Clausole vessatorie nei contratti di mutuo
Ma
il sì a patti imposti può consentire di
trattare altre condizioni
Vari articoli del
codice del consumo, introdotti nel codice civile nel 1996 e poi da lì “emigrati”in
questo nuovo codice, riguardano la tutela del consumatore nei confronti delle
clausole vessatorie presenti nei contratti conclusi fra un imprenditore
(definito “professionista“) e un consumatore, ivi compresi i contratti di
mutuo. La tutela prevede appunto che il rapporto sorga tra una “parte debole”,
in sostanza il privato cittadino che intrattiene un rapporto che non riguarda
la sua attività professionale, e il “professionista”, che in questo contesto prende le vesti di qualunque persona, fisica o
giuridica, che conclude il contratto nell'esercizio della propria attività
imprenditoriale o professionale, ed è pertanto considerato “la parte forte”
(per il mutuo, la banca o l’istituto di finanziamento riconosciuto). Ne diamo
conto in questa analisi, che è un’elaborazione
redazionale di uno studio di Enrico Bevilacqua,
notaio in La Spezia.
Ai sensi del decreto
legislativo n. 206/2005 (codice del consumo) una clausola che determina a
carico del consumatore un significativo squilibrio dei
diritti e degli obblighi derivanti dal contratto non è automaticamente
vessatoria, è solo presunta come tale. La reale “vessatorietà” va verificata
leggendo tutto il contratto, per scoprire se nel suo contesto
essa non trovi una qualche giustificazione o un qualche contrappeso.
Tanto per fare un
esempio relativo a un contratto di mutuo, una clausola
teoricamente vessatoria, come quella che vieti l’accollo ad altri del mutuo
stesso senza consenso, può trovare una sua ragione di esistere se il prestito è
concesso a condizioni particolarmente agevolate a un dipendente di
un’amministrazione pubblica e pertanto non possa passare a una persona che non
ha gli stessi requisiti.
Una possibile
compensazione alla vessatorietà può derivare anche dal fatto che il contratto
sia stato oggetto di trattativa e che il consumatore sia riuscito a strappare
in seguito ad essa altre condizioni particolarmente
favorevoli che riportino equilibrio nel rapporto. Nei contratti di mutuo è
abbastanza raro che il mutuatario-consumatore, in sede di trattativa, riesca ad
ottenere una variazione delle clausole puramente normative; che sono stilate
dagli uffici legali delle banche e sono raramente modificabili dal funzionario
periferico addetto a erogare il prestito. Invece, è
più comune che le clausole economiche (ad esempio,
quella relativa al tasso di interesse) siano cambiate a favore del consumatore
in una trattativa. Per esempio un tasso di interesse
più basso può compensare lo squilibrio contrattuale di una clausola vessatoria
a carattere regolamentare. Questa è almeno l’interpretazione che va per la
maggiore ed è corroborata da giurisprudenza recente che, anche se in materia
diversa dal mutuo, sottolinea che un contratto deve
essere valutato per la sua funzione concreta, con riferimento ai reali interessi
delle parti. Comunque la concorrenza tra istituti
porta ad una maggiore elasticità delle banche, e delle singole filiali, nel
contrattare il tasso di interesse.
L’articolo 34 del
codice del consumo stabilisce che nei contratti predisposti con moduli o formulari,
incombe sul professionista l'onere di provare che le clausole siano state oggetto di specifica trattativa con il consumatore.
Esistono infine
alcune clausole che non sfuggono alla vessatorietà neppure dopo una trattativa:
quelle che escludono o limitano le azioni del consumatore in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto
da parte del professionista, nonché le clausole che prevedono che l'adesione
del consumatore sia estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità
di conoscere prima della conclusione del contratto (per esempio un regolamento
non allegato, anche se consultabile presso la sede dell’azienda).
C’è chi afferma (ma
si tratta di una minoranza) che anche queste clausole sono controbilanciabili
da altre più favorevoli, pur non avendo importanza se esiste o
meno una trattativa.
