Condominio e comunione: le differenze

 

A definire i rapporti tra i proprietari di immobili diversi, che hanno però in comproprietà manufatti edilizi e impianti, il codice civile ha posto due tipi di norme simili, ma con regole diverse: quelle sulla comunione e quelle sul condominio.

Sapere se un bene è in comunione o è in condominio è importantissimo: in linea di principio, per esempio, le quote di comproprietà nella comunione sono uguali (a meno che sia stabilito diversamente). Viceversa le quote in condominio sono proporzionate alla grandezza degli appartamenti. Nell’assemblea della comunione si vota in base alle quote possedute, e le decisioni sono prese a maggioranza. Viceversa in quella di condominio, le maggioranze sono doppie: conta sia quella dei partecipanti (cioè del numero dei condomini che abitano il palazzo), sia quella dei millesimi posseduti. Ma le distinzioni non sono solo queste: per esempio la Finanziaria 1998 ha imposto al condominio di divenire sostituto d’imposta e di pagare con ritenuta d’acconto amministratore portiere e consulenti. Un obbligo che i palazzi in comunione non hanno.

A complicare le cose sta il fatto che le norme su condominio e comunione nel codice civile sono state varate più di sessant’anni fa e non sono state più adeguate ai tempi (ci sta provando a farlo un disegno di legge all’esame del Senato). Con la conseguenza che i giudici hanno dovuto “inventare”, altre definizioni come quelle di “condominio parziale”, “quasi-condomino”, “super-condominio” e “consorzio condominiale”, che non sono altro che cocktail con diverse “dosi” di comunione e condominio (con in più uno “spruzzo” di norme sulle servitù).

Giustificata l’importanza di quello di cui parliamo, facciamo un passo indietro e cerchiamo di attenerci ai fatti.

 

Condominio cosa è

Sbaglia chi dice: "Un palazzo di appartamenti con tanti piani". E questo errore é alla base di infiniti e inutili litigi tra coloro che abitano uno stesso edificio. Il condominio é invece solo l'insieme delle parti di un edificio che sono di proprietà comune, per necessità o per scelta.

Facciamo subito un esempio di parti comuni per necessità: In un palazzo verticale il tetto non serve a coprire solo l’appartamento all’ultimo piano, ma anche tutti gli altri. E senza le scale che raggiungono il primo e secondo piano sarebbe impossibile arrivare anche al terzo o al quarto. Le stesse fondamenta o i muri portanti servono a reggere il palazzo inteso come “scatola contenitrice” degli appartamenti.

Oltre alle parti comuni per necessità ve ne possono essere altre per scelta. Per esempio, il giardino che circonda il palazzo può appartenere a tutti i condomini o solo ad alcuni.

Presupposto perché esista il condominio resta il fatto che oltre alle parti comuni ne esistano altre di proprietà singola (gli appartamenti o i box, per esempio). Infatti due palazzi multipiano identici, possono essere uno un condominio e l’altro no, perché il secondo è posseduto da un unico proprietario che affitta ad inquilini i suoi appartamenti.

 

Condominio, come si costituisce

Dal fatto che il condominio è l’insieme delle parti comuni per necessità o per scelta, deriva il fatto che non c’è nessuna necessità di un atto formale (un documento notarile o anche solo un assemblea) per costituirlo. Un edificio è, o non è, per sua natura un condominio. Quando l’impresa costruttrice del palazzo, o la cooperativa proprietaria, comincia a vendere o ad assegnare anche un singolo appartamento, il condominio nasce di per sé, e cominciano a essere valide le norme del codice civile che lo riguardano. Per mettere in moto il suo meccanismo, basta che uno dei condomini convochi la prima assemblea: nessuno può opporsi.

Tuttavia un condominio, oltre che per necessità, può nascere anche per scelta. Per esempio un complesso di villette a schiera può essere costituito in condominio, anziché regolarsi con le norme sulla comunione.

 

La comunione, cosè.

E’la situazione in cui più persone hanno in comune una proprietà o un altro diritto reale (per esempio. l’usufrutto). Possono esistere, sì, delle quote di comproprietà, ma sono solo un fatto interno che non altera i rapporti verso terze persone. Per esempio, se un’impresa edile ha impugnato in tribunale un credito per lavori di ristrutturazione eseguiti nell’edificio, la sua controparte è l’intera comunione e non i singoli comunisti (si chiamano proprio così!).

Quando una serie di edifici di proprietà singola non ha parti comuni a tutti per necessità, ma solo per scelta, è in linea di principio in comunione (a meno che si sia deciso diversamente). Il caso più classico è quello di tante villette, singole o a schiera, che condividono però un’unica recinzione, un un’unica portineria, un giardino o una piscina.

E’ ben vero che nelle villette a schiera una parte comune per necessità esiste: in genere si tratta del muro che separa una villetta dall’altra. Tuttavia in questo caso si tratta di un rapporto a due, tra i proprietari dei due fabbricati adiacenti. Quindi quel muro è in semplice comunione tra di loro.

Lo stesso discorso vale anche nei condomini: il muro non portante che separa due appartamenti vicini è in semplice comunione tra gli alloggi. Non solo: anche quello che è il pavimento per uno è il soffitto per l’altro, è in comunione. Ciò ha importanti conseguenze. Per esempio se il condomino dei locali di sopra ha una lavatrice che perde e l’acqua che si infiltra nel pavimento e piove sui mobili del condomino di sotto, la lite che ne deriva non coinvolge il condominio, ma solo i due protagonisti. Perciò l’amministratore può, a buon diritto, rifiutarsi di intervenire. Stesso discorso se la punta di un trapano arriva a sfondare la parete di divisione e sbuca nell’appartamento vicino.