Al risparmio
energetico si sommano agevolazioni e contributi
Contabilizzazione, caldaie a condensazione, coibentazione:
i calcoli costi-convenienza
Contabilizzazione del calore
Ormai imposta per
legge nei nuovi edifici non solo in Italia ma anche in tutti i Paesi avanzati,
quella che con un espressione un po’ infelice è
definita la “contabilizzazione del calore” è senz’altro la soluzione più “risparmiosa” anche per gli impianti esistenti.
Può essere
sintetizzata in uno slogan: “caldaia centralizzata,
consumi personalizzati”. Sprecando qualche parola in più, si può dire che ogni
condomino ha la possibilità, attraverso particolari dispositivi, di spegnere,
ridurre o alzare (entro il limite di legge di 20 gradi in media, più due di tolleranza)
la temperatura del proprio appartamento, ufficio o negozio,nonostante
che si serva di un generatore di calore comune a tutti i suoi vicini di casa.
Grazie a contatori individuali, ciascuno paga solo il
calore che ha effettivamente consumato. Né più né meno di quel che accade con
l’energia elettrica, per cui chi più consuma più paga.
Per
essere più precisi, costi comuni continuano comunque ad
esistere: quelli di installazione e manutenzione dell’impianto, che finiranno
per incidere, a seconda dei casi, dal 20 al 40% della bolletta termica e
saranno divisi per i millesimi di proprietà (questa percentuale è tanto più
bassa tanto più sono i proprietari in un palazzo).
Chi può scegliere la contabilizzazione. Va subito
detto che è poco probabile che in un condominio dove tutti hanno già la loro
caldaietta autonoma si passi alla contabilizzazione:
questo perché i costi sarebbero troppo elevati (fatta eccezione, forse, per il
caso,in cui l’impianto è passato da uno unico a tanti autonomi in passato e si
decida di ritornare sulle proprie scelte).
Viceversa il tandem centralizzato-termoautonomo è, vincente sia quando il
generatore unico di calore esisteste già, sia quando
si deve acquistare un nuovo appartamento e si verifica come viene riscaldato..
I motivi sono tanti,
sia dal punto individuale che da quello sociale.
Dal punto di vista di
un sano egoismo, c’è da mettere in conto che:
1)
Una caldaia unica consuma
molto meno di tante, dura di più e le relative spese di manutenzione, spartite
tra tutti, sono meno elevate;
2)
Ciascun proprietario è
responsabilizzato: ogni spreco di energia ricade
soprattutto su di lui e non su tutti;
3)
Più sicurezza: se c’è uno scoppio
nell’appartamento del vicino, possiamo lasciarci le penne anche noi. Le caldaie
centralizzate, invece, sono più controllate e mantenute (causa le
responsabilità degli amministratori condominiali e delle ditte incaricate
dell’esercizio);
4)
Regolazione diversificata
dei caloriferi, stanza per stanza. Quindi non solo
meno consumi, ma anche più salute.
5)
Un solo comignolo é esteticamente più
piacevole da vedersi di tanti;
6)
Ogni combustibile è adatto (gasolio,
metano, gpl, legno, per esempio).
Ma
anche dal punto di vista sociale vi sono tre vantaggi decisivi:
1)
Minori consumi energetici (e quindi,
meno inflazione);
2)
Meno inquinamento (un solo condotto di esalazione produce meno fumi di tanti);
3)
Riduzione del numero di
incidenti e dei loro costi sociali.
Quando conviene farlo
E’ senz’altro
preferibile imboccare il passaggio al contabilizzato quando sono in conto altri
lavori sull’impianto. Si tratta soprattutto della sostituzione o della
trasformazione della vecchia caldaia. Sostituzione, quando
l’apparecchio è verso la fine del suo ciclo di vita (e allora sarà il caso di
vedere se non metterne uno a condensazione, vedi articolo a fianco). Oppure trasformazione quando si passa dal gasolio o dal gpl (gas propano liquido) al metano, sia perché il metano
inquina e costa meno, sia perché si è stati raggiunti da poco dalla rete di
distribuzione.
