Finanziaria 2006: le principali novità sugli immobili

 

 

A cura dell’Ufficio Studi Confappi-Federamminuistratiori

 

Poche ma importanti novità sugli immobili dalla Finanziaria 2006 e dalle legge fiscali collegate.

Quella di più vasto interesse è la proroga della detrazione fiscale sulle opere di recupero in casa, con nuove regole. O meglio, con il ritorno a quelle che vigevano fino al 2001.

Il 41% sul recupero. Le detrazione fiscale da godere sulla dichiarazione dei redditi, sulle spese sostenute nel 2006, sale infatti dal 36 per cento al 41%. Purtroppo, però, non viene rinnovata l’Iva agevolata al 10% sulle fatture rilasciate da artigiani e ditte edili per i lavori catalogati come di “manutenzione ordinaria” e  “manutenzione straordinaria”, cioè per la grandissima maggioranza delle opere in casa e in condominio. Fatti i dovuti conti la nuova agevolazione (detrazione al 41%) significa, rispetto alla vecchia (detrazione al 36% + Iva agevolata), 40 euro in più di spesa per ogni mille euro preventivati . Per il resto, sono fatte salve le vecchie regole. In particolare, il limite di spese agevolabili è ancora di 48 mila euro: su quanto eventualmente sborsato in più non c’è detrazione. Come prima, si applica la detrazione nel corso di dieci anni, a partite dall’anno successivo a quello in cui si sono pagati i lavori, con bonifico bancario. Solo gli ultraottantenni possono detrarre in tre sole “rate”.

Salvo equivoci, è bene chiarire che il 41% di detrazione vale solo per le spese pagate nel corso del 2006: pertanto quelle versate nel corso del 2005 o negli anni precedenti si continuerà a scontare il 36% come nel passato. Quindi nella dichiarazione dei redditi da fare a maggio del 2006 non cambierà nulla.

E’ probabile che la cancellazione dell’Iva agevolata provocherà un maggior ricorso ai pagamenti “in nero”, Tutto ciò non tanto perché, facendo le cose in regola, si paga un po’ di più rispetto al passato. Avrà maggior peso psicologico il fatto che l’artigiano o la ditta edile proponga, in caso di ricorso al nero (in cui si tien conto della cancellazione dell’Iva al 20%), un prezzo molto più basso di quello che farebbe con regolare fattura. E il cittadino-committente preferirà sborsare sin da subito meno soldi piuttosto che spalmare su dieci anni le future detrazioni fiscali.  I lavori nei condominii saranno però i meno toccati dall’evasione, se non altro perché, con tanti proprietari coinvolti, e con un amministratore dello stabile che si accolla solo rischi nel ricorrere a stratagemmi, è più difficile che si decida di “fare i furbi”.

Il valore delle compravendite. Un’importante novità riguarda chi dal 2006 acquisterà un’abitazione “usata”. Diviene infatti possibile nel rogito dichiarare il prezzo reale. Infatti si sarà comunque tassati in base al valore catastale dell’immobile (che è in media un terzo di quello di mercato). In più, gli onorari notarili vengono ridotti del 20%.

Capire cosa cambia rispetto al passato non è in realtà facile, anche perché le leggi vigenti fino a tutto il 2005 erano molto confuse. Vediamo perciò di fare un passo indietro.

Fino al 31 dicembre si era obbligati a dichiarare nel rogito il valore reale della casa (più esattamente, il suo valore di mercato). C’era un però: chi dichiarava almeno il valore catastale non poteva subire accertamenti da parte del Fisco. Con la conseguenza che buona parte dei cittadini finiva per dichiarare, appunto, il valore catastale. Quest’ultimo è pari, per le abitazioni adibite a prima casa, a 110 volte la rendita catastale rivalutata e, per le altre abitazioni, a 120 volte la rendita catastale rivalutata. Per intenderci, la rendita catastale è quella cifra, riportata sui certificati catastali ed attribuita ad ogni immobile, che occorre denunciare ogni anno nella dichiarazione dei redditi.

Quindi, in soldoni, la novità è questa: mentre in passato, per pagare poche tasse, si doveva dichiarare nel rogito un prezzo “finto” (tanto non si subivano accertamenti fiscali), oggi si può dichiarare per intero il prezzo vero e non si verserà al Fisco un euro in più.

