Impianti condominiali: i diritti di chi ha troppo freddo

 

“In casa mia si gela, mentre il vicino del piano di sotto protesta, perché soffoca”. Ecco una tipica lamentela in condominio, quando l’impianto è centralizzato. Talora si tratta di ipersensibilità di persone freddolose. Altre volte si tratta di reclami più che giustificati. Come è possibile? Semplice: l’appartamento di chi ha freddo è situato al primo o all’ultimo piano, oppure è molto esposto (per esempio è posto all’angolo del palazzo) e avrebbe bisogno di maggiore calore o infine, è affacciato solo al lato nord del palazzo. Viceversa quello di chi ha troppo caldo è racchiuso in un piano intermedio, circondato da altri appartamenti riscaldati, e quindi sfrutta anche il “furto di calore” che gli proviene dai locali dei vicini, attraverso le pareti. Quindi, anche se a entrambi i proprietari viene fornita dalla caldaia la stessa quantità di calore (rapportata, naturalmente, al volume dei locali da riscaldare), il risultato è molto diverso.

Non è certo una situazione inevitabile. Chi ha più bisogno di calore, avrebbe dovuto avere più elementi nei caloriferi, e chi ha meno necessità, meno elementi. Quanto alle spese di riscaldamento, in genere suddivise attraverso i cosiddetti “millesimi calore”, nessun problema: chi più consuma, paga di più.

Solo che ora il problema è grave: chi volesse aggiungere elementi ai caloriferi di straforo non può farlo, per almeno due ragioni. La prima è tecnica: così si “sballa” la taratura della caldaia, che è prevista per funzionare così e potrebbe divenire inefficiente per tutti. La seconda è monetaria: se qualcuno consuma di più, si deve rivedere la suddivisione dei millesimi calore di tutti. E, purtroppo, per rivedere i millesimi occorre il voto favorevole di tutti i condomini, nessuno escluso. Se non si raggiunge l’accordo, anche un solo condomino può ricorrere al giudice: ci penserà lui a stabilire chi ha torto e chi ha ragione, con l’intervento di un tecnico del Tribunale.

E’ vietato anche autoridursi le spese, perfino se il riscaldamento non funziona affatto: lo ha detto, più volte, Cassazione (Sentenze sezioni unite n. 10492/96, n. 5813/1998, n. 10560/2001).

E allora, che fare? Va premesso subito che l’impianto centralizzato è un bene comune. il suo funzionamento è regolato dal principio generale di uguaglianza dei condomini, principio per il quale tutti i servizi comuni devono essere goduti dai condomini in maniera uguale. Se un proprietario è ben riscaldato e un altro no, si ha uno squilibrio, e il diritto di vederlo eliminato. Il primo responsabile è l’amministratore condominiale che ha il sacrosanto dovere di prendere le misure necessarie perché tutti ricevano il calore dovuto, anche se occorre affrontare spese consistenti. Altrimenti, a detta dell’articolo 2051 del codice civile, è da ritenersi  responsabile del danno causato. Per  esempio una malattia , anche solo aggravata dal mancato riscaldamento, o perfino il solo “danno esistenziale”, cioè il fatto di aver creato seri problemi alla vita ordinaria di una persona.

L’unica strada prevista dalle leggi è ricorrere in giudizio. Il che significa anticipare delle spese (quella di un tecnico che faccia una perizia e quella di un avvocato), che si otterranno indietro se si  vince la causa. Ma prima di giungere a tanto, meglio far sfoggio di diplomazia e buon senso. L’amministratore condominiale può essere un prezioso alleato: se si accorge che si fa sul serio, non vorrà caricarsi sulle spalle troppe responsabilità. Dopotutto, non è lui a pagare, ma i condomini.

Un caso particolare è quello del “surriscaldamento” dell’appartamento. Infatti, si potrà far ricorso al Dpr 26 agosto 1993, n. 412, che impone sanzioni da 1 a 5 milioni di vecchie lire se si superano i 20 gradi (+ 2 di tolleranza, per cattiva taratura della caldaia)  nei propri locali. Non solo: se il valore limite è superato di molto, ci si può appellare anche all’articolo 844 del codice civile che vieta tra l’altro anche le immissioni intollerabili di calore. “avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”

 

 

La Diagnosi energetica

 

Il nocciolo del problema del risparmio energetico è uno solo: un impianto efficiente in un edificio adatto a contenerlo. Purtroppo buona parte degli impianti esistenti consumano troppo. Manca infatti una diagnosi energetica sullo stato di salute termico degli edifici, che suggerisca delle "cure" adatte. Ma, soprattutto, manca la coscienza che la terapia può dare ottimi effetti, non solo vantaggi sociali (inquinamento, minore dipendenza energetica), ma soprattutto risparmi sulle spese familiari. 