Il vantaggio della
contabilizzazione è quello di non costare uno sproposito, perché prevede lavori
molto contenuti, con limitato apporto di mano d’opera. Si utilizzerà, in
sostanza, il vecchio impianto centralizzato (purché sia in regola) con
l’aggiunta dei necessari apparecchi. Le opere non prevedono la rottura di muri
e pavimenti e neanche l’installazione di nuovi radiatori.
Prima di essere più precisi sulla spesa, occorre però chiarire che
essa dipende da come è fatto l’impianto attuale. Cioè
se è a distribuzione verticale o orizzontale.
Impianti a distribuzione verticale
Diversi tubi
montanti salgono nei vari appartamenti e servono uno o più caloriferi per
appartamento. Il conteggio del calore consumato andrà fatto quindi radiatore
per radiatore. Quindi su ogni su ogni radiatore
andranno montati due apparecchietti: un “ripartitore”
elettronico che registra il consumo e una “valvola termostatica” che regola la
temperatura del singolo calorifero stesso. Talora si preferisce montare una
valvola “cronotermostatica” che regola automaticamente
la temperatura a seconda delle ore del giorno (per
esempio, più bassa nel periodo diurno in stanza da letto e più calda in
soggiorno, e viceversa durante la notte).
Ovviamente il
ripartitore invierà i dati a una centralina-contatore
per tutto il palazzo.
Impianti a distribuzione orizzontale (o “a isola”)
Ogni appartamento è servito da tubazioni
proprie che “fanno il giro” dei singoli locali e poi si collegano, in genere
sul pianerottolo, alle tubazioni condominiali. Questo tipo di
impianto è comune solo nei palazzi recenti. Ha i suoi pro e i suoi
contro. Tra i primi c’è il fatto che il conteggio dei
consumi può essere fatto da un solo apparecchio ed è più affidabile. Inoltre è
più facile gestire automaticamente il calore a seconda delle
ore del giorno (le valvole cronotermostatiche
radiatore per radiatore sono abbastanza care). D’altronde
l’adattamento alla contabilizzazione è un po’ più complesso e costoso: occorre
una valvola di zona, azionata da un cronotermostato: questi due dispositivi
permettono di regolare o spegnere il riscaldamento di casa in autonomia.
Nel locale caldaia
si installano infine le valvole di sfioro (una per ogni colonna), che fanno
circolare e mantengono calda l'acqua dell'impianto anche quando tutte le
valvole di zona sono chiuse.
In definitiva
l’adattamento alla contabilizzazione di questi impianti ha prestazioni e costi
superiori.
La gestione a distanza
Con qualche spesa in
più è possibile adattare l’impianto alla gestione a distanza. L’investimento
maggiore è compensato, in tutto o in parte, dai minori costi che dovrebbe
“caricare” la ditta che cura l’esercizio della caldaia, dalla sua maggiore
efficienza e da alcune comodità. In sostanza attraverso la centralina che
trasmette via radio o modem al computer del gestore (o, al
limite del proprietario di una villetta) è possibile conteggiare i
consumi, comandare il funzionamento l’impianto e perfino accorgersi di certi
malfunzionamenti. La gestione a distanza ha un costo aggiuntivo inferiore per
gli impianti a distribuzione orizzontale e, in genere, per quelli che
installano con apparecchiature tecnologicamente più avanzate (come le valvole cronotermostatiche).
Almeno in teoria, la
gestione a distanza è preziosa per i proprietari di seconde case. Un
proprietario che risiede a Parma sarà in grado di telefonare
all’amministratore, che magari sta a Trento, chiedendogli di scaldare"via
radio” i caloriferi del suo appartamento a Madonna di Campiglio,
dove intende passare il week end.
