Compravendite immobiliari e limiti alla responsabilità del notaio

 

 

Perché il notaio “Tanto più notaio, tanto meno giudice”. Questo detto di un famoso giurista sintetizza lo scopo principale di questo professionista: assistere le parti perché, nel rispetto della loro volontà, si giunga ad un atto contrattuale chiaro e inappuntabile, che non dia spazio per liti in tribunale. Il notaio, nella sua veste di pubblico ufficiale, deve attribuire a questo atto “pubblica fede”, cioè dargli efficacia verso tutti, non solo nei confronti di chi l’ha firmato. Perciò la legge prescrive obbligatoriamente l’atto notarile per tutti quegli atti per cui occorre garantire il massimo di legalità, che abbiano un notevole contenuto economico e sociale. Tra questi i contratti immobiliari (compravendite, divisioni, mutui ), e le pubbliche manifestazioni di volontà (testamento, donazione, riconoscimento di un figlio naturale).

Responsabilità rispetto alle parti. Il notaio è tenuto all’imparzialità: non può quindi mai agire a vantaggio di una delle parti a danno dell’altra e non deve mai avere interessi personali coinvolti nell’atto. La sua funzione prevede un’approfondita indagine nella volontà di chi vuole l’atto e l’orientamento nella scelta tra i contratti e le clausole che è possibile utilizzare per realizzare nel modo più completo lo scopo pratico che ci si propone. Il tutto però nel rispetto delle norme imperative di legge (e cioè delle norme alle quali non è possibile derogare). Senza limitare o condizionare le scelte, quando lo scopo da raggiungere può essere conseguito in più modi, il notaio deve spiegare loro in modo chiaro e completo il contenuto e gli effetti giuridici di ciascuno degli atti che possono essere utilizzati e deve informare le parti dei relativi costi fiscali e professionali.

Responsabilità rispetto all’oggetto dell’atto. Il notaio garantisce innanzitutto l’identità di chi sottoscrive un atto. E’ inoltre responsabile se l’atto notarile è nullo perché manifestamente illecito o illegale. Lo è anche se l’atto è annullato perché una parte non aveva la capacità legale di compierlo per l’età o per evidente incapacità di intendere o di volere, o comunque è annullato per altra causa imputabile al notaio. Per le compravendite immobiliari il notaio deve accertare mediante l’esame dei pubblici registri (immobiliari e tavolari) se negli ultimi venti anni risultino a carico degli immobili ipoteche, pignoramenti, sequestri, servitù o altri vincoli che ne limitino la disponibilità o il godimento. E’ responsabile del danno subito dalla parte che li abbia ignorati, fidandosi a buon diritto degli accertamenti del notaio. Tuttavia, se per concludere rapidamente un atto, le parti convengono di non fare indagini ipo-catastali, il notaio non è responsabile (Cassazione 18 gennaio 2002, n. 547).

Ostacoli. Uno dei principali ostacoli all’attività di questo professionista è rappresentato dagli impegni contrattuali già sottoscritti prima del suo intervento: molto spesso, per esempio, i clienti si presentano con una ”proposta irrevocabile d’acquisto”(un impegno unilaterale a comprare da parte dell’acquirente imposto da un’agenzia immobiliare) oppure un compromesso già firmati. Il notaio si vede perciò costretto a ratificare quanti riportato in questo documenti, salvo che il loro contenuto infranga la legge. L’errore del cliente è in questo caso non essersi rivolto al notaio prima di firmare qualsiasi pezzo di carta, chiedendogli una consulenza, per fretta o per paura di dover pagare qualcosa in più. In genere un professionista serio, se è consapevole che l’atto definitivo (il rogito) verrà da lui curato, non pretende onorari aggiuntivi per la verifica di un atto preliminare al contratto, a meno che sia lui stesso a redigerlo: quindi il tentativo di risparmiare pochi soldi, con il rischio di perdite economiche notevoli, è privo di significato e ha un effetto boomerang sul cliente.

