DISEGNI DI LEGGE ALLA CAMERA E AL SENATO

 

SUL RIORDINO DELLE PROFESSIONI INTELLETTUALI

SOMMARIO

 

Numero

Primo Relatore

Titolo

  Camera

1048

On. Ruzante

Istituzione del "certificato professionale controllato" e delega al Governo per la disciplina delle professioni non regolamentate

Rel 1048

  Relazione al disegno di legge 1048

2488

On. Mantini

Disposizioni per la regolamentazione delle nuove attività professionali

Rel 2488

  Relazione al disegno di legge 2488

  Senato

691

On. Nania

Disciplina delle professioni intellettuali

Rel 691

  Relazione al disegno di legge 691

804

On. Pastore

Disciplina delle professioni intellettuali

Rel 804

  Relazione al disegno di legge 804

 

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XIV LEGISLATURA

 

CAMERA DEI DEPUTATI

 

   N. 1048

 

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

RUZZANTE, GAMBINI, BUGLIO, CAZZARO, CIALENTE, LULLI,

NIEDDU, QUARTIANI

Istituzione del "certificato professionale controllato" e delega al Governo per la disciplina delle professioni non regolamentate

Presentata il 26 giugno 2001

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

(Definizione).

1. Sono oggetto della presente legge, tutte le attività professionali, intellettuali e non intellettuali, che non sono ricomprese nelle professioni di cui all'articolo 2229 del codice civile.

Art. 2.

(Certificazione di qualità).

1. E' istituito il "certificato professionale controllato", con il quale si attestano l'esercizio abituale della professione, il costante aggiornamento del professionista ed un comportamento conforme alle norme di corretto svolgimento della professione.

2. Il certificato di cui al comma 1 non è requisito vincolante per l'esercizio delle attività professionali di cui alla presente legge ed è rilasciato a tutti i prestatori, iscritti alle associazioni professionali, che ne facciano richiesta e che dimostrino di essere in possesso dei requisiti di cui al medesimo comma 1. Il mancato rinnovo dell'adesione alle associazioni professionali comporta la perdita della certificazione.

Art. 3.

(Delega legislativa).

1. Il Governo è delegato ad emanare, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, volti a disciplinare:

a) l'individuazione ed il riconoscimento di forme aggregative delle associazioni professionali, quali soggetti diversi ed autonomi dalle associazioni costituenti, volte alla promozione e qualificazione tecnico-scientifica delle professioni in esse rappresentate ed alla massima divulgazione presso gli utenti delle disposizioni della presente legge e delle misure adottate ai fini dell'esercizio delle funzioni loro attribuite e degli effetti da esse derivanti, nonché i limiti e le forme di verifica e controllo da esse esercitate sull'operato delle singole associazioni alle stesse aderenti;

b) il ruolo e i connotati delle associazioni professionali, espressione della libera adesione degli esercenti ciascuna attività professionale;

c) gli ambiti e le forme di esercizio dei poteri dello Stato in materia di verifica sull'operato delle forme aggregative di cui alla lettera a) e le eventuali sanzioni in caso di gravi irregolarità o prolungata inattività.

2. Ai fini dell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene alle disposizioni della presente legge ed in particolare ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) le forme aggregative delle associazioni professionali:

1) sono organismi privati e devono essere costituite da almeno dieci associazioni, in rappresentanza di diverse attività professionali, ciascuna con pari rappresentanza negli organi assembleari delle rispettive strutture aggregative, e ad esse possono partecipare le associazioni dei consumatori riconosciute ai sensi della legge 30 luglio 1998, n. 281. Qualora a seguito della deliberazione di una o più delle citate associazioni, la forma aggregativa annoveri un minore numero di adesioni, è concessa la proroga di un anno delle sue funzioni al fine di provvedere al conseguimento del quorum necessario al suo ordinario funzionamento. Decorso inutilmente tale termine, la forma aggregativa perde la possibilità di rilasciare la certificazione di qualità di cui all'articolo 2;

2) devono garantire indipendenza ed imparzialità di azione, assenza di conflitti di interesse, pari rappresentatività negli organi preposti alla vigilanza e al controllo di tutte le componenti costituenti nonché il libero accesso alla certificazione per tutti coloro che esercitano la professione certificata. Al fine di garantire il conseguimento di tali finalità:

I) le associazioni aderenti accettano i poteri di verifica e controllo da parte delle forme aggregative cui aderiscono e l'esclusione dalle stesse in caso di inadempienze gravi;

II) le associazioni aderenti si impegnano a versare regolarmente i contributi annui per l'anno in corso e per quello successivo;

III) gli eletti negli organi statutari delle forme aggregative non possono ricoprire incarichi all'interno delle singole associazioni;

3) devono adottare uno statuto nel quale sono, altresì, indicati gli ambiti e le modalità di controllo sulle associazioni aderenti. Tale statuto costituisce parte integrante degli statuti delle singole associazioni aderenti;

4) devono esercitare la funzione di controllo sull'operato delle associazioni aderenti ai fini della verifica del rispetto e della congruità degli standard professionali e qualitativi dell'esercizio dell'attività e dei codici deontologici definiti dalle stesse associazioni. Qualora riscontrino gravi inadempienze o irregolarità nell'esercizio delle funzioni proprie delle associazioni, possono provvedere con un richiamo e, in caso di persistenza dei medesimi motivi, procedono all'espulsione dell'associazione inadempiente;

5) devono rilasciare, verificata la sussistenza delle condizioni di cui al numero 4), la certificazione di qualità ai prestatori di attività professionale che ne facciano richiesta e che dimostrino di essere in possesso dei requisiti definiti dalle associazioni professionali;

b) le associazioni professionali sono titolari della definizione dei criteri qualitativi necessari ai fini del rilascio della certificazione di qualità delle attività, tra i quali:

1) l'individuazione di eventuali livelli di preparazione didattica, dimostrabili tramite il conseguimento di titoli di studio o di percorsi formativi;

2) la definizione dell'oggetto dell'attività professionale e dei relativi profili professionali;

3) la determinazione di standard qualitativi da rispettare nell'esercizio delle attività;

4) l'elaborazione di un codice deontologico e la definizione di eventuali interventi sanzionatori nei confronti degli associati;

c) il Ministro della giustizia, anche avvalendosi del ruolo consultivo del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, verifica l'operato delle forme aggregative in conformità alle disposizioni della presente legge.

3. Gli schemi di decreto legislativo di cui al comma 1, a seguito della deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, sono trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione del parere parlamentare.

 

Relazione alla proposta di legge 1048 della Camera

Onorevoli Colleghi! - Secondo i più recenti dati del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), i professionisti operanti nei settori di attività non regolamentate, cioè i lavoratori - in prevalenza autonomi ma anche dipendenti - che esercitano professioni non tutelate ed inquadrate in albi, ammontano a più di due milioni e settecentomila. E' un numero già assai rilevante e destinato a crescere nei prossimi anni. Un mondo lavorativo in piena espansione, vitalissimo, espressione del cambiamento epocale in atto e frutto dell'adeguamento costante alle esigenze mutevoli del mercato e al progresso scientifico e tecnologico. Una massa imponente di lavoratori che attendono risposte chiare ai loro problemi, primo fra tutti la regolamentazione.

La spinta alla "regolamentazione", e cioè alla emanazione di norme a tutela delle nuove professioni, come è stato fatto nel passato per quelle di più antica tradizione, risponde in primo luogo all'esigenza di tutelare i consumatori da un lato e i professionisti seri e capaci dall'altra. Nello stesso tempo, questo obiettivo deve essere conciliato con il principio della libera iniziativa economica privata e le regole del mercato. Come noto, l'Autorità garante dalla concorrenza e del mercato ha affrontato il problema delle professioni nella "Indagine conoscitiva del settore degli ordini e dei collegi professionali" evidenziando come "la regolamentazione adottata nel nostro Paese (...) è particolarmente restrittiva rispetto a quella dei principali Paesi europei" e come tale soluzione rappresenti un freno all'espansione ed un pericolo per i professionisti italiani, destinati a soccombere di fronte alla concorrenza dei loro colleghi europei. Nel medesimo documento, dopo aver indicato i correttivi da adottare in tema di professioni già regolamentate, nell'apposito capitolo dedicato alle professioni non regolamentate si sottolinea come "in nessun caso si giustifica l'adozione di una regolamentazione che limiti sia la libertà di iniziativa economica privata dei soggetti che attualmente operano in piena autonomia, sia la libertà di scelta del consumatore" e come, non essendosi prodotti, nel nostro Paese, sistemi alternativi a quello tradizionale degli Albi (Ordini e collegi, le cui esclusive l'Antitrust invita a limitare ai soli casi di stretta necessità quali la tutela di un interesse pubblico generale) si profili "l'esigenza di organizzare dei sistemi di certificazione che rappresentino un marchio di qualità per il consumatore". Esigenza che, sempre secondo il Garante, non deve "essere necessariamente soddisfatta attraverso l'istituzione di Albi o Ordini professionali" non ravvisandosi "ragioni di rilevanza pubblica che giustificherebbero l'introduzione di sistemi selettivi e limitativi sulla scorta di quanto avviene per le professioni protette".

Al riguardo, è opportuno ricordare che attualmente nel nostro Paese le libere professioni sono suddivise in due grandi gruppi: le professioni regolamentate, o "protette", cioè le professioni rientranti nel disposto dell'articolo 2229 del codice civile, per il cui esercizio è necessario oltre al possesso del titolo di studio l'ulteriore requisito della iscrizione obbligatoria in appositi Albi tenuti da enti pubblici (gli Ordini e i collegi) e tutte le altre professioni, dette "professioni non regolamentate", che a loro volta - in seguito al recepimento delle direttive del Consiglio d'Europa n. 89/48 e 92/51, rispettivamente con il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115 e con il decreto legislativo 2 maggio 1994, n. 319 - si distinguono in due sottogruppi, le professioni per il cui esercizio è necessario il possesso di un titolo di studio o formazione professionale e le professioni assolutamente libere, per il cui esercizio non occorre alcun titolo.

I professionisti non regolamentati hanno dato vita a numerose associazioni, alcune delle quali possono vantare una lunga tradizione ed una forte rappresentatività. Ciascuna di queste associazioni - salvo pochissime eccezioni - per lungo tempo ha seguito pervicacemente la strada del riconoscimento da parte dello Stato, tramite il tradizionale metodo della istituzione di nuovi Ordini o collegi. Col passare del tempo, tuttavia, si sono fatte promotrici delle nuove istanze indicate dal Garante della concorrenza e del mercato, rinunciando a chiedere la regolamentazione in Albi, ed auspicando l'avvio di un sistema di certificazione di qualità, un sistema che, senza limitare la libertà di iniziativa economica privata, offra comunque giuste garanzie ai consumatori, mettendoli in condizione di essere informati e di scegliere fra professionisti preparati e non, fra professionisti che assicurino o meno la continuità del loro impegno, del loro aggiornamento e la serietà deontologica.

A tale riguardo, alcune associazioni hanno già iniziato una positiva sperimentazione ed hanno elaborato sistemi degni di attenzione che si basano sui seguenti princìpi:

1) la definizione di un "certificato professionale controllato" consistente in un attestato di esercizio abituale della professione, di costante aggiornamento e di comportamento corretto del professionista nei confronti degli utenti e dei colleghi; detto certificato non rappresenta sotto mentite spoglie un riconoscimento abilitante all'esercizio di dette professioni, ma consiste in un attestato di qualità ai fini di una corretta informazione degli utenti;

2) il certificato viene rilasciato da libere associazioni private, emanazione delle associazioni dei professionisti ma da esse distinte e costituite allo scopo di rilasciare il certificato. Opportuni meccanismi garantiscono l'indipendenza e l'imparzialità, l'assenza di conflitti di interesse, la rappresentatività delle parti interessate (in primo luogo delle associazioni che rappresentano i consumatori e i professionisti). Il sistema si basa sul modello della federazione: più associazioni, rappresentanti diverse professioni, si federano allo scopo di delegare al soggetto giuridico federativo il compito di rilasciare il certificato e di eseguire tutte le relative verifiche sugli iscritti. Viene così assicurata la rappresentatività delle associazioni professionali, che partecipano alla formazione delle regole per la definizione della qualità professionale ed al contempo è assicurata la serietà della certificazione, perché non sono le associazioni a certificarsi, ma tale potere è lasciato ad un soggetto terzo (la federazione che ha il compito di vigilare sul puntuale adempimento delle regole stesse e di rilasciare infine il certificato). In tale modo è soddisfatto anche l'interesse degli utenti, che è ulteriormente garantito dalla presenza delle associazioni dei consumatori negli organi di verifica e di controllo della federazione;

3) tale soluzione si situa in un ambito squisitamente privatistico, senza interferenze dello Stato, che è chiamato ad intervenire solo in un secondo tempo, eseguendo controlli non sulle federazioni in quanto tali, ma unicamente sul loro operato e cioè sul rispetto delle regole che esse stesse si sono date a tutela dei consumatori e dei professionisti seri.

La presente proposta di legge riproponendo per ampie linee tale modello, si prefigge lo scopo di avviare, anche in tale campo, un rapido adeguamento alla normativa e agli orientamenti europei, di salvaguardare le regole della libera concorrenza e del mercato, di tutelare gli interessi degli utenti, di favorire lo sviluppo libero delle professioni ripudiando ogni sistema di riconoscimento che porti alla sclerotizzazione e alla formazione di nicchie di privilegio, ma al contrario perseguendo sistemi che favoriscano l'adeguamento continuo delle professioni alle esigenze imposte dal rapido divenire dei rapporti economico-sociali e del progresso scientifico, infine di favorire in tale modo la creazione di nuove opportunità occupazionali.

L'ampio lavoro di analisi e studio del fenomeno delle professioni non regolamentate realizzato dal CNEL già a partire dal 1994, cui è seguita anche la costituzione della Consulta delle Associazioni delle Professioni non regolamentate, hanno dimostrato la grande rilevanza del fenomeno e le sue potenzialità nel quadro di una costante trasformazione delle forme di organizzazione dei processi produttivi. Fenomeno che necessita di una disciplina che, nel rispetto dei princìpi generali che caratterizzano il percorso di integrazione europea, offra un sistema di garanzie per un corretto esercizio di dette professioni nell'interesse degli utenti e di un mercato sempre più trasparente ed efficiente.

 

XIV LEGISLATURA

 

CAMERA DEI DEPUTATI

 

   N. 2488

 

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MANTINI, ANNUNZIATA, GIOVANNI BIANCHI, ENZO BIANCO,

BOCCIA, BRESSA, CAMO, CARRA, CIANI, DE FRANCISCIS, DI GIOIA,

DUILIO, FANFANI, FISTAROL, GENTILONI SILVERI, IANNUZZI, LETTA,

SANTINO ADAMO LODDO, LUSETTI, MERLO, MORGANDO, PISCITELLO,

PISTELLI, REALACCI

Disposizioni per la regolamentazione delle nuove attività professionali

Presentata il 6 marzo 2002

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

(Definizione).

1. Sono oggetto della presente legge tutte le attività professionali, intellettuali e non intellettuali, che non sono ricomprese nelle professioni di cui all'articolo 2229 del codice civile.

Art. 2.

(Attestato di competenza).

1. In attuazione della direttiva 92/51/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, è istituito l'attestato di competenza con il quale le associazioni professionali di cui all'articolo 3 attestano il possesso di requisiti professionali, l'esercizio abituale della professione, il costante aggiornamento del professionista ed un comportamento conforme alle norme del corretto svolgimento della professione.

2. L'attestato di cui al comma 1 non è requisito vincolante per l'esercizio delle attività professionali di cui alla presente legge ed è rilasciato a tutti i professionisti iscritti alle associazioni professionali di cui all'articolo 3 che ne facciano richiesta e che dimostrino di essere in possesso dei requisiti di cui al comma 1 del presente articolo. Il professionista, ai fini del rilascio dell'attestato di competenza di cui al comma 1, deve altresì essere in possesso di una polizza assicurativa per la copertura dei rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale a garanzia degli utenti.

