Inchiesta per Il Sole 24 ore

Nel Dpr che modifica il decreto 412/93 imposta d'ora in poi la contabilizzazione del calore

Risparmio energetico: più responsabilità per installatori e manutentori

La condanna (datata 25 marzo 1999)inflitta alla Corte di Giustizia Europea all'Italia, bocciata per eccesso di zelo per aver voluto imporre l'installazione di caldaie di tipo stagno (che pescano l'aria per la combustione dall'esterno dell'edificio) in caso di ristrutturazione o nuova installazione dell'impianto termico, è stata l'occasione per rivedere di sana pianta il Dpr 412/93, norma base per il risparmio energetico.

Le integrazioni e le modifiche, recepite con il Dpr 21 dicembre 1999, n. 551, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 6 aprile 2000, non sono state infatti di poco conto: c'era infatti non solo da precisare meglio tanti punti rimasti dubbi, ma soprattutto occorreva rivedere completamente il meccanismo dei controlli degli impianti non a norma. Nei fatti il nuovo decreto incrementa notevolmente le responsabilità e gli adempimenti di installatori e manutentori. Inoltre l'esperienza a dimostrato che i controlli fatti nel passato sugli impianti a fini del risparmio energetico e delle norme anti inquinanti, hanno finito per colpire innanzitutto gli impianti pericolosi, cioè quelli non in regola con le norme di sicurezza prescritte dalla legge n.46 del 1990.

Ma ecco, in breve, le principali novità introdotte dal Dpr 551/99, che incideranno sull'esistenza di quasi tutti i cittadini italiani:

  1. Dal 30 giugno 2000 in tutti i nuovi edifici con riscaldamento centralizzato si dovrà adottare la "contabilizzazione del calore" (impianto centralizzato ma livello di temperatura e orari di accensione dei caloriferi stabiliti dal proprietario dell'appartamento)
  2. Diviene possibile, in teoria, installare caldaiette individuali a fiamma aperta (che consuma l'aria dei locali) anche nei nuovi impianti o nelle ristrutturazioni degli impianti. Occorrerà però che nel muro sua praticata un'apertura di ventilazione senza vetri di 0,4 metri quadrati (una finestra vera e propria).
  3. Non possono più assumere il ruolo di "terzo responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto calore" i fornitori di combustibile (gasolio, metano, gpl). Ciò costringerà buona parte dei condomini con caldaia centralizzata a rifare tutti i contratti attualmente sottoscritti.
  4. Il terzo responsabile dovrà comunicare il suo incarico o le sue dimissioni agli enti locali preposti;
  5. I manutentori degli impianti termoautonomi possono, dietro incarico del proprietario, compilare un modulo sugli esiti della manutenzione incluso nel dpr ai comuni. Sul 5% degli impianti che hanno inviato il modulo saranno fatti controlli dai comuni o dalle provincie (in genere attraverso ditte private incaricate dagli enti locali, a pagamento per l'utenza).
  6. Gli impianti i cui manutentori non inviano il modulo dovranno essere controllati tutti.
  7. Gli enti locali potranno chiudere alle società fornitrici di combustibile (che hanno tempo 90 giorni per rispondere) di elencare gli impianti serviti.
  8. Nelle totali ristrutturazioni di impianti individuali che scaricano i fumi a parete, sarà possibile continuare a scaricare nel muro, anziché sopra il tetto. A due condizioni: che non esistano già nello stabile canne fumarie adatte o adattabili e che si utilizzino caldaie ad altissimo rendimento.
  9. Le operazioni di controllo della caldaia dovranno essere eseguite non tanto in base a norme tecniche "astratte", bensì in conformità alle istruzioni che il costruttore della caldaia allega all'apparecchio.