Valutazione dei costi
Prendiamo un
condominio tradizionale (20 appartamenti).Se l’impianto è a distribuzione
verticale i costi (Iva al 10% compresa) possono essere stimati in poco più di
100 euro a calorifero, se si ricorre alle valvole termostatiche e in 165 euro,
se si opta invece per quelle cronotermostastatiche.
Al primo sistema va aggiunto un 60% in più se si vuole la gestione a distanza
con centralina di controllo radio e al secondo un 40%
se si punta allo stesso obiettivo. Per l’impianto a distribuzione orizzontale
c’è dimettere in conto di più: 210 euro a calorifero, ma solo il 20% in più per
la gestione a distanza.
Ovviamente queste
indicazioni valgono solo se non occorre sostituire la caldaia, se le tubazioni
sono ragionevolmente coibentate e se non occorrono altri opere per la messa in sicurezza dell’impianto
(trasformazione del locale caldaia, pulitura o intubamento
delle canne fumarie, eccetera).
La contabilizzazione
è avvantaggiata dalla detrazione fiscale del 36% e, in qualche caso, da quella alternativa e ancor più conveniente del 55%,quando si
sostituisce la caldaia con un modello a condensazione o a biomasse a bassa
entalpia (in genere a legna o a pellets, ma di ultima
generazione).
Qualche legge
regionale prevede ulteriori incentivi.
Risparmi energetici
Ecco un esempio
tratto da uno studio sul campo dell’A.S.M. di Brescia
(ora A2 s.p.a), rispetto a tre condomini diversi:
Condominio |
Consumi destagionalizzati (media su
2 anni) |
Risparmio energetico conseguito |
||
Prima del contabilizzato Kwh |
Dopo il contabilizzato Kwh |
1° anno |
2° anno |
|
A (20 appartamenti) |
154.194 |
131.383 |
14,79% |
22,76% |
B (10 appartamenti) |
96.229 |
84.034 |
12,6% |
21,63% |
C (8 appartamenti) |
91.525 |
69.727 |
23,82% |
- |
Delibera condominiale
La legge n. 10 del 1991 afferma che per
decidere per l’impianto contabilizzato l’assemblea dei condomini “decide a
maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile”.
La norma non è chiara, ma l’interpretazione
accreditata è che in prima convocazione basti il voto
favorevole di più di metà degli intervenuti e almeno 500 millesimi e, in
seconda convocazione (quella in cui in realtà di decide),
sempre quella degli intervenuti più almeno un terzo dei millesimi Attenzione:
“almeno terzo dei millesimi “ significa però che deve trattarsi della
maggioranza dei millesimi dei condomini presenti, personalmente o per delega,
in assemblea.
Sembra anche accertato che non sia necessario, per la validità della delibera, produrre una
relazione tecnica che provi il risparmio energetico conseguito con la
contabilizzazione.
Caldaie
a condensazione
Sempre
più commercializzate in Italia, le caldaie a condensazione sono senz’altro gli
apparecchi a maggiore risparmio energetico esistenti sul mercato e sono
agevolate dalle norme (detrazione del fiscale del 55%)..
Utilizzano il principio di recuperare parte del calore di combustione che le
altre caldaie disperdono nell’ambiente, con la condensazione del vapore acqueo
e la conseguente diminuzione della temperatura dei fumi di scarico.
Per
questa ragione il calore viene ceduto al fluido che
trasporta il calore in quantità superiore rispetto alle caldaie convenzionali
di pari potenza, per mezzo di maggiori superfici di scambio termico. I
rendimenti utili tipici di una caldaia tradizionale di nuovo tipo variano tra
l’85% e il 91%, mentre la caldaia a condensazione può raggiunge valori
superiori al 100%, variabili in genere tra il 97% ed il 105%, fino ad un
massimo di 108% (a seconda della temperatura
dell’acqua dell’impianto). Sono prodotte in una gamma che va da 11 a 1.100 Kw. Quindi possono essere sia
individuali che centralizzate.