Delle clausole
potenzialmente vessatorie è fornita una lista
nell’articolo 33, comma 2, che comprende ben venti tipologie: si tratta
comunque di semplici esempi, per quanto ben fatti, che servono ad aiutare il
giudice e in genere l’operatore. Resta valido il principio secondo il quale
sono potenzialmente vessatorie anche clausole diverse da quelle elencate nell’art. 33, comma 2, a patto che il significativo
squilibrio sia dimostrabile. In caso di dubbio, prevale comunque
l’interpretazione più favorevole al consumatore.; Si parla di lista nera con
riguardo alle clausole elencate alle lettere a), b) e l) (sono quelle per le
quali è irrilevante la trattativa, mentre è discusso se sia ammessa la prova
contraria alla vessatorietà); si parla di lista grigia con riguardo alle
clausole elencate alle lettere da c) a i) e da m) a v) (per le quali la
trattativa elimina la vessatorietà e per le quali può essere data la prova
contraria alla vessatorietà).
I rimedi. Le clausole
considerate vessatorie sono nulle: perciò è come se non fossero mai state
scritte. Per il resto, il contratto rimane valido, a meno che non possa esistere senza di esse (cosa davvero difficile, però,
in un mutuo).
La nullità può
essere fatta valere solo a vantaggio del consumatore. Il fatto che il contratto rimanga valido ed efficace, ripulito della
clausola nulla, è una tecnica normativa efficace a tutela il consumatore;
infatti, a quest’ultimo interessa concludere il contratto
(privo dalla clausola vessatoria), mentre andrebbe contro il suo interesse una nullità
dell’intero contratto.
Oltre al comune
cittadino, possono far valere la nullità anche le associazioni dei consumatori
riconosciute a livello nazionale, quelle rappresentative dei professionisti nonché le Camere di commercio, attraverso una particolare
azione, detta inibitoria, perché impedisce l’uso della clausola in tutti i
contratti stipulati.
Le precauzioni. Il diritto del
cliente a riceve in anticipo una copia del contratto di mutuo, senza perciò
essere tenuto a sottoscriverlo (Delibera del Comitato interministeriale credito
e risparmio 4 marzo 2003) non è, di per sé, una tutela sufficiente. Un po’
meglio è quando l’informazione è data con un prospetto chiamato European Standardised Information Sheet, frutto del
Codice deontologico per l’informativa precontrattuale
relativa ai mutui per la casa di abitazione
(Raccomandazione del 1° marzo 2001 della Commissione Europea).
Le clausole sono comunque ostiche da interpretare anche per una persona di
vasta cultura, ma che sappia poco o niente sull’argomento. L’informativa precontrattuale però si trasforma in un preziosissimo
strumento se tale documento è fatto esaminare per tempo da chi se ne intende:
per esempio un notaio o un’associazione di consumatori specializzata. Il notaio
coinvolto, nove volte su dieci, non si farà pagare un euro per la consulenza,
se è la stessa persona che sarà poi destinata ad assistere la compravendita e/o
il mutuo.
Cosa deve garantire il notaio
Il contratto di
mutuo si stipula sempre davanti a un notaio. E, senza dubbio, il notaio ha due compiti: quello di
verificare che l’atto sia conforme alle leggi dello Stato (norme sulle clausole
vessatorie comprese) e quello di tutelare in modo imparziale gli interessi
delle due parti contraenti, e in particolar modo di quella più debole, il
consumatore.
Ma
allora, cosa deve fare tale professionista? Limitarsi ad avvertire il
consumatore che nel testo o negli allegati del mutuo proposto esiste una
clausola potenzialmente vessatoria, lasciando a lui la scelta se stipulare
oppure no il mutuo? Oppure impuntarsi, pretendere che
tale clausola sia modificata o eliminata e, in caso contrario, rifiutarsi di
“rogare“ il contratto?
Non ci interessa, qui, dare una risposta giuridicamente
ineccepibile: guardiamo invece alla situazione concreta. L’acquirente di una
casa si presenta in genere dal notaio dopo aver firmato un preliminare di acquisto (il cosiddetto compromesso) in cui si impegnava
a stipulare il rogito entro una certa data. Ha inoltre versato a garanzia una
somma consistente, a titolo di caparra confirmatoria, somma che non intende
certo buttare via. Non avendo il denaro sufficiente, si è dato da fare per
trovare il mutuo che faccia al caso suo,
interessandosi in genere alle condizioni economiche del finanziamento (tasso,
durata, spese) e facendo poco caso alle condizioni non strettamente economiche.