 

TUTTI I NUOVI OBBLIGHI STABILITI DAL DECRETO

Comuni o province

Le competenze sono delle Province solo per le località inferiori a 40 mila abitanti. Altrimenti entrano in gioco i comuni. Questi enti debbono:

Installatore dell'impianto

Manutentore dell'impianto

Terzo responsabile

Società distributrice di combustibile

 

Scarichi "a parete" permessi solo in casi particolari

IMPOSTI I COMIGNOLI

Il nuovo decreto ribadisce, in maniera ancor più chiara rispetto al Dpr 412/93, l'obbligo di scaricare i fumi di combustione dell'impianto di riscaldamento oltre il colmo del tetto. Si tratta di un'imposizione non di poco conto, perché in caso di nuova installazione di impianto termico, o di sua ristrutturazione, occorrerebbe nei fatti che ciascuna caldaia abbia un condotto di carico tutto suo e un proprio comignolo. Restano possibili le "canne fumarie ramificate o collettive", che però sono scarsamente utilizzate: hanno un notevole ingombro e debbono servire lo stesso tipo di apparecchi, con uguale potenza e uguale combustibile, per un massimo di sei piani .

Poiché nella "ristrutturazione di impianto termico" sono compresi i distacchi dall'impianto centralizzato per l'adozione di caldaie singole, è chiaro che il distacco stesso finirebbe per essere molto costoso e talvolta tecnicamente difficile da realizzare: occorre spaccare i muri per creare nuove canne fumarie o farle esterne e coibentate, con dubbi effetti per l'estetica del palazzo. Non solo: i comignoli hanno imposte certe distanze l'uno dall'altro, e dagli altri elementi del tetto (per esempio un casotto per la caldaia o l'argano dell'ascensore), che non sempre è possibile rispettare.

Lo sbocco oltre il tetto è imposto dal decreto per " gli impianti termici siti negli edifici costituiti da più unità immobiliari". Il dpr 412/93 parlava invece di " edifici multipiano". Spiega Guglielmo Ferrari, del dipartimento fonti energetiche del ministero degli Interni, uno degli estensori del decreto: "Si è voluto escludere senza possibilità di dubbio le villette singole, anche a più piani. Nelle intenzioni di alcuni estensori, si è voluto invece comprendere i complessi di villette a schiera, che dovrebbero avere comunque il camino sul tetto". Silvio Rezzonico, presidente Confappi, non è d'accordo: "Al di là delle intenzioni, è dubbio che un complesso di villette a schiera possa essere per forza definito come unico edificio con più unità immobiliari. Non lo consente né la definizione data di edificio dal Dpr, né la giurisprudenza, che in presenza di villette a schiera parla tuttalpiù di supercondominio. Del resto è privo di logica includere una villetta a schiera ed escluderne una singola".

Il nuovo decreto, però, crea o ribadisce con diverse parole alcune esclusioni all'obbligo dello sbocco sul tetto. Una di queste riguarda gli appartamento termoautonomi, che hanno già sbocchi dei fumi attraverso un foro praticato nelle pareti, a patto che, al momento della costruzione dell'edificio, non fossero stati previsti sbocchi sui tetti e che questi sbocchi non siano adatti o adeguabili. Il caso classico è quello del vecchi impianti a gasolio o a olio combustibile che avevano canne fumarie troppo ampie, che andrebbero ridotte di diametro "intubandole", cioè installando all'interno tubi più piccoli.

Il Dpr 551/99 aggiunge poi all'elenco delle eccezioni le installazioni in edifici precedentemente privi di impianto, quando assoggettati da norme statali o locali a "interventi di tipo conservativo". Nei fatti si tratta dei palazzi con vincolo storico-artistico imposto dalle soprintendenze che, se non hanno scarichi idonei, possono utilizzare quelli a parte.

In tutti i casi in cui si scarichi a parete, però, si debbono utilizzare caldaie del tipo meno inquinante.

 

Pro e contro della contabilizzazione del calore

IMPIANTO CENTRALIZZATO, GESTIONE INDIVIDUALE

Il nuovo Dpr impone l'obbligo di installare negli edifici costruiti con licenza edilizia rilasciata dopo il 30 giugno 2000, un impianto di "contabilizzazione del calore". Di che cosa si tratta, esattamente? E' un compromesso tra l’impianto centralizzato e gli impianti autonomi. La caldaia é sempre unica per tutto il condominio, ma ogni abitante dello stabile ha la possibilità di spegnere, ridurre o alzare (entro il limite di legge di 20 gradi in media, più due di tolleranza) la temperatura del proprio appartamento, ufficio o negozio. Ciascuno paga solo il calore consumato, calcolato per mezzo di contatori individuali.. Bisognerà però riservare una parte delle spese di riscaldamento (dal 20 al 50%, a seconda del tipo di impianto) per coprire i costi della manutenzione della caldaia comune e degli apparecchi collegati. .