Cos'è la diagnosi. La diagnosi è un’indagine in  tre fasi. La prima è passare al vaglio il tipo di edificio e poi il tipo di impianto, con i loro pregi e i loro difetti, per capire quale dovrebbe essere, in teoria, il suo consumo energetico. I metodi del calcolo sono determinati da precise norme tecniche. (Uni EN 832, Uni 10348 , Uni 10379). La seconda fase consiste nel confronto tra dati teorici ricavati e i consumi reali di combustibile, ottenibili dalle bollette delle ditte energetiche. Se il primo dato si discosta notevolmente dal secondo, significa che qualcosa non funziona. Infine vi è una terza fase, che consiste nel raffronto dei dati reali con quelli ricavabili con interventi adatti a contenere i consumi, tenendo conto non solo del risparmio, ma di tutti i fattori .Cioè la sicurezza dell’impianto, l’ igiene ambientale (un edificio completamente sigillato ha un alto livello di inquinamento indoor, tra le mura di casa) e la facilità di gestione.

La cura Un pravo perito di impianti termici, non si limita proporre soluzioni tecniche, deve caldeggiare quella che dà i massimi risultati al minor costo possibile. Quindi deve saper dire in quanti la spesa da affrontare sarà ammortizzata e perfino valutare se conviene al condominio sottoscrivere un eventuale prestito bancario. E’ accaduto che una buona diagnosi energetica abbia portato i condomini a spender meno sin da subito, pagandosi, con il risparmio ottenuto sulla bolletta, le spese del perito termotecnica, dei lavori e delle rate del mutuo, con la certezza che da una certa data in poi il condominio inizierà a risparmiare sui costi, senza spendere più una lira.

Esempi di interventi singoli sono la sostituzione della caldaia con una a maggior rendimento, l'isolamento del sottotetto, l'installazione di valvole e cronotermostati per la regolazione, la sostituzione di serramenti, l'isolamento a cappotto dell'edificio, soprattutto nella zona a nord e così via. Gli interventi integrati possono prevedere la giusta combinazione di alcune, o tutte, queste opere singole.

La ricerca del perito. Dove rintracciare un buon termotecnico, nella propria zona? Una soluzione potrebbe essere rivolgersi ad Assistal (l’Associazione nazionale costruttori di impianti) con sede a Milano, via Restelli 3, tel. 02-69018026) o cercarlo direttamente sul suo sito internet (www.assistal.it). Un consiglio: preferite liberi professionisti, il più possibile “sganciati” dalla dipendenza a fornitori di gasolio o a ditte di gestione degli impianti. Dovete trovare un consulente che non guadagni sulla fornitura o la manutenzione e faccia l’ “avvocato” dei vostri interessi.

 

 

La gestione dell’impianto

La caldaia centralizzata, per legge,  può essere gestita direttamente dall’amministratore condominiale oppure da una ditta esterna, il cosiddetto “terzo responsabile dell’impianto termico”. La seconda soluzione è quella più comune, ed quella da preferire.  Il gestore è responsabile dei controlli, della manutenzione e anche del rispetto dei periodi di accensione concessi dalla legge.

Infatti le norme stabiliscono per quante ore al giorno e per quali mesi dell'anno gli impianti di riscaldamento possono restare accesi, in ciascuno degli 8103 comuni italiani. Come? Semplice: li raggruppa in 6 zone climatiche, che hanno il nome delle prime sei lettere dell'alfabeto.

Vi sono anche limiti di temperatura: per abitazioni, uffici e negozi sono di 20 gradi. E' prevista un tolleranza di due gradi in più (fino a 22) per inesatta taratura dei termostati delle caldaie (gli apparecchi che misurano il calore).

Attenti però: si parla di una media di 20 gradi in tutto l'appartamento. Ciò significa che è possibile scaldare un po' più in soggiorno o in bagno e un po' meno in camera da letto e in cucina. Si tratta di una scelta non solo permessa, ma anche consigliabile.