Se si trova davanti a un notaio puntiglioso, che
inceppa tutto il delicato meccanismo dell’acquisto, che può fare? Precipitarsi
a rintracciare un’altra banca, che magari gli proporrà un contratto in cui sono
presenti altre clausole vessatorie? Farsi finanziare da parenti o amici?
Ben coscienti di
questa grave difficoltà, anche i notai più attenti scelgono soluzioni duttili,
valutando la situazione caso per caso e operando un equo contemperamento degli
interessi coinvolti. Se una clausola è evidentemente vessatoria (per esempio,
quella che imponga di non vendere l’immobile ipotecato senza il consenso della
banca), il notaio avverte il consumatore-acquirente e lo rende cosciente di un
fatto: nell’improbabile caso in cui l’istituto bancario si impuntasse
nel farla valere, è praticamente certo che un giudice darebbe torto
all’istituto stesso, rendendo così tale clausola nulla (e quindi senza effetti):
un’arma spuntata nella mani della banca. Se il notaio ritiene invece che ci sia
qualche possibilità di modificare la clausola stessa, lo si
suggerisce al direttore della filiale che ha proposto il mutuo. Purtroppo può
essere un’impresa difficile, dato che i funzionari periferici di una banca
hanno scarso potere nel modificare una formula che è stata
redatta dall’ufficio legale dell’istituto.
E’ evidente che lo
spazio di azione del notaio si ampia molto se ha avuto
la possibilità di esaminare per tempo le condizioni del mutuo, offrendo una
consulenza (quasi sempre gratuita) al suo cliente sul fatto se sottoscriverlo o
meno. Ed è lapalissiano che l’ideale è che le clausole
vessatorie nei mutui non esistano proprio e che i consigli notarili si diano da
fare per convincere gli istituti bancari ad eliminarle dalle loro bozze di
mutuo.
Del resto, sin da un
convegno a Bergamo nel 1998, i notai hanno attivato un dialogo con le banche,
al fine di convincerle a “ripulire” i contratti di mutuo. Anche
l’Abi (l’Associazione banche italiane) si è data da
fare. I risultati ci sono, anche se carenze sono
ancora riscontrabili, soprattutto nei capitolati delle banche a minor
diffusione sul territorio.
Altolà alle modifiche unilaterali
La banca può
modificare unilateralmente le condizioni (economiche e non) del contratto di
mutuo? Se sì, entro che limiti può esercitare il
cosiddetto “ius variandi”?
Se
la risposta fosse “sì” rientreremmo nell’ambito dell’articolo 118 del Testo
Unico delle leggi bancarie, come riscritto dall’articolo 10 del d.l. 4 luglio
2006, n. 223 (come riscritto dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248),
che detta i presupposti per le modifiche unilaterali delle condizioni
contrattuali da parte della Banca.
Va però subito detto
che la risposta è negativa, secondo il Ministero dello Sviluppo. Con nota
esplicativa del 21 febbraio 2007, n. 5574, il Ministero ha affermato che “risultano esclusi dal campo di applicazione (dell’articolo
118) i contratti di mutuo, nei quali lo svolgimento del rapporto in un arco
temporale concordato tra le parti costituisce un elemento essenziale, a tutela
degli interessi di entrambi i contraenti”.
In sintesi, l’art.
118 offre al cliente-consumatore la seguente disciplina di tutela:
a) la banca può
modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni di un
contratto bancario solo qualora sussista un giustificato motivo;
b)
la banca deve comunicare la modifica al cliente con un preavviso di 30 giorni,
mediante comunicazione personale;
c)
il cliente ha sessanta giorni per valutare se accettare la modifica
(tacitamente); se non accetta la modifica, l’unica alternativa
è quella di recedere dal contratto (salvo che non contesti la legittimità
dell’esercizio dello “ius variandi“).