  • Come é fatto l’impianto
  • Prevede l'installazione di un’unità centrale di gestione, cioè un apparecchio computerizzato,che raccoglie e rielabora i dati che provengono dagli appartamenti. Ovverosia , i periodi di accensione e spegnimento, i consumi, le temperature richieste dai singoli condomini. In base a questi "input" la caldaia regola automaticamente il proprio funzionamento.

    In ogni appartamento, poi, esiste un cronotermostato, cioè un termostato a tempo, per mezzo del quale si programmano le diverse temperature desiderate, a seconda delle ore della giornata. Per chi è al lavoro, per esempio, temperatura minima durante il giorno e massima alla sera. Oppure il contrario, se l'utilizzatore ha un negozio o un ufficio nell'edificio..

    Incorporato insieme al cronotermostato, o talvolta staccato, vi é un dispositivo per conteggiare i consumi di calore dell’utente (unità periferica).

    Occorrono infine particolari valvole, in grado di aprire o chiudere l’afflusso dell’acqua calda in ciascun appartamento. Negli edifici nuovi, dove la distribuzione del calore avviene in orizzontale, ne basterà una sola per tutti i locali , detta elettrovalvola. La distribuzione orizzontale é simile a quella che esiste per l’energia elettrica: in ogni appartamento il cavo dell’azienda va al contatore e da questo si disperdono ad anello, i fili verso le prese e i punti luce.

    Occorreranno invece tante valvole termostatiche quanti sono i radiatori di ciascun appartamento, se il circuito di distribuzione dell’impianto é quello tipico dei vecchi palazzi, cioè verticale , "a colonna montante".Il sistema di distribuzione verticale é, per intenderci, quello in cui un tubo montante passa attraverso i diversi piani e serve uno o più caloriferi per piano.

  • Gestione a distanza
  • Un impianto di contabilizzazione costruito così é comandato da apparecchiature che misurano, trasmettono e ricevono dati . Questi dati possono essere trasmessi a grande distanza, per esempio attraverso un modem, che li traduce e li invia sulle linee telefoniche.

    Il modem può essere collegato al personal computer della ditta che si occupa del funzionamento dell’impianto. Anche un amministratore condominiale é in grado di programmare efficientemente una caldaia, gestendola a distanza: basta che possieda un pc, un modem e un programma apposito. Particolari sensori possono anche segnalare guasti e cattivi usi dell’impianto.

    Le prestazioni aggiuntive in più dell’impianto di riscaldamento contabilizzato sono particolarmente preziose per le seconde case: un proprietario che sta a Milano può telefonare all’amministratore, che lavora a Biella, chiedendogli di scaldare "via modem" i caloriferi del suo appartamento di montagna a Alagna Valsesia, dove intende passare il week end.

    CONTABILIZZAZIONE: PRO E CONTRO

    Vantaggi Svantaggi
    Un solo camino anziché tanti: meno inquinamento Pericolo di cartello sui prezzi: pochi gli installatori specializzati
    Un solo comignolo che spunta dal tetto Pochi anche i manutentori di buon livello professionale
    Costi manutenzione divisi tra tutti e quindi minori Meno conversioni da gasolio a metano, che, secondo molti, è meno inquinante
    Qualsiasi tipo di combustibile (solo metano, per le caldaie singole) Possibili dispersioni e scarso risparmio in caso di impianti che servono complessi di villette a schiera
    Più facili i controlli sulla sicurezza e risparmio energetico  
    Gestione personalizzata  
    Gestione a distanza  

     

    Nelle metropoli le verifiche avrebbero dovuto partire sei anni fa

    CONTROLLI: COMUNI INADEMPIENTI

    Di buone intenzioni sono lastricate le strade dell'inferno. Questo è il commento che si potrebbe trarre da un'indagine condotta dalla Confappi (Confederazione piccola proprietà immobiliare) in tandem con la Fna (Federazione nazionale amministratori condominiali) sull'efficienza dei controlli sugli impianti energetici in alcuni centri della Penisola.