Clausole vessatorie. Soprattutto in caso di vendita da parte del costruttore-promotore di un edificio nuovo, possono esistere nel contratto clausole vessatorie, cioè che contemplano ingiustificati vantaggi da parte del professionista venditore senza che, parallelamente, ne siano attribuiti altri a chi acquista. Il decreto legislativo (20 giugno 2005, n. 122) recentemente varato a tutela agli acquirenti di “case sulla carta”, infatti, non protegge del tutto il consumatore. Tra i casi tipici ci sono il fatto di non fissare un termine reale per la consegna degli appartamenti, di non stabilire un prezzo definitivo, lasciando al costruttore la possibilità di incrementarlo a seconda di modifiche al piano delle opere di cui solo lui solo è arbitro, di lasciare al costruttore il diritto di sopraelevare l’edificio o di modificare l’uso delle parti comuni, di esentare il professionista dalle spese condominiali per gli appartamenti invenduti, di concedere solo a lui la nomina dell’amministratore di condominio. In genere è il costruttore a scegliere il notaio con cui si stipulerà il rogito finale e può a buon diritto sorgere il sospetto che questo professionista, consapevole del fatto che l’impresa edile è un cliente più importante di altri, possa essere più morbido nei suoi confronti. Tanto più che non è la legge, ma è solo una prassi consolidata, a dire che è l’acquirente (e non il venditore) a scegliere il notaio, se non altro perché è lui a pagarlo.

Il ruolo deontologico del notaio dovrebbe invece imporgli di avvertire l’acquirente (che in una compravendita immobiliare è in genere la parte più debole) dell’esistenza di clausole che sono vessatorie, o possono potenzialmente esserlo, consentendogli di rifiutarsi di accettarle o di mettere in piedi una trattativa per ottenere in cambio della loro accettazione, altri vantaggi (per esempio, uno sconto sul prezzo finale). Né vale controbattere che una clausola riconosciuta come vessatoria è nulla, e pertanto è come se non fosse mai stata scritta: infatti l’acquirente, se non avvertito, può ignorarlo e farsi mettere sotto i piedi. Il ruolo del notaio è tanto più decisivo se si pensa che, in questo particolare caso, il suo campo d’azione può non essere limitato neanche dal fatto che il cliente si presenti da lui con impegni già sottoscritti, che sarebbero comunque parzialmente nulli.

Zone grigie. I notai sono uomini come tutti, ed è logico che tra loro ci siano professionisti rigorosi e inappuntabili e persone che limitano il loro impegno ai loro obblighi burocratici. Nel caso delle compravendite immobiliari la differenza tra gli uni e gli altri può essere marcata, perché esistono accertamenti di cui può esistere la necessità e che il notaio non è strettamente obbligato a fare. L’opportunità o meno di consigliare indagini più approfondite al cliente, dipende dall’esperienza e dalla sensibilità del notaio, che può “insospettirsi” in casi concreti, pretendendo maggiori chiarezze. Un caso classico che prevede un intervento del notaio (che, quasi sempre, esiste), è quando l’atto di provenienza dell’immobile (cioè l’atto di proprietà del venditore) è una donazione. Infatti le donazioni possono ledere la legittima, cioè la quota di patrimonio a cui certi eredi stretti hanno diritto. (per esempio la moglie del donante o uno dei figli). Un’altra caso classico è la mancata identificazione con assoluta certezza delle pertinenze dell’immobile: per gli immobili costruiti tempo fa possono mancare le piantine catastali di cantine e solai, con la conseguenza che chi acquista non riesce ad identificarli, anche perché magari nel frattempo qualche condomino del palazzo può averli occupati utilizzandoli come suoi. Inoltre, se il venditore è legalmente separato, è facile che la casa famigliare sia stata assegnata al coniuge a cui sono stati affidati i figli, almeno finché essi non diverranno economicamente autonomi.. Tale assegnazione, se avvenuta con separazione consensuale, può non risultare alla conservatoria dei registri: è chiaro che un notaio attento, se il venditore è separato, drizzerà le antenne, e tenterà di saperne di più.