E’ evidente però
che, nel caso specifico del mutuo, il diritto al recesso dal contratto non è un
vantaggio determinante come in altri rapporti con la
banca (per esempio il rapporto di conto corrente o il rapporto di
amministrazione di un deposito titoli), perché obbligherebbe il mutuatario a
rimborsare il capitale residuo e, spesso, a sottoscrivere un nuovo mutuo con
un’altra banca, sopportando comunque spese notevoli, anche notarili.
Quindi lo “ius variandi” sarebbe
incompatibile con il mutuo stesso, che è di fatto un
contratto basato su uno scambio tra la banca, che concede una somma, e il
cliente, che si impegna a restituirla a certe scadenze, in un certo lasso di
tempo e a certe condizioni economiche (tra cui il tasso di interesse). Pertanto
se lo ius variandi va a
toccare le condizioni economiche di base che danno un senso
a questo contratto, esso, da un punto di vista dei comportamenti economici, si
configura in realtà come un recesso unilaterale della banca stessa dagli
obblighi relativi alle prestazioni che aveva promesso di fornire, non come una
possibilità di recesso del suo cliente.
Il Ministero dello Sviluppo ha rafforzato la
sua interpretazione affermando che l’espressa volontà del legislatore ,in sede di conversione nella legge n. 248/2006, è stata
quella di voler escludere” i contratti di durata aventi una natura peculiare e
regolati da leggi speciali”, come quello di mutuo. Inoltre gli articoli 40 e
125 del Testo Unico stabiliscono una disciplina speciale, diversa da quella dell’articolo 118,
per l’estinzione anticipata, rispettivamente, delle operazioni di
credito fondiario e di credito al consumo. Infine la legge 2 aprile 2007, n.
40 ha stabilito nell’articolo
7 una disciplina speciale per l’estinzione anticipata di mutui per
immobili adibiti ad abitazione o allo svolgimento dell’attività economica o
professionale di una persona fisica.
L’interpretazione del
Ministero dello Sviluppo non è condivisa da tutti. Vi è anche un orientamento
che ritiene lo “ius variandi“
applicabile a tutti i contratti bancari. Nella prassi, molte
banche continuano a prevederlo nei mutui;
in tal caso, esse richiamano l’art. 118 nel testo attuale.
Qualora una clausola
contrattuale (tipica peraltro nei mutui a tasso variabile o misto) rapporti il
tasso stesso a un parametro determinato dal mercato
finanziario, per esempio l’Euribor, è ovvio che le
conseguenti variazioni degli interessi saranno perfettamente legittime, ma non
perché “giustificate” ai sensi dell’articolo 118, in quanto siamo completamente
al di fuori del campo dello ius variandi
o delle clausole vessatorie. In caso di tasso variabile, infatti, entrambe le
parti hanno già deciso sin dall’inizio che il tasso sia
l’Euribor e quindi da subito hanno accettato le
oscillazioni che interverranno nel corso del rapporto, ma non è stata per nulla
attribuita alla banca la facoltà di variare unilateralmente il tasso.