3. Le eventuali validazioni richieste dalle associazioni professionali di cui all'articolo 3 per il rilascio degli attestati di competenza hanno carattere oggettivo e contengono dichiarazioni di soggetti terzi, professionalmente qualificati.

4. Il mancato rinnovo dell'adesione alla associazione professionale di cui all'articolo 3 che ha rilasciato l'attestato di competenza comporta la perdita della validità dell'attestazione.

Art. 3.

(Associazioni professionali).

1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito il Dipartimento delle associazioni professionali presso il quale è istituito il registro delle associazioni professionali, di natura privatistica, costituite da esercenti una attività intellettuale, su base volontaria, senza vincolo di esclusiva e nel rispetto della libera concorrenza, in possesso dei requisiti stabiliti dal decreto di cui all'articolo 4, comma 1.

2. Le associazioni professionali autorizzate ai sensi dell'articolo 4 a rilasciare l'attestato di competenza di cui all'articolo 2, definiscono i requisiti che deve possedere il professionista ai fini del rilascio dell'attestato di competenza, tra i quali:

a) l'individuazione di livelli di qualificazione professionale, dimostrabili tramite il conseguimento di titoli di studio o di percorsi formativi alternativi;

b) la definizione dell'oggetto dell'attività professionale e dei relativi profili professionali;

c) la determinazione di standard qualitativi da rispettare nell'esercizio dell'attività professionale.

3. Le associazioni professionali di cui al comma 1 elaborano un codice deontologico e definiscono eventuali sanzioni disciplinari nei confronti degli associati per le violazioni del medesimo codice.

4. I codici deontologici di cui al comma 3 e i requisiti stabiliti dalle associazioni professionali ai sensi del comma 2 sono sottoposti alla valutazione da parte del Dipartimento delle associazioni professionali ai fini dell'iscrizione delle medesime associazioni nel registro di cui al comma 1.

Art. 4.

(Norme di attuazione).

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è stabilita l'organizzazione del Dipartimento delle associazioni professionali di cui all'articolo 3 e sono fissati i requisiti che devono possedere le medesime associazioni professionali per essere iscritte nel registro di cui all'articolo 3, comma 1, e per essere autorizzate a rilasciare gli attestati di cui all'articolo 2, comma 1, sulla base dei seguenti princìpi:

a) gli statuti delle associazioni professionali devono garantire la trasparenza delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati ed escludere il fine di lucro;

b) le associazioni professionali di cui all'articolo 3, comma 1, devono avere una struttura organizzativa e tecnico-scientifica consolidata e devono prevedere procedure operative adeguate all'effettivo ed oggettivo raggiungimento delle finalità della associazione professionale e dotarsi di un codice deontologico che possa garantire il corretto comportamento dei propri aderenti nei confronti degli utenti;

c) sia previsto un limite temporale per la validità dell'attestato e le modalità per il suo rinnovo sulla base di elementi oggettivi che garantiscano la permanenza dei requisiti in capo all'esercente l'attività professionale.

Art. 5.

(Obblighi dell'iscritto).

1. L'iscritto all'associazione professionale ha l'obbligo di informare l'utenza, qualora richiesto, del proprio numero di iscrizione all'associazione professionale edegli estremi dell'associazione professionale stessa conformemente agli standard deontologici dell'associazione.

Art. 6.

(Vigilanza).

1. Il Dipartimento delle associazioni professionali di cui all'articolo 3 vigila sull'operato delle associazioni professionali e ne dispone la cancellazione dal registro di cui all'articolo 3, comma 1, con la conseguente revoca dell'autorizzazione a rilasciare gli attestati di cui all'articolo 2, nel caso ravvisi irregolarità nell'operato delle predette associazioni, perdita dei requisiti stabiliti dal decreto di cui all'articolo 4, comma 1, o prolungata inattività.

 

Relazione alla proposta di legge 2488 della Camera

Onorevoli Colleghi! - Il mondo delle professioni ha conosciuto in Italia, come in gran parte del mondo più avanzato, notevoli trasformazioni.

Il passaggio da un'economia industriale basata sulla produzione materiale di merci ad un'economia prevalentemente terziaria, fondata sulla produzione di servizi e sul valore della conoscenza (knowledge society), è stato accompagnato dalla crescita di nuovi mestieri ed attività professionali (si pensi solo all'informatica e alla net-economy) non riconducibili ai canoni delle tradizionali professioni liberali. Le cosiddette nuove professioni sono state censite nel numero di duecento, in un recente rapporto del CNEL, e con un'area di addetti pari a 2,7 milioni di persone, con una notevole influenza sul prodotto interno lordo derivante in generale dai servizi professionali che è pari all'11 per cento del totale.

Queste nuove professioni, anche esse prevalentemente basate sui requisiti della conoscenza intellettuale o tecnico-specialistica e su quelli dell'indipendenza, della responsabilità e del rapporto fiduciario con il cliente, hanno spesso dato vita a forme associative e di autorganizzazione che non hanno ad oggi alcuna forma specifica di riconoscimento giuridico e di regolazione.

A tale questione si è tentato di dare soluzione nel corso della XIII legislatura muovendo dall'idea di far emergere il vasto mondo delle professioni non regolamentate accanto a quelle tradizionalmente riconosciute nell'ordinamento degli ordini e collegi professionali, dando così vita ad un sistema professionale "dualistico".

Il riconoscimento giuridico delle professioni non regolamentate, secondo un approccio largamente condiviso dalle forze politiche, è così diventato parte integrante della più generale riforma delle professioni intellettuali, allo scopo di garantire un assetto più moderno e competitivo in un settore così decisivo per lo sviluppo del Paese.

La proposta di legge che si presenta intende altresì colmare il ritardo italiano nel recepimento della direttiva 92/51/CEE, parzialmente integrata dalla direttiva 2001/19/CE, relativamente alla parte in cui, nell'ambito di disposizioni per il riconoscimento della formazione professionale e l'integrazione in sede europea, introduce "l'attestato di competenza" in specie per le professioni non regolamentate "considerando che in taluni Stati membri le professioni regolamentate sono relativamente poche; che tuttavia le professioni non regolamentate possono essere oggetto di una formazione specificamente orientata verso l'esercizio della professione, la cui struttura e il cui livello sono determinati o controllati dalle autorità competenti dello Stato membro in questione (...)".

Essa si basa appunto su un doppio livello di controlli necessari per favorire la piena legittimazione, anche in sede europea, delle nuove professioni e per assicurare, nel contempo, qualità e responsabilità nei confronti dei cittadini utenti dei servizi:

da una parte, tramite l'indicazione legislativa di una serie di requisiti che le associazioni professionali devono possedere (statuto, standard qualitativi, codici deontologici, eccetera);

dall'altra tramite il rilascio dell'"attestato di competenza" con cui le associazioni riconosciute dallo Stato, attestano il possesso dei requisiti professionali, l'esercizio abituale della professione, il costante aggiornamento del professionista ed un comportamento conforme alle norme del corretto svolgimento della professione.

E' altresì prevista l'istituzione di un Dipartimento delle associazioni professionali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con compiti di vigilanza sull'operato delle associazioni e di tenuta del registro al quale devono iscriversi le associazioni professionali per essere autorizzate a rilasciare l'attestato di competenza.

La presente proposta di legge contiene norme in materia di recepimento delle direttive europee relative al sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali: risulta pertanto incontrovertibile la competenza legislativa statale in materia, anche in relazione al nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione.

SENATO DELLA REPUBBLICA

———– XIV LEGISLATURA ———–

N. 691

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori NANIA, BUCCIERO, CARUSO Antonino, BALBONI, BATTAGLIA Antonio, BEVILACQUA, BOBBIO Luigi, BONATESTA, BONGIORNO, COLLINO, CONSOLO, COZZOLINO, CURTO, DANIELI Paolo, DE CORATO, DELOGU, DEMASI, FISICHELLA, FLORINO, GRILLOTTI, KAPPLER, MAGNALBÒ, MASSUCCO, MEDURI, MENARDI, MUGNAI, MULAS, PACE, PALOMBO, PEDRIZZI, PELLICINI, PONTONE, RAGNO, SALERNO, SEMERARO, SERVELLO, SPECCHIA, TATÒ, TOFANI, VALDITARA e ZAPPACOSTA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 27 SETTEMBRE 2001

———–

Disciplina delle professioni intellettuali

DISEGNO DI LEGGE

Capo I

PRINCÌPI GENERALI

Art. 1.

(Ambito di applicazione)

1. La presente legge, in attuazione dell’articolo 35 della Costituzione, e nel rispetto della normativa comunitaria, disciplina l’esercizio delle professioni intellettuali.

2. L’attività professionale non costituisce attività di impresa ed è sottoposta a specifica regolamentazione per i requisiti formativi richiesti, per la natura fiduciaria della prestazione, per la responsabilità diretta e personale del professionista e per il rispetto delle norme deontologiche poste a tutela del singolo e della collettività.

Art. 2.

(Ordini professionali)

1. Gli Ordini professionali sono enti pubblici non economici istituiti per garantire il rispetto dei princìpi previsti dall’articolo 1. Ad essi non si applicano la legge 21 marzo 1958, n. 259, e successive modificazioni, l’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e la legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni.

2. Gli Ordini hanno autonomia patrimoniale e finanziaria, determinano la propria organizzazione mediante uno statuto e disciplinano con appositi regolamenti, nel rispetto della presente legge, le seguenti materie:

a) tenuta e aggiornamento periodico degli albi;

b) verifica e vigilanza della sussistenza dei requisiti per l’iscrizione;

c) deontologia professionale e procedimento disciplinare;

d) pubblicità professionale;

e) certificazione della qualificazione professionale;

f) misura degli oneri associativi destinati alle spese di organizzazione e funzionamento degli organi rappresentativi.

Art. 3.

(Attività professionali riservate)

1. L’esercizio dell’attività di una professione riservata è subordinata all’iscrizione al relativo albo professionale.

2. Fatti salvi gli Ordini professionali attualmente istituiti, l’introduzione di nuovi Ordini è subordinata alla necessità di tutelare interessi costituzionalmente rilevanti nello svolgimento di attività caratterizzate da gravi asimmetrie informative e dal rischio di danni sociali conseguenti a prestazioni non adeguate.

Art. 4.

(Libere associazioni)

1. I professionisti che esercitano attività non riservate in esclusiva dalla legge possono costituire associazioni professionali al fine di tutelare la qualità delle prestazioni nell’interesse degli utenti.

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL), per il conseguimento della finalità di cui al comma 1, sono stabiliti i criteri per l’iscrizione delle associazioni professionali all’apposito registro istituito presso il competente Ministero e le modalità della verifica e della certificazione dei requisiti formativi e professionali richiesti.

Art. 5.

(Accesso alla professione)

1. Fermo restando il possesso del titolo di studio previsto, per l’abilitazione all’esercizio di una professione che comprende lo svolgimento di attività riservate in esclusiva è prescritto un esame di Stato. Le università e gli istituti di istruzione secondaria, d’intesa e in collaborazione con gli Ordini professionali, istituiscono corsi di formazione per la preparazione all’esame di Stato. L’onere per gli iscritti non può superare la quota massima prevista per i corsi di studio attivati presso la stessa facoltà o lo stesso istituto d’istruzione superiore.

2. In casi eccezionali, la legge può prevedere una preventiva determinazione del numero di coloro che possono conseguire l’abilitazione all’esercizio di particolari attività professionali che comportano lo svolgimento di pubbliche funzioni. In tali casi l’accesso professionale si consegue mediante il ricorso a procedura di evidenza pubblica.

3. La disciplina del tirocinio, ove previsto, si conforma a criteri che garantiscono l’effettività dell’attività formativa e il suo adeguamento costante all’esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione. Il tirocinio può essere svolto in tutto o in parte durante il percorso formativo e non può avere comunque durata superiore a tre anni.

4. Salvo sia disposto diversamente, l’esame di abilitazione si svolge su base regionale. Gli iscritti agli Ordini professionali non possono far parte delle commissioni esaminatrici nell’ambito della circoscrizione in cui risiedono o esercitano abitualmente l’attività professionale.

5. Gli Ordini professionali curano l’aggiornamento periodico e la formazione permanente degli iscritti, organizzando appositi corsi d’intesa con le università e gli istituti di cui al comma 1 e a tal fine possono promuovere la costituzione di fondazioni anche con la partecipazione di soggetti pubblici e privati. L’organizzazione dei corsi non costituisce esercizio di attività commerciale.

Art. 6.

(Tariffe)

1. Le tariffe per le prestazioni stabilite con decreto del Ministro della giustizia, su proposta di commissioni appositamente istituite con la partecipazione dei rappresentanti degli Ordini professionali sono inderogabili nei valori minimi e in quelli massimi.

Art. 7.

(Informazione all’utenza)

1. Il professionista può pubblicizzare il proprio nome, titolo e albo di appartenenza, nonchè la ragione sociale della società tra professionisti di cui fa parte. È proibita ogni forma pubblicitaria comparativa o non adeguata al decoro e prestigio professionale.

2. I regolamenti di cui all’articolo 2, comma 2, possono prevedere i limiti necessari per assicurare la correttezza dell’informazione pubblicitaria.

Art. 8.

(Assicurazione obbligatoria)

1. Il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale.

Art. 9.

(Agevolazioni e incentivi)

1. I provvedimenti che introducono agevolazioni o incentivi diretti a favorire lo sviluppo dell’occupazione e gli investimenti non possono escludere tra le categorie dei beneficiari coloro che esercitano l’attività professionale.

2. I rediti derivanti dai patrimoni mobiliari ed immobiliari di proprietà di enti previdenziali privati che gestiscono forme pensionistiche obbligatorie usufruiscono dello stesso regime tributario previsto dagli articoli 13 e seguenti del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni.

Capo II

SOCIETÀ TRA PROFESSIONISTI

Art. 10.

(Società tra professionisti)

1. Al fine di svolgere in comune l’attività professionale alla quale sono abilitati, i professionisti possono costituire tra loro società disciplinate dalla presente legge.

2. Nel rispetto dei princìpi della presente legge possono essere costituite, tra professionisti iscritti a Ordini diversi, società con lo scopo di organizzare in comune l’esercizio delle rispettive prestazioni professionali.

3. L’attività dei soci è soggetta alla disciplina vigente per l’esercizio delle professioni intellettuali e delle singole professioni.

4. Salvo quanto diversamente previsto da specifiche disposizioni legislative per particolari attività, le professioni per cui è richiesta l’iscrizione agli albi professionali non possono essere svolte in forma associativa diversa dall’associazione o dalla società tra professionisti.

Art. 11.

(Limitazioni all’esercizio dell’attività professionale in forma societaria)

1. L’esercizio in forma individuale dell’attività professionale è incompatibile con la partecipazione a una società tra professionisti. L’esercizio in forma societaria non è consentito in più di una società.

2. Le incompatibilità di cui al comma 1 si applicano rispettivamente fino alla comunicazione della dichiarazione di recesso dalla società ovvero fino all’iscrizione della stessa secondo le disposizioni della presente legge.

3. Non può mantenere la qualità di socio colui che è cancellato o radiato dall’albo professionale. La sospensione di un socio dall’albo è causa legittima di esclusione dalla società.

Art. 12.

(Costituzione della società)

1. Le società tra professionisti si costituiscono per atto pubblico e possono esercitare l’attività dopo l’iscrizione in apposito registro allegato all’albo o agli albi professionali. L’iscrizione è effettuata entro trenta giorni dalla domanda.

2. La ragione sociale deve contenere il nome di uno o più soci e l’indicazione di società tra professionisti (STP); deve essere inoltre indicata l’attività professionale svolta. Il nome del socio defunto può essere mantenuto per non oltre dieci anni dal decesso.

3. Dell’avvenuta iscrizione all’albo è data comunicazione alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura che provvede agli adempimenti necessari per l’iscrizione in una sezione speciale del registro delle società secondo le modalità e con l’osservanza delle disposizioni previste in apposito regolamento emanato dal Governo ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con decreto del Ministro della giustizia sono stabiliti i diritti dovuti alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Art. 13.

