Installazione del condizionatore in condominio:
tutte le regole
É opportuno chiedere l'okay preventivo all'assemblea anche se non è
vincolante - Alta tensione sul condizionatore - L'interessato non può eseguire
opere che danneggino le parti comuni dell'edificio e le proprietà degli altri
Estate rovente
quella di quest'anno, tanto da spingere molti italiani all'acquisto di un
impianto di aria condizionata. Naturalmente l'installazione di una struttura di
questo tipo è sottoposta a limiti e condizioni, principalmente in materia di
sicurezza ed "estetica" condominiale.
Il rischio di
danno. La disciplina è regolata innanzi tutto dall'articolo 1122 del Codice
civile, per il quale ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua
proprietà, non può eseguire opere che facciano danno alle parti comuni
dell'edificio e alle proprietà degli altri condomini. In pratica, l'articolo di
legge vieta ogni danno che comporti una diminuzione di valore delle parti comuni
o delle singole proprietà, in base alla funzione di queste ultime.
In particolare,
costituisce danno alle cose comuni anche il pericolo, attuale e non solo
ipotetico, connesso al rischioso funzionamento o con alla realizzazione
imperfetta di un impianto - come un sistema di aria condizionata - quando
l'installazione e l'uso dello stesso comporti la possibilità di danno alle
parti o agli impianti centrali (secondo la pronuncia della Cassazione 870 del
25 gennaio 1995).
Vale inoltre la
pena di ricordare che le opere relative agli impianti di climatizzazione - ad
aria o ad acqua - possono essere di diversa entità e che gli impianti ad aria
sono generalmente costituiti da due corpi: uno da installare all'interno della
proprietà e l'altro (il motore) all'esterno. Ed è proprio questo motore esterno
a creare le occasioni più frequenti di contenzioso (mentre non esistono grosse
questioni quando si tratta di piccoli apparecchi trasportabili oppure quando si
tratta di apporre dei fori nel vetro delle finestre).
Il
"decoro" dell'edificio. Quando vi sia necessità di installare il
motore all'esterno - particolarmente quando non c'è la possibilità di
alloggiare il motore sulla terrazza ed è quindi necessario installarlo sui muri
perimetrali - la questione diventa complessa.
É vero infatti
che, a norma dell'articolo 1102 del Codice civile, il condomino può usare delle
parti comuni condominiali (naturalmente purché non impedisca il pari godimento
degli altri e faccia l'opera a sue spese). Ma è anche vero che, nell'uso delle
parti comuni, il condomino non deve alterare la sicurezza, la statica e il
decoro architettonico dell'edificio (articolo 1120, secondo comma, del Codice
civile).
L'ok
dell'assemblea. L'installazione del corpo motore in facciata in genere non crea
particolari problemi di statica e sicurezza, ma può creare questioni in tema di
estetica dell'edificio. Per questo è opportuno che l'interessato
all'installazione dell'impianto sottoponga preventivamente il progetto
all'amministratore e all'assemblea condominiale, anche il decoro architettonico
non è materia di cui l'assemblea possa disporre a maggioranza. Il diritto alla
integrità del decoro appartiene, infatti, a ciascun condomino, prima ancora che
alla collettività condominiale. Il che sta a significare che le decisioni
dell'assemblea - favorevoli o contrarie all'installazione del climatizzatore
individuale - non possano essere considerate ultimative. Tant'è vero che, in
caso di decisione favorevole, il condomino può comunque rivolgersi all'autorità
giudiziaria per chiedere il ripristino e l'eliminazione del corpo esterno
ritenuto antiestetico, ovvero promuovere un ricorso contro la delibera
assembleare.
Allo stesso
modo, quando la delibera assembleare è sfavorevole all'installazione
dell'impianto, il condomino interessato può comunque dar corso all'opera,
invocando l'articolo 1102 del Codice civile. In questo caso, però, i lavori
saranno eseguiti a suo rischio e pericolo (si tenga tra l'altro presente che
l'azione del condomino, a tutela del decoro architettonico, è
imprescrittibile).
Sempre in tema
di autorizzazione, può accadere che il regolamento di condominio imponga
obbligatoriamente al singolo di darne preventivamente notizia
all'amministratore o di conseguire preventivamente il <nulla osta>
dell'assemblea. In questo caso, la violazione della norma regolamentare può
anche comportare la violazione del compossesso sulle parti comuni spettante a
tutti i condomini che, da soli o collettivamente, potrebbero esperire azione
possessoria per spoglio o per molestia (si veda, in questo senso Tribunale di
Milano 20/11/2000).