Le postille più comuni
Tipo di clausola (articolo, comma e lettera del Codice
del consumo) |
Esempio di clausola (non si
esauriscono tutte le possibilità) |
Note |
Foro
competente (33,2,u) |
In caso di controversia, il Foro competente
è quello di … (diverso da quello della residenza o del domicilio del
consumatore) |
E’ vessatoria la clausola con la quale si
stabilisce come foro competente sulle controversie una località diversa da
quella di residenza o di domicilio elettivo del consumatore, in particolare quella ove ha sede il professionista (imprenditore). |
Giurisdizione
(33,2,t) |
In caso di controversia relativa
alla validità, efficacia, interpretazione ed esecuzione del presente
contratto, la decisione sarà devoluta all’autorità giudiziaria ….. (indicare lo
Stato) |
La legge 218/1995
consente patti di deroga alla giurisdizione italiana, prevedendo il ricorso a
quella di un altro Stato. Tuttavia il consumatore può trovarsi in evidenti
difficoltà nel ricorso a norme e tribunali esteri, per cui può
aversi un “significativo squilibrio“. |
Arbitrati
(33,2,t) |
In caso di controversia relativa
alla validità, efficacia, interpretazione ed esecuzione del presente
contratto, la decisione sarà devoluta ad un arbitro unico, nominato dal
Presidente del Tribunale di …, arbitro che deciderà secondo diritto. |
Sono vessatorie le clausole che prevedano la conciliazione o l'arbitrato (rituale o irrituale), senza garantire che l'organo di risoluzione
della controversia abbia i requisiti previsti dall'art. 141 del codice del
consumo o senza garantire l'intangibile diritto del consumatore a rivolgersi
al giudice competente qualunque sia l'esito della procedura arbitrale. |
Efficacia
probatoria delle scritture contabili (33,2,t) |
Gli estratti conto, le registrazioni, le
scritture contabili ed in genere le risultanze
contabili della banca fanno sempre piena prova sia nei confronti della parte
mutuataria sia nei confronti di terzi |
E’ vessatoria sia perché crea un evidente
squilibrio di diritti, sia perché pone limitazioni della facoltà di opporre eccezioni del consumatore |
Limitazioni
al potere di cancellazione dell'ipoteca (33,1-2,t) |
La cancellazione, la riduzione, la
restrizione dell'ipoteca non potrà essere richiesta se non dopo che siano
decorsi due anni dall'estinzione anticipata o un anno dall'estinzione alla scadenza contrattuale (o a quella successiva stabilita a
seguito di proroga) sempreché non siano intervenute procedure concorsuali a
carico del/i Mutuatario/i",. |
Già indiziata di invalidità
o vessatorietà prima del varo del Dl 7/2007 (poi legge 40/2007). Questa
normativa prevede comunque che chiunque estingua un
mutuo (anche un imprenditore) abbia diritto a
una speciale procedura di estinzione dell’ipoteca. Si discute se sia
ancora possibile detta clausola limitativa in caso di cancellazione “codicistica” (con atto notarile), modalità
di cancellazione ancora consentita. Ma anche in
questo caso la clausola sarebbe invalida in caso di mutuo fondiario,
vessatoria in caso di mutuo non fondiario. |
Possibilità
di pignorare beni diversi da quelli ipotecati (33,2,t) |
In deroga all'art. 2911 c. c., è facoltà della Banca pignorare beni mobili ed
immobili diversi da quelli concessi in ipoteca, indipendentemente dal
pignoramento dei beni immobili ipotecati |
E’ vessatoria in quanto
comporta una limitazione della facoltà di opporre eccezioni; essa, infatti,
contrasta in pieno con l’art. 2911 c.c. |
Divieto
di accollo (33,2,t) |
E’ vietato
l’accollo del mutuo, salvo espresso consenso della banca, la quale potrà
prestarlo o meno a suo insindacabile giudizio. |
E’ vessatoria, salvo che il mutuo sia
previsto solo per un certo tipo di mutuatario (ad esempio, dipendente della
banca oppure soggetto appartenente ad una categoria convenzionata con la
banca stessa); in tal caso l'accollo determinerebbe la prosecuzione del
contratto con un nuovo soggetto (l'accollante) privo dei requisiti
soggettivi, determinando estensione di condizioni favorevoli a soggetti per i quali dette condizioni non erano previste |
Pregiudizio
rilevante dell’uso dell’immobile (33,2,t) |