(Disciplina della società)

1. Salve le diverse disposizioni della presente legge, alla società professionale si applica la disciplina vigente per le società a responsabilità limitata.

2. L’amministrazione è affidata esclusivamente ai soci.

3. La società tra professionisti non è soggetta alla disciplina fallimentare.

Art. 14.

(Incarico professionale)

1. L’incarico affidato alla società si intende conferito anche al professionista o ai professionisti che risultano aver concorso al suo espletamento sulla base della comunicazione data per iscritto al cliente prima dell’inizio dell’esecuzione. In difetto della comunicazione, l’incarico si presume conferito a tutti i soci.

2. Tutti gli obblighi derivanti in capo al professionista individuale in conseguenza del rapporto professionale sono estesi alla società.

Art. 15.

(Responsabilità del professionista e della società)

1. Il professionista incaricato è responsabile dell’attività svolta, ai sensi dell’articolo 2236 del codice civile.

2. La società risponde, con il suo intero patrimonio, in solido con il socio incaricato della prestazione per gli eventuali danni derivanti dalle singole attività professionali. A tal fine essa è tenuta a stipulare idonea assicurazione per la copertura dei rischi.

3. La società risponde disciplinarmente della violazione delle norme deontologiche previste per l’espletamento dell’attività professionale esercitata.

Art. 16.

(Partecipazioni agli utili)

1. Lo statuto delle società disciplinate dalla presente legge stabilisce la partecipazione agli utili dei soci che, in difetto, si presume in parti uguali.

2. I soci hanno diritto alla distribuzione annuale degli utili.

3. Lo statuto disciplina altresì la corresponsione di acconti sugli utili derivanti dall’attività svolta e il limite massimo stabilito per gli accantonamenti degli stessi.

Art. 17.

(Subentro di nuovi soci)

1. Le quote rappresentative del capitale conferito nelle società di cui alla presente legge possono appartenere soltanto ai professionisti iscritti agli albi e possono essere cedute per atto tra vivi fatta salva la clausola di gradimento eventualmente prevista dallo statuto.

2. In caso di morte di uno dei soci, gli altri soci devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società, ovvero continuarla con gli eredi stessi qualora ne abbiano i requisiti professionali e questi vi acconsentano.

Art. 18.

(Disposizioni previdenziali e fiscali)

1. L’attività professionale svolta in forma societaria dà luogo agli obblighi e ai diritti previsti dalle norme previdenziali vigenti per l’attività individuale; i contributi di carattere integrativo sono dovuti nella stessa misura che si applica agli atti compiuti dal singolo professionista.

2. Ai fini fiscali il reddito della società è determinato in base all’articolo 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ed è imputato a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione degli utili, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli stessi.

3. I compensi percepiti per l’attività prestata negli organi di amministrazione della società si considerano derivanti dall’esercizio di arti e professioni.

4. I redditi derivanti dall’attività di amministratore, revisore e sindaco di società ed enti, svolta da soggetti iscritti agli albi professionali, costituiscono redditi equiparati a tutti gli effetti a quelli di cui all’articolo 49, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e sono assoggettati a contribuzione a favore delle Casse di previdenza di appartenenza.

Art. 19.

(Limite agli investimenti)

1. Alla società tra professionisti sono consentiti esclusivamente gli investimenti in beni utilizzati per l’esercizio dell’attività professionale. La società tra professionisti non può detenere partecipazioni in altre società, nè utilizzare le proprie disponibilità economiche per operazioni finanziarie di durata superiore a dodici mesi.

2. La società può essere proprietaria degli immobili e dei beni registrati direttamente utilizzati per l’esercizio della sua attività.

Capo III

STRUTTURA DEGLI ORDINI

Art. 20.

(Organi degli Ordini professionali)

1. Gli Ordini professionali si organizzano mediante loro statuti, in conformità alle norme dello Stato che disciplinano l’accesso alle professioni ed individuano distinti ambiti per le varie professionalità in relazione al diverso grado di capacità e competenza acquisito con il percorso formativo.

2. Gli organi di governo degli Ordini professionali a livello nazionale durano in carica quattro anni e sono:

a) il Presidente nazionale;

b) il Comitato esecutivo;

c) il Consiglio nazionale.

3. Gli organi a livello di decentramento territoriale durano in carica tre anni e sono:

a) il Presidente;

b) il Consiglio.

4. Gli statuti possono prevedere coordinamenti regionali degli Ordini locali.

5. Presso il Consiglio nazionale e ciascun Consiglio, è costituito, per il controllo dei bilanci e della gestione, un Collegio dei revisori dei conti integrato da almeno un revisore contabile legalmente abilitato. Il collegio si riunisce almeno una volta ogni quattro mesi ed ogni volta che il Presidente del collegio ne ravvisi l’opportunità.

6. I componenti degli organi degli Ordini professionali non sono eleggibili per più di due mandati consecutivi.

Art. 21.

(Funzioni degli organi statutari)

1. Il Presidente nazionale è eletto secondo le modalità previste dagli statuti e rappresenta l’Ordine in tutte le sedi istituzionali, presiede il Consiglio nazionale e coordina l’attività del Comitato esecutivo.

2. Il Comitato esecutivo, eletto in conformità dello statuto, adotta i provvedimenti previsti attribuiti alla sua competenza, secondo le indicazioni del Consiglio nazionale.

3. Il Consiglio nazionale:

a) predispone lo statuto dell’Ordine;

b) approva i regolamenti nelle materie di cui all’articolo 2, comma 2;

c) adotta il codice di deontologia professionale;

d) determina la quota degli oneri a carico degli iscritti destinata agli organi nazionali;

e) delibera le nomine e le designazioni in ambito nazionale;

f) indica al Comitato esecutivo gli obiettivi, le priorità ed i programmi relativi all’attività di amministrazione e di gestione dell’Ordine;

g) esercita l’attività di controllo sugli organi locali, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia;

h) esplica ogni altra funzione prevista dalla legge e dallo statuto.

4. A livello locale l’Ordine è rappresentato dal Presidente che viene eletto secondo le modalità previstè dagli statuti. Egli presiede il Consiglio e ne coordina l’attività.

5. Il Consiglio:

a) provvede alla tenuta degli albi, al loro aggiornamento e alla verifica periodica della sussistenza dei requisiti per l’iscrizione;

b) formula le proposte ed i pareri nei confronti degli organi interni di livello nazionale;

c) provvede all’attuazione dei piani, dei programmi e delle direttive generali, al controllo dell’attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia;

d) esercita i poteri di spesa e di acquisizione delle entrate;

e) cura l’organizzazione degli uffici e la gestione del personale dipendente;

f) autorizza il Presidente del Consiglio a promuovere o resistere alle liti con l’eventuale potere di conciliare e transigere;

g) esplica ogni altra funzione prevista dalla legge e dallo statuto.

Capo IV

CONTROLLO DEONTOLOGICO E AMMINISTRATIVO

Art. 22.

(Funzione disciplinare e consigli di disciplina)

1. Gli statuti degli Ordini professionali prevedono l’istituzione di organi elettivi, diversi da quelli aventi funzioni amministrative, ai quali sono specificamente affidate l’istruzione e la decisione delle questioni disciplinari.

2. Il procedimento disciplinare si svolge secondo le norme stabilite dai regolamenti di cui all’articolo 2, comma 2, le quali devono assicurare il diritto dell’incolpato a conoscere le violazioni che gli sono contestate, a prendere cognizione ed estrarre copia dei documenti che formano il fascicolo, a nominare come difensore un avvocato ovvero un collega del proprio Ordine professionale, a presentare memorie a discolpa, ad essere personalmente sentito durante l’udienza della commissione.

3. Non sono ammesse sanzioni diverse da quelle previste dalla presente legge. Esse sono:

a) l’ammonizione, che consiste in un richiamo scritto comunicato all’interessato;

b) la censura, che consiste in una nota di biasimo resa pubblica;

c) la sospensione, che consiste nell’inibizione dall’esercizio della professione per un periodo massimo di diciotto mesi;

d) la radiazione, che consiste nella cancellazione dall’albo.

4. I ricorsi avverso le decisioni del consiglio di disciplina sono ricorribili al consiglio di disciplina nazionale. I ricorsi avverso le decisioni di quest’ultimo rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Art. 23.

(Controllo sugli atti degli Ordini)

1. La vigilanza sull’attività e la gestione degli Ordini professionali è affidata al Ministro della giustizia.

2. Al fine di cui al comma 1, le deliberazioni concernenti l’approvazione dello statuto e dei regolamenti sono inviate, entro quindici giorni dalla loro approvazione, al Ministro della giustizia che formula eventuali osservazioni o la richiesta di riesame entro trenta giorni dal ricevimento.

3. I provvedimenti relativi alla formazione, all’aggiornamento ed agli sbocchi professionali devono essere altresì notifcati al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca che formula eventuali osservazioni o la richiesta di riesame entro trenta giorni dal ricevimento.

Art. 24.

(Controllo sugli organi)

1. I consigli degli Ordini professionali possono essere sciolti con decreto del Ministro della giustizia, previo parere del Consiglio nazionale dell’Ordine, quando compiono atti di grave e persistente violazione delle norme.

2. Con il decreto di cui al comma 1 è nominato un commissario che esercita le attribuzioni conferitegli dal decreto medesimo.

Capo V

NORME TRANSITORIE

Art. 25.

(Elezioni dei nuovi organi statutari)

1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo statuto degli Ordini previsto dall’articolo 2, comma 2, è sottoposto, per l’approvazione, agli iscritti mediante un’assemblea congressuale composta dai delegati di ciascun Ordine territoriale nel rispetto del rapporto proporzionale con il numero degli iscritti.

2. Il testo dello statuto approvato dall’assemblea è trasmesso al Ministro della giustizia che lo adotta con proprio decreto, previa verifica della rispondenza con le norme della presente legge.

3. Il Consiglio nazionale di ciascun ordine provvede, entro un anno dalla data di entrata in vigore dello statuto di cui al comma 2, a indire le elezioni dei nuovi organi statutari.

Art. 26.

(Disposizioni transitorie e finali)

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo, con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sentiti i Consigli nazionali degli Ordini professionali interessati, stabilisce le disposizioni di attuazione della presente legge.

Art. 27.

(Collegi professionali)

1. Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai «collegi professionali».

2. I collegi professionali, per l’accesso ai quali è prevista la formazione universitaria, assumono la denominazione di «ordini».

Relazione al disegno di legge

Onorevoli Senatori. – Negli ultimi anni sono stati presentati in Parlamento disegni di legge in materia di libere professioni, senza esito alcuno, anche perchè nel passato era mancato il consenso degli stessi professionisti, sugli strumenti, ovvero sui contenuti della riforma.

La presente non è una legge delega, ma una legge quadro che disciplina compiutamente la materia, rinviando a norme regolamentari l’attuazione della legge stessa: questo è stato ritenuto indispensabile per l’importanza sociale della materia che non deve essere sottratta al dibattito parlamentare, in modo da consentire una maggiore ponderazione ed una più ampia partecipazione al processo normativo. Inoltre il testo proposto è risultato da un lungo confronto con i professionisti.

Le libere professioni, per le loro caratteristiche di autoimprenditorialità e la capacità di espansione, non sono un relitto del passato fondato sul privilegio di casta o una realtà corporativa estranea ai princìpi democratici e alle necessità della società futura.

Rappresentano, invece, un punto di riferimento irrinunciabile del nostro sistema economico e sociale di impianto europeo-occidentale: in Italia si può oggi parlare di terzo polo per la rilevanza dello sviluppo che hanno assunto e la valenza produttiva e occupazionale.

Sotto il profilo storico ricordiamo che furono solo i rivoluzionari francesi del periodo del Terrore che abolirono tutte le corporazioni, col pretesto di eliminare autonomie e privilegi; si iniziò dall’ordine degli avvocati, in quanto testimone delle illegalità commesse. In seguito, le professioni vennero riorganizzate e la normativa dell’epoca napoleonica ha costituito il modello di legislazione per numerosi paesi europei, tra i quali il nostro. In Italia, gli ordini professionali risalgono al periodo liberale quando vennero istituiti gli albi degli avvocati (1874) e dei notai (1879), e successivamente dei ragionieri (1906), dei sanitari (1910), degli ingegneri e architetti (1923). Gli ordini più recenti sono stati istituiti nel periodo repubblicano. La normativa fondamentale è costituita tuttora dal decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382, che riorganizza su basi democratiche gli ordini e i collegi professionali, per cui gli organi di vertice sono esponenziali del corpo professionale liberamente eletti dall’assemblea degli iscritti. La Costituzione repubblicana ha riconosciuto l’importanza sociale delle libere professioni, prescrivendo l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione (articolo 33) e, più in generale, affermando il principio della tutela del lavoro in tutte le sue forme (articolo 35). Con lo sviluppo della legislazione comunitaria si apre l’attuale fase di integrazione dei mercati che coinvolge anche le professioni: il Trattato istitutivo della Comunità europea che afferma il diritto di stabilimento e la libera circolazione dei servizi, la direttiva 89/48/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sui criteri per il reciproco riconoscimento dei titoli di studio superiori, e la direttiva 92/51/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, sulla libertà di esercizio delle professioni in generale.

Dalla legislazione comunitaria non deriva affatto la necessità di deregolarizzazione delle professioni intellettuali, di abolizione di ordini, tariffe, controlli all’accesso. Inoltre, da un esame comparatistico della legislazione europea, non si evince l’esistenza di un modello unitario contrapposto al nostro, ma solo il permanere, soprattutto in Inghilterra, di diverse tradizioni in alcuni ambiti di attività.

Per quanto concerne il criterio seguito in altri paesi europei sul tema delle società professionali, ricordiamo che in Germania di recente è stata emanata una legge che consente anche agli avvocati di esercitare la professione forense in forma societaria sotto diverse forme, tra le quali la società a responsabilità limitata. Per queste società tra avvocati sono esclusi i soci di mero capitale. In Francia vi sono diverse forme societarie che consentono comunque ai professionisti esercenti la loro attività all’interno della stessa società di detenere la maggioranza del capitale sociale. Va però precisato che la disciplina legislativa è approvata con decreti specifici e per ciascuna professione il Consiglio di Stato ha la facoltà di limitare o interdire del tutto il possesso di quote o azioni a determinate categorie di persone fisiche o giuridiche quando la loro partecipazione potrebbe mettere in pericolo l’indipendenza e il rispetto delle regole deontologiche.

La legge 21 dicembre 1999, n. 526 (legge comunitaria 1999), nel dare applicazione alla direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 1998, in materia di esercizio della professione di avvocato, ammette la pratica della professione sotto forma societaria, ma unicamente come società tra professionisti iscritti all’ordine. A tale precetto si è richiamato il passato Governo nell’emanare il conseguente decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, che all’articolo 6, comma 1, ribadisce che «L’attività professionale di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio può essere esercitata in comune esclusivamente secondo il tipo della società tra professionisti, denominata nel seguito società tra avvocati». Ma noi ci riportiamo al dettato della legge n. 526 del 1999 che ha stabilito senza equivoci princìpi direttivi per «l’esercizio della professione» e non solo per singole attività tipiche.

Proprio partendo dalle esigenze poste dall’unificazione dei mercati dei servizi nel territorio dell’Unione europea, sono sorti vivaci contrasti sulla base delle presunte antinomie tra la libertà di stabilimento e di circolazione e l’obbligo di osservanza delle leggi nazionali. Nei pareri espressi da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, e nelle iniziative del passato Governo, si era inteso risolvere tali antinomie, solo all’apparenza inconciliabili, con l’assimilazione della prestazione professionale al prodotto dell’impresa di servizi. Da tale postulato, indimostrabile, possono derivare gravi conseguenze negative per tutta la collettività e per la tutela del pubblico interesse, che con questa legge, invece, si intende garantire e difendere. Il criterio del «pubblico interesse» è, viceversa, tenuto in gran conto nelle decisioni della Corte di giustizia europea che in questi ultimi anni è stata costretta a una ponderazione continua tra gli interessi in gioco: da un lato la libertà di circolazione dei servizi, dall’altro gli interessi contingenti perseguiti dalle norme nazionali limitative del libero scambio. È bene ricordare che in questo processo di valutazione secondo la Corte di giustizia il principio economico del mercato unico subisce «eccezioni» quando le norme nazionali perseguono «interessi pubblici) che l’ordinamento comunitario riconosce prevalenti (vedi sentenze della Corte: Sager, del 1990; Gebhard, del 30 novembre 1995; Alpine Investments, del 10 maggio 1995).