Attenzione ai metri
Le regole sulle distanze per installare il condizionatore
Altro limite
all'installazione di un impianto di climatizzazione è rappresentato dal
rispetto delle distanze in verticali o in appiombo, di cui all'articolo 907 del
Codice civile. Secondo questa norma, se si vuole appoggiare la nuova
costruzione al muro in cui esistono vedute dirette od oblique, essa deve
arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia.
Il contenzioso
sul punto è tuttavia assai meno consistente e può riguardare i condomini dei
piani soprastanti per la violazione della distanza di 3 metri in verticale
misurati dalla soglia della finestra o dei terrazzi del piano superiore.
A questo
proposito si tenga presente che, agli effetti del rispetto delle distanze
verticali, per costruzione deve intendersi non solo il manufatto in mattoni e
cemento, ma qualsiasi opera di qualsiasi specie che ostacoli l'esercizio della
veduta (si vedano, ad esempio, le sentenze della Cassazione del 17/05/1955, n.
1445 e del 22/11/1955, n. 12907).
Infine, tra le
altre cautele che devono essere tenute in considerazione in vista
dell'installazione del climatizzatore, rientrano anche quelle relative alle
immissioni di rumore a norma dell'articolo 844 del Codice civile e quelle
relative allo stillicidio della condensa.
Decoro architettonico / Le violazioni
Accertamento difficile
Il criterio estetico va contemperato con l'utilità
Signorile o
economico, storico o recente, la nozione di decoro architettonico di un
condominio, in vista dell'installazione di impianto di aria condizionata,
rimane tra le questioni più delicate da affrontare.
La Cassazione.
In materia, la giurisprudenza ha argomentato che <se è vero che il divieto
di alterare il decoro architettonico dell'edificio in condominio posta
dall'articolo 1120, secondo comma, Codice civile, vale anche per i fabbricati
che non rivestono particolari pregi artistici, tuttavia ciò non significa che
qualsiasi opera, la quale implichi una modificazione del preventivo aspetto
esteriore dello stabile, debba considerarsi vietata a priori e in senso
assoluto. In realtà, poiché il criterio estetico debba essere contemperato con
quello utilitario, deve quindi ritenersi lecito un mutamento estetico, che non
comporti un pregiudizio economicamente valutabile, è pur sempre necessario
accertare, caso per caso, se l'edificio abbia in realtà un'armonia e unità di
linee e di stile e se la modificazione l'abbia in effetti compromessa o turbata
in maniera appariscente e apprezzabile, in guisa da incidere negativamente sul
decoro dell'edificio stesso e da risolversi in un deprezzamento di esso>
(pronuncia della Cassazione 2134 del 26 luglio 1962).
La teoria. Nel
caso di un condizionatore d'aria, può dunque ipotizzarsi un'alterazione del
decoro architettonico - in genere della facciata - quando il corpo esterno
dell'impianto risulti molto visibile all'esterno e interrompa le linee
architettoniche dell'edificio. Fermo restando che il decoro, di cui all'articolo
1120, secondo comma, Codice civile, non ha nulla a che vedere con i vincoli
relativi alle bellezze naturali e artistiche dell'immobile, che rilevano solo
nei rapporti tra esecutore delle opere e pubblica amministrazione preposta alla
tutela dei vincoli.
Certo è che in
materia i dubbi restano. É vero che, in termini teorici, per decoro deve
intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture
ornamentali che costituiscono la nota dominante e imprimono alle varie parti
dell'edificio nonché all'edificio stesso, nel suo insieme, una determinata e
armonica fisionomia, ma questo non significa necessariamente che si tratti di
edificio di particolare pregio artistico (si veda in questo senso Cassazione
10513 del 23 ottobre 1993; Cassazione 10507 7 dicembre 1994; Cassazione 8381 29
luglio 1995; Cassazione 1297 7 febbraio 1998).
L'accertamento.
Ma il difficile arriva quando si passa dalle enunciazioni teoriche
all'accertamento concreto, posto che la violazione del decoro è accertata
discrezionalmente dal giudice di merito. Tant'è che l'indagine volta a
stabilire se in concreto ricorrano gli estremi di una violazione del decoro
architettonico rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito - che
ricorrerà all'ausilio di un perito - e non è sindacabile in Cassazione, se
adeguatamente motivata (confronta, per tutte, la già citata Cassazione 1297 del
7 febbraio 1998).