 

Zona energetica

Max ore-giorno

Periodo

A

6

1 dicembre-15 marzo

B

8

1 dicembre -31 marzo

C

10

15 novembre- 31 marzo

D

12

1 novembre-15 aprile

E

14

15 ottobre-15 aprile

F

Nessuna limitazione

 

Zone energetiche e capoluoghi di provincia

 

Riportiamo solo le zone energetiche dei comuni capoluoghi di provincia. Nessuno appartiene a quella A, mentre solo Belluno e Cuneo sono nella più fredda, la zona F. Chi abita altrove potrà informarsi presso il comune.

Zona B Agrigento, Catania, Crotone, Messina, Palermo, Reggio Calabria, Siracusa, Trapani;

Zona C Bari, Benevento, Brindisi, Cagliari, Caserta, Catanzaro, Cosenza, Imperia, Latina, Lecce, Napoli, Oristano, Ragusa, Salerno, Sassari, Taranto;

Zona D Ancona, Ascoli Piceno, Avellino, Caltanissetta, Chieti, Firenze, Foggia, Forlì, Genova, Grosseto, Isernia, La Spezia, Livorno, Lucca, Macerata, Massa, Matera, Nuoro, Pesaro, Pescara, Pisa, Pistoia, Prato, Roma, Savona, Siena, Teramo, Terni, Trieste, Verona, Vibo Valentia, Viterbo;

Zona E Alessandria, Aosta, Arezzo, Asti, Belluno, Bergamo, Biella, Bologna, Bolzano, Brescia, Campobasso, Como, Cremona, Enna, Ferrara, Frosinone, Gorizia, L’Aquila, Mantova, Milano, Modena, Novara, Padova, Parma, Pavia, Perugia, Piacenza, Pordenone, Potenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rieti, Rimini, Rovigo, Sondrio, Torino, Trento, Treviso, Udine, Varese, Venezia, Verbania, Vercelli, Vicenza;

Zona F Belluno, Cuneo.

 

 

Riscaldamento centralizzato: i consigli per il risparmio

 

1.       Il controllo e la pulizia vanno  fatte almeno una volta all’anno, normalmente all’inizio del periodo di riscaldamento. Se la caldaia ha potenza oltre i 350 kw va fatto un ulteriore controllo, a metà del periodo di riscaldamento. Dato che le ispezioni sono normalmente previste nel contratto di manutenzione assicuratevi che siano fatte: risparmierete sul combustibile e non pagherete nulla in più.

2.       Il controllo del rendimento di combustione va fatto ogni due mesi e annotato sul “Libretto caldaia” (un documento che il condominio deve possedere, per legge)

3.       Vanno sostituite le caldaie con rendimenti più bassi di quelli di legge: è un obbligo, evita incidenti e diminuisce i consumi.

4.       Se molti condomini passano la maggior parte della giornata fuori casa, è una buona idea votare in assemblea  la “contabilizzazione” dell’impianto: in sostanza la caldaia resta centralizzata ma con appositi dispositivi si può regolare, spegnere o accendere la caldaia in ogni singolo appartamento. Si paga in proporzione ai consumi. Un impianto centrale contabilizzato consuma (e inquina) di meno di tanti impianti termoautonomi.

5.       State attenti che vengano rispettati i periodi di accessione annuale e giornaliera che variano da città a città a seconda dell’appartenenza del comune a una delle 6 zone energetiche. Per saperne di più, sulla vostra caldaia dovrebbe essere appeso un cartello (prescritto dalla legge) con periodi e orari.  Ricordate che la temperatura media di casa vostra non deve superare i 20°.

6.       Fate pulire la canna fumaria. E’ meglio l’intervento diretto di un addetto (il fumista, alias spazzacamino) che la pulizia con prodotti chimici. L’ostruzione dei tubi  è pericolosa e aumenta il consumo. Particolare attenzione va serbata agli impianti che prima funzionavano a gasolio (o peggio, a carbone o a olio combustibile)  e ora vanno a metano: i fumi del metano sono ricchi di acqua che dilava le canne dallo zolfo depositato e produce il micidiale acido solforico. Quest’ultimo è altamente corrosivo e si va a depositare preferibilmente  sulle superfici bollenti , corrodendole.