Il Parlamento europeo, il 5 aprile 2001 ha   adottato una significativa risoluzione (B5-0247/2001) «sulle tabelle degli onorari e le tariffe obbligatorie per talune libere professioni, in particolare per gli avvocati, e sulla particolarità del ruolo e della posizione delle libere professioni nella società moderna» dichiarando inoltre quanto segue:

«... le libere professioni rappresentano uno dei pilastri del pruralismo e dell’indipendenza all’interno della società ed assolvono a ruoli di pubblico interesse...»;

«... le regole che sono necessarie, nel contesto specifico di ciascuna professione, per assicurare l’imparzialità, la competenza, l’integrità e la responsabilità dei membri della professione stessa, o per impedire conflitti d’interesse e forme di pubblicità ingannevole, e che non ostacolano peraltro la libera circolazione dei servizi, non sono considerate restrizioni del gioco della concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, del trattato»;

«... le libere professioni siano l’espressione di un ordinamento fondamentale democratico basato sul diritto e, più specificamente, rappresentino un elemento essenziale delle società e delle comunità europee nelle loro varie forme»;

«... l’importanza delle norme, in conformità con i dettami degli articoli 81 e 82 del trattato CE, che sono stabilite dalle categorie professionali, sotto la loro responsabilità, al fine di garantire la qualità dei servizi, di fissare specifici standard di valore, di assicurare l’osservanza delle norme stesse secondo i canoni della professionalità e di tener conto anche dell’etica professionale;».

Il Parlamento europeo ritiene quindi che la legislazione nazionale debba considerare:

«... gli elevati requisiti richiesti per l’esercizio delle libere professioni, la necessità di salvaguardare quelli che distinguono tali professioni a beneficio dei cittadini europei e la necessità di instaurare tra i liberi professionisti e i loro clienti un rapporto specifico fondato sulla fiducia;»

«... si debbano rispettare, applicando il principio della sussidiarietà, le diversità che hanno le loro radici nella cultura, nella storia giuridica, nella sociologia e nell’etnologia delle varie categorie professionali degli Stati membri...»

«... che gli Stati membri siano autorizzati a stabilire tariffe obbligatorie tenendo conto dell’interesse generale (e non solo di quello della professione) e a salvaguardare gli elevati livelli morali, etici e di qualità...»;

«... che l’obiettivo di promuovere la concorrenza nelle professioni vada conciliato, in ciascun caso, con quello di mantenere norme puramente etiche specifiche per ciascuna professione;».

Pertanto non è vero che il diritto comunitario impone di smantellare le discipline nazionali sulle professioni. Le pressioni verso una deregolarizzazione, derivano da una falsa rappresentazione di problemi effettivi posti dal mercato. I problemi effettivi sono quelli della crisi occupazionale nei settori della produzione industriale, della notevole espansione del terziario, soprattutto nel settore dei servizi professionali e di un continuo aumento del numero dei professionisti.

L’errore di chi sponsorizza una liberalizzazione selvaggia delle professioni intellettuali discende anche dalla mancata considerazione della circostanza che le professioni rappresentano un rilevante fattore di democratizzazione e di modernizzazione secondo quanto accreditato dai più recenti studi del settore: ad esempio, assicurano la mobilità sociale sulla base del merito, invece che sulla base della nascita, della classe di appartenenza e della fortuna; sono state il primo settore di lavoro che ha introdotto l’eguaglianza tra i sessi; sono un ambito aperto e in espansione tanto che gli addetti si moltiplicano ogni anno e il fatturato è pari al 7 per cento del prodotto interno lordo nazionale. Dagli ultimi rapporti del Centro studi investimenti sociali (CENSIS) risultano iscritti agli albi più di 1,5 milioni di professionisti; tra il 1997 e il 1999 vi è stato addirittura un incremento del 5,1 per cento.

Certamente, in questo insieme esistono problematiche differenti poste dalle professioni a disciplina ordinistica, da quelle semplicemente riconosciute e, infine, da quelle professioni emergenti che aspirano a una regolamentazione.

Il presente disegno di legge intende adeguare l’ordinamento delle libere professioni alle necessità della società del 2000 in Europa; consentire la costituzione di società fra professionisti, con esclusione del socio di puro capitale per evitare uno snaturamento degli studi in erogatori di servizi di massa a un utente non garantito; rinnovare gli Ordini rendendoli più trasparenti, democratici, aperti ai giovani e alle nuove esigenze dei professionisti e dei cittadini. Tale adeguamento va previsto salvaguardando sia le funzioni di interesse generale, sia le attribuzioni di interesse pubblico proprie di alcune di esse, la tutela degli interessi del cliente, da realizzare in modo più efficace anche in considerazione della normativa comunitaria. La riforma rispetta le caratteristiche essenziali delle attività professionali che hanno natura intellettuale, anzichè meramente tecnica e pertanto si distinguono da altri servizi per il contenuto creativo e inventivo fondato sulla detenzione «del sapere e della conoscenza specializzata». Il rapporto professionale è di tipo fiduciario e personale (affidamento all’intuitus personae), comporta la diretta responsabilità del prestatore di opera intellettuale e presuppone l’assoluta indipendenza del professionista, che deve agire secondo scienza e coscienza.

La tutela del cliente del professionista assume aspetti più intensi e problematici rispetto al consumatore o all’utente di un servizio tecnico: la garanzia deve avvenire non solo sulla quantità, ma particolarmente sull’accertata qualità della prestazione. E deve esservi innanzitutto una verifica della capacità del professionista a esercitare la professione: in nessun altro modo si potrebbe garantire il cittadino dal rischio di prestazioni inadeguate, in quanto, trattandosi di obbligazione di mezzi e non di risultato, gli esiti – e gli eventuali danni sociali nel caso di prestazioni fornite da un professionista non qualificato – non sono immediatamente valutabili dall’interessato. Non abbiamo ritenuto di accogliere la tesi di chi vorrebbe abbandonare alla sola legge del mercato lo svolgimento dell’attività professionale, l’accesso alla professione, la pubblicità, il compenso delle prestazioni. In effetti, l’attività del libero professionista, per il grado particolare di preparazione richiesto e per la fiduciarietà dell’incarico cui fa affidamento il cliente e, soprattutto, per il valore degli interessi tutelati, non è riconducibile alla prestazione anonima di servizi commerciali nè all’attività imprenditoriale.

Il superamento della concezione dialettica fra capitale, impresa e lavoro, non comporta l’assimilazione di ogni fattore a un’unica dimensione del mercato.

Per tali ragioni l’articolo 1 chiarisce che si è inteso offrire una legge quadro in attuazione dell’articolo 35 della Costituzione e, quindi, a tutela del lavoro, la cui specificità rispetto all’attività d’impresa commerciale è indicata nel doveroso rispetto di norme deontologiche, nella personalità della prestazione, nell’indipendenza e nella diretta responsabilità del professionista.

L’articolo 2 qualifica gli Ordini come enti pubblici non economici e riconosce loro autonomia statutaria e regolamentare nei confronti delle rispettive categorie. Peraltro, i rapporti di lavoro dei dipendenti sono esclusi dalla normativa dei comparti del pubblico impiego e vengono invece regolati da contrattazioni specifiche e da disposizioni di legge.

L’obbligatorietà dell’iscrizione e la rappresentatività degli appartenenti conferiscono agli Ordini prerogative di diritto pubblico. L’ampiezza della funzione normativa, che riguarda non solo la tenuta e l’aggiornamento degli albi, ma altresì la verifica dei requisiti per l’iscrizione ed il controllo della permanenza negli stessi, il codice deontologico ed il procedimento disciplinare, la regolamentazione della pubblicità e la misura degli oneri associativi destinati all’organizzazione ed al funzionamento degli organi rappresentativi.

L’articolo 3 chiarisce che obiettivo di questa legge è anche la salvaguardia delle professioni. Si evidenzia che la riserva legale agli iscritti agli albi non riguarda solo alcune specifiche attività ma tutto l’insieme delle attività in cui consiste la professione – compresa quindi la consulenza –: in questo senso la nostra proposta si differenzia da altre iniziative del passato Governo.

Si assicura il mantenimento degli Ordini attualmente esistenti, mentre l’introduzione di nuovi Ordini è subordinata alla verifica di determinati requisiti, quali la tutela di interessi costituzionalmente rilevanti, la necessità di salvaguardare l’utente dai rischi derivanti da una condizione di asimmetria informativa o l’entità dei danni sociali derivanti da prestazioni non adeguate.

L’articolo 3 riguarda i professionisti che esercitano attività non riservate in esclusiva dalla legge. Sono in genere professioni nuove, emergenti, organizzate in varie associazioni, e sono state oggetto di studio da parte del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL). Occorre dare riconoscimento alle loro organizzazioni, al fine di tutelare la qualità della professione nell’interesse degli utenti. Si ritiene opportuno affidare al Governo il compito di regolamentare la formazione di un registro presso il competente Ministero e le modalità della verifica e della certificazione dei requisiti formativi e professionali richiesti.

L’accesso alla professione è uno dei punti ove più si avverte la tensione fra la richiesta di lavoro e la richiesta di qualità professionale. Alle misure per agevolare e rendere più imparziale l’accesso dei giovani alla professione è dedicato l’articolo 5, che prevede un corso di formazione istituito dalle università e dagli istituti di istruzione secondaria, o dagli enti che svolgono attività di formazione professionale o tecnica d’intesa con Ordini professionali.

La formazione e l’aggiornamento dei professionisti sono esigenze importantissime in una società dinarnica in cui il sapere assume forme sempre più complesse e mutevoli. Per questo si è pensato che gli Ordini possano promuovere la costituzione di fondazioni finalizzate alla formazione dei professionisti.

L’articolo 6 affronta l’importante problema delle tariffe. Sulla materia la nota sentenza della Corte di giustizia del 18 giugno 1998, sugli spedizionieri doganali, aveva creato alcuni problemi interpretativi. Riteniamo che la medesima vada valutata nei termini posti dal caso esaminato senza giungere a conclusioni ultronee rispetto alla portata della sentenza, la quale non autorizza affatto a concludere che nessuna tariffa possa più essere prevista, soprattutto quando trattasi della soglia minima a garanzia del cittadino-utente. Inoltre, nei casi di prestazioni slegate dall’obbligo di assicurare il risultato (ad esempio prestazioni mediche, legali, progettazione) le tariffe minime svolgono la funzione di impedire che i prezzi scendano a livelli condizionati da operatori non qualificati e pertanto disponibili ad accettare corrispettivi inadeguati, non remunerativi per chi abbia invece sostenuto l’iter formativo previsto dalla legge.

Come ha espressamente risonosciuto il Parlamento europeo nella risoluzione del 5 aprile 2001 citata, «... la giurisprudenza della Corte di giustizia non impedisce agli Stati membri di stabilire tariffe obbligatorie poichè gli articoli 81 e 82 del trattato riguardano soltanto comportamenti anticoncorrenziali adottati dalle imprese di loro propria iniziativa.» e quindi «... solo le tariffe obbligatorie stabilite da organismi o associazioni professionali ... possono ... essere considerate quali decisioni di associazioni adottate da imprese sottoposte alla libera concorrenza». Le tariffe non possono più essere espressione delle organizzazioni degli stessi professionisti. Per questo, secondo l’articolo 6 della presente legge, le tariffe sono fissate con decreto del Ministro della giustizia su proposta di commissioni appositamente istituite con la partecipazione di rappresentanti degli Ordini. Sempre a tutela del cliente è stabilito il suo diritto alla preventiva informazione sulla complessità ed onerosità della prestazione.

La pubblicità professionale, secondo l’articolo 7, non è concepita in termini di liceità indiscriminata secondo modalità di tipo commerciale. Deve essere invece di tipo essenzialmente informativo, mentre viene esclusa ogni forma comparativa o non adeguata al decoro professionale.

L’articolo 8 obbliga tutti i professionisti a stipulare una assicurazione per i rischi derivanti dallo svolgimento delle loro attività economiche.

Con l’articolo 9 si è inteso estendere – come si è più volte chiesto inutilmente con emendamenti alle leggi finanziarie degli anni passati – ai professionisti le agevolazioni e gli incentivi stabiliti per altre attività.

Il Capo II è dedicato alla disciplina della società tra professionisti. L’attività professionale può essere svolta in forma individuale, associativa o a mezzo di società tra professionisti Si è prefigurato uno specifico tipo di società, denominato «società tra professionisti» (STP), organizzata in base allo statuto.

Di tali società, secondo l’articolo 10, possono essere soci unicamente persone fisiche che, già al momento della sottoscrizione delle quote sociali, siano in possesso dei requisiti previsti di abilitazione e di iscrizione all’albo. Non sono ammessi quindi soggetti estranei alla professione ovvero soci capitalisti che possano compromettere la trasparenza o condizionare l’indipendenza cui devono poter fare affidamento i cittadini. Sono ammesse società multiprofessionali.

All’articolo 11 sono indicate delle incompatibilità in funzione della trasparenza e della corretteza.

Secondo l’articolo 12, le società si costituiscono per atto pubblico e possono esercitare l’attività solo dopo la loro iscrizione in appositi registri allegati agli albi. Con questa prescrizione si è voluto assoggettare le società stesse alla disciplina degli Ordini e, quindi, alle norme deontologiche e disciplinari, fino alla cancellazione dagli albi, per gravi scorrettezze. Peraltro anche per la STP è prevista l’iscrizione anche in funzione della pubblicità e della diffusione, nel registro delle società presso le camere di commercio. Nella ragione sociale deve essere contenuto il nome di uno o più soci e l’attività professionale svolta; il nome del socio defunto può essere mantenuto per dieci anni dal decesso.

L’articolo 13 stabilisce che, fatta salva la particolare disciplina della STP, in mancanza di apposite regole, si applicano le norme sulla società a responsabilità limitata. L’amministrazione della società è sempre affidata ai soci e la STP è esclusa dalle norme sul fallimento.

Gli articoli 14 e 15 riguardano le modalità dell’incarico, la personalità della prestazione, la responsabilità professionale, stabilendo altresì il ruolo della società nell’incarico e rendendo contemporaneamente trasparente l’assunzione di responsabilità da parte del singolo professionista. Il riferimento all’articolo 2236 del codice civile conferma per il socio della STP il grado di responsabilità del professionista, la cui imperizia è rilevabile quando costituisca colpa grave. La società risponde in solido con il professionista incaricato. Fortemente innovativa è la previsione di copertura assicurativa obbligatoria.

Gli articoli 16 e 17 disciplinano la partecipazione agli utili e il subentro di nuovi soci. Di rilievo è la disposizione per cui le quote sono normalmente cedibili per atti tra vivi, salvo eventuali limiti o clausole di gradimento poste dallo statuto.

Alcune disposizioni in materia tributaria e contributiva sono volte a razionalizzare una materia già troppo onerosa per i professionisti. Così i redditi da lavoro derivanti dalla partecipazione alla società sono tassati quali redditi da lavoro autonomo, anziché rientrare tra i redditi da capitale. I redditi derivanti dall’attività di amministratore, revisore e sindaco di società ed enti, svolta da soggetti iscritti agli albi professionali, costituiscono redditi equiparati a tutti gli effetti a quelli di cui all’articolo 49, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917, e sono assoggettati a contribuzione a favore delle Casse di previdenza di appartenenza.

