Alle liti tra privati, si aggiungono quelle tra Stato, comuni e giudici

Distanze tra costruzioni: tra i vicini è guerra

Nel godere il diritto a guardare da una finestra, chi primo arriva meglio alloggia

 

La difesa ad oltranza delle proprie frontiere é stato pretesto per guerre sanguinose. Altrettanto furiose, ma per fortuna combattute solo a colpi di carta bollata, sono le battaglie sui confini tra terreni o stabili vicini.

Una delle liti più frequenti diviene infatti quella sulla distanze da serbare tra due proprietà private Per esempio: a quanti metri dalla mia villetta può costruire il mio vicino? E' sempre possibile recintare un giardino? Chi paga le spese per verniciare una cancellata sul confine? Dove posso piantare gli alberi? Per non metter troppa carne sul fuoco, meglio limitare l’analisi alla più importante delle “distanze”, quella a cui è possibile costruire un fabbricato.

Cosa dice il Codice

La Bibbia dei confini tra le proprietà è il codice civile (articoli dall'873 al 907). Più esattamente, il codice stabilisce gli spazi minimi da serbare. Minimi, dicevamo: perché a buon diritto i regolamenti edilizi locali, i piani regolatori, i vincoli ambientali posti dalle Regioni, le norme tecniche di sicurezza sugli impianti e perfino il codice della strada , possono imporre di aumentare queste distanze (ma non di ridurle).

Distanze tra le costruzioni

Il codice dice che tra due costruzioni che si fronteggiano, se non sono aderenti (come la maggioranza, in città), deve esserci una distanza di perlomeno tre metri (vedi tabella 1). Quando, però,  due costruzioni sorgono troppo vicine da più di vent'anni, entrambi i proprietari hanno il diritto a mantenerle là dove stanno. Tutto ciò a patto che nessuno dei due abbia mai fatto obiezioni. Scatta quindi l'"usucapione": il fatto di servirsi per un lungo periodo di tempo di una facoltà, si trasforma in un diritto vero e proprio (in questo caso, in una servitù). Una regola che vale solo nei rapporti tra privati, mentre quelli tra pubblica amministrazione e singolo restano determinati dalle norme nazionali e locali.

 

Tab. 1

Così il codice civile….

 

Tipo di proprietà

Distanze dal confine tra due proprietà

edifici, costruzioni (a meno che siano aderenti o in appoggio)

3 metri

muro di cinta di meno di 3 metri di altezza

0 metri

muro di cinta di più di 3 metri di altezza

3 metri

pozzi, cisterne, fosse latrine

2 metri

tubi esterni , condutture (acqua, gas eccetera)

1 metro

 

Fonte: Elaborazione Confappi-Fna su Codice civile

 

Il decreto 1444
Il Decreto ministeriale 1444 del 1968 interviene però suoi distacchi tra fabbricati, imponendo limiti assai più rigidi, quando almeno una delle facciate che si fronteggiano sia dotata di finestre. Per le nuove costruzioni la distanza minima è pari a 10 metri, e molto di più se tra i due edifici scorre una strada a traffico veicolare (vedi tabella 2).

Quando gli strumenti urbanistici approvati dai comuni sono in contrasto con il Dm, sono illegittimi. Ma cosa capita se un privato ottiene una concessione e costruisce nel rispetto di regolamenti edilizi o piani regolatori che contraddicono il decreto? Sull’argomento c’è caos nei tribunali. Secondo il tradizionale orientamento della Cassazione, può farlo liberamente (sentenze 3771/2001, 13011/2000, 5889/1997 Sezioni Unite, 1654/1994). Ma questa tesi trova, ultimamente, alcune importanti contraddizioni  (Cassazione, sentenze n. 4413/2001e 314/1999, Consiglio di Stato n. 3929/2002). Il dibattito, ancora aperto, coinvolge decine di migliaia di persone che hanno edificato dal 1968 in poi.

 

Tabella 2

… così il Dm 1444 del 1968…

 

Tra fabbricati

Nuovi edifici

10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, anche non finestrate

Nuovi complessi insediativi in zone a bassa edificazione (zone C)

Distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto tra pareti con finestre o tra unica parete con finestre e altra senza che si fronteggino per più di 12 metri..