Può non sembrare un granchè. Ma non è così, per almeno tre ragioni. La prima è che l’acquirente è più protetto. Se infatti capitano problemi dopo il rogito (per esempio, ci si accorge che la casa acquistata, nonostante le dichiarazioni del venditore, ha gravi vizi di costruzione od  è stata locata ad altri), si potrebbe avere diritto a una certe percentuale di risarcimento (o più esattamente, a una riduzione del prezzo e, in casi gravi, alla restituzione di quanto pagato). E’ chiaro che, quando nel rogito si è dichiarato meno di quel che effettivamente si è pagato, può essere complicato ottenere indietro tutto il denaro a cui si ha diritto.

Una seconda considerazione è che, per cautelarsi, anche chi non voleva dichiarare al rogito il prezzo reale, non si limitava in genere a dichiarare quello catastale, ma denunciava qualcosa di più. Gli esperti, sottovoce, consigliavano di aggiungere perlomeno il 10-15%, per non farla “troppo sporca”. Ora questo discorso non ha più nessun senso, con la conseguenza che, nei fatti, molti verseranno meno al Fisco, in tutta tranquillità.

Un terzo ragionamento è che, anche il Fisco non poteva ordinare accertamenti fiscali sul valore reale della compravendita, quest’ultimo poteva “saltar fuori” in particolari circostanze, costringendo chi aveva acquistato a pagare salate sanzioni.  Tanto per fare alcuni esempi, poteva capitare che in una lite legale tra chi aveva comprato e chi aveva venduto, o in una controversia di separazione dei beni tra moglie e marito, o in una lite sull’eredità, una delle parti in causa avesse interesse a far scoprire che nell’acquisto dell’appartamenti si erano sborsati molti in soldi in più di quelli dichiarati.

La denuncia del prezzo reale nella compravendita consentirà non solo alle amministrazioni pubbliche  ma anche al cittadino di avere rilevazioni oggettive e trasparenti sul valore degli immobili. Il Fisco potrà in futuro attribuire agli immobili rendite catastali più proporzionali  a quelle reali, non elaborate quindi con stime cervellotiche. Tuttavia il rischio sta nel fatto che , se i valori catastali fossero portati al livello di quelli reali, senza diminuire le aliquote, vi sarebbe la triplicazione dell’imposizione fiscale sulle abitazioni:

E’ probabile però che gli italiani, da sempre diffidenti verso l’Erario, non accolgano volentieri l’invito a denunciare i prezzi reali: sarà  quindi compito dei notai, professionisti per i quali è obbligatorio passare, convincere i recalcitranti. Del resto i notai da decenni si battevano per una misura del genere.

Attenzione: infine: la tassazione solo su valore fiscale con le nuove regole non riguarda tutti gli immobili, ma solo le abitazioni e le loro pertinenze (box, cantine e soffitte) acquistate da un privato o da una società che non ha come scopo la commercializzazione o la costruzione di immobili per la vendita.  In altre parole restano le vecchie regole per:

1)                   Le abitazioni acquistate, anche da un privato, versando l’Iva (in pratica le residenze nuove vendute da un’impresa di costruzione);

2)                   Tutti gli altri tipi di immobili (negozi, uffici, capannoni, terreni, box nuovi, eccetera).

La rivendita nel quinquennio. Una terza novità riguarda chi, dopo aver comprato un immobile, lo rivende entro cinque anni dall’acquisto. Il Fisco ha sempre considerato questo tipo di operazione come “speculativa” e perciò tassabile. Più esattamente, il guadagno conseguito (cioè la differenza tra il prezzo pagato per comprare e quello incassato per vendere) diveniva imponibile nella dichiarazione dei redditi dell’anno successivo, tra i cosiddetti “redditi diversi” . Gli unici non obbligati a subire questo balzello erano coloro che vendevano una prima casa prima di cinque anni dall’acquisto comprando però, entro un anno, un’altra prima casa.

Cosa cambia? Le regole restano le stesse, però al contribuente è data un’ulteriore possibilità: invece di farsi tassare il guadagno nella prossima dichiarazione dei redditi può scegliere di versare subito, direttamente al notaio che fa il rogito,  un’imposta sostitutiva, pari al 12,5% del guadagno stesso. Una scelta che conviene quasi a tutti, tranne a quelli che hanno un reddito davvero basso.