Poiché per tutte le professioni sono previste forme di previdenza obbligatoria, l’articolo 18 prevede l’adeguamento ai fini previdenziali, sotto il profilo degli obblighi e dei diritti, del socio professionista. Il comma 2 delinea il quadro di riferimento per la tassazione delle STP: trattandosi di società che hanno per oggetto esclusivo l’esercizio di attività professionali, ne consegue logicamente il richiamo alle norme di determinazione del reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni contenute nell’articolo 50 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

I limiti agli investimenti posti dall’articolo 19, come il divieto di investimento in beni non utilizzati per l’esercizio della professione, sono posti per evitare lo snaturamento della società rispetto allo scopo sociale.

Gli articoli 20 e 21 delineano la struttura e le funzioni degli organi degli Ordini professionali articolati su due livelli territoriali: uno nazionale e uno locale, in rispondenza con le diverse esigenze degli Ordini e delle comunità.

Si è stabilito che gli ordini si organizzano mediante i loro statuti, i quali peraltro debbono osservare le leggi dello Stato, e innanzitutto le norme che riguardano l’accesso alle professioni. A tal proposito si prende atto delle conseguenze indotte all’organizzazione delle professioni dal nuovo ordinamento universitario che introduce una molteplicità di corsi articolati su due livelli: laurea e laurea specialistica. Nei successivi regolamenti approntati dal Governo in materia di accesso alle professioni – il decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, è per ora l’unico esecutivo – gil albi sono stati divisi in due sezioni A e B, in corrispondenza del diverso grado di formazione e delle diverse competenze derivanti dalle lauree triennali e lauree specialistiche. È stato opportunamente stabilito che il presidente dell’ordine deve appartenere alla sezione A.

Vengono specificate le materie attribuite alla funzione regolamentare dei consigli nazionali. L’esigenza di dare un quadro organizzativo uniforme è contemperata dal riconoscimento di speciali autonomie ai consigli locali come indicato nell’articolo 21.

Alla nuova regolamentazione della funzione disciplinare è dedicato l’articolo 22. Essa è attribuita ad appositi organi, denominati consigli di disciplina. Il procedimento disciplinare deve garantire all’incolpato la difesa tecnica con la nomina di un difensore avvocato o collega del proprio ordine professionale; la possibilità di prendere cognizione ed estrarre copia dei documenti che formano il fascicolo; la possibilità di far pervenire memorie e di intervenire personalmente all’udienza per essere sentito dalla commissione. Sono stabilite tassativamente le sanzioni previste. Una particolare riserva per l’ordine degli avvocati rinvia alla specifica disciplina della legge regolamentare.

Il controllo sugli atti degli Ordini, disciplinato nel Capo IV, è affidato al Ministro della giustizia che lo esercita secondo modalità che consentono una ponderazione delle valutazioni. Le deliberazioni concernenti l’approvazione degli statuti, dei regolamenti e dei bilanci sono inviate per l’approvazione al Ministro della giustizia che, in caso negativo, decide di concerto con il Ministro competente in ordine alla materia riguardante l’attività professionale. Se la richiesta di riesame non è accolta entro trenta giorni, l’azione di controllo viene trasferita presso la Corte dei conti.

L’articolo 24 prevede lo scioglimento dei consigli territoriali per gravi motivi, con la nomina di un commissario ad acta.

L’articolo 25 dispone norme transitorie per la prima elezione degli organi statutari e risponde alla necessità di assicurare il rinnovo degli organismi con metodi assolutamente democratici e trasparenti. Infatti è previsto che lo statuto degli Ordini, ai sensi del comma 2 dell’articolo 2, venga sottoposto all’approvazione degli iscritti mediante un’assemblea congressuale, composta dai delegati di ciascun Ordine territoriale in rapporto proporzionale con il numero degli iscritti. Detto statuto è trasmesso al Ministro della giustizia che, previa verifica di legittimità, lo adotta con proprio decreto. Entro un anno devono essere indette le elezioni dei nuovi organi statutari.

Le norme finali stabiliscono che questa legge si applica a tutti gli Ordini ed ai collegi professionali e che entro dodici mesi dalla sua entrata in vigore il Governo dovrà emanare i regolamenti attuativi ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Assegnazione:

Assegnato alla 2^ Giustizia in sede referente in data 5 Dicembre 2001. Assegnazione annunciata nella seduta n.85 del 5 Dicembre 2001.

Pareri della 1^ Affari Costituzionali; 5^ Bilancio; 6^ Finanze e tesoro; 7^ Istruzione pubblica, beni culturali; 10^ Industria, commercio, turismo; 11^ Lavoro, previdenza sociale; Giunta per gli affari delle Comunita' Europee; Commissione parlamentare per le questioni regionali

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

———– XIV LEGISLATURA ———–

N. 804

 

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori PASTORE, AGOGLIATI, ALBERTI CASELLATI, BARELLI, BASILE, BOSCETTO, CIRAMI, CONTESTABILE, FALCIER, FAVARO, FERRARA, GIRFATTI, MANFREDI, MARANO, NESSA, PASINATO, PEDRIZZI, PONZO, RIZZI, SAMBIN, SCARABOSIO, SCOTTI, STIFFONI, TOMASSINI, TREDESE, VALDITARA, ZORZOLI, ASCIUTTI, BERGAMO, CHINCARINI, CHIRILLI, CONSOLO, CUTRUFO, D’AMBROSIO, DEMASI, D’IPPOLITO VITALE, FABBRI, FIRRARELLO, FLORINO, FORLANI, FRAU, GUBETTI, MONCADA LO GIUDICE di MONFORTE, NOVI, OGNIBENE, PALOMBO, PIANETTA, SALERNO, SALINI, TRAVAGLIA e TREMATERRA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 7 NOVEMBRE 2001

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Disciplina delle professioni intellettuali

DISEGNO DI LEGGE

Titolo I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

(Oggetto)

1. La presente legge disciplina le professioni intellettuali e le rispettive forme organizzative, in coerenza con la normativa comunitaria.

Art. 2.

(Princìpi generali)

1. Le disposizioni della presente legge costituiscono princìpi generali dell’ordinamento in materia di professioni intellettuali e possono essere derogate o modificate solo espressamente.

2. Nuovi ordini professionali e nuove associazioni di professionisti non possono essere istituiti con decreto-legge; analogamente non possono essere soppressi con decreto-legge ordini e associazioni professionali già esistenti.

Art. 3.

(Scopi)

1. La presente legge:

a) garantisce il libero esercizio delle professioni intellettuali in qualunque modo e forma esercitate, anche in forma subordinata o collettiva, al fine di tutelare gli interessi pubblici generali che la presente legge ad esse ricollega, ed allo scopo di garantire ai fruitori dei servizi professionali la qualità e la correttezza della prestazione richiesta;

b) provvede affinché le professioni intellettuali siano svolte secondo modalità che garantiscano il rispetto dei princìpi della personalità della prestazione, del pluralismo, dell’indipendenza, della responsabilità diretta ed individuale del professionista, secondo regole di deontologia legittimamente stabilite;

c) individua i criteri per garantire la concorrenza professionale, secondo canoni compatibili con la natura delle prestazioni professionali e con l’organizzazione delle professioni intellettuali.

Art. 4.

(Accesso)

1. L’accesso all’esercizio delle professioni intellettuali è libero, senza vincoli di predeterminazione numerica se non per quelle aventi come oggetto caratterizzante l’esercizio di funzioni pubbliche e fatto salvo l’esame di Stato per l’abilitazione professionale nei casi previsti dalla legislazione vigente in materia.

Art. 5.

(Tirocinio)

1. La disciplina del tirocinio, ove richiesto dai singoli ordinamenti professionali, deve rispondere ai requisiti di effettività e di flessibilità dell’attività formativa e contenere la previsione di possibili forme alternative da prevedere d’intesa con l’ordine nazionale interessato, di durata omogenea e che consentano lo svolgimento del tirocinio anche contemporaneamente agli studi necessari per il conseguimento del titolo professionale, purché sia garantito comunque lo studio dei fondamenti teorici e deontologici della professione.

Titolo II

PROFESSIONI REGOLAMENTATE

Art. 6.

(Albi e ordini professionali)

1. La legge individua le attività professionali regolamentate, disponendo la formazione di appositi albi professionali e la costituzione di ordini professionali di cui fanno parte gli iscritti nei rispettivi albi, nonché la verifica periodica degli albi da parte degli ordini, la certificazione attestante la qualificazione professionale degli iscritti agli albi e la qualità delle prestazioni professionali.

2. Gli ordini professionali svolgono le funzioni di tenuta ed aggiornamento degli albi, di formazione e di aggiornamento professionale, di monitoraggio del mercato delle prestazioni e di ricognizione dei contenuti tipici delle prestazioni, di controllo della qualità e della correttezza delle prestazioni, anche in relazione alle norme di deontologia professionale, di informazione del pubblico sui contenuti minimi delle singole prestazioni professionali, anche mediante la diffusione delle relative norme tecniche.

3. Gli ordini professionali sono strutturati ed articolati a livello locale e nazionale, tenuto conto delle specifiche necessità delle singole professioni, ai sensi di quanto stabilito dai rispettivi ordinamenti.

4. Gli ordini professionali sono enti pubblici non economici e sono soggetti alla vigilanza del Ministro della giustizia o di altro Ministro indicato dalla legge. Essi non rientrano fra le amministrazioni pubbliche previste dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e dall’articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni.

5. La presente legge indica in quali casi gli atti e le deliberazioni degli ordini sono soggetti ad approvazione del Ministro vigilante che, salvo che la legge non disponga diversamente, può negarla solo per motivi di legittimità.

Art. 7.

(Assicurazione professionale)

1. L’esercizio delle professioni regolamentate è subordinato alla prestazione da parte del professionista di idonea garanzia assicurativa per la responsabilità civile conseguente ai danni causati nell’esercizio dell’attività professionale, tale da garantire l’effettivo risarcimento del danno, anche in caso di attività professionale svolta da dipendenti e da collaboratori.

2. Ciascun ordine, tramite il proprio consiglio nazionale, assume le deliberazioni necessarie per l’attuazione del comma 1, soggette ad approvazione da parte del Ministro vigilante che verifica la congruità delle assicurazioni previste dal medesimo comma 1.

Art. 8.

(Consigli nazionali)

1. I consigli nazionali:

a) esercitano le funzioni di vigilanza, indirizzo, coordinamento e rappresentanza istituzionale degli iscritti a livello nazionale e locale;

b) adottano atti sostitutivi in caso di inerzia dei consigli locali;

c) adottano misure idonee ad assicurare la completa informazione in materia di prestazioni professionali;

d) procedono all’approvazione di tariffe con riferimento alla complessità e alla qualità della singola prestazione, come stabilito dall’articolo 12;

e) esercitano la potestà regolamentare in materia di organizzazione, come stabilito dall’articolo 13;

f) adottano i codici deontologici previsti dall’articolo 11;

g) stabiliscono modalità e limiti per la costituzione e il funzionamento delle società multiprofessionali, se consentite dai rispettivi ordinamenti professionali, e secondo i princìpi contenuti nella presente legge.

Art. 9.

(Consigli locali)

1. Ai consigli locali sono attribuite le funzioni in materia di formazione e di tenuta degli albi nonché, in ossequio al principio di sussidiarietà, ogni altra funzione non espressamente attribuita ai consigli nazionali, compreso il controllo sulla permanenza dei requisiti di iscrizione negli albi.

2. Le deliberazioni degli organi locali devono tenere conto degli indirizzi e dei princìpi adottati in materia dai consigli nazionali.

Art. 10.

(Sistemi elettorali)

1. La presente legge assicura che i meccanismi elettorali stabiliti per la nomina degli organi degli ordini professionali garantiscano la trasparenza delle procedure, la tutela delle minoranze e la disciplina in materia di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza.

2. Possono essere stabiliti, con i regolamenti da emanare ai sensi dell’articolo 37, comma 3, particolari limiti all’elezione nel medesimo organo di professionisti associati nella stessa società professionale.

Art. 11

(Codici deontologici)

1. Gli ordini professionali sono obbligati ad emanare un codice deontologico, valido per tutte le articolazioni territoriali del medesimo ordine, elaborando le regole ritenute idonee a garantire la correttezza e la qualità della prestazione professionale, secondo i princìpi dettati dalla presente legge e dalle leggi che regolano ciascun ordinamento professionale.

2. Il codice deontologico è adottato dal consiglio nazionale dell’ordine con deliberazione assunta previa consultazione degli organi locali ed approvata dal Ministro vigilante.

Art. 12.

(Tariffe)

1. Le tariffe per le prestazioni professionali sono stabilite dai rispettivi ordini, secondo le norme fissate in ciascun ordinamento con riferimento alla complessità e alla qualità della singola prestazione; salvo quanto stabilito al comma 2, esse non sono vincolanti ma ad esse si può fare riferimento in caso di mancata determinazione consensuale del compenso spettante al professionista.

2. Possono essere fissate tariffe massime inderogabili; i singoli ordinamenti professionali possono prevedere la fissazione di tariffe minime inderogabili nei casi e secondo procedure conformi alla normativa comunitaria.

3. Le deliberazioni in materia di tariffe sono approvate dal Ministro vigilante, con sindacato esteso anche al merito.

Art. 13.

(Potestà regolamentare)

1. I consigli nazionali adottano il regolamento per l’organizzazione interna degli organi, in attuazione della disciplina recata dalle disposizioni legislative vigenti.

2. I regolamenti organizzativi sono soggetti ad impugnativa davanti agli organi di giustizia amministrativa da parte del Ministro vigilante, degli organi locali dell’ordine e dei rispettivi presidenti.

Art. 14.

(Pubblicità)

1. La pubblicità delle attività professionali è consentita, purché sia effettuata garantendo la correttezza dell’informazione e nel rispetto delle norme deontologiche.

Art. 15.

(Poteri sostitutivi e di controllo)

1. Il controllo sugli organi locali è attribuito ai consigli nazionali i quali possono esercitare poteri sostitutivi e, nei casi più gravi, chiedere al Ministro vigilante di sciogliere i consigli locali.

2. Il Ministro vigilante esercita i poteri di controllo sull’attività degli organi nazionali degli ordini, anche con riferimento all’esercizio dei poteri di cui al comma 1; in caso di assoluta e rilevante gravità può anche esercitare poteri sostitutivi per il tempo strettamente necessario.

3. In caso di estrema gravità, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro vigilante, può deliberare lo scioglimento dei consigli nazionali, previo parere non vincolante delle competenti Commissioni parlamentari permanenti.

Art. 16.

(Sistema disciplinare)

1. La funzione disciplinare è attribuita ad organi nazionali e locali, non giurisdizionali, competenti per legge all’esercizio del potere disciplinare, distinti dagli organi gestionali degli ordini e composti con modalità idonee ad assicurare adeguata rappresentatività, imparzialità e indipendenza.

2. Le norme in materia disciplinare garantiscono lo svolgimento di un giusto procedimento con specifico riferimento all’equilibrio delle diverse posizioni processuali, alle impugnazioni avverso i provvedimenti degli organi locali presso gli organi nazionali, nonché all’esperibilità del ricorso in Cassazione avverso i provvedimenti degli organi nazionali esclusivamente per motivi di diritto; individuano le regole ed i meccanismi processuali idonei a consentire l’efficace esercizio dell’azione disciplinare e la celere conclusione del procedimento, con attribuzione al Ministro vigilante del potere di esercizio, in via sostitutiva, dell’azione disciplinare e con la previsione della sua partecipazione al procedimento nei casi di inerzia dell’ordine competente.

Titolo III

ASSOCIAZIONI PER ATTIVITÀ PROFESSIONALI NON REGOLAMENTATE

Art. 17.

(Riconoscimento)

1. Possono essere riconosciute, con funzioni ben distinte da quelle degli ordini professionali, libere associazioni di prestatori di attività professionali non regolamentate che agiscono nel rispetto del principio della libera concorrenza al fine di meglio conseguire gli scopi indicati all’articolo 3.

2. È istituito presso il Ministero della giustizia un Registro delle libere associazioni di cui al comma 1.

3. Il riconoscimento è effettuato con decreto del Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) e i consigli nazionali degli ordini professionali operanti nel medesimo campo di attività.