I costruttori vantano il fatto che abbiano un rendimento del 20-25%
superiore alle caldaie tradizionali: affermazione vera ma solo se le si
confronta con quelle di vecchio tipo, non con quelle attualmente in commercio.
Va comunque tenuto conto che costano di più, e quindi
il risparmio è garantito solo se lo si “spalma” negli anni di vita
dell’apparecchio (che può durare di più di quello tradizionale), tenuto conto
anche dei minori oneri di manutenzione di tutto l’impianto (canne fumarie
comprese). In”accoppiata” con un impianto di contabilizzazione del calore e,
magari, con opere di coibentazione, sono uno dei tasselli che può
tranquillamente tagliare a metà (se non di più) i costi energetici di un
edificio, soprattutto se sui tratta di un condominio
di dimensioni medio-grandi.
Costi e guadagni.
Il costo per una
caldaia centralizzata a condensazione per un condominio di 20 appartamenti, Iva
compresa, è valutabile intorno ai 20 mila euro più altri 10 mila a di costi per gli impianti di pompaggio e distribuzione del
gas e altri 14 mila di mano d’opera (stima, quest’ultima, prudenziale e in
eccesso, e che comprende qualche adeguamento alle norme di sicurezza e
risparmio energetico).Totale, 44 mila euro. L’installazione di una caldaia tradizionale
del nuovo tipo è meno onerosa (30 mila euro circa).
Si può, giustamente,
obiettare che le caldaie a condensazione possono godere della
detrazione fiscale del 55%, che rende gli oneri di installazione molto più
bassi. Va però ricordato che come presupposto per la detrazione c’è il fatto di
installare calorifero per calorifero delle valvole termostatiche (che però, nei
fabbricati abbastanza recenti possono esistere già). Di ciò non abbiamo tenuto
conto nella tabella qui sotto, per rendere omogenei i confronti. Se si sposa il
detto “fatto trenta, facciamo trentuno” tanto varrebbe a questo punto adeguare
l’impianto alla contabilizzazione del calore, spendendo sicuramente,di più, con la sicurezza però di risparmi assai più
incisivi (il 45% in media sui costi energetici futuri).
I calcoli sul risparmio
(costi annui ad appartamento di 100 mq
per condominio di 20 unità)
Confronto tra impianto tradizionale e impianto con caldaia a
condensazione (fabbisogno energetico annuo 8.000 Kw/h,
potere calorifico del metano 9,44 kwh/mc, costo unitario metano 0,6 euro/mc.) |
||||||
|
Consumo energia
primaria Kwh/anno* |
Consumo gas naturale mc/annuo |
Costo annuo gas + Iva 20% (euro) |
Ammortamento +
conduzione + manutenzione annui (euro) |
Costo totale annuo (su 15-20 anni) euro |
Risparmio % |
Caldaia tradizionale con rendimento al 75% (vecchio tipo) |
10.667 |
1.129,94 |
813,56 |
136,0 |
949,56 |
0% |
Caldaia tradizionale con rendimento all'85%
|
9.412 |
997,01 |
717,85 |
105,0 |
822,85 |
13,34% |
Caldaia a condensazione con rendimento al 100% |
8.000 |
847,46 |
610,17 |
147,5 |
757,67 |
20,21% |
Caldaia a condensazione con rendimento al 100% (- sconto fiscale
55%) |
8.000 |
847,46 |
610,17 |
87,9 |
698,04 |
26,49% |
Fonte:
Ufficio Studi Confappi-Federamministratori
* Nota: la colonna in corsivo può essere tagliata
Nella tabella abbiamo
riportato sinteticamente il risultato di complessi calcoli per valutare il
risparmio reale dell’investimento in una caldaia a condensazione, che potrebbero essere giustificati cifra per cifra. Come si nota,
anche tenendo conto che i costi di una caldaia del genere sono superiori a
quelli di una “tradizionale”a discreta resa energetica, il risparmio a lungo
termine è garantito. Tra i tanti fattori di cui si è tenuto conto vi è il ciclo
di vita della caldaia (15 anni per il vecchio tipo, 20 anni per i nuovi,
tradizionale e a condensazione), l’eventuale detrazione fiscale del 55%
(ridotta al 53% per un 2% di costi), il fatto che la gestione e la manutenzione
straordinaria delle nuove caldaie (14 mila euro ventennali stimati) è meno onerosa di quelle vecchie.