Centri storici (zone A)

Ristrutturazioni totali a distanze non inferiori a quelle esistenti, senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale.

Tra fabbricati separati da strade con traffico veicolare*

Strade di larghezza:

 

meno di 7 metri

larghezza + 5 metri per lato

7-15 metri

larghezza + 7,5 metri per lato

più di 15 metri

larghezza + 10 metri per lato

 

·          Le larghezze devono essere almeno pari all’altezza del fabbricato più alto. Sono concesse deroghe, nel caso di gruppi di edifici oggetto

 di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.

. Fonte: Elaborazione Confappi-Fna su Dm 1444/68

 

Il codice della strada.

Ancor più rigido il codice della strada, o meglio il suo decreto di attuazione, che si occupa non delle distanze tra edifici, bensì di quelle tra il singolo edificio di nuova costruzione o integrale ristrutturazione e il confine delle strade: si può giungere fino a 60 metri (vedi tabella 3).

Tabella n. 3

… e così il codice delle strada.

 

 

                                                    Fuori dai centri abitati

Tipo strada

Edifici in  generale

Edifici in zone previste come edificabili

Muri di cinta

Autostrade

60 metri

30 metri

5 metri

Strade extraurbane principali

40 metri

20 metri

5 metri

Strade extraurbane secondarie

30 metri

10 metri

3 metri

Strade locali

20 metri

non previste

3 metri

Strade vicinali

10 metri

non previste

non previste

                                            Nei centri abitati

Tipo strada

Edifici in generale

Edifici, quando manca uno strumento urbanistico vigente

Muri di cinta

Autostrade

30 metri

30 metri

3 metri

Strade urbane di scorrimento

20 metri

20 metri

2 metri

Strade urbane di quartiere

non previste

20 metri

non previste

Strade locali

non previste

10 metri

non previste

 

 

Fonte: Elaborazione Confappi-Fna su Regolamento di attuazione del codice della strada

 

L’edificazione in appoggio o in aderenza

La più importante eccezione al criterio delle distanze legali sta nella possibilità di costruire addosso al muro che sorge al confine tra due proprietà (è così che, di fatto, sono sorte le città). Il che è si può fare, secondo il codice, in due modi diversi: in appoggio, oppure in aderenza. La differenza sta che, nel secondo caso, il nuovo edificio deve essere autonomamente stabile, e quindi reggersi in piedi da solo.

Chi vuole costruire in appoggio, deve imporre al vicino la comunione del muro che sorge sul confine con la propria proprietà, per tutta la sua estensione (ma non necessariamente per tutta la sua altezza, se innalza un edificio più basso). Dovrà pagare il costo di metà del muro comune e la metà del valore del suolo su cui è costruito. Viceversa, la comunione del muro non è necessaria, se si costruisce in aderenza.

Fin qui, la teoria. In realtà la costruzione in aderenza o appoggio è passata da regola a eccezione. In genere , le norme comunali la prevedono solo in situazioni molto particolari, statuendo per il resto il rispetto delle distanze legali dal confine.

Sopraelevazioni

La disciplina delle distanze legali si applica anche alle sopraelevazioni che sono equiparate, a tutti gli effetti, a nuove costruzioni.. Non è detto che il rispetto delle distanze legali si possa evitare, qualora la sopraelevazione avvenga su un edificio che sorge sul confine tra due proprietà (è il caso di due palazzi attaccati l’uno all’altro): infatti se le norme urbanistiche locali prevedono in ogni caso per le nuove costruzioni una certa distanza dal confine, e non consentono edificare in aderenza, la sopraelevazione può essere impossibile (Cassazione, n. 8989/2001 e n. 200/2001).

Comunque, se la sopraelevazione in aderenza è consentita, scatta l’obbligo di allineare il piano superiore a quelli inferiori.

Cornici, balconi, sporgenze

 

Parlare di distanze tra costruzioni significa avere ben chiaro cosa sia costruzione e cosa no. La Cassazione ne ha dato varie definizioni, del tipo “qualsiasi opera avente i caratteri della solidità, della stabilità e dell’immobilizzazione rispetto al suolo”. Vi è inclusa anche una tettoia o un portico, privo di pareti (Cassazione, sentenze n. 14379/1999, 4639/1997), e perfino una casa-roulotte (Cassazione, sentenza n. 8691/2000), che con mezzi meccanici potrebbe essere spostata. Ma un fabbricato interrato (per esempio, un garage) deve rispettare le distanze? Risposta della Cassazione: no, la sporgenza dell’edificio dal suolo è un requisito necessario (Cassazione n. 5450 e n. 1509 del 1998).