4. Il riconoscimento non attribuisce alcun diritto di esclusiva all’esercizio dell’attività professionale e all’uso del titolo da parte degli aderenti alle associazioni di cui al comma  1.

5. È garantito il pluralismo associativo nell’ambito degli esercenti una medesima attività professionale.

6. Il riconoscimento può essere revocato quando l’associazione non adempia alle funzioni stabilite dalla presente legge e dallo statuto sociale.

7. Al CNEL è attribuita la funzione di istruire le domande di riconoscimento e di verificarne la compatibilità con la legislazione vigente in materia, nonché di formulare il proprio parere, anche di opportunità, circa il riconoscimento.

8. Le associazioni possono rilasciare attestati di competenza riguardanti la qualificazione professionale, tecnico-scientifica e deontologica, in ogni caso assicurando che le eventuali certificazioni richieste alle predette associazioni per tutti o parte degli associati abbiano carattere oggettivo e provengano da soggetti terzi professionalmente qualificati.

9. Il decreto di cui al comma 3 disciplina le condizioni e le modalità per il rilascio degli attestati.

Titolo IV

SOCIETÀ TRA PROFESSIONISTI

Capo I

Disposizioni comuni

Art. 18.

(Ammissibilità)

1. Le persone fisiche esercenti una stessa professione intellettuale regolamentata possono costituire società aventi per oggetto l’esercizio in comune della professione.

2. Le società tra professionisti sono dotate di personalità giuridica che si acquisisce con l’iscrizione nell’albo professionale; solo dopo tale iscrizione la società pur svolgere la propria attività.

3. È vietato costituire, esercitare o dirigere società per l’esercizio delle attività professionali regolamentate in forma diversa da quanto previsto dalla presente legge. La violazione del divieto determina la nullità della società e degli atti compiuti e costituisce infrazione disciplinare.

4. È fatto salvo quanto disposto dalla legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni e dagli ordinamenti professionali, per la costituzione di associazioni tra professionisti.

Art. 19.

(Incarico e prestazione professionale)

1. L’incarico professionale può essere conferito direttamente al singolo socio come alla società; in tale ultimo caso la società è tenuta a comunicare contestualmente al cliente il nome del professionista cui sarà affidato l’incarico stesso.

2. La prestazione professionale è svolta direttamente dal singolo professionista, secondo le regole anche deontologiche della professione di appartenenza.

3. Ciascun professionista è personalmente ed illimitatamente responsabile dell’attività da lui svolta.

4. La società è solidalmente responsabile, con l’intero suo patrimonio, dei danni subiti dal terzo in conseguenza dell’espletamento dell’incarico professionale.

Art. 20.

(Responsabilità disciplinare)

1. Qualora l’infrazione disciplinare commessa dal professionista sia ricollegabile a direttive imposte dalla società, la società stessa risponde disciplinarmente nello stesso modo in cui risponde il professionista.

2. La società risponde inoltre disciplinarmente delle infrazioni a norme legislative, regolamentari e deontologiche ad essa direttamente imputabili.

3. La responsabilità disciplinare della società si estende anche agli amministratori ed ai soci che, nell’esercizio dei loro poteri deliberativi e di direzione, hanno determinato il comportamento illecito della società.

Art. 21.

(Poteri degli ordini professionali)

1. Gli ordini professionali esercitano nei confronti dei soci e della società tutte le funzioni ed i poteri previsti dal capo II della presente legge e dai singoli ordinamenti professionali.

2. La violazione dei patti sociali può essere assunta come infrazione disciplinare.

Art. 22.

(Società multiprofessionali)

1. Possono essere costituite società con la partecipazione di persone fisiche esercenti altre professioni intellettuali regolamentate al fine di effettuare prestazioni professionali diverse, ma coordinate tra loro con le modalità ed i limiti stabiliti dall’articolo 8, comma 1, lettera g).

2. Non è consentita la partecipazione di soggetti esercenti attività ritenute per legge, regolamento o norma deontologica, incompatibili con quelle proprie della società. Non è consentita la costituzione di società multiprofessionali per gli esercenti le professioni di avvocato e notaio.

3. Le società previste dal presente articolo possono effettuare le prestazioni proprie di una determinata professione solo attraverso uno dei soci abilitato all’esercizio di tale professione.

Art. 23.

(Società tra professionisti esercenti professioni tecniche)

1. Le società tra professionisti esercenti professioni tecniche, individuate nei regolamenti da emanare ai sensi dell’articolo 37, comma 3, possono essere costituite eccezionalmente con la partecipazione di soci non professionisti, qualora il relativo ordinamento lo consenta, in considerazione della natura e della particolare onerosità della prestazione sotto il profilo della complessità della organizzazione. In tal caso la quota di partecipazione del non professionista non può essere superiore al 25 per cento e l’amministrazione spetta in ogni caso ad un socio-professionista.

2. I regolamenti di cui al comma 1 possono introdurre particolari vincoli o divieti al trasferimento delle partecipazioni sociali ovvero consentire che negli statuti sociali possano essere stabiliti vincoli o divieti non previsti dalla presente legge.

Art. 24.

(Partecipazione a più società)

1. Salvo quanto stabilito con il regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 37, comma 3, ogni socio non può partecipare che ad una sola società professionale e non può esercitare la medesima attività professionale a titolo individuale.

2. Gli incarichi professionali in corso di svolgimento alla data di costituzione della società sono trasferiti alla società stessa; di tale trasferimento deve essere data immediata comunicazione al cliente. Analoga comunicazione deve essere fatta al cliente in caso di scioglimento della società.

3. In entrambi i casi di cui al comma 2, il cliente ha facoltà di recesso senza oneri a proprio carico, anche se previsti nelle relative tariffe professionali.

Capo II

Costituzione della società

Art. 25.

(Forma e condizioni)

1. La costituzione della società deve avvenire, sotto pena di nullità, per atto pubblico.

2. Con regolamenti da emanare ai sensi dell’articolo 37 sono determinate tutte le altre condizioni per la costituzione della società e per la sua iscrizione nell’albo professionale, valevoli per tutte le professioni e per le singole professioni.

Art. 26.

(Numero dei soci)

1. Le società non possono comprendere più di dieci soci, salva diversa determinazione contenuta nei regolamenti da emanare ai sensi dell’articolo 37, comma 3, che possono altresì stabilire limitazioni numeriche in rapporto al numero degli iscritti all’albo professionale.

Art. 27.

(Denominazione sociale)

1. La denominazione sociale è costituita dal nome di tutti i soci ovvero dal nome di almeno due soci con l’indicazione «e altri», se presenti.

2. Il nome di uno o più professionisti non più associati può essere conservato nella denominazione sociale a condizione che il socio cessato non eserciti più la professione, che vi sia il suo consenso, espresso anche preventivamente alla cessazione, o dei suoi eredi, che sia introdotta nella denominazione un’indicazione idonea circa la cessazione della sua partecipazione e che nella società continui ad esercitare almeno uno dei professionisti che abbia esercitato nella società stessa insieme al socio cessato.

Art. 28.

(Conferimenti)

1. Nell’atto costitutivo della società possono essere previsti conferimenti da parte dei soci sia in denaro sia in natura.

2. Il valore dei conferimenti in natura è determinato dai soci concordemente.

3. Una quota degli utili, non superiore al 50 per cento, può essere attribuita ai soci in ragione dei conferimenti effettuati.

Art. 29.

(Durata)

 1. La durata della società è stabilita nell’atto costitutivo.

2. È in ogni caso consentito il recesso dalla società con preavviso di almeno un anno, salvo che ricorra una giusta causa.

Art. 30.

(Oggetto)

1. La società tra professionisti può assumere per oggetto esclusivamente lo svolgimento dell’attività professionale.

2. La società può rendersi acquirente di beni e diritti di qualsiasi natura che siano strumentali all’esercizio professionale e compiere qualsiasi attività diretta a tale scopo.

3. Gli atti compiuti in violazione del presente articolo sono inefficaci nei confronti della società e spiegano i loro effetti in capo a coloro che li hanno compiuti in nome della società e di coloro che comunque li hanno autorizzati.

Art. 31.

(Modifiche statutarie)

1. Le modifiche all’atto costitutivo ed allo statuto sociale della società, ivi comprese le cessioni di quote, possono essere adottate solo con il consenso di tutti i soci.

2. Le cessioni delle partecipazioni sociali non sono consentite, tranne quelle tra professionisti già associati se previste dallo statuto sociale.

Capo III

Norme di funzionamento

Art. 32.

(Organi della società)

1. Sono organi della società l’assemblea dei soci e l’organo di amministrazione.

2. L’assemblea nomina e revoca uno o più amministratori, secondo quanto stabilito dallo statuto sociale; provvede all’approvazione del bilancio, alla determinazione degli utili ed alla loro eventuale distribuzione; esercita tutti i poteri che le sono conferiti dallo statuto sociale.

3. Ogni socio ha diritto ad un solo voto, qualunque sia l’entità della sua partecipazione sociale.

4. Gli amministratori durano in carica per il termine stabilito dallo statuto, che non può essere superiore al termine stabilito nei regolamenti da emanare ai sensi dell’articolo 37, comma 3, e deliberano a maggioranza semplice.

5. La rappresentanza della società spetta agli amministratori disgiuntamente, salvo diversa disposizione statutaria.

6. Gli amministratori rispondono solidalmente ed illimitatamente per gli atti compiuti in nome della società.

Art. 33.

(Esclusione del socio)

1. L’esclusione del socio è deliberata da almeno i due terzi degli altri soci; essa avviene di diritto in caso di cancellazione o di radiazione del socio dall’albo professionale.

2. La sospensione dall’esercizio dell’attività professionale costituisce giusta causa di esclusione da deliberare con la maggioranza semplice dei soci, escludendo dal computo il socio sospeso.

Art. 34.

(Scioglimento)

1. La società si scioglie, oltre che nei casi previsti dalla legislazione vigente in materia e dallo statuto sociale, anche in quelli eventualmente previsti nei regolamenti di cui all’articolo 37 della presente legge.

2. Ciascun socio, in caso di contestazione sullo scioglimento della società ovvero nelle more dei relativi adempimenti formali, ha diritto di svolgere la propria attività professionale, con il solo obbligo di comunicare tale intento al proprio ordine professionale.

Capo IV

Norme finali

Art. 35.

(Rinvio)

1. Per quanto non diversamente disposto dalla presente legge, dai regolamenti di cui all’articolo 37 e dagli statuti sociali, si applicano alle società tra professionisti, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nei capi I e II del titolo V del libro quinto del codice civile.

2. All’articolo 2249 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Le società tra professionisti iscritti in albi sono disciplinate da leggi speciali».

Capo V

Disciplina previdenziale e fiscale

Art. 36.

(Norme previdenziali e fiscali)

1. L’attività professionale svolta dai soci dà luogo a tutti gli obblighi e ai diritti previsti dalle norme previdenziali vigenti.

2. I redditi della società sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, in proporzione alla sua quota di partecipazione e sono considerati, ai fini fiscali, soltanto in capo ad esso, come redditi professionali.

3. I redditi spettanti ai soci a fronte di loro conferimenti sono considerati, ai fini fiscali, come redditi di capitale.

Titolo V

NORME DI ATTUAZIONE

Art. 37.

(Regolamenti di attuazione)

1. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo adotta misure per l’attuazione delle disposizioni contenute nella presente legge; con gli stessi regolamenti sono dettate norme di coordinamento con la legislazione vigente ed è disposta l’abrogazione delle disposizioni anche di legge con esse incompatibili.

2. Gli schemi dei regolamenti di cui al comma 1 sono trasmessi, dopo l’acquisizione del parere del Consiglio di Stato e sentiti gli ordini professionali, alle Camere per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari che si esprimono entro sessanta giorni dalla data di trasmissione; decorso tale termine, i regolamenti sono emanati anche in mancanza del parere. Il Governo, nell’emanare i regolamenti, è tenuto a motivare l’adozione di disposizioni che non tengano conto del parere delle Commissioni parlamentari.

3. In relazione alle disposizioni contenute negli articoli 5, 10, 12, 16, 22, 23, 24, 25, 26, 32 e 34 della presente legge, sono emanati, con la medesima procedura di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, regolamenti specifici per ogni singola professione.

4. Nell’adozione dei regolamenti di cui al comma 3 devono essere seguiti i princìpi direttivi risultanti dalle leggi speciali in materia di professioni intellettuali non in contrasto con la presente legge, dai trattati internazionali e dalle direttive comunitarie e si deve comunque tenere conto delle specificità dei singoli ordinamenti professionali quali risultanti dalla normativa vigente in materia.

Art. 38.

(Princìpi e criteri in materia di testi unici di riordino delle professioni regolamentate esistenti)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, decreti legislativi recanti testi unici di riordino delle disposizioni vigenti in materia di professioni regolamentate, attenendosi ai princìpi e criteri direttivi della presente legge, nonché ai seguenti:

a) riordinare le attività delle singole professioni, con eventuali accorpamenti degli ordini e collegi interessati, tenendo conto in particolare della compatibilità con le esigenze di circolazione dei titoli di studio presupposti all’esercizio delle professioni nell’ambito dell’Unione europea, nonché delle disposizioni comunitarie in materia di libere professioni;

b) perseguire una tendenziale uniformità, ove non incompatibile con il rispetto delle specificità delle singole professioni, delle disposizioni applicabili a ciascuna professione a seguito della adozione dei testi unici stessi;

c) rinviare a regolamenti da emanare a ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, la disciplina degli aspetti organizzativi e procedimentali;

d) effettuare la puntuale individuazione del testo vigente delle norme;

e) esplicitare le norme abrogate, anche implicitamente, da successive disposizioni;

f) procedere al coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando nei limiti di detto coordinamento, le modificazioni necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo;

g) esplicitare quali disposizioni non inserite nel testo unico restano comunque in vigore;

h) dichiarare l’abrogazione delle rimanenti disposizioni, non richiamate, che regolano la materia oggetto di delegificazione, con espressa indicazione delle stesse in apposito allegato al testo unico.

2. Dalla data di entrata in vigore dei testi unici di cui al comma 1 sono comunque abrogate le norme che regolano la materia oggetto di delegificazione, non richiamate ai sensi della lettera g) del comma 1.

3. Al fine di consentire una contestuale compilazione delle disposizioni legislative e regolamentari riguardanti una medesima professione, il Governo è autorizzato, nell’adozione dei testi unici di cui al comma 1, ad inserire nel medesimo testo unico, con adeguata evidenziazione, le norme sia legislative sia regolamentari vigenti per ciascuna professione.

4. Gli schemi di decreti legislativi di cui al comma 1, sono emanati sentiti gli ordini e collegi professionali interessati nonché previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Gli avvisi ed i pareri sono resi nel termine di sessanta giorni dalla ricezione degli schemi stessi, decorso il quale i decreti legislativi sono comunque emanati.

5. Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti di cui al comma 1 possono essere emanati decreti correttivi ed integrativi di questi ultimi, con le modalità di cui al comma 2, nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi indicati nella presente legge.

6. Per l’adozione delle disposizioni di attuazione dei decreti legislativi di cui al comma 1, nonché delle disposizioni volte a coordinare con detti decreti la normativa già vigente, il Governo è autorizzato ad emanare regolamenti anche ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con le modalità di cui al comma 2 del presente articolo.

Relazione al disegno di legge

Onorevoli Senatori. – La precedente legislatura ha visto lo svolgersi di un vivace e certamente proficuo dibattito sul complesso e delicato tema della riforma degli ordini e dell’intero sistema professionale italiano, sfociato nella presentazione, tanto al Senato che alla Camera, di vari disegni e proposte di legge, sia da parte della maggioranza, che dell’opposizione, oltre che dello stesso Governo con i disegni di legge di cui agli atti Camera n. 5092 e n. 7452.