La banca ha facoltà di risolvere il
contratto ai sensi dell'art. 1456 c. c. (clausola
risolutiva espressa) nei seguenti casi: (... ) - "mutamento della
destinazione dei beni sottoposti all'ipoteca, senza il consenso della
Banca" |
Crea un
pregiudizio molto forte nell’uso dell’immobile. La banca ha però interesse a
che il valore del bene ipotecato non diminuisca;
quindi è legittimo prevedere un obbligo del mutuatario di informarla
dell’intenzione di mutare l’uso del bene (per esempio da abitazione a
magazzino). |
Limiti
ai diritti di vendita (33,2,t) |
E’ fatto divieto al mutuatario di alienare
l’immobile nel corso dei primi tre anni dalla sottoscrizione del mutuo, senza
il consenso della banca |
Vessatoria perché vi è una forte limitazione
della libertà contrattuale, non giustificata da un interesse (della banca)
meritevole di tutela |
Limiti
ai diritti di locazione (33,2,t) |
E’ fatto divieto al mutuatario di locare
l’immobile ipotecato senza il consenso della banca |
E’ vessatoria perché il divieto stabilito
non è limitato alle locazioni di durata eccedente quella prevista dalla
legge. Pertanto, si incide eccessivamente sulla
libertà contrattuale del mutuatario. |
E’ fatto divieto al mutuatario di locare
l’immobile ipotecato per una durata superiore a quella minima prevista dalla
legge |
Non è vessatoria perché circoscrive ad un
caso ben specifico il divieto, al legittimo fine di tutelare la garanzia
offerta, la quale costituisce elemento rilevante - per il creditore - nella
decisione di concludere il contratto. In
particolare, la clausola mira ad evitare un danno alla banca creditrice nella
fase dell'eventuale esecuzione, danno rappresentato dalle opposizioni (nella
fase esecutiva o di rilascio) che l’inquilino dell'immobile potrebbe effettuare. |
|
E’ fatto divieto al mutuatario di riscuotere
anticipatamente i canoni derivanti da un’eventuale locazione e di cedere a
terzi detti canoni |
Vessatoria. Mira a
impedire che il mutuatario moroso cerchi di stornare delle somme che
potrebbero essere utilizzate per ripianare il debito. |
|
Limiti
ai diritti di godimento |
E’ fatto obbligo al mutuatario di informare
la banca in ordine a turbative del possesso o a
contestazioni del diritto di proprietà da parte di terzi. |
Non è vessatoria in quanto
è legittima la pretesa della banca ad essere informata su turbative o
contestazioni, al fine di rivalutare se sussista un adeguato rapporto fra il
credito e la garanzia offerta |
E’ fatto divieto al mutuatario di alterare
la condizione giuridica dei cespiti ipotecati e in particolare di costituire
servitù passive e di modificare o aggravare quelle eventualmente preesistenti |
Determina una limitazione della libertà
contrattuale del proprietario, non giustificata da un interesse meritevole di
tutela della banca. Non è comunque opponibile alla
banca una servitù trascritta successivamente all’ipoteca. |
|
Deroga
all'art. 190 del codice civile |
In deroga all’articolo 190 del codice
civile, la banca potrà agire su tutti i beni della comunione, anche futura,
del mutuatario, nonché su tutti i beni personali di
ciascuno dei coniugi |
Clausola ammissibile
quando il contratto di mutuo è stipulato da entrambi i coniugi. Quando invece lo
stipula una sola persona (coniugata o non), l'ammissibilità di tale clausola deve essere valutata di volta in volta. Comunque è vessatoria quando deroga alla disposizione che
concede ai creditori il diritto di rifarsi sui beni personali solo quando
quelli della comunione sono insufficienti. |
Diritto
di variare unilateralmente le condizioni del contratto (33,2,g; 34,4) |
Vedi articolo sopra |
|
Risoluzione
automatica per inadempimento con motivazioni generiche |
Il contratto si risolverà automaticamente
per inadempimento di tutte le obbligazioni derivanti dal presente contratto
di mutuo. o in alternativa: Il contratto si risolverà automaticamente
qualora non sia adempiuta anche una sola delle obbligazioni derivanti dal
presente contratto di mutuo |
E’ vessatoria e inefficace, perché non
specifica le cause di inadempimento. La clausola risolutiva espressa (art. 1456