E’ poi ben vero che è possibile vendere un immobile per il quale è stata presentata domanda di condono edilizio, non ancora assentita dal comune: comunque un notaio accorto valuterà, in questi casi, l’entità dell’abuso commesso e, se è il caso, si informerà sulla accettabilità o meno della domanda inoltrata.

Con l’esperienza acquisita sarà inoltre possibile accertare l’esistenza o meno di buona parte delle usucapioni ventennali maturate, ma non ancora trascritte nei registri immobiliari: basterà informarsi sull’uso concreto fatto dell’immobile dal proprietario . Si tratta di casi abbastanza comuni soprattutto per quanto riguarda i rustici e i terreni agricoli, nonché quelli di pertinenza dei fabbricati:. L’abitudine a lavorare in un determinato territorio porterà inoltre il notaio a conoscere dove esistono vincoli ambientali, idro-geologici o servitù militari, che possono limitare, anche notevolmente, il diritto di proprietà, nonché dove esistono progetti non ancora formalizzati ma probabili, di esproprio di aree per opere di pubblica utilità.

Un’altra zona grigia è quella degli immobili venduti pur essendo privi dell’abitabilità, magari semplicemente perché essa non è stata richiesta, o anche perché non era concedibile. Sia nel primo che nel secondo caso la giurisprudenza riconosce la responsabilità del venditore e si è spinta anzi (in caso di abitabilità impossibile) a riconoscere la nullità del contratto per vendita “aliud pro alio” (cioè di una cosa invece di un’altra). Resta il fatto che l’acquirente di un immobile simile si trova nelle peste e potrebbe comunque risultare utile una clausola nel rogito che attribuisce , in modo chiaro, responsabilità e spese. Con la trasformazione dell’attuale abitabilità in agibilità, di cui per ora è stata ulteriormente prorogata l’entrata in vigore, bisognerà accertare l’esistenza della certificazione di sicurezza degli impianti (elettrico, gas, riscaldamento, eccetera), nonché la trasmissione all’acquirente della relativa documentazione. Si tratta di un obbligo che, formalmente, esiste già: peccato che non sia sanzionato e che sia piuttosto trascurato anche dai notai. Nel frattempo, per far chiarezza, può essere utile chiarire nel rogito a chi compete l’adeguamento alle norme (per esempio all’acquirente, in cambio di uno sconticino sul prezzo). Infine, nei rogiti, è d’uso la formula di attribuire all’acquirente le spese condominiali dalla data dell’atto: sarebbe più opportuna, però, anche un’indagine presso l’amministratore del condominio  sull’esistenza o meno di somme che non sono state da lui corrisposte al condominio, indagine naturalmente autorizzata da chi vende per evitare appelli alla privacy: del loro pagamento è responsabile, in solido, anche l’acquirente per l’anno in corso e per quello antecedente (art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile).

Garanzie impossibili. Sull’immobile possono esistere diritti che dipendono da atti e contratti sottoscritti dalle parti o maturati per l’uso , ma mai trascritti nei registri immobiliari: per esempio diritti di passaggio e altre servitù “non apparenti” (per esempio divieti di far crescere alberi oltre una certa altezza per non disturbare la vista).Un notaio, per quanto scrupoloso, potrà far ben poco, tranne sollecitare il venditore a ricordare se esistono accordi o convenzioni che riguardano l’immobile, magari abbandonati da decenni in qualche cassetto. Anche gli abusi edilizi mai denunciati o il mancato rispetto di distanze legali tra le costruzioni (insanabile, anche se si è ricorsi al condono edilizio) possono essere “grane” difficili da scoprire, se non, talora, con un’ispezione sul campo e con verifiche approfondite presso gli uffici urbanistici (prestazioni che comunque andrebbero richieste espressamente dall’acquirente e pagate a parte al notaio o a un altro professionista incaricato).