La legislatura da poco iniziata ha sicuramente tra i suoi impegni prioritari quello di varare finalmente una riforma di grande rilievo per la società italiana, nella quale le attività professionali hanno certamente un ruolo di primo piano, portatrici come sono di valori e di servizi essenziali per lo sviluppo della società moderna. È infatti ormai molto sentita l’esigenza di modernizzare l’ordinamento delle professioni intellettuali, liberandole dai vincoli corporativi ma salvaguardandone sia le funzioni di interesse generale, sia le attribuzioni di interesse pubblico in senso stretto, (proprie di alcune di esse), avendo ben chiaro il principio che la tutela degli interessi degli utenti si realizza nell’ambito del libero mercato, sulla base di regole e di parametri assolutamente diversi rispetto a quelli propri del sistema delle imprese.

Qualche anno fa il professor Natalino Irti, nel corso di un convegno ebbe ad affermare «Le prestazioni dei professionisti si distinguono da altri servizi per una decisiva caratteristica: di implicare sempre la soluzione di un problema sulla base di un sapere, e, quindi, di rivelare un contenuto creativo o inventivo ...La prestazione intellettuale non è una semplice prestazione tecnica, applicativa e ripetitiva, ma una prestazione che confronta un sapere ad un problema... Il profilo economico (cioè, lo scambio tra prestazione e corrispettivo pecuniario) non può eliminare il contenuto intellettuale ed inventivo delle professioni; il mercato e la concorrenza sono, per così dire, giudici di secondo grado, poiché presuppongono previ controlli sulla capacità di rendere la prestazione intellettuale. L’interesse del cittadino è garantito, non soltanto dalla quantità dell’offerta, ma dalla accertata qualità di essa. Quando si replica che la piena e libera concorrenza eliminerebbe, di per sé, i professionisti meno capaci e meritevoli, si dimentica di indicare il costo di questa selezione: cioè, il sacrificio di cittadini delusi nelle loro attese e insoddisfatti nei loro bisogni: di cittadini, che confidarono vanamente nella qualità della prestazione professionale». Sono riflessioni di straordinaria forza e levatura, che mettono perfettamente a fuoco la natura e la funzione delle professioni nella società e nello Stato, la cui modernizzazione si impone per adeguarle allo sviluppo e alle esigenze della società italiana, nello scenario europeo nel quale ci muoviamo. Uno scenario che comporta innanzitutto la necessità di adeguamento alla normativa comunitaria in tema di tariffe, di libertà di stabilimento e di riconoscimento dei titoli di studio. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato al termine dell’indagine su ordini e collegi professionali approvata nella adunanza del 3 ottobre 1997, ha mosso sotto diversi profili alcune censure al sistema ordinistico delle professioni intellettuali, ma ha comunque riconosciuto, in considerazione delle peculiarità dell’offerta delle prestazioni professionali, la legittimità degli ordini professionali quali garanti dell’utente in ordine alla qualità della prestazione professionale. Ha quindi riconosciuto pienamente ammissibili i controlli sull’accesso (peraltro disposti dall’articolo 33, comma quinto, della Costituzione attraverso la previsione di un esame di stato per l’abilitazione professionale), e ancor più ha individuato negli ordini professionali i garanti dell’aggiornamento e della correttezza del professionista.

In relazione alle diversità presenti negli ordinamenti degli Stati membri dell’Unione europea, occorre cercare di individuare gli strumenti normativi più competitivi, senza dimenticare che, sotto certi profili, gli ordinamenti professionali italiani non sono da meno rispetto a quelli di altri Paesi e che, comunque, anche in questo campo, va fortemente sostenuto il principio di sussidiarietà.

Altro fenomeno che rende urgente un intervento legislativo è quello della proliferazione degli ordini costituiti spesso, anche se non sempre, per garantire non gli interessi generali che il sistema ordinistico è chiamato a realizzare, ma meri interessi corporativi, limitando la concorrenza tra gli iscritti mediante il controllo dell’accesso e del costo delle prestazioni, in aperto contrasto con la disposizione dell’articolo 41 della Costituzione, che sancisce la libertà di iniziativa economica. Da qui nasce l’esigenza di resistere alle pressioni corporative delle nuove professioni, apprestando strumenti legislativi che, nell’ottica della garanzia della qualità della prestazione, consentano l’istituzione di Associazioni professionali la partecipazione alle quali, senza alcuna esclusività, rappresenti un adeguato attestato per il professionista associato ed un indice di qualità professionale per l’utente, ferma rimanendo la chiara e precisa distinzione rispetto agli ordini sia quanto alle competenze, sia quanto agli associati (che non possono essere iscritti ad alcun ordine).

Nella XIII legislatura il Governo in due distinte occasioni ha risposto a tali problematiche in modo contraddittorio e tutt’altro che rassicurante, in un primo momento mediante il tentativo (fallito) di disciplinare le società tra professionisti con regolamento interministeriale (previsto dall’articolo 24 della legge 7 agosto 1997, n.266, che ha abrogato il divieto di costituzione di società tra professionisti disposto dall’articolo 2 della legge 23 novembre 1939, n. 1815), poi presentando i due disegni di legge di cui agli atti Camera n. 5092 e n. 7452 che, al di là dei contenuti specifici prevedevano un’amplissima delega legislativa che avrebbe autorizzato il Governo per la durata di un triennio (un anno per l’esercizio delle deleghe e due anni per i decreti di correzione), a modificare a tutto campo gli ordinamenti professionali, senza alcun controllo e senza alcuna trasparenza.

Il presente disegno di legge cerca di dare una soluzione alle esigenze sopra rappresentate, coniugando l’apertura verso nuove forme di esercizio delle professioni e verso nuovi compiti degli ordini professionali, con il rispetto per il sistema ordinistico che va sì riformato, ma va preservato nelle sue caratteristiche essenziali.

Il disegno di legge persegue l’obiettivo di dare un forte e qualificato sostegno al programma di modernizzazione delle professioni intellettuali e della loro organizzazione, rifuggendo dalla tentazione, spesso alimentata da pregiudizi ideologici, di ribaltare il sistema degli ordini in quanto presunti meccanismi di mera tutela di interessi corporativi e quindi di chiusura all’innovazione ed alle logiche di mercato. Il settore delle professioni, anche se necessita di interventi profondi ed articolati, non appartiene al novero dei settori da riformare in modo così radicale e così immediato da metterne in forse la stessa sopravvivenza, costituendo in ogni caso un modello che rappresenta un punto di riferimento irrinunciabile del nostro sistema economico-sociale di impianto europeo-occidentale.

Le esigenze di competitività tra i professionisti posteci dalla normativa comunitaria e, ancor prima, dallo scenario economico attuale, interno e internazionale, ci portano naturalmente ad equiparare le professioni alle imprese, ma solo nella considerazione della collocazione delle attività delle professioni nel mercato e della necessità che sia garantito l’utente, attraverso gli strumenti tipici del mercato stesso, riconsiderati e calibrati a misura delle professioni mediante norme appropriate e efficaci. Questo disegno di legge dice quindi sì ai professionisti nel mercato, ma con lo «statuto del professionista», senza cedimenti a tentativi nè a tentazioni di mercificazione dell’attività professionale; dice sì alle professioni in regime di concorrenza, ma secondo regole loro proprie, ritagliate in base alle caratteristiche peculiari delle professioni intellettuali in ragione anche della natura particolare di ciascuna di esse.

Il disegno di legge propone quindi l’approvazione con legge ordinaria di un vero e proprio statuto delle professioni intellettuali, da inserire nei singoli ordinamenti attraverso la redazione di testi unici, sotto il costante e vincolante controllo parlamentare.

Sul tema delle tariffe, viene accolto il principio per cui hanno valore puramente indicativo, fungono cioè da orientamento sia per l’utente che per gli organi di controllo disciplinare, come indici di costo minimo per un adeguato livello di prestazione professionale; continuano peraltro a svolgere la funzione delineata dall’articolo 2233 del codice civile, per il quale: «Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice», funzione quindi suppletiva in mancanza di accordo tra le parti.

Sono però ammesse tariffe «massime» vincolanti (come prospettato dalla stessa Autorità antitrust), come pure sono consentite tariffe vincolanti «minime» previste dai singoli ordinamenti professionali, in linea con la normativa comunitaria. Tale possibilità è stata ritenuta legittima da due recenti sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee (entrambe in data 18 giugno 1998, causa C-35/96 - spedizionieri doganali e causa C-266/96 - ormeggiatori), purché siano fissate con procedimento che garantisca l’imparzialità della loro determinazione.

In merito alle società tra professionisti, occorre ammettere che muoversi nell’ambito dei modelli di società previsti nel nostro ordinamento civilistico (nati esclusivamente per disciplinare la gestione collettiva delle imprese), così come prevedeva il citato regolamento interministeriale e come non escludeva il disegno di legge «Mirone», comporterebbe una disciplina tale da consentire la costituzione di società tra professionisti e soci non professionisti che apportino solo capitale, con le conseguenze:

di subordinare l’attività professionale ad esigenze di remunerazione del capitale, estranee alla logica ed alle funzioni delle attività professionali;

di consentire il «commercio» degli studi professionali attraverso la cessione delle partecipazioni di capitale;

di costituire formidabili strumenti di concorrenza nei confronti degli altri professionisti non associati, concorrenza resa possibile non da una migliore organizzazione del lavoro e da una maggiore efficienza professionale, ma solo dall’abbattimento di costi finanziari e da sinergie tra soci-professionisti e soci-finanziatori (ad esempio: istituti bancari, società finanziarie, grandi industrie, compagnie di assicurazione, eccetera) che non garantiranno di per sé, né la qualità della prestazione né la tutela dell’utente;

di realizzare organismi di pressione e di condizionamento, sia all’interno dei diversi ordini professionali, sia nei confronti dei tradizionali interlocutori istituzionali dei professionisti (pubblica amministrazione, magistratura, eccetera).

Il disegno di legge riconosce l’opportunità e l’utilità dello svolgimento delle professioni in forma societaria, ma propone una disciplina specifica per le professioni, con diversificazioni anche significative tra i diversi settori professionali. A tal fine opta per la creazione di modelli speciali per le professioni, rinviando l’ammissibilità delle società multiprofessionali e di società con soci finanziatori (limitatamente alle professioni tecniche) a regolamenti diversificati per professioni e strutturati in modo da garantire trasparenza, controllo parlamentare, partecipazione degli ordini e coerenza con il sistema vigente.

Il disegno di legge si articola in cinque titoli: il primo è relativo alle disposizioni generali, il secondo ha riguardo alle professioni regolamentate, il terzo disciplina le associazioni tra professionisti esercenti professioni non regolamentate, il quarto ha per oggetto le società tra professionisti; il quinto ed ultimo contiene norme di attuazione.

Il Titolo I è costituito da cinque articoli che contengono disposizioni generali valevoli per tutte le professioni intellettuali.

L’articolo 1 individua l’oggetto della legge (le professioni intellettuali e le rispettive forme organizzative) e fa cenno alla normativa comunitaria, che costituisce il parametro di assoluta novità del sistema normativo in materia.

L’articolo 2 attribuisce alle disposizioni contenute nella legge delle caratteristiche che ne segnalano l’assoluta rilevanza nel sistema delle fonti del diritto, costituiscono «princìpi generali dell’ordinamento» nel campo delle professioni intellettuali e possono essere derogate o modificate solo espressamente con legge ordinaria. Pertanto non si possono istituire nuovi ordini o associazioni professionali, né sopprimere quelli esistenti mediante decreto-legge.

L’articolo 3 enuncia gli scopi, e la funzione della legge, che deve garantire il libero esercizio delle professioni intellettuali, in qualunque modo siano esercitate, anche in forma subordinata e collettiva. Ciò in quanto la tutela che la legge accorda alle professioni intellettuali non è solo quella disposta in via generale dall’articolo 41 della Costituzione in ordine alla libertà di iniziativa economica, ma riguarda anche le professioni esercitate in forma subordinata, la cui libertà di esercizio va garantita anche nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato o, come vedremo, societario. Inoltre, richiama gli interessi pubblici generali che la legge ricollega allo svolgimento delle professioni intellettuali, (che non sono solo quelli costituzionalmente protetti dagli articoli 24, secondo comma e 32) ma anche quelli più generali che l’articolo 33, quinto comma, riconnette all’attività professionale. Ciò al fine di garantire, la qualità della prestazione professionale ai cittadini che ne usufruiscono.

Alla lettera b) del comma 1, l’articolo 3 individua alcune modalità di esercizio delle professioni che la legge deve assicurare: la personalità della prestazione, il pluralismo, l’indipendenza, la responsabilità diretta ed individuale, ben presenti nella intelaiatura di tutto il disegno di legge (anche in materia di società professionale), nel rispetto della deontologia che è fonte peculiare e specifica ad ogni professione, di norme di comportamento che nel concreto realizzano tali princìpi.

La lettera c) del comma 1, traccia il confine tra attività professionale e attività di impresa, formulando un principio del tutto ovvio, ma mai sufficientemente sottolineato, e cioè che la concorrenza è sistema di regole che devono in via prioritaria impedire fenomeni definiti comunemente «distorsivi», che si possono anche trasporre nel mondo delle professioni, ma ben sapendo che ancorchè definiti con gli stessi aggettivi (sconveniente, scorretto, ingannevole) si concretizzano in forme del tutto particolari e non certamente assimilabili ai modelli noti nel campo delle imprese. A nessuno sfugge, ad esempio, come il concetto di «deontologia» tipico del mondo delle professioni, è assolutamente estraneo alle attività che si svolgono nel campo del mercato dei beni e servizi non professionali.

L’articolo 4 enuncia la regola per cui l’accesso alle professioni è libero, con due sole limitazioni, stabilite comunque dalla legge: la predeterminazione numerica per le professioni che abbiano come oggetto caratterizzante l’esercizio di pubbliche funzioni, (in linea con l’articolo 45 del Trattato CE); l’esame di stato come previsto dall’articolo 33, quinto comma della Costituzione.

L’articolo 5 regola l’istituto del tirocinio professionale, che è obbligatorio solo ove sia richiesto dai singoli ordinamenti professionali e la relativa disciplina deve rispondere all’esigenza di assicurarne effettività e flessibilità; con possibilità di disciplinare possibili forme alternative durante il corso degli studi evitando però che esso perda la funzione di avvio alla professione, nella consapevolezza delle regole scientifiche e deontologiche che la disciplinano.

Il titolo II disciplina in modo specifico le professioni «regolamentate», cioè le professioni strutturate in albi ed ordini professionali, secondo uno schema che viene enunciato, in via generale, dall’articolo 2229 del codice civile e sostanzialmente ripreso dal più volte citato articolo 33, quinto comma della Costituzione: è ben vero che nella Costituzione non si fa parola di albi né di ordini professionali, ma è indubbio che il concetto di «abilitazione professionale», cui fa riferimento l’articolo 33, comporta di necessità l’istituzione di albi, registri, elenchi e simili, nei quali sono iscritti i professionisti abilitati. Ne consegue che, in conformità con la tradizione giuridica dell’intero sistema occidentale, agli ordini professionali, organi di autogoverno dei professionisti e come tali garanti dell’indipendenza delle professioni, venga affidata la tenuta degli albi non solo in senso formale, ma anche in senso sostanziale.

E così l’articolo 6, al comma 1, riserva alla legge l’individuazione delle professioni regolamentate, caratterizzandole come quelle per le quali è prescritta l’iscrizione in albi professionali e il comma 2 attribuisce agli ordini una serie di funzioni tutte miranti ad assicurare gli obiettivi sopra enunciati (tenuta ed aggiornamento degli albi, formazione e aggiornamento professionale, monitoraggio del mercato delle prestazioni e ricognizione dei contenuti tipici delle prestazioni, controllo della qualità e della correttezza delle prestazioni, anche in relazione alle norme di deontologia professionale, informazione del pubblico circa i contenuti minimi delle singole prestazioni professionali, anche mediante la diffusione delle relative norme tecniche).

Il comma 3 fissa il principio per cui gli ordini professionali sono strutturati a livello nazionale e locale, con ciò confermando un’antica tradizione, che si coniuga in modo ottimale con il principio di sussidiarietà, che deve sovrintendere anche all’ordinamento delle professioni, quale garante di efficienza, trasparenza, controllo ed indipendenza.