c.c.), per essere efficace, deve fare riferimento all’inadempimento di
specifiche obbligazioni e non di ciascuna delle obbligazioni derivanti dal
contratto. La clausola poi non specifica casi di inadempimento
significativi o corrispondenti ad interessi meritevoli di tutela. |
Risoluzione
automatica per inadempimento per eventi che dipendono da terzi (33,2,g -t) |
Il contratto si risolverà automaticamente
per inadempimento nel caso in cui il mutuatario subisca protesti, decreti
ingiuntivi, pignoramenti, domande giudiziali o ipoteche giudiziali. |
E’ vessatoria la risoluzione automatica. Le
ipotesi previste (protesto, pignoramento, e così via) possono essere indizio di insolvenza, ma non comportano necessariamente
insolvenza (impossibilità economica del mutuatario a far fronte ai propri
debiti). |
Decadenza
del termine per eventi che dipendono da terzi |
La banca potrà esigere anticipatamente il
rimborso del capitale mutuato nonché degli interessi
non ancora corrisposti nel caso in cui il mutuatario subisca protesti,
decreti ingiuntivi, pignoramenti, domande giudiziali o ipoteche giudiziali. |
L’insolvenza deve essere dimostrata, ai
sensi dell’articolo 1186 del codice civile. E’ vessatoria una clausola che attribuisca alla banca il diritto di ottenere il pagamento
di interessi relativi a rate non ancora scadute. |
Decadenza
del termine per ritardato pagamento |
Il ritardato pagamento, oltre il trentesimo
giorno, anche di una sola rata, sarà motivo, a giudizio della banca, per
invocare la decadenza dal beneficio del termine ex art. 1186 c.c. |
E’ non solo vessatoria ma anche invalida
perché non rispetta o elude l'art. 40, comma 2, del Testo Unico Bancario, che
prevede che la banca può pretendere la risoluzione in caso di ritardato
pagamento delle rate che si verifichi almeno sette
volte. La legge considera ritardato pagamento quello effettuato fra 30 e 180
giorni successivi alla scadenza della rata. |
Decadenza
del termine per cause non rilevanti |
Si prevede la decadenza dal beneficio del
termine in caso di mancato immediato avviso alla Banca, con lettera
raccomandata, di ogni cambiamento del proprio
domicilio da parte del mutuatario |
E’ vessatoria perché collega la decadenza ad
un evento che non è significativo né ai fini
dell’insolvenza né ai fini dell’inadempimento. |
Traslazione
dell’onere tributario (33,1) |
Sarà a carico del mutuatario l’imposta
sostitutiva relativa al mutuo. |
Non è vessatoria, ai sensi dell’art. 8, comma 2, della Legge 27 luglio 2000 n. 212. |
Sarà a carico del mutuatario ogni onere
tributario, diretto o indiretto, relativo al presente contratto. |
E’ vessatoria e probabilmente anche invalida
perchè troppo ampia e generica. E’ comunque vessatoria se riguarda imposte dirette. |
|
Limitazioni
al mutuatario della facoltà di opporre eccezioni (33,1;33,2,t) |
Nessuna eccezione od opposizione potranno sollevare il mutuatario e gli eventuali datori
d'ipoteca e garanti in qualsiasi sede e per qualsiasi causa nei confronti
della Banca, fino a quando il credito di questa, dipendente dal mutuo, non
sia stato completamente soddisfatto. |
Sono clausole vessatorie per
il fatto che limitano la possibilità di opporre eccezioni. |
La parte mutuataria si impegna
irrevocabilmente, con esplicita rinuncia ad opporre eccezioni di qualsivoglia
natura e sotto pena di risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1456 c.c., al pagamento delle rate mensili. |
||
Alla banca dovrà essere immediatamente
rimborsata ogni imposta o tassa di qualsiasi specie che venissero
istituite, senza obbligo della banca di contestare la legittimità di tali
oneri; resta inteso che la banca non deve comunque sopportare oneri fiscali
maggiori di quelli attuali; nel caso che la rivalsa in ordine ai predetti
tributi venisse a trovare ostacolo in disposizioni di legge, la Banca potrà
risolvere il contratto di finanziamento* |
||
E’ pattuita la decadenza dal beneficio del
termine in caso di inadempimento ad ogni altro
diverso obbligo previsto a carico della parte mutuataria dal contratto e dal