Altra domanda: da dove si misura le distanze, in caso di sporgenze alla facciata? Dipende: non contano le sporgenze ornamentali, né i canali di gronda e i loro sostegni, mentre hanno importanza i balconi, anche se scoperti o le scale esterne. Se un cornicione è particolarmente grande, si darà importanza al fatto se crea, o meno, intercapedini tra le due costruzioni, potenzialmente dannose alla salute.

Il dubbio è comunque spesso risolto nei regolamenti edilizi dei comuni, se fatti con criterio o, più raramente, nelle norme di attuazione dei piani regolatori, dove, a seconda dei casi, si dice di quali “sporti e aggetti” occorre tener conto

Box e barriere

Un’eccezione al rispetto delle distanze è portata dalla legge Tognoli , che permette la costruzione di parcheggi, anche nei cortili in possibile deroga “agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti (ma non alle norme nazionali). Viceversa le facilitazioni urbanistiche concesse per il superamento delle barriere architettoniche (per esempio la costruzione di le rampe per carrozzelle), esonerano parzialmente dal rispetto dei distacchi solo all’interno di un condominio, ma non tra diversi tipi di proprietà. 

Condono edilizio

Un altro dilemma è stato: una costruzione per cui è stato chiesto (e ottenuto) il condono edilizio può comunque sorgere a una distanza minore di quella consentita? La risposta è no: infatti se è vero che il Comune non ha più niente da dire a proposito all'ex proprietario abusivo dal punto di vista amministrativo, penale e fiscale e cioè agli effetti dell'interesse pubblico, non per questo il suo vicino deve perdonarlo, perché ha leso un suo diritto.  Il tutto a meno che trai i due proprietari si giunga a un accordo diverso, che dovrà essere scritto e, possibilmente, anche trascritto nei Registri immobiliari.

Ma c’è di più: i distacchi legali  vanno serbati anche da una costruzione abusiva, il cui proprietario può comunque esigere la demolizione del nuovo edificio che non rispetta le distanze (salvo rischiare comunque il pagamento di un risarcimento, per aver impedito l’esercizio del diritto a costruire).

Distanze e condominio

Un altro tormentone in tribunale è se le distanze legali hanno motivo di valere in condominio. Ancora una volta, la risposta della Cassazione è ondivaga: si può solo tentare di offrire un’interpretazione, a seconda dei casi. Le norme condominiali prevalgono su quelle delle distanze quando si tratta di distacchi tra parti comuni. Viceversa, non vi è ragione di togliere valore alle distanze quando riguardino i rapporti tra singole proprietà private in condominio (per esempio, tra appartamento e appartamento). Resta dubbio, infine, il terzo caso (distanze tra parti comuni e singole proprietà in condominio): propendiamo per l’ipotesi che, in questo caso, si debba dar più peso alle norme condominiali, ma solo nei limiti dello strettamente necessario (opere indispensabili al condominio).

Sanzioni

Il privato che si ribella contro il mancato rispetto delle distanze legali da parte del vicino, a seconda delle circostanze (articolo 872 del codice civile) , può:

1) aver diritto sia al risarcimento dei danni che alla “riduzione in pristino”, cioè all’abbattimento dell’opera;

2) aver diritto al solo risarcimento danni.

Il primo caso si verifica quando si è in violazione delle norme del codice civile o di quelle ad esse integrative (per esempio quelle previste nel Dm 1444 o in un regolamento edilizio che incrementano da 3 a 10 metri la distanza dal confine).

Il secondo caso riguarda le altre norme sulle distanze non integrative al codice (per esempio, quelle fissate dal codice della strada).

Tutto ciò vale solo per i privati: niente vieta che la Pubblica Amministrazione possa, sempre e comunque, pretendere l’abbattimento, se previsto dalle norme amministrative.