Il comma 4 definisce gli ordini come enti pubblici non economici, ma esclude l’applicabilità ad essi di una serie di norme (articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 e articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), che, se applicatene, ridurrebbero notevolmente l’autonomia e, per loro tramite, dei professionisti che ne fanno parte.

Il controllo pubblico va riservato in linea di principio al Ministro della giustizia o, eventualmente, ad altro Ministro individuato per legge, con i compiti e le funzioni che la legge al medesimo conferisca (comma quinto).

Il comma 5 fissa due regole che possono essere derogate solo da un atto avente forza di legge: le deliberazioni e gli atti degli Ordini non sono soggetti ad approvazione ministeriale; l’approvazione, quando prevista, può essere negata solo per motivi di legittimità.

L’articolo 7, al fine di garantire comunque la qualità della prestazione professionale, introduce l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile per i danni causati dal professionista nell’esercizio dell’attività professionale, ancorché si sia avvalso di dipendenti e collaboratori.

L’articolo 8 individua i poteri spettanti ai consigli nazionali degli ordini in modo tassativo, essendo tutti gli altri poteri, come prevede l’articolo 9, attribuiti ai consigli locali.

L’articolo 9 attribuisce ai consigli locali, in via residuale ed in attuazione del principio di sussidiarietà, tutti i poteri non attribuiti ai consigli nazionali, e, specificamente, le funzioni di formazione e tenuta degli albi professionali in coerenza, come stabilisce il comma 2, con gli indirizzi ed i princìpi adottati dai consigli nazionali.

L’articolo 10 fissa alcune regole in materia di sistemi elettorali: il comma 1 riserva alla legge la funzione di garanzia di trasparenza delle procedure, di tutela delle minoranze e di individuazione dei casi di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza; il comma 2 prevede una disciplina, da adottarsi con regolamenti specifici per ogni singola professione, circa l’incompatibilità dell’elezione di professionisti associati nella stessa società, al fine di garantire l’indipendenza degli organi dei vari ordini da strutture collettive che potrebbero, in quanto minoranze organizzate e portatrici di interessi fortemente omogenei, attuare la scalata ai posti di comando negli organi professionali.

L’articolo 11 disciplina la materia deontologica, definendo nel comma 1 la deontologia quale complesso di regole ritenute idonee dagli ordini professionali a garantire la correttezza e la qualità della prestazione professionale, secondo i princìpi della legge in esame e delle singole leggi professionali, e attribuendo nel comma 2 ai consigli nazionali il potere deliberativo, previa consultazione degli organi locali. La deliberazione è soggetta ad approvazione da parte del Ministro vigilante che, secondo la regola generale stabilita nell’articolo 6, comma 5, ne controlla esclusivamente la legittimità.

L’articolo 12 tratta il tema delle tariffe professionali, stabilendo nel comma 1 che la competenza tariffaria è attribuita ai singoli ordini, secondo le norme stabilite in ciascun ordinamento, che le tariffe sono stabilite in relazione alla complessità e qualità della singola prestazione e che esse non sono vincolanti ma puramente indicative, con funzione di elemento di valutazione da parte del giudice in caso di mancata determinazione consensuale del compenso stesso.

Il comma 2 introduce una eccezione al principio fissato nel comma 1, legittimando l’approvazione di tariffe vincolanti, e quindi non derogabili dalle parti, in due distinte ipotesi: nel caso in cui si stabiliscano dei massimi tariffari e in quello in cui i singoli ordinamenti consentono, secondo regole e procedure comunitarie conformi, prevedano la fissazione dei minimi. L’inderogabilità del tetto massimo si giustifica sull’assunto che, per alcune prestazioni professionali, sussiste l’esigenza di proteggere il cliente da richieste eccessivamente onerose, mentre il minimo si giustifica per garantire la qualità della prestazione quando si tratti di attività o prestazioni che rivestano interesse generale e spiccata natura pubblicistica. In tali ipotesi ed a garanzia contro eventuali abusi della potestà tariffaria inderogabile da parte degli ordini, è stabilito nel comma 3 che il Ministro vigilante abbia il potere di sindacare nel merito le deliberazioni degli ordini stessi. In tal modo si previene ogni censura di rilievo comunitario in quanto la stessa normativa della UE ammette l’esistenza di tariffe obbligatorie, purché rispondano ad un pubblico interesse e non siano assunte dagli stessi soggetti interessati, senza alcun controllo esterno.

L’articolo 13 disciplina l’attribuzione ai consigli nazionali degli ordini della potestà di autoregolamentazione.

L’articolo 14 liberalizza la pubblicità in materia professionale, nel rispetto della correttezza dell’informazione, e della deontologia professionale.

L’articolo 15 garantisce l’autonomia degli ordini professionali e, nel contempo, mira a far sì che essi proprio per le funzioni di pubblico interesse che loro competono, siano sempre operanti ed efficienti. E così il primo comma stabilisce che il controllo sugli organi locali è attribuito ai consigli nazionali, i quali possono esercitare poteri sostitutivi in caso di inerzia e possono chiederne anche lo scioglimento nei casi più gravi. Il comma 2 dispone che il Ministro vigilante controlli l’attività degli organi nazionali (vedi articolo 6) e, in caso di assoluta e rilevante gravità, possa anche esercitare poteri sostitutivi per il tempo strettamente necessario, arrivando fino a proporre (comma 3) lo scioglimento dei consigli nazionali al Consiglio dei Ministri che può deliberarlo, previo parere non vincolante delle competenti Commissioni parlamentari.

L’articolo 16 riordina il sistema disciplinare con una normativa di princìpi che dovranno essere inseriti nei singoli ordinamenti professionali, fissando le caratteristiche degli organi disciplinari articolati in organi locali e nazionali non giurisdizionali, distinti dagli organi gestionali, garanzia di un giusto procedimento, doppio grado nel merito e ricorso in Cassazione solo per motivi di diritto.

 Il Titolo III si compone di un solo articolo, il 17, e disciplina le associazioni professionali, cioè libere associazioni di esercenti professioni non protette ben distinte per natura, iscritti e funzioni dagli ordini e che avranno il compito essenziale di assicurare una struttura organizzativa agile e privatistica alle professioni cosiddette «emergenti». La norma si limita a disciplinare il riconoscimento delle associazioni professionali, sia in ordine ai presupposti (rispetto del principio di libera concorrenza negazione di diritti di esclusiva dal riconoscimento e garanzia di pluralismo associativo) sia in ordine alle procedure (istituzione di un registro presso il Ministro della giustizia; riconoscimento da parte dello stesso Ministro, sentiti il CNEL e gli ordini professionali operanti nello stesso campo di attività; revoca del riconoscimento; istruttoria legale e di opportunità da parte del CNEL).

Il Titolo IV disciplina le società tra professionisti, operando delle scelte di fondo che si possono così riassumere:

adozione di un «tipo» speciale di società tra professionisti; flessibilità della normativa e del modello societario in funzione degli ordinamenti delle singole professioni e delle scelte degli organi esponenziali delle diverse categorie; ammissibilità in linea di principio delle società multiprofessionali ed esclusione dei soci non professionisti, salvo una rigorosa e ben definita eccezione per le professioni tecniche, in considerazione della natura della professione e della particolare onerosità della organizzazione necessaria.

Il Titolo si suddivide in cinque capi: il primo contiene disposizioni generali (articolo 18-24), il secondo è costituito da norme sulla costituzione della società (articoli 25-31), il terzo riguarda il funzionamento (articoli 32-34), il quarto contiene norme finali (articolo 35), il quinto riguarda la normativa previdenziale e fiscale (articolo 36).

L’articolo 18 prevede i caratteri essenziali della società tra professionisti, individuandone i soggetti e la funzione, attribuendole la personalità giuridica a seguito dell’iscrizione nell’albo professionale, vietando la costituzione, esercizio e gestione di società diverse da quelle di cui alla legge, comminandone la nullità.

L’articolo 19 statuisce che la prestazione professionale venga richiesta e svolta sempre dal singolo associato, il quale è personalmente ed illimitatamente responsabile dell’attività da lui svolta, salva la responsabilità diretta e solidale anche della società con l’intero suo patrimonio.

L’articolo 20 regola la responsabilità disciplinare della società, prevedendola in via cumulativa con quella del professionista se l’infrazione commessa nello svolgimento dell’incarico professionale è ricollegabile a direttive imposte dalla società o in via diretta, nel caso di infrazioni commesse dalla società. Il comma 3, poi, estende la responsabilità disciplinare imputabile alla società, anche agli amministratori e soci che abbiano determinato, con il loro voto o la loro attività di gestione, il comportamento della società.

L’articolo 21 nel comma 1 conferma che i rapporti tra società e ordini sono identici a quelli tra singolo professionista e ordini, mentre il comma 2 introduce un principio in base al quale la violazione dei patti sociali può essere assunta come infrazione disciplinare, nel senso che nella disciplina regolamentare delle società alcune clausole statutarie possono assumere un valore non solo contrattuale, ma anche disciplinare.

L’articolo 22 prevede la facoltà di consentire, con regolamento specifico per ogni professione e con le modalità e limiti stabiliti alla lettera g) del comma 1 dell’articolo 8, la partecipazione in società anche di professionisti appartenenti a categorie diverse, col divieto di esercizio di attività incompatibili e l’affermazione che la prestazione professionale è sempre personale e diretta e non può essere effettuata che dal professionista abilitato a svolgere quella determinata professione.

L’articolo 23, in omaggio alle profonde diversità esistenti tra professioni «umanistiche» da una parte (legali, sanitarie e simili) e «tecniche» dall’altra, consente che eccezionalmente per queste ultime possa ricorrersi anche alla partecipazione di soci che apportino solo capitali; l’individuazione delle professioni tecniche ammesse è affidata a regolamenti specifici per singole professioni e alle società sono comunque applicabili tutte le norme caratterizzanti le società tra professionisti.

Il comma 1 stabilisce che la denominazione sociale debba indicare che trattasi di società tra professionisti, mentre il comma 2 conferisce ai regolamenti governativi sia la potestà di fissare vincoli o divieti nel trasferimento delle partecipazioni sociali, con efficacia erga omnes ed indipendentemente dalla loro indicazione negli statuti sociali, sia la potestà di consentire ai soci di stabilire convenzionalmente particolari vincoli o divieti non ammessi dalla legge (si pensi alle clausole di gradimento nelle società per azioni).

L’articolo 24 stabilisce che il professionista può partecipare ad una sola società e che tale partecipazione gli inibisce lo svolgimento della professione a titolo individuale; i regolamenti specifici ad ogni singola professione potranno però stabilire diversamente.

Il capo II contiene alcune norme che disciplinano la costituzione della società: (necessità dell’atto pubblico (articolo 25)) demandando ai regolamenti di fissare tutte le altre condizioni per la costituzione e l’iscrizione nell’albo professionale.

L’articolo 26 stabilisce, che il numero dei soci non possa essere superiore a dieci ma i regolamenti possono anche stabilire un tetto numerico rapportato al numero degli iscritti nell’albo professionale.

L’articolo 27 detta norme sulla denominazione sociale, stabilendo nel comma 1 che la denominazione deve contenere il nome di tutti i soci o di almeno due soci con l’indicazione «e altri», se presenti, mentre nel comma 2 fissa alcune condizioni indispensabili per la conservazione nella denominazione del nome del socio cessato.

L’articolo 28 disciplina, il sistema dei conferimenti, che possono essere rappresentati da denaro o da beni in natura.

L’articolo 29 fissa l’obbligo di indicare nell’atto costitutivo la durata della società mentre nel comma 2 autorizza comunque il recesso dalla società con preavviso di almeno un anno, salvo il ricorso di una giusta causa il recesso si giustifica in base alla considerazione che l’attività professionale rappresenta attività di lavoro per il professionista e quindi tale da non tollerare vincoli temporali troppo stretti.

L’articolo 30 sancisce l’esclusività dell’attività professionale come oggetto della società riconoscendo alla società la legittimazione all’acquisto di beni e diritti con funzione strumentale.

L’articolo 31 stabilisce che le modifiche statutarie possono essere deliberate solo con il consenso di tutti i soci, data la natura fortemente «personale» delle società tra professionisti; in applicazione di tale principio, il comma 2 stabilisce che le cessioni di partecipazioni sociali non sono ammesse, tranne quelle tra professionisti già soci se previsto dallo statuto.

Il capo III contiene norme sul funzionamento della società:

l’articolo 32 individua nell’assemblea dei soci e negli amministratori gli organi sociali fissandone i poteri, stabilendo che ogni socio ha diritto ad un solo voto, qualunque sia l’importo della sua partecipazione. Il comma 4 fissa la durata in carica degli amministratori, rinviando agli statuti sociali che comunque non potranno stabilire un termine eccedente quello massimo fissato nei regolamenti e specifici ad ogni professione.

L’articolo 33 dispone in ordine all’esclusione del socio stabilendo, che l’esclusione è deliberata dalla maggioranza di almeno i due terzi dei soci (escluso il socio interessato) o dalla maggioranza semplice nel caso in cui l’esclusione sia deliberata a seguito di sospensione dall’esercizio dell’attività professionale. La cancellazione o radiazione del socio dall’albo professionale opera come causa di esclusione di diritto.

In tema di scioglimento, l’articolo 34 individua le fonti normative nella legge, nello statuto sociale e nei regolamenti di cui all’articolo 37.

Il capo IV contenente norme finali, si compone di un solo articolo, il 35, che fissa la gerarchia delle fonti normative in materia di società di professionisti.

Il comma 2 dell’articolo 35 introduce nell’articolo 2249 del codice civile, disciplinante i tipi di società, un quarto comma che dispone, per le società tra professionisti iscritti in albi, il rinvio a leggi speciali.

Il capo V contiene una sola norma, l’articolo 36, che detta una scarna disciplina previdenziale e fiscale, stabilendo nel comma 1 l’equiparazione tra attività individuale e attività professionale in società ai fini previdenziali e introducendo nel comma 2 alcuni princìpi da valere ai fini fiscali: tassazione dei redditi in capo a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, come redditi professionali se derivanti da specifiche prestazioni professionali e come redditi di partecipazione in società di persone se derivanti da altre fonti reddituali; se la percezione del reddito (comma 3) costituisce remunerazione del capitale, il reddito stesso è tassato come reddito di capitale.

Il Titolo V contiene norme finali e di attuazione. L’articolo, il 37 disciplina il meccanismo normativo cui si ritiene di poter ricorrere per dare attuazione alla legge e per far inserire nei singoli ordinamenti professionali le disposizioni della legge stessa, con una procedura che garantisce nel contempo efficienza normativa, in relazione alla pluralità e complessità degli ordinamenti professionali, flessibilità in ordine alle peculiarità che gli ordinamenti professionali presentano, rispetto dei sistemi ordinamentali oggi vigenti che non contrastano con i modelli disegnati dalla presente legge.

Questa, onorevoli Senatori, la filosofia e le finalità di questa legge, che vuole finalmente dare al sistema professionale italiano una normativa quadro nazionale, nella quale andrà ad inserirsi, nel rispetto del quadro nazionale ed europeo che in questi ultimi anni si è venuto delineando, la legislazione regionale, come novellata dal nuovo testo dell’articolo 117 della Costituzione; a tal proposito non possiamo nascondere un forte scetticismo sulla possibilità di applicare la legislazione regionale in un settore fortemente «deregionalizzato», nè possiamo sottacere la speranza che in breve termine possa esservi un nuovo intervento del legislatore costituzionale diretto a cancellare l’inclusione della materia delle professioni nella potestà concorrente Stato-regioni.

 

Assegnazione:

Assegnato alla 2^ Giustizia in sede referente in data 26 Novembre 2001. Assegnazione annunciata nella seduta n.78 del 27 Novembre 2001.

Pareri della 1^ Affari Costituzionali; 5^ Bilancio; 6^ Finanze e tesoro; 7^ Istruzione pubblica, beni culturali; 10^ Industria, commercio, turismo; 11^ Lavoro, previdenza sociale; Giunta per gli affari delle Comunita' Europee; Commissione parlamentare per le questioni regionali