Un
cappotto all’edificio
Quando si pensa all’efficienza energetica di
un immobile (e quindi ai risparmi possibili sulla bolletta), si tende
inconsciamente a privilegiare il suo impianto di
riscaldamento: un atteggiamento “tecnologico”, tipico della nostra civiltà
occidentale. In realtà ci si dimentica come l’immobile è fatto, cioè quale risparmio “passivo” può avere, quello dipendente
dalla mancanza di dispersioni di calore attraverso pareti, solai, pavimenti e
tetti.
L’isolamento dall’esterno è inoltre utile
anche contro il rumore del traffico e non solo a difesa del calore generato in
casa, ma anche dell’eccesso di caldo durante l’estate. Fa quindi risparmiare
anche sui consumi del condizionatore.
L’obiettivo si
raggiunge essenzialmente in due modi: foderando le strutture con pannelli di
coibentazione e cambiando o modificando gli infissi.
Non è però affatto
detto che alla maggiore spesa affrontata per coibentare
corrisponda il maggior risparmio: spesso interventi meno costosi sono più
efficaci di altri: dipende innanzitutto dalla struttura dell’immobile o del
condominio nonchè dalla località dove è situato, dal
tipo di materiali utilizzati e da una miriade di altri
fattori. Per esempio i tanto vantati infissi a doppi
vetri sono utilissimi contro il rumore ma hanno un rapporto costo/efficacia
abbastanza basso.
Anche
l’estetica, l’attenzione verso la salute e la maggiore o minore paura verso gli
incidenti (incendi, soprattutto), possono avere peso nella scelta. Per esempio,
non c’è dubbio che la “cappottatura” dell’esterno di
un immobile esistente con isolanti sia efficace, ma può dargli un aspetto non
particolarmente piacevole e la sopportazione del rivestimento agli urti non è
ideale. La cappottatura può non avere
controindicazioni solo al momento dell’edificazione, se già nella progettazione
dei muri e delle strutture si utilizzano materiali di un certo tipo. Isolanti
comuni, come la lana di vetro o di roccia costano assai meno del sughero o del
lino, sono meno infiammabili e sono più efficaci, ma chi ha sensibilità
ecologica può disprezzarli. Una casa a “tenuta stagna” fa del resto risparmiare
in costi energetici, ma produce anche inquinamento indoor perché ostacola il
salutare ricambio dell’aria interna con quella esterna.
Detto ciò, ecco
alcune indicazioni di massima (meglio poi lasciare “parlare” le tabelle di
sotto). Primo: cominciare dal tetto. Se ha un sottotetto non praticabile, isolarne il pavimento, se
invece è a mansarda utilizzata fissare l’isolante parallelamente alla pendenza
del tetto. Se la copertura dell’edificio è piana (terrazzato)
è possibile intervenire dall’interno oppure dall’esterno. L’isolamento esterno
è un intervento delicato e va affrontato solo al momento di rifare la
copertura, perché il terrazzo necessita di un’accurata
impermeabilizzazione.
Passare poi pareti:
l’isolamento all’esterno è il migliore, quello interno va comunque
bene. Se ci si accontenta di prestazioni meno elevate
e se si ha abilità manuale, non è vietato il “fai da te”. ”Al
di là della leggera riduzione dello spazio abitabile, la principale
controindicazione è la necessità di adattare i radiatori, spostare prese e
interruttori elettrici, riposizionare armadi a muro, eccetera.Il riempimento dell’intercapedine dei muri è talora meno
difficile di quanto si creda, se ci si rivolge a
personale specializzato e se la tipologia di costruzione lo consente.
