrattuale criteri diversi : per esempio ripartire
le spese dell’acqua in base al contatore.
Spese.
Può, soprattutto, stabilire i metodi per applicare il secondo comma
dell’articolo 1123 del codice civile, che afferma che ““quando le cose sono
destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in
proporzione dell'uso che ciascuno può farne”. Per esempio un regolamento assembleare può determinare che le spese dell’acqua o quelle
di rotazione dei sacchi dell’immondizia siano conteggiate in base al numero di
residenti in ogni singolo appartamento, e che quando qualcuno se ne va o entra
in famiglia, la sua presenza o mancanza vada segnalata all’amministratore
condominiale. Può anche determinare che le spese di sostituzione di una barra di accesso ai parcheggi siano conteggiate in base al numero
di posti auto di proprietà e che i costi della pulizia delle scale , quando
affidata a una ditta esterna, competano per metà in proporzione ai millesimi e
per metà in proporzione al livello di piano (come accade per la manutenzione
delle scale stesse).