Compravendita: non sempre
basta il notaio per garantire tutto
QUANDO IL NOTAIO NON C’E’
Nei Paesi di lingua latina, come l’Italia, il
notaio è il principale garante di una compravendita immobiliare, cioè di quello
che per la maggioranza delle famiglie è il principale affare della propria
vita. Il ruolo centrale di questa figura professionale, che esercita un monopolio
quasi completo su questo ed altri campi, è stato messo più volte in
discussione, anche in sede europea: resta indubbio però che anche nei paesi
anglosassoni, dove il notaio non esiste, vi sono altre figure professionali
delegate a funzioni di controllo dei trasferimenti immobiliari.
L’esperienza insegna però che le compravendite
possono celare importanti rischi che l’assistenza di un notaio non può
contrastare. E’ ad essi che questa inchiesta è
dedicata. Limiteremo l’indagine agli immobili già edificati, evitando di
approfondire gli infiniti problemi posti da quelli in costruzione, il cui
acquirente è parzialmente tutelato da un recentissimo decreto legislativo.
I pericoli che si corrono sono essenzialmente di
due tipi. Quelli che si affrontano ben prima della firma del rogito, quando il
notaio non è ancora coinvolto (anche se potrebbe esserlo). E poi quelli, anche
questi importanti, che riguardano la stesura del rogito nonché i mesi e gli
anni successivi (quando non si pensava di avere più problemi).
Gli impegni sottoscritti
prima del rogito.
Incarico di vendita
all’agente immobiliare, proposta irrevocabile d’acquisto, preliminare di
vendita (compromesso): sono questi i tre principali documenti contrattuali che
acquirente e venditore spesso, o quasi sempre, sottoscrivono prima di arrivare
al rogito.
Se ben redatti (e talora non lo sono) si
assomigliano abbastanza. Nell’incarico di vendita all’agenzia, chi mette “in
piazza” il suo immobile non si limita solo a fissare un prezzo e a convenire
quale sia la provvigione che spetterà al mediatore: l’agenzia,
se è seria, pretenderà quantomeno che si descrivano, se esistono, i limiti alla
sua piena disponibilità. Stesso discorso nella proposta irrevocabile di
acquisto, con cui il candidato compratore si impegna unilateralmente, e per un
certo periodo, ad acquistare versando una certa somma di denaro: anche in
questo caso condizionerà la validità della sua proposta alla condizione di non
dover incocciare in brutte sorprese. Infine il preliminare di acquisto è un impegno
reciproco di compratore e venditore, rispettivamente ad acquistare e a
trasferire la proprietà, che dovrebbe in teoria ricalcare punto per punto i
contenuti del rogito, informazioni complete sull’immobile e sul suo attuale
proprietario comprese.
Tutti questi impegni sono troppo spesso assunti
direttamente dalle parti, senza che il notaio possa prenderne visione. Perciò
questo professionista è costretto a riprodurli nel rogito, anche se non li
condivide , rifiutandosi solo di dare il suo avvallo a
condizioni che sono palesemente contro la legge o a eventuali clausole
vessatorie a vantaggio di una delle parti o dell’agenzia immobiliare.
Va inoltre premesso che
qualunque cosa dichiarata o promessa dal venditore non è detto che sia vera.
Anzi, capita perfino che certe affermazioni siano fatte in perfetta buona fede,
ma non corrispondano a realtà. Quindi, quando l’acquirente versa del denaro, a
titolo di caparra, per garantire la sua buona volontà a mantenere i suoi
impegni, rischia di affidarlo a qualcuno che non manterrà i suoi. L’ideale
sarebbe quindi che il notaio entrasse in gioco molto prima
del rogito per fare alcune verifiche, prima per esempio della firma del
compromesso. Vediamo ora quali dichiarazioni “a rischio” vengono
sempre controllate dal notaio e quindi tutti dovrebbero verificare se decidono di
firmare qualunque foglio di carta prima di rivolgersi al notaio stesso
.
Titolarità dell’immobile.