Quanto agli infissi, prima di adottare i
costosi doppi o tripli vetri, si possono ottenere sorprendenti
e poco cari risparmi isolando i cassonetti delle tapparelle e riducendo
le infiltrazioni di aria provocate dalla cattiva chiusura dei finestre e
porte-finestre. Un’altra soluzione, con pro e contro, è installare una pellicola solare riflettente
sulle superfici dei vetri. Fa stare più caldi
in inverno e più freschi in estate, garantisce la privacy durante
le ore diurne, trattiene le schegge in caso di rottura del vetro,
ed evita il passaggio della radiazione ultravioletta. Ha però il difetto di far
passare meno la luce e a molti, esteticamente, non piace.
Isolamento: la classifica
costi/benefici dell’investimento
Zona e tipo |
Isolamento a cappotto esterno delle pareti |
Isolamento interno delle pareti* |
Isolamento tetto |
Isolamento solaio non riscaldato |
Finestre e serramenti a doppi vetri |
Villetta al Sud |
+++ |
++ |
++++ |
++ |
+ |
Villetta al centro |
+++ |
++ |
++++ |
++ |
+ |
Villetta al nord |
++ |
++ |
++++ |
++ |
+ |
Villetta in montagna |
+++ |
+++ |
++++ |
++ |
+ |
Condominio al sud |
++++ |
n.d. |
++ |
++ |
++ |
Condominio al centro |
++++ |
n.d. |
++ |
++ |
++ |
Condominio al nord |
++++ |
n.d. |
++ |
++ |
+ |
Condominio in montagna |
++++ |
n.d. |
++ |
++ |
+ |
Tempi rimborso degli investimenti: ++++ = meno di 4 anni, +++ =
meno di 6 anni e 6 mesi; ++ = meno di 12 anni; + = più di 12 anni
* Non si tratta di
un intervento condominiale
Fonte: Enea
Isolamento: risparmio energetico
ottenibile (con materiali e spessori corretti)
Zona e tipo |
Isolamento a cappotto esterno delle pareti |
Isolamento interno delle pareti* |
Isolamento tetto |
Isolamento solaio non riscaldato |
Finestre e serramenti a doppi vetri |
Villetta al Sud |
20-25% |
15-20% |
35-40% |
10-15% |
5-10% |
Villetta al centro |
20-25% |
15-20% |
35-40% |
10-15% |
5-10% |
Villetta al nord |
15-20% |
15-20% |
40-45% |
10-15% |
3-5% |
Villetta in montagna |
25-30% |
25-30% |
30-35% |
15-20% |
3-5% |
Condominio al sud |
30-35% |
n.d. |
10-15% |
10-15% |
10-15% |
Condominio al centro |
30-35% |
n.d. |
10-15% |
10-15% |
10-15% |
Condominio al nord |
30-35% |
n.d. |
10-15% |
10-15% |
8-10% |
Condominio in montagna |
30-35% |
n.d. |
10-15% |
10-15% |
8-10% |
* Non si tratta di
un intervento condominiale
Fonte: Enea
Agevolazioni fiscali
Tutte le opere
impiantistiche ed edili volte al risparmio energetico
sono agevolate, con normative differenti.