Mutui vitalizi per anziani.  Un provvedimento molto interessante è stato poi inserito nel collegato fiscale alla finanziaria. Diverrà possibile, per le persone con più di 65 anni proprietarie di una casa, farsi concedere da una banca un prestito garantito da ipoteca sulla casa stessa. Per tale prestito, non pagheranno come è accaduto fino ad adesso, nessuna rata di muto, né a rimborso del capitale avuto, né come interessi.  Alla loro morte, toccherà agli eredi provvedere. Essi potranno decidere se tenersi la casa (e rimborsare quanto dovuto per il mutuo, anche a titolo di interessi) oppure lasciare che sia la banca a diventarne proprietaria. Questo tipo di muto, già in voga da dieci anni in Gran Bretagna, fino ad ora non era possibile. Diventa un’alternativa interessante al fatto di vendere la nuda proprietà dell’immobile tenendosi l’usufrutto. Infatti  l’anziano si potrà procurare il denaro necessario (perché è indigente o perché deve pagarsi costose cure mediche), senza perciò dover rinunciare ad abitare o comunque ad usare la sua casa. Inoltre, mentre con la vendita della nuda proprietà, gli eredi sono spossessati dell’immobile, con questo meccanismo avranno la possibilità di divenirne proprietari. Per vedere come sarà applicata in pratica questa nuova norma, bisognerà attendere le prime offerte da parte delle banche: si tratta senz’altro di una questione delicata, che va affrontata con cautela. E’ prevedibile,comunque che l’ammontare del prestito concesso sarà tanto più alto, quanto più elevata è l’età dell’anziano. 

Altre novità Le altre novità della Finanziaria 2006 riguardano un pubblico abbastanza ristretto. Sono in particolare, premiati gli inquilini morosi degli immobili degli istituti previdenziali. Potranno cancellare in unica soluzione i loro debiti, con un 20% di sconto sul loro ammontare. Sia loro, sia gli occupanti abusivi, potranno acquistare l’appartamento in cui risiedono alle condizioni agevolate previste dalle norme (legge n. 410/2001), a patto naturalmente di aderire a questa mini-sanatoria. In altre parole, la necessità di incassare soldi rende ancora una volta clemente lo Stato verso chi si è comportato in modo scorretto.

Per il resto è prorogata al 2006 un’altra conveniente agevolazione fiscale: quella che consente di versare al Fisco il 4% del valore stimato di un terreno divenuto edificabile per evitare ogni futura tassazione sul guadagno proveniente dalla sua rivendita. Si prevedono infine decreti per unificare in un solo testo  le norme sulla sicurezza degli impianti (che spesso sono una in contraddizione con l’altra)  e per agganciare al canone versato (e non al valore dell’immobile) il prezzo di acquisto delle case popolari da parte dei loro inquilini.

 

 

 

 

Come si calcolano il valore catastale e le imposte sull’acquisto

 

Per conoscere il valore catastale di un’abitazione basta una semplice moltiplicazione. Occorre sapere, però, qual è la rendita catastale rivalutata attribuita all’immobile: basterà chiederla al venditore, è quella somma che ha denunciato finora sulla dichiarazione dei redditi. Quindi bisognerà moltiplicare questa cifra per 110 (se si acquista una residenza con le agevolazioni previste per la cosiddetta “prima casa”) oppure per 120 (se si acquista un’altra abitazione).

Per esempio supponiamo che la rendita catastale sia 1.000 euro. Il valore catastale sarà 110.000 euro (1.000 x 110) oppure 120.000 euro (1.000 x 120).

Su questa somma si calcolano le imposte sull’acquisto. Per le prime case, esse assommano al 3% del valore catastale, più 336 euro fisse . Vanno poi aggiunti altri tributi minori, come il bollo, le volture, le visure, eccetera, per cui bisogna preventivare grossomodo  altri 500 euro. Per le altre residenze, invece, va stanziato il 10% del valore catastale (sempre più 500 euro di ulteriori spese). Fatti i debiti calcoli,  se si ritorna all’esempio precedente, i tributi ammontano, per le prime case, a 4.136 euro, mentre per le seconde salgono a 12.500 euro.

A parte vanno valutati i costi del notaio, ridotti per le abitazioni usate dalla Finanziaria del 20% (il loro calcolo è terribilmente complesso e cambia comunque da località a località).  Ulteriori costi sono da preventivare se si compra con mutuo.

 

Glossario.

 

Vendita della nuda proprietà. Consiste nella possibilità di vendere un bene, continuando però a poterlo utilizzare per un certo periodo, in genere per tutta la durata della propria esistenza. Quando si passa a miglior vita, il bene diventa di proprietà di chi aveva acquistato la nuda proprietà. Ovviamente il prezzo di vendita della nuda proprietà del bene sarà ben più basso di quello ottenibile per la vendita della proprietà intera. Quanto più si è giovani o in buona salute, tanto meno varrà la nuda proprietà.

Usufrutto e diritto di abitazione.  Quando si è venduta la nuda proprietà di un immobile, si tiene o l’usufrutto o il diritto di abitazione. Nel primo casi si ha diritto di utilizzare l’immobile o anche di affittare ad altri, riscuotendo un canone.. Nel secondo caso si ha solo il diritto di usare la casa.