Il venditore dichiara,
ovviamente, di essere proprietario della casa e di averne la completa disponibilità.
Ciò non è sempre vero, almeno in tre casi:
a) il venditore è
coniugato in regime di comunione dei beni e l’immobile è divenuto suo mentre
era già sposato.
In tal caso la legge
presume, salvo prova contraria, che appartenga ad
entrambi i coniugi, anche quando uno solo dei due comparare nel rogito del
precedente acquisto. La prova che le cose non stanno così non è sempre facile
da dare. Si deve dimostrare che lo si è ottenuto in
eredità o donazione. Oppure che è stato comprato con denaro messo da parte
prima del matrimonio. O infine che i soldi investiti per acquistare l’immobile
provengono elusivamente dalla vendita di un altro bene che era di esclusiva
proprietà di un solo coniuge.
A scanso di equivoci il
compromesso (e poi il rogito) andrebbe firmato da entrambi, quantomeno per
accettazione (anche se, in qualche caso, ciò può non essere sufficiente).
b) Il venditore ha
avuto in donazione o in eredità l’immobile. per
esempio dai genitori o da un altro partente stretto. Ma se tale parente muore,
i coeredi possono impugnare anche a distanza di anni il testamento o la
donazione asserendo che è stata “lesa” la propria quota di legittima.
L’erede potrebbe esercitare
la cosiddetta “azione di riduzione”, entro dieci anni dalla data dell’apertura
della successione (che coincide in genere con quella della morte). I terzi
acquirenti dell’immobile ricevuto in dono possono essere costretti a
restituirlo oppure a pagarne l’equivalente in denaro (articolo 563 del codice
civile) , salvo poi tentare di rifarsi contro chi l’ha
loro venduto. Quindi può capitare perfino che un immobile passi due volte di
mano prima che l’azione di riduzione venga esercitata.
Queste norme sono state
un po’ modificate molto di recente, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80. Essa ha
stabilito che se l’immobile è stato venduto ad altri, l’azione di riduzione non
è più possibile passati vent’anni
dalla donazione stessa. Se poi l’acquirente riesce a dimostrare che ha
acquistato con un titolo validamente trascritto, e che era convinto in buona
fede di essere unico titolare, diviene proprietario per usucapione dopo dieci
anni.
c) l’immobile è può
essere locato, senza che ci si accorga del fatto che
lo è, perché magari durante le visite l’inquilino non era in casa. A scanso di
equivoci, comunque, in ogni atto firmato deve essere chiarito se i locali sono
liberi o esiste un affitto in corso. .
Ipoteche e trascrizioni
pregiudizievoli.
Tutti sanno che la
presenza di ipoteche sull’immobile è un grave problema .
Salvo naturalmente che si sia deciso di comprare l’immobile lo stesso , accollandosi un mutuo o chiedendo di estinguerlo. Si
tratta in genere di garanzie a fronte delle quali viene
erogato un prestito. Il creditore si riserva di incamerare il bene ipotecato se
il debitore non paga le rate alla scadenza.
Una cosa è però
accontentarsi, alla firma del compromesso, delle affermazioni del venditore che
dice che le ipoteche non esistono, un’altra è invece aver verificato
effettivamente che non ci sono (come fa sempre il notaio, prima della firma del
rogito). Infatti, al compromesso, in genere l’acquirente versa una caparra (in
media il 30% del prezzo finale) e potrebbe fare molta fatica a ottenerla
indietro.
Vi sono poi altri
diritti che altri possono vantare sull’immobile. Qualche esempio? Quello di
passaggio di un vicino sulla proprietà,. Quello con cui qualcuno si riserva la
possibilità di sopraelevare il palazzo o ci impedisce di farlo. Quello che
riserva a qualcuno la possibilità di costruire un garage sotto il nostro
terreno. E via elencando, all’infinito .
Per tali diritti,
definiti in genere “servitù o trascrizioni pregiudizievoli” vale lo stesso
discorso fatto per le ipoteche.
Protesti e pignoramenti.