La detrazione
fiscale del 55%, debuttata l’anno scorso, è il provvedimento più importante: è
possibile avvantaggiarsene, però, se si raggiungono certi standard di abbattimento dei consumi di energia. Prevede quattro tipi
interventi con differenti tetti di spesa detraibile e con scelta da quest’anno
del tipo di rateizzazione (da tre a dieci anni). Il
primo è la riqualificazione energetica dell’intero edificio, un complesso di opere che debbono coinvolgere impianti termici, strutture
e infissi di un palazzo. Da quest’anno, va raggiunto un fabbisogno energetico
stabilito nell’allegato 1 del Decreto Sviluppo 11 marzo 2008 (i parametri sono
due, il primo valido per il biennio 2008-2009, il secondo, più rigido, per il
2010*). La spesa non può superare i 181.818 euro (100.000 euro di detrazione). La
seconda agevolazione è limitata alla sola coibentazione di pavimenti, pareti e
infissi, raggiungendo gli obiettivi prefissati dallo stesso Decreto dello
Sviluppo di "trasmittanza termica" (misura del flusso di calore che
passa attraverso una parete per metro quadrato di superficie). In tal caso il
55%di detrazione è applicabile a un tetto massimo di
109.091 euro di spesa (60 mila euro di detrazione). Identici
limiti di spesa anche per chi installa dei pannelli solari. Requisiti: garanzia
minima di 5 anni per pannelli e i bollitori e di 2 anni per accessori e i componenti tecnici, nonché conformità alle norme UNI 12975 e
UNI 12976. Infine la sostituzione di caldaie tradizionali con modelli a
condensazione. Necessari: un certo rendimento termico utile; bruciatore di tipo
modulante su sui agisce direttamente la regolazione climatica, pompa di tipo
elettronico a giri variabili;valvole termostatiche su
tutti i caloriferi (con esclusione del riscaldamento a pavimento). Spesa
massima 54.545
euro (30.000 euro di detrazione).
I pannelli fotovoltaici godono invece delle agevolazioni del
“conto energia”. In sostanza l’installazione (circa 7 mila euro di spesa a kw di potenza nominale) è a carico dell’utente, ma da
allora in poi sai è pagati, per vent’anni,
a kw/ora prodotto. Possibile però farsi finanziare
con un mutuo dalle banche, le cui rate saranno pagate dal conto energia stesso.
I produttori di altre fonti energetiche
rinnovabili (vento, micro-idroelettrico, geotermico) accedono ai cosiddetti
“certificati verdi”, che richiedono al gestore della rete elettrica nazionale
GSE (Gestore Servizi Elettrici). Essi possono essere rivenduti, a prezzi
prefissati, ai grandi produttori o importatori di energia che ne hanno bisogno per poter raggiungere la
soglia del 2% prevista di produzione da fonti rinnovabili. Comprandoli possono
toccare (artificiosamente) tale soglia.
Infine tutti gli
interventi di risparmio energetico, se non altrimenti agevolati, possono godere della “normale” detrazione fiscale del 36%, da
spalmare in dieci anni di rateizzazioni.
Le fonti
rinnovabili di energia
Praticamente tutte le fonti rinnovabili di energia hanno dispositivi adatti o
adattabili anche per le piccole utenze. Trattiamo qui delle più diffuse.
Solare termico.
Il principio base dei pannelli solari termici è utilizzare la radiazione solare
per scaldare un fluido termovettore (simile
all’acqua). Benché ne esistano di svariati tipi, i più
diffusi hanno superfici piane e funzionano “a circolazione naturale”: in essi il
serbatoio di accumulo dell’acqua deve essere sempre posizionato più in
alto del pannello ed a breve distanza da esso. Sono i pannelli più economici,
ad installazione rapida e con manutenzione ridotta al minimo e forniscono
essenzialmente acqua calda sanitaria (non per il riscaldamento, ma per docce,
piscine, uso in cucina). Ad esposizione buona(sud-ovest) o ideale (sud), occorrono in media 2,5-3 mq di pannelli per il consumo fino
a 3 persone, e da 4 a 7 mq per 4-6 persone, con consumo prevedibile a persona
di 50-60 litri al giorno. E’ prudente valutare il prezzo a mq installato sui
600 euro. La durata dell’impianto è garantita per 20 anni e può toccare i 30.