    Le buone intenzioni sono quelle del Dpr 412/93: vi si prevedeva una campagna a tappeto, che avrebbe dovuto decollare nel 1994, per il controllo dell'efficienza degli impianti di riscaldamento. I controlli potevano essere eseguiti direttamente dai Comuni o, in alternativa, anche da società private incaricate, con onere a carico degli utenti.

    Nei fatti, secondo Confappi-Fna, si è fatto poco o nulla. "Abbiamo preso in esame la situazione in cinque metropoli: Milano, Roma, Torino, Bologna e Firenze", spiega Silvio Rezzonico, presidente Confappi. "A Milano, Torino e Firenze i controlli non sono di fatto neanche partiti. A Roma si stanno effettuando, ma solo sugli impianti centralizzati di riscaldamento, che sono i meno rischiosi sia dal punto di vista della sicurezza che da quello del risparmio energetico. A Bologna, è stata recepita nel luglio 1998 una convenzione, raggiunta tra le associazioni dei consumatori e certe aziende, per un "prezzo politico" sui controlli dei circa 110 mila impianti singoli: resta però un atto di buona volontà del privato farsi verificare l'impianto. Per le caldaie centralizzate si è fatto di più, prevedendo un'autodichiarazione delle aziende che esercitano il ruolo di terzo responsabile".

    Un ruolo di leader riconosciuto nella pianificazione dei controlli l'ha avuto, invece, la Provincia di Milano, per i 179 comuni sotto i quarantamila abitanti. Lo provano le cifre: 24 mila controlli in 4 anni con l'obiettivo di raggiungere quota 30 mila entro la fine stagione e 263 ordinanze dei sindaci per la messa in sicurezza di impianti.

    Attiva anche la provincia di Torino, per quanto le cifre siano più modeste: 2.274 di cui 1.925 di privati. Un bravo in pagella anche per altri capoluoghi di provincia medio-piccoli, come Vercelli, Asti, Novara e Biella dove è stata attiva l'Arpa (Agenzia regionale per l'Ambiente) nel proporre l'autocertificazione degli impianti. Anche a Modena ci si è dati da fare, stipulando anche una convenzione per "prezzi politici" dei controlli. Campagne per l'autocertificazione sono state lanciate a Chieti.

    Interessanti sono i dati della Provincia di Milano, anche per dimostrare l'utilità e l'urgenza dei controlli. Su un totale di 10.014 controlli effettuati nella stagione 98/99, si sono verificati 757 "casi gravi" con interventi dalle ASL e dai Comuni per problemi riguardanti la sicurezza. Tra questi, sono state individuate 172 situazioni definite come "critiche", dove si è dovuto intervenire immediatamente, con urgenza. In provincia di Torino, invece, sul totale dei 2.274 controlli, il 41,6% degli impianti sono risultati fuori norma.

     

     

    PERIODI DI ACCENSIONE

    Gli impianti, singoli o centralizzati che siano, hanno dei limiti di accensione, sia nell'orario, sia nei periodi dell'anno, a seconda di dove è situato l'immobile. Ciascuno degli 8103 comuni italiani è compreso in una delle sei zone energetiche, a seconda della temperatura media che ha durante l'anno. Per esempio nella zona A non c'è nessun capoluogo di provincia, ma località come Pantelleria e Linosa. La zona E comprende Milano, Torino e Venezia, ma anche la siciliana Enna, che è in alta collina.Nella zona F tra i capoluoghi c'è solo Cuneo, ma tra i comuni compare Cormayeur e Cortina. Roma è in zona D, Napoli in zona C, Palermo in zona B, e così via.

    Zone energetiche

    Accensione: max ore:

    Periodi accensione*

    A

    6

    1° dicembre-15 marzo

    B

    8

    1° dicembre-31 marzo

    C

    10

    15 novembre-31 marzo

    D

    12

    1° novembre-15 aprile

    E

    14

    15 ottobre-15 aprile

    F

    nessun limite

    nessun limite

    * in presenza di clima particolarmente freddo, è possibile che il periodo di accensione sia prolungato (ma le ore di accensione vanno dimezzate). In genere è il Sindaco, con apposita ordinanza, che dà il permesso: tuttavia il Dpr 412/93 non esclude che l'iniziativa provenga dal singolo, o dall'amministratore condominiale (che rischiano sanzioni, in caso di abuso)