E’ prudente che
l’acquirente si informi se il venditore è un soggetto a rischio
di fallimento e quindi se ha un’attività imprenditoriale in proprio o in una
società di persone (S.n.c.,
S.a.s.). In caso di crack la casa che si intende acquistare servirebbe per
soddisfare le pretese dei creditori e tutte le somme versate a titolo di
acconto finirebbero nel calderone del passivo. Se si ha il sia pur minimo
sospetto bisognerebbe spingersi fino a far effettuare una visura
sul bollettino dei protesti presso le Camere di Commercio e assumere
informazioni bancarie.
Abusi edilizi.
Il rischio di impegnarsi a comprare un immobile perr il quale sono stati commessi abusi edilizi è fortemente variabile a seconda del tipo di abuso. In
particolare in tre casi di abuso anche un rogito può essere reputato
nullo. Essi sono:
1)
quando
l’immobile sia stato costruito senza alcun provvedimento abilitante o in totale
difformità con la licenza, la concessione edilizia, il permesso a costruire o
la denuncia di inizio attività indispensabile
2)
quando
non siano stati inserita o allegata al rogito, per gli edifici iniziati a
costruire prima dell’1 settembre 1967, una dichiarazione sostitutiva di atto
notorio attestante che l'opera è stata iniziata in data anteriore a questa data
e, per quelli iniziati a costruire in seguito, una dichiarazione che reca gli
estremi della licenza, concessione, permesso a costruire o Dia.
3)
quando,
mancando gli assensi all’edificazione, non siano stati riportati estremi della
domanda di condono, estremi del versamento delle somme dovute, la dichiarazione
che il Comune non ha emesso provvedimenti di sanatoria o, in alternativa gli
estremi del permesso di sanatoria (se è stato rilasciato).
Quindi, anche in sede di compromesso, occorrerebbe
verificare queste circostanze.
Occorre chiarirlo: non
è esatto affermare che un immobile in cui sia stato commesso un abuso edilizio
non ancora sanato non sia liberamente vendibile: l’importante è che siano
rispettati gli adempimenti formali previsti.
Se poi dovesse saltar fuori che l’immobile è totalmente difforme (per esempio
perché sono stati dichiarati dati falsi dal venditore) anche il rogito potrebbe
essere invalidato.
NONOSTANTE IL NOTAIO
Vi sono una serie di
verifiche a cui il notaio non è tenuto o che fa piuttosto
raramente e che possono rendere l’acquisto poco conveniente o addirittura
nullo, come se non fosse mai stato fatto. Elenchiamole.
Ampiezza della casa.
In un rogito gli appartamenti si acquistano,
praticamente sempre, “a corpo e non a misura”. Se infatti
fossero citati i metri quadrati o quelli cubi, si aprirebbe la strada a
infinite diatribe sui metodi di calcolo (quanto conta il terrazzo, il balcone o
la cantina?) o sui centimetri quadrati.
Tuttavia quest’uso si è
trasformato in abuso, nella misura in cui molti venditori, e molte agenzie
immobiliari, sono soliti “gonfiare” le misure degli appartamenti, avvalendosi
anche del fatto che in Italia vige il cosiddetto “metro quadrato commerciale”,
a differenza di quel che succede in Francia, dove la superficie che conta è
quella calpestabile. Non è finita: i criteri per calcolare il metro quadrato
commerciale cambiano da zona a zona. Questo fornisce il pretesto per
incrementare, anche del 20% la superficie reale: in caso di proteste ci si
arrampica sugli specchi, giungendo fino ad affermare che va sommata anche una
quota della parti comuni condominiali (cosa del tutto
falsa). Capita molto spesso, quindi che si acquisti una casa molto
più piccola di quello che ci si aspetta (pagandola molto di più al metro
quadrato).
Identificazione delle
pertinenze. Diversamente da quanto accade per appartamenti e box auto, altre
pertinenze dell’immobile, come cantine, soffitte e
posti auto scoperti, hanno raramente una classificazione catastale. Non è raro
quindi che sia venduto un appartamento “con cantina” (che magari era citata
anche nel precedente rogito di acquisto) ma al momento di identificare dove è , non si trova: non è infatti descritta nel rogito con un numero
o una lettera, oppure è da più di vent’anni occupata
da qualcun altro. Attenzione, inoltre: non sempre le pertinenze sono riportate
nelle mappe catastali.