presente capitolato o dipendente da altre operazioni di mutuo in corso con la
stessa Banca mutuante e garantite ipotecariamente
sugli stessi immobili |
E’ vessatoria perché prevede una decadenza
non prevista dalla legge e per l'estrema genericità e ampiezza dei
presupposti (addirittura si fa riferimento ad altre operazioni di mutuo…). |
|
Limitazioni
al fideiussore della facoltà di opporre eccezioni (33,1;33,2,t) |
Al fideiussore non sarà consentito opporre
eccezioni alla banca creditrice, quali ad esempio quella di
invalidità dell'obbligazione principale, di mancata preventiva
escussione del debitore principale, di mancata proposizione di istanze
giudiziarie da parte del fideiussore. |
Se si qualifica
l’obbligazione del garante (consumatore) come fideiussione, la clausola è
vessatoria perché limitativa della possibilità di opporre eccezioni. Tuttavia, non si può escludere che la
clausola possa essere ritenuta non vessatoria, seguendo una ricostruzione
diversa; infatti, proprio in ragione del contenuto della clausola, si potrebbe riqualificare l’obbligazione del garante come
obbligazione derivante da contratto autonomo di garanzia, nonostante il nomen iuris adoperato. |
Clausola che determina un “significativo
squilibrio” (33,1) |
In caso di morosità del mutuatario o di inizio di procedure esecutive sugli immobili ipotecati,
la banca potrà imputare in conto di quanto ad essa dovuto i titoli di pertinenza
della parte mutuataria che si trovassero presso la Banca medesima. Detti
titoli dovranno intendersi ceduti "pro-solvendo" alla Banca
mutuante, la quale avrà la facoltà di vendere i titoli stessi al meglio per
imputarne come sopra il loro ricavato |
Si potrebbe sostenere che è vessatoria perchè il creditore è tutelato
dalle procedure esecutive previste (in modo tassativo) dalla legge. La banca,
però, può replicare qualificando la clausola come un mandato ad alienare
anche nell'interesse del mandatario e sottoposto a condizione sospensiva; in
tal caso, dovranno essere rispettate le norme in materia di mandato, compreso
l’obbligo di diligenza del mandatario, e dovrà essere rispettato il più
generale obbligo di buona fede oggettiva (o
correttezza) in sede di esecuzione del contratto. |
Adesione
a clausole non conosciute (36, 2; 33,2,l) |
Il mutuatario conferma di aver verificato il
pieno rispetto, da parte della banca, degli obblighi su di essa
incombenti in materia di informativa precontrattuale Oppure La parte mutuataria dichiara di essersi
avvalsa [oppure di non essersi avvalsa] del proprio diritto di avere
preventiva conoscenza del contratto |
E’ una clausola inefficace (o di stile). La
banca deve comunque garantire l’informativa pre-contrattuale; è un suo preciso dovere ed è anche un
suo interesse, perché la violazione degli obblighi di informativa comporta
l’applicazione di severe sanzioni. L’affermazione contenuta nella clausola
non dovrebbe essere contenuta nel contratto, perché inerente a una fase precedente a quella di conclusione del
contratto.* |
Ipoteca integrativa |
La banca - qualora il suo credito derivante
dal mutuo ipotecario diventi superiore all'ipoteca iscritta in forza del
contratto medesimo - ha la facoltà di iscrivere sugli stessi beni o anche su
parte di essi (oggetto dell'ipoteca principale
concessa a garanzia del mutuo), ipoteca integrativa a cautela del credito
costituito dalle rate del mutuo, dai relativi interessi maturati e maturandi
e dagli accessori, credito che non sia garantito dall'ipoteca principale. |
Non invalida se la clausola prevede
l’importo massimo della nuova iscrizione. Inoltre, è necessario che la banca,
in sede di esecuzione del contratto, si comporti
secondo correttezza; pertanto, l’iscrizione ipotecaria integrativa deve essere
eseguita per un importo ragionevole, se del caso inferiore all’importo
massimo consentito (se ciò è congruo in base ai tassi correnti). La clausola ha scarsa applicazione, in quanto non può essere apposta ai mutui fondiari
indicizzati (per i quali vi è una clausola legale di adeguamento). |
Fonte: Elaborazione Confappi-Federamministratori di studio del notaio Enrico Bevilacqua**