 


 

 

Il diritto al panorama

Ci si può anche chiedere: esiste un diritto al panorama? E' possibile ribellarsi contro un vicino che innalza un'orribile costruzione o fa crescere un albero frondoso, impedendo così la piacevole vista di un'ardita montagna o di un golfo marino incantevole?

Risposta: non esiste. O meglio, si può fare ricorso solo alle norme sulle distanze legali tra costruzioni (di cui abbiamo già parlato), oppure a quelle sulle luci e le vedute (articoli dal 900 al 907 del codice civile)

Con “veduta” si intende quell’apertura su cui è possibile affacciarsi sporgendosi, anche obliquamente e lateralmente. Con “luce”, invece, quell’apertura destinata a dare solo, appunto, luce o aerazione e che deve essere obbligatoriamente fornita di inferriate, di 3 centimetri quadrati al massimo.

E’ soprattutto sulle vedute che c’è battaglia tra i cittadini. Il principio generale del codice è che non si possano aprire finestre o prospetti (balconi e terrazze) con veduta a meno di 1,5 metri dalla proprietà del vicino (tetti compresi). La misura si fa,  per le finestre, dalla facciata in cui si aprono e per i prospetti dal loro parapetto. Unica eccezione: quando  tra le due proprietà vi sia una pubblica via. Parimenti, va serbata una distanza minima di 75 cm per la veduta laterale o obliqua.

Chi prima arriva, però, meglio alloggia. Chi ha già una finestra, può imporre al suo vicino di non costruire a meno 3 metri, che stavolta si calcolano non solo in linea diritta o obliqua, ma anche a piombo. Quindi, in pratica, se due balconi sono uno sovrastante l’altro, il vicino del piano di sotto può chiudere il suo con una veranda solo se non si spinge oltre il perimetro del balcone sovrastante. Non è necessario che il giudice imponga la demolizione di una costruzione per eliminare le vedute irregolari: possono esistere altri metodi (Cassazione, 11150/1996, 2343/1995), come ad esempio l’arretramento di un parapetto.

Il principio può valere anche per alberi o siepi, ma solo quando la densità delle foglie o dei rami sia tale da impedire la veduta, costituendo un ostacolo assimilabile a una costruzione (Cassazione 5618/1995). In questo caso la soluzione da adottare è una buona potatura. 
Il diritto di veduta può essere oggetto di accordi tra vicini purché scritti (per esempio il rogito di vendita di un immobile) , e a patto che gli accordi rispettino gli strumenti urbanistici locali. La servitù di veduta (cioè il diritto ad avere una costruzione a meno di tre metri di distanza dalla finestra del vicino) può essere usucapita, nel senso che dopo vent’anni il vicino può perdere il suo diritto. La giurisprudenza, inoltre, propende per la piena applicabilità del diritto di veduta anche all’interno del condominio.

 

Alberi: le liti con il vicino

 

Le distanze legali si calcolano dal tronco della pianta, mentre ai fini del diritto di veduta, conta anche la chioma.Gli alberi che sorgono da più di vent’anni a distanze inferiori a quelle legali non possono essere spiantati: se però muoiono, non è possibile rimpiazzarli. Fanno eccezione le piante che compongono un filare lungo il confine. E ora, alcune curiosità: in ogni momento il vicino può pretendere il taglio delle radici o dei rami che invadono il suo terreno o lo spazio sovrastante: non vale l’usucapione ventennale. I frutti caduti naturalmente ai rami che sporgono sul terreno del vicino gli appartengono di diritto, a meno che gli usi codificati stabiliscano il contrario.

 

Consigli per la tranquillità.

Chi acquista un edificio nuovo (o anche uno di antica costruzione, ma isolato) ha talora la possibilità di garantirsi meglio il futuro. Può darsi da fare quando venditore del terreno è un vicino, o un'impresa di costruzione che possiede lotti adiacenti. In tal caso potrà cercare di comprare , insieme all'immobile, anche un particolare diritto (la legge la definisce "servitù attiva di non costruire"). Il confinante si impegna a non far sorgere sul suo terreno una costruzione, se non a una certa distanza (superiore a quella stabilità dal codice o dai regolamenti comunali). Si può stabilire per contratto che il vicino non possa far crescere oltre una certa altezza i suoi alberi, anche se molto distanti. Così si riuscirà a garantirsi per sempre la vista di colli e montagne.