Opere abusive.
Non sempre la
consultazione di una mappa catastale permette di identificare piccoli abusi
edilizi commessi: per esempio un balcone può essere stato coperto da veranda e
trasformato in locale abitabile, un bagno può essere stato aggiunto
irregolarmente ed essere privo del
necessario locale anti-bagno. Si può anche essere costretti a demolire tali
opere, pagando sanzioni, se un funzionario comunale se ne accorge o se un
vicino ci denuncia.
Non sempre un notaio
vuole o può materialmente verificare tali abusi, e può essere difficile
stabilire se gli abusi erano riconoscibili (e perciò chi ha acquistato
l’immobile è corresponsabile) o non lo erano (e allora si ha diritto di rifarsi
sul venditore per il fatto che si è stati costretti a eliminarli).
Impianti a norma
Varie leggi (e, prima tra tutte, la n. 46 del 90 ormai “inglobata” nel Testo Unico
dell’edilizia, ma anche la n. 10/1991 sul risparmio energetico e il Dpr n. 412/1992 che la applica), stabiliscono i criteri
secondo cui un impianto (elettrico, dell’acqua, ascensore, di riscaldamento,
antincendio, di ricezione radio-tv), è, o non è , a norma. Se non lo è, occorre
provvedere, sia che si tratti di un impianto interno all’appartamento, sia che
si tratti di uno condominiale. E quindi spendere denaro ed energie. Ovviamente
se si acquista una casa con impianti fuori norma, occorrerebbe esserne
quantomeno consapevoli.
La certificazione di
conformità del singolo impianto rilasciata da un tecnico abilitato, con tutta
la documentazione relativa, andrebbe per legge allegata al rogito di
compravendita (e perfino ai contratti di locazione). Ma se non viene allegata, cosa succede? Di fatto, niente. La legge “si
dimentica” persino di prevedere sanzioni e il rogito è perfettamente valido.
Perciò anche i notai molto raramente la pretendono. Tutt’alpiù
viene inserita una clausola nel rogito in cui l’acquirente
accetta gli impianti nel loro attuale stato. Ovviamente, se in seguito capitano
incidenti dovuti agli impianti difettosi, la responsabilità (anche penale)
ricade su chi non li ha adeguati.
Per la legge n. 10 del
1991 andrebbe allegata al rogito perfino una “certificazione energetica”
dell’edificio. Fino a ieri si ignorava cosa fosse esattamente. Oggi non più: è
in via di varo un regolamento che definisce la certificazione energetica e
prevede una sanzione, da 500 a 3.000 euro, in mancanza della sua trasmissione
all’acquirente nelle compravendite. La certificazione sarà comunque prevista solo
per gli edifici di nuova costruzione, quindi l’obbligo di trasmetterla ad altri
è rimandato ai successivi passaggi di mano.
Spese condominiali
Non solo: se l'ex condomino che ci ha venduto la
casa non paga, e i fornitori premono, tutto il condominio è costretto a
ripartirsi, in proporzione ai millesimi di proprietà, i suoi debiti, in attesa di potersi rifare contro di lui. Questo finisce
per trasformarsi in un ulteriore aggravio anche per chi acquista la casa.
Infine ogni condomino è corresponsabile dei debiti condominiali rispetto a
terzi (per esempio i fornitori). Perciò essi possono chiedere anche a un solo
abitante del palazzo tutto quello di cui sono creditori, perfino se ha pagato
la sua quota.
Vale la pena quindi informarsi presso
l'amministratore condominiale della situazione debitoria
di chi ci vende un appartamento. Se l'amministratore si appella alle norme
sulla "privacy" per non rispondere, è bene farsi rilasciare
un'apposita autorizzazione dal venditore.