Solare
fotovoltaico. Più costosa ma con efficacia maggiore è
l’installazione di pannelli fotovoltaici, che producono
direttamente energia elettrica dal sole. L’elevato investimento iniziale
necessario è in parte abbattuto nel tempo dagli incentivi del “conto energia”,
di cui parliamo nell’articolo più sopra. Il denaro investito si recupera in un
tempo piuttosto lungo (da un minimo di 7 fino a 10-11 anni), ma da quel momento
si comincia a guadagnare, sia sotto forma di incentivi
(concessi fino al 20esimo anno) che sotto forma di risparmio energetico
(conseguibile in media anche per i cinque anni successivi, fino al 25esimo
anno). Fatti i conti finali, è un po’ come aver messo i soldi in titoli di
Stato a lungo termine.
Biomasse.
I sistemi più diffusi sono le caldaie e i caminetti termici a legno o a pellets.Gli apparecchi di nuova generazione garantiscono un
rendimento energetico superiore a qualsiasi altro combustibile a prezzi assai
più bassi, che permettono di ammortizzare in tempi ragionevoli le spese di apparecchiature e impianti. In particolare, i pellets (piccoli cilindri prodotti dallo
scarti del legname o dei gusci ) sono acquistabili ormai anche nelle
grandi città. Attenzione: i loro costi e le loro capacità di rendimento termico
variano molto dal loro tipo di legno di cui sono fatti e dalle zone di commercializzazione. La principale controindicazione sono gli spazi necessari per stivare legna e pellets (difficilmente disponibili in un appartamento).
Microeolico.
Non solo grandi torri in fila sui rilievi:. basta notare i piccoli generatori eolici, del diametro non
superiore a 1 metro, montati su le imbarcazioni e utili per caricare batterie
in grado di alimentare grazie al vento le piccole utenze di bordo (frigorifero,
quadro di controllo, luci, etc.). Soprattutto nelle zone isolate e non connesse
alla rete elettrica (agriturismi, fattorie, campeggi, rifugi, utenze domestiche
isolate in montagna, al mare o su isole), sono utilizzabili aerogeneratori
di piccola taglia in combinazione con sistemi di accumulo
(batterie) e sistemi ibridi (con pannelli fotovoltaici e generatori diesel). I
costi sono meno della metà della fotovoltaico. Semplice (non ha pale) e poco
costosa anche la “macchina Savonius” impiegata
essenzialmente per il pompaggio dell’acqua soprattutto con venti deboli. Altre
applicazioni sono legate all’alimentazione di sistemi di telecomunicazione (ripetitori,
antenne di telefonia mobile).
Micro idroelettrico.
Piccole turbine (da pochi kW
a poche decine) possono essere posizionate su rigagnoli o torrenti di montagna,
o ancora su canali irrigui o di bonifica. In base a
salto e portata disponibili, si installano tipi di turbine differenti: Pelton (notevole salto e modesta portata); Francis (valori medi di salto e portata); Kaplan (basso salto e consistente portata). Se lo scopo è coprire tutta la produzione elettrica, si
accoppiano più sistemi (idroelettrico, eolico e solare, ad esempio).Gli eventuali
prezzi di cessione dell’energia elettrica generata sono incentivati (vedi
delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 62/2002).
Geotermico. I meno informati
non sanno che per generare dalla terra calore (o raffrescamento in estate) non
occorre essere in zona vulcanica. Tubazioni che affondano nel sottosuolo per
circa 100 metri possono sfruttare le limitate
variazioni di calore, da sopra a sotto la superficie, attraverso particolari
apparecchi. L’impianto è composto da una o più sonde
geotermiche, una pompa di calore, un serbatoio di accumulo per acqua calda
sanitaria ed un serbatoio di accumulo inerziale per l’impianto. Le sonde
geotermiche sono costituite da tubi in polietilene all’interno dei quali
circola acqua glicolata.