Le responsabilità dell’acquirente dovrebbero però
essere in futuro notevolmente “addolcite” se passerà
il progetto di legge di riforma del condominio attualmente in esame alla Camera
(il Senato lo ha già licenziato), che tra l’altro pone molti limiti anche alla responsabilità
“in solido” per i debiti condominiali.
Regolamento condominiale
Nel rogito compare sempre
la clausola con cui l’acquirente si impegna ad accettare il regolamento
condominiale. Il grave è che, quasi mai, ha la possibilità di consultarlo prima
di firmare (o, addirittura, anche dopo) e di vedere se esistono clausole che
rendono il suo acquisto poco conveniente. Per esempio, un regolamento può
impedire di destinare un appartamento a studio professionale o medico, di
utilizzare un seminterrato come locale hobby, anziché come semplice deposito, e
via elencando. Può inoltre consentire al costruttore di sopraelevare il palazzo . E più unico che raro che il notaio garantisca
l’acquirente in questa situazione.
Spese ordinarie e
straordinarie future in condominio.
Sapere con una buona approssimazione a quali
spese si andrà incontro, divenendo proprietari di un appartamento, non è cosa
difficile. Basta pretendere dal venditore che ci consegni copia delle bollette
di versamento delle spese.
Meglio ancora, copia dei rendiconti condominiali
degli ultimi anni, per sapere se sono previsti (e magari anche votati in
assemblea) grossi interventi di ristrutturazione. Se per esempio si è votata la
decisione di rifare il tetto, ridipingere la facciata, installare l'ascensore,
rifare la caldaia, l'acquirente che ha investito un bel po' di denaro, e magari
sottoscritto pure un mutuo, può trovarsi all'asciutto, privo di ulteriori
capitali.
Resta incerto chi, tra acquirente e venditore, è
responsabile del pagamento delle spese straordinarie. Chi era proprietario, al
momento in cui è stata assunta la delibera che le decideva? Oppure chi è
proprietario al momento in cui si deve pagare la rata di spese? La seconda
ipotesi è quella più gettonata dalla Cassazione. Resta comunque possibile inserire
nel rogito una clausola che stabilisce diversamente. Tale clausola ha validità
solo nei rapporti tra venditore e compratore, non in quelli con il condominio,
che potrà comunque chiedere il denaro all’attuale proprietario.
Molta attenzione va posta all’eventualità che il
condominio abbia in corso azioni giudiziarie. Anche se
ci si dissocia dalla lite (per farlo, si hanno trenta giorni dopo il rogito) si
può essere chiamati a contribuire alle spese che gravassero
sul condominio in seguito alla sentenza.
L’acquirente può di ereditare anche le liti in
giudizio con un vicino che riguardano l’immobile, anche se non corre il rischio
di vedersi trasferita una responsabilità penale.
Vendita di immobili da
ristrutturare.
Comprare una casa in
pessime condizioni di manutenzione o con problemi di abitabilità, di infiltrazioni
dal tetto, e così via può essere considerato dall’acquirente anche un buon
affare: la paga meno, anche se dovrà spendere per ristrutturarla. Ma, questa
volta, è il venditore a doversi cautelare nel rogito.
Deve
infatti essere chiaro che l’acquirente è consapevole di tutti i difetti
dell’immobile , i quali vanno elencati con precisione nel rogito (non basta una
clausola del tipo “l’immobile è acquistato nello stato di fatto e di diritto in
cui si trova”). Infatti il codice civile prevede che il
venditore presti la cosiddetta “garanzia per vizi” che consiste in due distinte
tutele: La prima scatta quando vi sono difetti notevoli, che nel caso degli
immobili si potrebbe definire come “strutturali”. La seconda prevede carenze
più lievi, che possano essere compensate da un prezzo
minore.
Nel primo caso il
rogito può essere addirittura revocato (in gergo legale si parla di
“risoluzione del contratto”) Il venditore restituisce il denaro incassato e le
altre spese sostenute dall’acquirente stesso (notaio compreso) e può essere
costretto a versare i danni nonché a pagare le spese di un’eventuale causa
giudiziaria sopportata. Nel secondo sarà costretto a rimborsare una parte delle cifra incassata, in misura decisa dal giudice.
.
Usucapione.
Capita abbastanza
raramente, ma può darsi che un immobile o una sua parte (un garage, un
giardino) sia occupato da più di vent’anni da altri,
che hanno maturato il cosiddetto “diritto di usucapione”, cioè la possibilità
di farlo riconoscere come divenuto loro, per essersi comportati “da padroni”
per un ventennio o più. Naturalmente sarà possibile rifarsi sul venditore e
chiedere la restituzione del prezzo ed eventuali danni (se c si riesce) . Anche in questo caso vale più la buona volontà
dell’acquirente, che si informi della situazione anche parlando con i vicini,
che quella del notaio, il quale lavora su pezzi di carta e documenti in cui
l’avvenuta usucapione, se non dichiarata dal giudice, può benissimo non risultare.
Atto pubblico e scrittura
privata autentificata.
Il passaggio di proprietà può avvenire in due
forme: la scrittura privata autenticata e l’atto pubblico. Da un punto di vista
formale la differenza non è da poco: con la scrittura privata il notaio prende
atto delle dichiarazioni rese dai contraenti e ne attesta l’identità
autenticandone le firme; con l’atto pubblico invece il notaio garantisce di
aver controllato la veridicità delle affermazioni contenute nel contratto.
L’atto pubblico costa un po’ di più (ma non molto).
A dire il vero qualsiasi notaio scrupoloso
controlla, a prescindere dalla forma con cui lo redigerà l’atto, che il
venditore possa legittimamente alienare l’immobile. A ogni buon conto, è meglio
incaricare espressamente il notaio di compiere gli accertamenti e, soprattutto
preferire la forma dell’atto pubblico quando si ha un purché debolissimo
sospetto sulle affermazioni del venditore, in modo che il notaio sia spinto a
controllarle con maggiore scrupolo.
Trascrizione del rogito
Siamo abituati a credere che l’iter burocratico
della compravendita si concluda al rogito. Non è così. Termina solo quando il
notaio trascrive questo documento presso i Registri Immobiliari. E’ solo allora
che l’atto assume piena validità di fronte a terze persone. Tra due
trascrizioni, vale quella che ha la data più antica.
In media i notaio
impiegano una ventina di giorni ad effettuare la trascrizione. E, in questo
periodo, può succedere di tutto. Per esempio, il venditore potrebbe vendere lo
stesso immobile anche ad altri, tramite un altro notaio, che non avrebbe
materialmente la possibilità di controllare, presso i Registri, che
l’alienazione è già avvenuta. Sono cose già capitate: un immobile venduto a più
persone con il truffatore che ,dopo aver intascato i
soldi, si è reso irreperibile.
Non è finita: nel periodo intercorrente tra
rogito e trascrizione il venditore potrebbe accendere un’ipoteca o subire un
pignoramento. Quindi è il caso, se si ha il pur minimo sospetto, di insistere
con il notaio perché la trascrizione avvenga il più rapidamente possibile.
Costi reali dell’acquisto
Fonte:
Ufficio Studi Confappi-Federamministratori
Come si calcola il metro
quadrato commerciale
Muri divisori tra
appartamenti |
50% |
Muri perimetrali |
100% |
Balconi sporgenti |
50% |
Balconi interni alla
facciata |
66,6% |
Terrazzi (oltre 20 mq): per la parte che non supera i locali serviti oltre …………………………se servono
solo zona notte e servizi |
25% |
20% 15% |
|
Cantine e solai (se di altezza media minima di 1,7 metri): con finestre
senza finestre |
25% |
20% |
|
Sottotetti
praticabili, taverne seminterrate |
50% |
Giardini privati: per parte uguale alla grandezza dell’appartamento oltre, fino al massimo della grandezza di pianta del
palazzo |
15% |
10% |
Fonte:
Semplificazione ufficio studi Confappi-Federamministatori
su dati Borsa immobiliare di Milano